Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: lunadelpassato    12/08/2014    4 recensioni
(seguito de L’obbligo di combattere) (non leggibile separatamente)
per il prequel: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2762866&i=1
Se ci sarebbe stato un motivo per perdonarla? No, mai.
Davanti a lei c’era una serie infinita di porte sbattute in faccia, un nome infangato e un regno invaso dalla guerra.
E tutto questo grazie alla sorella maggiore. Elsa.
Genere: Angst, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anna
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Le due facce della realtà'
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Vendetta.
 

Le aveva rovinato la vita. Anna era stata ingannata fin da quando era bambina e non se n’era mai accorta. Aveva creduto nella persona sbagliata.
Da quando i suoi genitori erano stati dichiarati dispersi, non aveva fatto altro che sperare in un giorno in cui la sorella le avrebbe finalmente aperto al porta, facendole godere della protezione che le spettava in quanto sorella minore.
Ma quando la porta era stata aperta, era uscito solo ghiaccio. Ghiaccio ricoperto di menzogne brutali e di mezze verità.
Il carro misero su cui era seduta prese una buca e sobbalzò pericolosamente, ma lei tenne la sua posizione perfettamente.
Non era mai stata lei quella da proteggere. La debole della famiglia era sempre stata Elsa.
Lei non era andata al funerale dei genitori, lei non aveva avuto il coraggio di vedere le tombe vuote calate dentro la terra scura, per poi essere ricoperte di terra umida di pioggia e di uno strato di erba, troppo verde perfino in quella giornata piovosa.
 Anna era stata lì per tutta la cerimonia. E alla fine era andata davanti alla camera perennemente chiusa della sorella.
Tutta la rabbia che aveva provato verso di lei era sparita, lasciando il posto solo all’acuta pressione che pulsava sorda nel suo petto.
Ed ora eccola lì, la stessa donna che nemmeno due anni prima aveva affrontato un lungo viaggio procurandosi solamente un cuore congelato, seduta in uno squallido carro a pezzi diretta verso un regno abbastanza lontano da non conoscere le gesta della sorella.
Puttana, l’avevano chiamata, la Regina degli Scandali, quando si era sparsa la voce del suo atto per avere un potente alleato; lei non l’aveva difesa nemmeno una volta. In incognito, nei pochi locali maleodoranti infestati dai soldati ubriachi, l’aveva insultata anche lei.
-Ehi, la vuoi un po’ di salsiccia? È ancora fresca dopo la pioggia di ieri.
Alcuni uomini accanto a lei sghignazzarono.
-O forse sei buongustaia come tua sorella? In questo caso Adolph il Puzzone farebbe al caso tuo.
A rivolgerle la parola era stato un essere rivoltante con una bottiglia stretta in pugno e più denti in tasca che in bocca. Si stava palpando il cavallo dei pantaloni in un chiaro gesto poco equivocabile.
Anna gli rivolse uno sguardo disgustato.
-Io non sono mia sorella. –ribatté. Le sue parole erano due come il terreno che stavano percorrendo. Un’altra buca fece sobbalzare il disgustoso carico del carro; si sentì rumore di vetri rotti.
Le labbra dell’uomo in questione si alzarono in un ghigno poco amichevole. Non sembrava affatto intimidito dalla frase della principessa vestita di stracci. Probabilmente le persone come lei se le mangiava a colazione.
-Dimmi, tesoro: come ci si sente ad avere una sorella put…
-Dì un’altra volta cos’è mia sorella e ti faccio saltare i due denti marci che hai ancora in bocca.
Anna aveva tirato fuori un piccolo pugnale, e ora lo premeva nel collo importunato appena perché potesse scendere una goccia di sangue vermiglio.
Probabilmente c’è più alcool in quella goccia che in tutte le cantine di Arendelle, pensò con disprezzo. Il pomo d’Adamo della vittima balzò.
-Calmati, principessa. Ho ancora così tante donne da violentare… -sputò nella sua direzione, mantenendo il ghigno nella sua orribile bocca. Gli altri uomini del carro si avvicinarono pericolosamente a lei.
Immaginando la volessero immobilizzare per poi farla stuprare da quell’uomo immondo (cosa non poco rara accaduta alle donne da quando era infuriata la guerra), strisciò il coltello nel suo collo, per poi balzare giù dal mezzo in corsa ed atterrare sulla strada prima che avessero il tempo di sbattere le ciglia. L’uomo senza paura vide il suo stesso sangue sgorgare a fiotti ed inzuppargli la camicia, poi si accasciò senza nemmeno emettere un lamento.
Anna guardò il carro maleodorante allontanarsi. Appena la sagoma svanì nella polvere della strada sassosa, incominciò a camminare.
I sandali grotteschi che portava da quando era fuggita dal castello non erano comodi come le scarpette regalia cui era abituata, ma almeno erano una protezione contro la ghiaia grossa che minacciava di bucare i piedi di qualsiasi essere che avesse avuto la brillante idea di andare in giro scalzo in quel gelido mese.
Era sola nell’inverno. Beh, in un certo senso era sempre stata sola nell’inverno, a causa della potenza distruttiva della sorella.
Si fece suonare nelle tasche il denaro rimastogli (quattro Aren), poi si diresse in una locanda poco distante in previsione della notte. Capì da subito che in quel luogo non erano abituati a ricevere principesse.
La accolse una grossa sala, simile a quella di un bar e portante lo stesso nauseante odore; al bancone, una donna formosa aveva appena schiaffeggiato uno dei soliti maniaci ubriaconi, mentre i due seduti nel lurido tavolo più vicino alla porta le rivolsero uno sguardo accigliato.
Le urla erano penetranti quasi come l’odore. Anna si nascose velocemente sotto un basco sudicio e troppo grande. L’aveva comprato due settimane prima da un ambulante.
Con piccoli passi leggeri, che quasi la tradirono, si avvicinò al bancone. Là il puzzo era talmente forte che dovette soffocare un conato di vomito prima di poter rivolgere la parola alla donna che stava dietro.
-Toh! Una mocciosetta. Lo sai cosa succede alla gente come te?
Fu la donna a rivolgergliela per prima. lo fece mentre sputava in un boccale lurido, che prese a sfregare energicamente con uno straccio dalle dubbie condizioni igieniche.
Doveva aver immaginato che la donnina dalla faccia coperta davanti a lei fosse di ceto sociale più alto rispetto ai suoi abituali clienti per via del suo aspetto molto più pulito (eppure Anna aveva lo sporco di due settimane addosso).
La figura davanti a lei non si scosse minimamente. Si limitò a buttare nel bancone grigio dallo sporco due monete dorate.
-Una notte e un’informazione. –disse con un tono che non ammetteva repliche.
La donna prese una manciata di tabacco da un contenitore posizionato da qualche parte sopra di lei e prese a masticarlo. Ben presto al sua bocca fu piena del colore bruno delle foglie e l’aria dell’odore nauseante.
Poi allungò una mano dietro si sé, prese una chiave alla ceca e la buttò nel bancone, accanto ai soldi che si affrettò a raccogliere.
-Che informazione? –disse sputacchiando tabacco a destra e a manca.
-In che città mi trovo.
La donna dietro al bancone rise di una risata gutturale, mostrando i denti bruni ai brutti ceffi che sedevano davanti a lei.
-Facile, tesoro. Siamo a Csulo!
Raschiò la gola, poi sputò il composto di tabacco masticato nel bicchiere che stava sfregando.
-Csulo? –ripeté Anna. Non aveva mai sentito il nome di quella città. Il donnone non fece in tempo a rispondere, così lei si diresse silenziosamente al piano superiore.
Il mattino dopo era di nuovo in viaggio.
Si era costretta a vagabondare in quel modo, accettando anche di abbandonare Kristoff, per fuggire alla maledizione che sua sorella aveva inflitto al buon nome della famiglia.
Da quando la voce del gesto disperato della regina aveva fatto il giro dei Paesi, la sua dinastia era perseguitata da accuse incredibili e maldicenze a dir poco strabilianti. Perfino alle bambine era detto : “se ti vesti così da grande diventerai come Elsa di Arendelle”, indicando il fatto increscioso.
-Ti posso dare un passaggio?
Un uomo dalla pelle scura e i vestiti stracciati le sorrideva tranquillo, facendo luccicare i denti candidi in un contrasto incredibile. Anna non si sarebbe scandalizzata nello scoprire che venisse chiamato “il negro”.
Era la prima persona che le rivolgeva un sorriso da due settimane e un giorno esatto, ma lei non si lasciò ingannare. Il precedente con Hans parlava da solo nei suoi ricordi.
-Sono vergine e voglio esserlo ancora. –disse a denti stretti la principessa da sotto il suo basco.
L’uomo spalancò gli occhi. –Non intendevo questo. Intendevo un passaggio vero.
Gli spiegò di possedere un asino e di volerlo abituare ai pesi nella groppa. Anna accettò, soprattutto perché i piedi le si erano gonfiati tanto che non riusciva a camminare normalmente. Anche se fino ad allora aveva cavalcato solo cavalli ed una renna, non fece fatica con l’asino, che le sembrò un degno ibrido trai due animali.
-Allora, Anna – iniziò l’uomo mentre dirigeva la mula lenta, -Cosa ti porta a viaggiare tanto?
Il carattere della ragazza fu più forte di ogni buon proposito. Raccontò la sua storia all’uomo dall’incoronazione della sorella alla sua fuga precipitosa dalla guerra senza nemmeno accennare il nome della persona a cui dava tutta la colpa.
-Se parli della stessa regina che penso io, allora devi essere la sorella minore di Elsa di Arendelle.
Anna mise una mano al manico del coltello che teneva nascosto sotto il vestito.
-C’è qualche problema? –disse con gli occhi ridotti a due fessure. L’uomo non rispose alla domanda, ma rimase per qualche minuto in silenzio.
-Ieri è fuggita la voce che Els.. la regina di Arendelle sia incinta dell’uomo che combatte. Il suo marito combinato. Si dice che voglia uccidere il bambino coi suoi poteri appena esce dal suo grembo.
Anna si immobilizzò dalla sorpresa. Sapeva bene quanto erano gonfiate le notizie dal popolo, ma considerando che almeno una piccola parte era vera, prese la più logica. Elsa era incinta.
-Forse per questo motivo la guerra finirà, e tu potrai finalmente tornare ad Arendelle e fare pace con lei. –concluse l’uomo fermando il mulo davanti ad un cancello semidistrutto dalla ruggine. Anna si fece sfuggire un’imprecazione, poi scese dalla cavalcatura e sistemò velocemente le pieghe del vestito a brandelli.
-Ormai il danno l’ha fatto. Non tornerò mai in un luogo in cui in ogni luogo mi accuseranno di cose inconcepibili per me, ma che a quanto pare mia sorella non si dà cruccio di fare. Tipo sposare uno sconosciuto e darla per una stupida alleanza.
-A quanto ho capito, anche tu stavi per sposare uno sconosciuto. –Disse l’uomo. Il cancello arrugginito era la sua meta. Anna lo fulminò con lo sguardo.
-Taci, negro.
Vivere in mezzo alla popolazione dei ranghi più bassi l’aveva cambiata più di quanto volesse. Detto l’insulto, che l’uomo incorporò come se fosse la natura di tutti i suoi giorni, si girò e continuò a viaggiare.
























Angolo autrice:
Non sto scrivendo queste storie in capitoli, ma in storie singole che ho accorpato in una serie (le due faccie della realtà) per via di una scelta. Quindi per che non avesse la voglie di cercarsele una ad una, può andare nella sezione "serie" che si trova in alto sotto il nome della categoria interessata e trovarle in ordine. Questo capitolo, al contrario dei primi due, è raccontato dal punto di vista di Anna. Spiega infatti la sua scelta acre di abbandonare Arendelle (citata nella storia precedente) e del suo rancore con la sorella Elsa.
MI dispiace, ma questo capitolo non può essere letto senza aver letto i capitoli precedenti (se ci siete riusciti avrete di sicuro un sacco di domande irrisposte). Vi ringrazio per tutto il sostegno che mi state dando e lo stimolo per continuare.
Lunadelpassato.

 
  
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