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Autore: ThorinScudodiQuercia    13/08/2014    1 recensioni
[Outlast]
Manicomio di Mount Massive
Non so bene perché mi trovassi in quella strada un po’ dissestata, non so nemmeno perché avessi deciso di intraprendere questa “spedizione” nel bel mezzo della notte – forse sarebbe stato tutto più semplice con la luce del sole – ma la mail di quel ragazzo mi incuriosiva troppo da poter frenare il mio istinto giornalistico.
Genere: Azione, Horror, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Cominciai ad avvicinarmi con calma e circospezione alla massiccia cancellata che bloccava l’accesso diretto alla villa e notai con poco stupore che questa era ben chiusa con un lucchetto e una catena che si annodava come un serpente intorno ai due battenti. Rassegnato che la mia avventura si fosse conclusa senza nemmeno essere iniziata, mi rigirai e feci per tornare verso la macchina, anche contento di quello che la sorte aveva riservato per me, quando un colpo di vento fece sbattere un secondo cancello, aperto, che mi fece sobbalzare. Mi voltai di scatto, come d’istinto, portando i pugni a difesa del mio volto. E fu allora che notai una seconda entrata, celata nell’oscurità. Indeciso se proseguire o meno, restai una manciata di secondi a rimuginare sulle possibili conseguenze di entrambe le azioni, e decisi di entrare nel cortile di quel luogo lugubre. Era una serata nuvolosa, e la luna, seppur piena, era nascosta da un ampio ammasso di nuvole, ben compatte e decise a non far passare neanche uno spiraglio di luce. I lupi ululavano dalle colline vicine, il che rendeva tutta l’atmosfera degna di un film horror di tutto rispetto. Prima però, tornai alla macchina e decisi di finire quelle poche lacrime di caffè lasciato sul fondo della mia tazza nel porta-bicchieri.
Entrato nell’ampio piazzale, subito mi colpì l’inquietante presenza di tre veicoli militari, tutti parcheggiati, se così si può dire, alla rinfusa, come se l’autista avesse dovuto inchiodare in tutta velocità e schizzare all’interno del sinistro edificio. La ghiaia era sparsa un po’ ovunque, a causa delle pesanti ruote che avevano lasciato solchi ben distinguibili anche alla quasi completa oscurità. Questo mi portò ad avvicinarmi ancora di più ai tre mezzi e con terrore dovetti constatare che almeno uno doveva essere arrivato da non più di due ore, data la temperatura che emanava la griglia del radiatore. Subito il mio pensiero corse alla macchina, posizionata esattamente in mezzo alla strada, e la mia mente ipotizzò un quarto camion che, arrivando, avrebbe sicuramente rivelato la presenza di un intruso all’interno della struttura. Inoltre, l’idea della presenza di uomini armati all’interno di quei portoni mi allarmava molto.
Immerso in quei pensieri, passai circa venti minuti appoggiato a uno sportello del mezzo più lontano dall’ingresso, attimi nei quali la mia immaginazione creò le più svariate sfaccettature di una vicenda poco chiara. Alla fine presi la mia decisione. Aprii lo sportello del mezzo più vicino, che pareva non fosse stato chiuso con la dovuta premura, e con mio grande stupore trovai all’interno uno zaino, adatto alle mie esigenze. Rovistando nell’abitacolo, recuperai anche una Colt, con due caricatori aggiuntivi, una pila e un coltellaccio provvisto di fodero. Mi misi dunque lo zaino in spalla, infilandoci precedentemente all’interno la videocamera e il blocco per appunti, fissai il coltello alla mia cintura tramite la fibbia, posizionai la torcia nel taschino della camicia e la pistola nella tasca interna della mia giacca.
Così bardato, decisi di cominciare l’esplorazione del giardino per trovare un entrata in quella abitazione. Mi diressi verso l’ala destra, nella quale avevo intravisto due cancelli illuminati da delle pallide lampadine che pregavano di essere sostituite; il primo, con mio grande dispiacere, lo trovai serrato da un catenaccio simile a quello del cancello principale, mentre riuscii a spalancare il secondo, nonostante la ruggine, che si era formata col tempo, avesse formato uno strato abbastanza spesso da non facilitare il mio lavoro. Mi ritrovai così in un cortile secondario, con una porta laterale che qualcuno aveva inchiodato dall’esterno. Decisi di lasciar perdere e di portarmi sul davanti, per valutare lo stato del portone di ingresso.
Sotto al portico, notai che lo spazio era più grande di quanto avessi immaginato: un’ampia rampa, forse ad uso delle carrozzine, contornata da scalini, dava accesso ad un’ampia zona tutta pavimentata con marmo raffinato; i mattoni rossi a vista davano al questa sorta di veranda una parvenza di stile inglese e ciò mi era stranamente familiare. Per la scarsa illuminazione, mi vidi costretto a accendere la torcia per aumentare il mio raggio visivo. Un ampio portone in legno massiccio intagliato con abilità riempiva completamente la parte centrale del muro; l’aspetto di questo incuteva timore, aumentato dai rinforzi in ferro battuto e dalle maniglie la cui forma ricordava lontanamente un gargoyle, ma anche un certo che di sicurezza. Ai lati di questo, due ampie vetrate, coperte da tende interne che impedivano di vedere quello che ipotizzavo fosse il salone principale, completavano la facciata. Provai, senza successo, a forzare la serratura della porta di sinistra, senza rendermi conto del baccano che aveva creato, e che si era propagato all’interno della struttura. Tornai dunque fuori, nella speranza di trovare almeno un bugigattolo nell’ala sinistra.
Tutto quello che accadde successivamente, fu sorprendente e spaventoso al tempo stesso . Dalla casa si levò un urlo agghiacciante, acuto, quasi sovraumano, che mi fece venire la pelle d’oca; una luce si accese al terzo piano e da una finestra che dava sul cortile riuscii ad intravedere nitidamente una figura slanciata che si affacciava, con un binocolo in mano, dalle cui lenti veniva riflesso il bagliore pallido della luna. Poi all’improvviso un boato, seguito da un’esplosione, mi accecò e mi fece cadere a terra, privo di sensi. 
   
 
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