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Autore: Yumao    14/08/2014    2 recensioni
Lucia si è sposata troppo giovane, e ha scoperto troppo tardi che l'uomo che ama non è un principe azzurro.
Lucia, per pagare i debiti del marito, lavora in una taverna frequentata da marinai e tagliaborse e, nelle notti di burrasca, ombre.
Ombre di facce, facce di marinai
Da dove venite, dov'è che andate?
Veniamo dal posto in cui la luna si mostra nuda
e la notte ti punta un coltello alla gola.
A montare l'asino è rimasto Dio,
Mentre il diavolo è in cielo e ci si è fatto il nido.
(Creuza de ma, Fabrizio De Andrè)
Genere: Drammatico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Crueza de ma

Creuza de ma

«Ahh… Dovresti dirlo, a quel figlio di una mula in calore. Digli che non gli conviene mica far vedere il suo culo ubriaco qui dentro, stasera.»

Lucia sospirò premendosi la pezzuola bagnata sul lato del viso dolorante, dove lui l’aveva colpita poco prima. «Se avessi il potere di dirgli cosa fare e cosa no non sarei qui signor Andrea. Con tutto il rispetto.»

Sua madre gliel’aveva detto di non sposarlo, che era uno stronzo, che era un ubriacone manesco… ma lei era innamorata, e, con la presunzione tipica di chi ha sedici anni, appena la povera donna era mancata lei aveva ritenuto il suo ultimo consiglio non più valido. Subito dopo sposati, Tonino aveva dilapidato la sua eredità, perso il lavoro e rivelato la sua vera natura di stronzo.

E nonostante tutto lo amo ancora. Pensò maledicendo la sua debolezza. Perché quando non beveva la trattava come una principessa. Perché era divertente. Perché aveva gli occhi verdi e la pelle chiara e i capelli di seta… Cercò di riscuotersi e premette più forte la pezzuola sul volto gonfio. «Vi sono grata per la vostra premura, ma davvero, non è necessario che interveniate…»

Il vecchio Andrea, padrone della locanda “La Casa di Pietra” dove Lucia aveva trovato un lavoretto come cameriera, la interruppe brusco. «Ahh, non lo dico mica per quello, io. Quello è una questiona tua bambina. Lo dico perché questa notte la luna è nuda e il diavolo s’è fatto il nido in cielo.»

Lucia sorrise al vecchio che col tempo aveva iniziato a considerare come un nonno, il suo unico alleato in quei tempi difficili. «Non crederete a quella vecchia canzone?»

«Ahh, mica credo io. Io ho visto. Con questi vecchi occhi ne ho viste di cose… e nelle notti come queste i tipi come lui non fanno mica una bella fine.»

Come tutti, in quella cittadina incastrata fra il mare e la montagna, Lucia aveva sentito quella canzone fin da quando aveva memoria. Cantata nell’ombra dei cortili in assolati pomeriggi primaverili o davanti ai caminetti mentre, col mare in burrasca subito fuori dalla porta, le nonne filavano la lana.

Veniamo dal luogo dove la luna si mostra nuda,

e la notte ti punta un coltello alla gola.

A montare l’asino è rimasto Dio,

Mentre il diavolo è in cielo e ci si è fatto il nido.

Rabbrividì pensandoci, mentre il vecchio Andrea sorrideva con indulgenza. «Ahh… Mi piacerebbe mandarti a casa bambina, ma in una sera come questa…»

«Potrebbero arrivare i quattro marinai della leggenda e svuotarvi la dispensa, lo so.» Lo prese in giro bonariamente. Il vecchio Andrea le diede uno scappellotto scherzoso, con le mani raggrinzite e macchiate dall’età che tremavano vistosamente. «Ohe! Porta rispetto veh, bimba!»

Lucia mollò la pezzuola dietro al bancone e iniziò a spazzare il pavimento, prima che arrivassero gli avventori. Sorrise di tenerezza pensando al vecchio Andrea. Gli voleva bene per davvero, a quel vecchio. Dalla sua parlata strana, al vizio di buttare fuori qualche “a” di riserva prima di iniziare una frase, al modo in cui la chiamava “bambina”.

Quando aveva bussato alla sua porta più di un anno prima, per cercare un lavoro che le permettesse di pagare i debiti di Tonino, lui aveva lanciato un’occhiata critica al suo occhio nero, poi l’aveva presa sotto la sua ala protettrice, senza fare domande.

All’epoca era davvero una bambina, una bambina sciocca rimasta senza madre troppo giovane, che aveva appena scoperto che il suo principe era barbablù.

Le sarebbe mancato il vecchio Andrea…

Spinta da un moto d’affetto incontenibile mollò la ramazza, andò dal vecchio e gli stampò un bacio sulla guancia. «Ahhh, va na, brigante! Che se ti vede mia moglie!» Era diventato tutto rosso e balbettava, cosa che Lucia trovò tenera, ma si trattenne dall’abbracciarlo. Era buono come il pane, il vecchio Andrea, ma non si poteva tirare troppo la corda con lui.

 

§§§

Gli avventori iniziarono ad arrivare, puntuali, dopo che la campana ebbe segnato sei rintocchi.

Per la maggior parte, bisogna dirlo, non si trattava di santi. Ma del resto La Casa Di Pietra non era proprio un posto rispettabile, quando aveva iniziato a lavorare lì era una bettola sporca e malfamata. Adesso era una bettola malfamata ma perfettamente pulita, il cui piatto forte era ancora la lepre dei coppi. In parole povere, gatto.

Il cibo era di dubbia origine, il vino annacquato e la clientela composta per lo più da tagliaborse e marinai sbandati e disonesti, ma lei amava lavorare lì.

È vero, all’inizio era stato un ripiego, l’unico lavoro che aveva trovato per non morire di fame. Era di buona famiglia e non c’erano molte cose che sapesse fare. Poi però aveva iniziato ad amare l’atmosfera calda, le risate sguaiate dei marinai che frequentavano La Casa Di Pietra, la loro sete di vino e di amore dopo mesi passati in mare… Se non fosse stato per Tonino…

Era geloso il suo Tonino, non poteva sopportare la familiarità con cui lei si rivolgeva a certi brutti ceffi. Voleva proteggerla. Ancora quel pomeriggio aveva cercato di convincerla a licenziarsi.

 

«Troverò un lavoro giuro!»

«Ma quale lavoro? Quale lavoro? Non sei mai abbastanza sobrio nemmeno per camminare in linea retta, chi vuoi che dia un lavoro a uno come te!»

Ed era a quel punto che di solito arrivavano le sberle.

Era anche colpa sua comunque… Tonino era un ragazzo sensibile, e lei era stata troppo dura. Non doveva essere facile per lui, essere mantenuto dalla moglie. Gli uomini hanno bisogno di sentirsi importanti…

«Ohe! Che fai bambina, sogni?»

Lucia si riscosse e si raddrizzò, staccandosi dal bancone a cui si era appoggiata, sovrappensiero. Ancora lo stava giustificando, quel cretino di suo marito. Cosa c’era che non andava in lei? «Ahh, che devo fare io con te?  Vai va! Va a prendere l’acqua!»

Lucia uscì di corsa con la brocca grossa e attraversò il vicolo che portava alla piazzetta con la fontana dei colombi.

A quell’ora di colombi non ce n’erano, in compenso c’erano alcuni degli avventori del locale, già ubriachi, che aspettavano che apparisse qualcuno con cui attaccare briga. «Uèè! C’è Lucia la bella!» Esclamò uno di loro con voce strascicata. Lucia lo liquidò con una battuta tagliente, che fece morire dal ridere i suoi compari, e aspettò pazientemente che la grossa brocca d’acqua si riempisse.

Osservò il cielo, distratta. La luna, tonda e gialla come un tuorlo d’uovo in una padella, faceva capolino da dietro nubi fitte e temporalesche. Una raffica improvvisa di vento le strattonò la gonna e le spettinò i capelli, mentre una prima goccia di pioggia le si posò sulla fronte come un bacio.

La luna si mostra nuda.

Quella era davvero la notte perfetta.

«Lucia!» Una voce infuriata la fece sobbalzare. Tonino era arrivato, puntuale come la morte e, come al solito, era salpato sulla nave del vino ed era naufragato stordito sugli scogli. La afferrò per un braccio. «Ora vieni a casa con me.» Le sibilò. Il braccio le faceva male, ma non quanto l’orgoglio. I marinai, appoggiati alla fontana, la fissavano con vago interesse, senza intervenire.

Si liberò con un gesto fluido dalla stretta e Tonino, sbilanciato dall’alcol, finì col culo nella fontana, fra le risate e gli schiamazzi del pubblico.

«No, ora io vado a lavorare. Tu, invece, te ne torni a casa da bravo e la smetti di berti il mio stipendio in vino scadente.»

Altre urla, altri schiamazzi. Questa volta aveva esagerato. Chi si credeva di essere, a parlare così a suo marito? Era colpa sua, come sempre... era lei che lo faceva uscire dai gangheri. Tonino era ancora nella fontana, incredulo e pallido di rabbia. Ma presto si sarebbe ripreso dallo stupore e lei l’avrebbe pagata. Se lo meritava, dopo il modo in cui l'aveva umiliato.

Qualche tonfo sommesso, qua e là. Poi un tamburellare ritmico, e infine uno scroscio continuo. Pioveva ora, mentre quattro figure, quattro uomini dai volti spigolosi, risalivano la crosa che portava al mare. Si portavano dietro odore di salsedine e di alghe fermentate.

Tutti nella piazzetta ammutolirono e li fissarono. A vederli così, non erano niente di strano. Quattro marinai che tornavano da una lunga navigazione, con i volti duri e spigolosi come muri e la pancia vuota, ma chiunque li vedesse provava un brivido di pure terrore.

Chiunque tranne Lucia. Lei si affrettò a raccogliere la pesante brocca d’acqua, mettendosela in bilico su una spalla, e tornò con calma alla Casa Di Pietra.

§§§

Quattro marinai, che nelle notti in cui il mare era in burrasca si appostavano lungo la crosa, e sorprendevano i fazzolettai mentre dal porto tornavano a casa, al di là delle montagne.

Fazzolettai la cui reale fonte di reddito erano furti e raggiri.

Spesso qualcuno di loro spariva, sulla strada di casa.

Lucia lanciò uno sguardo significativo al vecchio Andrea, e lui capì che erano arrivati. Si affrettò a preparare il tavolo che, nelle notti come quella, riservava per loro. Alcuni avventori, i più saggi, pagarono il conto e uscirono.

Il tutto avvenne con calma, senza che nessuno corresse o si affrettasse, ma dopo nemmeno un minuto La Casa Di Pietra era mezza vuota, e la porta si spalancò per far entrare le quattro ombre.

Non emisero nemmeno un suono, si sedettero e iniziarono a mangiare i piatti che Lucia portava loro, mentre ogni tanto una risata silenziosa, risposta ad una battuta impossibile da udire, faceva tremare le loro ombre.

Quella notte, in cui la luna faceva capolino fra le nubi e la pioggia batteva, sulla crosa si ritrovò a passare una donna. Una donna di buona famiglia, non una di quelle che solitamente aspettano i marinai nei porti. Aveva un buon odore, un garofano appuntato sul petto.

Una donna che i quattro marinai avrebbero fatto meglio a non guardare e non toccare.

La mattina dopo furono trovati impiccati, alla fine della crosa. Impiccati con delle corde di quelle usate per ancorare le barche, fradicie di acqua e di sale. Qualcuno aveva piantato loro dei chiodi negli occhi, per aver commesso il crimine di ammirare la sorella della persona sbagliata.

Così raccontava la leggenda che viaggiava in coppia con la canzone. E aggiungeva che nelle notti come quelle i quattro marinai tornavano, sempre nella stessa taverna, ripetevano il loro ultimo pasto e, se un uomo geloso aveva la sfortuna di incrociare la loro strada, cercavano vendetta.

Finché il mattino non crescerà da poterlo raccogliere,

Fratello dei garofani e delle ragazze,

Padrone della corda marcia di acqua e di sale

Che ci lega e ci porta su una mulattiera di mare.

A Lucia, però era stata raccontata anche un’altra versione della leggenda. Per questo, a lei, i quattro marinai non facevano paura. 

La porta si spalancò con violenza, facendo entrare il rumore della pioggia e del vento, poi sbatté alle spalle di Tonino.

Lucia aveva sperato che non si facesse vedere. Nelle notti in cui la luna si mostra nuda, gli uomini come lui non facevano una bella fine. Non voleva che gli capitasse niente di male.

Successe tutto molto in fretta. Un pugno le colpì l’occhio, sul lato del viso già gonfio per le sberle di quel pomeriggio, e lei cadde a terra sbattendo forte la testa contro uno spigolo, mentre l’uomo che amava continuava a infierire su di lei. «Te lo insegno io il rispetto, adesso!»

Urlava, stravolto dall’ira.

Lucia stranamente non sentì più nulla. Non emise un suono e non chiese aiuto, perché sapeva che l’aiuto entro breve sarebbe arrivato.

Andrea si era già mosso per aiutarla, nel momento stesso in cui Tonino era entrato con il bel volto deformato dalla rabbia, ma era vecchio e lento. Non aveva fatto in tempo ad aiutarla.

Qualcuno era stato più veloce di lui. I quattro marinai avevano lasciato il loro tavolo, sempre in silenzio, e due di loro avevano sollevato Tonino di peso, levandoglielo di dosso. Un altro aveva iniziato a colpirlo, mentre quello che sembrava il capo del gruppetto, con una pipa in bocca, una barba scura e un cappello che gli ricadeva sugli occhi, allungò galantemente una mano verso di lei.

Perché una donna scappava da sola, di notte, lungo la mulattiera di mare?

Era dal fratello che scappava. Fratello violento e geloso, che la voleva solo per sé, in un modo malato e contro natura.

Quei quattro lo videro mentre raggiungeva la sorella, e cercarono di impedirgli di farle del male.

Per questo gesto nobile pagarono con la vita.

Troppo disonesti per il cielo. Troppo gentili per l’inferno.

Dio e il diavolo fanno ancora il tiro alla fune con le loro anime, e intanto loro continuano a ripetere il loro ultimo, nobile gesto.

Lucia afferrò la mano calda del marinaio e si alzò con leggerezza. Visto da vicino era più giovane di quello che pensava, con la tipica maglia a righe bagnata fradicia e il foulard legato al collo.

I capelli sarebbero stati nerissimi, se non fossero stati così incrostati di sale, e gli occhi luccicavano gentili. «Dì loro di smettere.» Sussurrò Lucia, così piano che solo gli spiriti poterono sentirla. «Non voglio vendetta. Lo perdono.»

Tonino si accasciò sul pavimento, tenendosi lo stomaco con le lacrime agli occhi. Tutti gli avventori rimasti nella locanda si affannavano attorno a loro.

«Voglio essere libera. Portatemi con voi.» Il marinaio con la pipa le offrì il braccio con un gesto elegante, da rubacuori, e i cinque lasciarono la locanda.

Si sentiva leggera Lucia, mentre percorreva la crosa di mare assieme alle quattro anime.

Non le sarebbe servito il corpo per imbarcarsi con loro. L’aveva lasciato sul pavimento della Casa Di Pietra, come un giocattolo rotto.

Era libera adesso.

Finché u matin crescià da puèilu rechéugge

Frè di ganeuffeni e dè figge

Bacan d’a corda marsa d’aegua e de sa

Che a ne liga e a ne porta ‘nte ‘na creuza de ma.

Note:
Il testo e la traduzione della canzone (originariamente in genovese) sono prese da qui: http://www.testitradotti.it/canzoni/fabrizio-de-andre/creuza-de-mae
Allo stesso indirizzo trovate anche il video.
La storia l'ho inventata ispirandomi alla canzone, appositamente per il contest
In memory of Fabrizio De André. Il poeta indimenticabile che cantava i dimenticati, anche se era da un bel po' che volevo scrivere qualcosa ispirandomi a una canzone di De Andrè.
E' la prima volta che scrivo qualcosa su un argomento tanto serio. Spero di non aver toppato, ma visti i temi che affronta di solito De Andrè mi sembrava adatto.
Non è stato proprio facile mettersi nei panni di una donna che ama il marito che la maltratta e che si assume la colpa per i suoi comportamenti violenti, ma so che è una cosa anche troppo frequentemente, quindi ho voluto provare. Alla fine lei lo perdona ma, cavoli, lui non se lo sarebbe proprio meritato. Comunque lo arresteranno e passerà la vita in carcere, ve lo assicuro. Lucia passerà la non vita assieme ai quattro marinai, e farà in modo che in futuro arrivino in tempo per salvare altre donne nella sua situazione.
Questa è un'opera di finzione, nessun gatto è stato cucinato durante la scrittura. Nè prima. Nè dopo. Oh, sono pure vegetariana, giuro.
Bye!       -----  羽毛
   
 
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