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Autore: Jawn Dorian    14/08/2014    3 recensioni
"Afghanistan o Iraq?"
Dio. Se solo avesse sentito prima quella frase.
 
 
{ What if in tre capitoli.
Tre capitoli, tre canzoni dei Coldplay. }
E se Mike Stamford non avesse mai presentato Sherlock a John?
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ogni Holmes deve avere il suo Watson'
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Attenzione!
Questo capitolo è stato ispirato dall’ascolto di What If, dei Coldplay.
Per tanto, si consiglia ai gentili lettori di ascoltare la suddetta canzone.
Sì, solo perché è bella.
Grazie, e buona lettura.
 
 
 
 

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Dicembre, 2015

John Watson era una persona normale, calma, e tranquilla.
John aveva una casa normale e tranquilla.
Aveva una moglie normale e tranquilla.
Aveva un lavoro normale e tranquillo.
John Watson era profondamente infelice.
 
Si affacciò alla finestra, guardando la neve cadere giù.
Si affacciò, la notte di Natale, e guardò le luci appese fuori, che coronavano le strade.
Quelle meravigliose luci scintillanti di Natale.
E John desiderò ardentemente essere una di quelle luci, una qualsiasi.
Avrebbe voluto brillare. Anzi, no. Si sarebbe accontentato di aiutarle a brillare.
John avrebbe tanto voluto essere un conduttore di luce.
‘E’ tutto sbagliato’ si disse quella notte ‘è tutto sbagliato. Questa non doveva essere la mia vita.’
 
Era davvero una curiosa e controversa coincidenza, ma John Watson aveva perfettamente ragione nel pensare questa cosa.
Lui non avrebbe mai dovuto essere una persona normale, calma, e tranquilla.
 
 

 
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Act I  -   What if
 
 
Ottobre, 2009
 
“Allora, quanto rimani a Londra?”
“Non molto, temo. Non posso permettermela, con la mia pensione.”
“Ti ci vorrebbe un coinquilino, non trovi?”
“Ma andiamo. Chi mi vorrebbe come coinquilino?”
“Pffeh.”
“Che c’è?”
“Non sei la prima persona che me lo dice, oggi.”
“Chi è la prima?”
 
E così John Watson aveva conosciuto Phil Winterson. Il suo storico coinquilino per almeno tre anni.
Non che suo futuro migliore amico.
Phil era un uomo serio, ma simpatico, un avvocato. Grande e grosso, eppure non avrebbe mai fatto del male a una mosca. Era un tipo che non amava farsi gli affari suoi, ogni tanto. Ma in maniera ridanciana e goliardica. John si sentiva come quando era al Liceo, con lui.
Era l’uomo più estremamente semplice e piacevole che avesse mai incontrato.
Uscivano spesso la sera al bar, e chiacchieravano del più e del meno.
Ogni tanto Phil faceva delle battute a cui John fingeva di ridere per lo più per farlo contento.
Guardavano un sacco di partite, insieme.
Phil aiutava John come poteva con la sua gamba, che non era mai guarita.
Lo accompagnava in macchina tutte le mattine al lavoro in ambulatorio.
Lì ormai li conoscevano tutti. Li chiamavano ‘il dinamico duo medico-avvocato’, cosa che faceva ridere entrambi e che tentavano di sfruttare come arma di seduzione e che, puntualmente, falliva.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Febbraio, 2010
 
“Che dire, lei…è fin troppo qualificato.”
“Lei dice?”
“Qui c’è scritto che era un soldato.”
“Già. Lo ero.”
“Sa fare qualcos’altro?”
“A scuola ho imparato a suonare il clarinetto.”
“Questo lavoro potrebbe risultarle banale.”
“Banale…va benissimo, la banalità a volte va proprio bene.”
 
E così John Watson aveva conosciuto Sarah Sawyer. La sua storica fidanzata per almeno tre anni.
Non che sua futura moglie.
Con Sarah, John era decisamente sereno e a suo agio.
 Tutti dicevano sempre che erano fatti l’uno per l’altra, che erano perfetti, che erano davvero affiatati e ben assortiti.
John però non capiva cosa avessero di diverso dalle altre coppie. In realtà, non avevano nulla di così speciale. Forse li definivano ‘perfetti’ perché effettivamente non avevano mai avuto litigi particolarmente pesanti o problemi di una qualche relativa importanza.
E così il tempo con Sarah era passato senza che nulla inceppasse il meccanismo.
E dopo tre anni, semplicemente, John aveva chiesto a Sarah di sposarlo.
L’aveva fatto in un ristorante di lusso, con un anello di lusso, e Sarah aveva pianto.
Ah, e ovviamente, aveva detto sì.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Marzo, 2013
 
“Non posso credere che ti trasferisci, Mike.”
“E io non posso credere che tu ti sposi. E scusami di nuovo se non ci sarò.”
“Fa niente, amico. E’ così strano che io mi sposi?”
“No…hai ragione, sei proprio tipo da impegnarti seriamente per ogni cosa.”
“Ma dai, chi non lo farebbe!”
“Chiederai a Phil di farti da testimone?”
“Già.”
“Sono contento che siate così amici.”
“Ah, sì? Credevi che non saremmo andati d’accordo?”
“No, è che…sai, è un po’ ridicolo, ma credo di aver dovuto fare una scelta.”
“Come? Una scelta?”
“Sì. Quel giorno, sai, anche un altro tizio che conoscevo cercava un coinquilino.”
“Oh. E tu fra i due hai scelto Phil.”
“Già.”
“E perché non l’altro?”
“Beh…ti ho istintivamente presentato il più tranquillo dei due. Il più incline all’amicizia, diciamo.”
“Oh, Dio. Chissà che razza individuo era l’altro!”
 
Mike si sarebbe trasferito.
Per cui, lui e John si erano andati a prendere una birra - l’ultima birra assieme -  offerta da John.
Inaspettatamente finirono a parlare del candidato coinquilino numero due.
E John, solo per un minuscolo attimo, sentì un lampo attraversargli la mente, un lampo che diceva: ‘wow, magari se avessi avuto un coinquilino diverso, la mia vita sarebbe stata diversa.’
Aveva immediatamente scacciato quel ridicolo lampo.
Perché insomma, quanto un semplice coinquilino potrebbe mai influenzarti la vita?
John Watson, in procinto di sposarsi, inebriato dai preparativi e dalla gioia di quel periodo, non si rese conto di essere finito sulla strada sbagliata.
E potrete anche dire: beh, ma perché sbagliata? Dipende dai punti di vista. Per qualcuno sposarsi, metter su famiglia e vivere una vita normale e tranquilla potrebbe essere la strada giusta.
Sì. Per qualcuno sarebbe potuta essere la strada giusta, ma non per John Watson.
Lui non sapeva, e forse non avrebbe mai saputo, di aver bisogno di tutt’altro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Aprile, 2013
 
“Allora, la grande domanda.”
“Quale grande domanda?”
“Il testimone.”
“Oh, John, dai, sul serio?!”
“Certo. Voglio che sia tu il mio testimone.”
“Non ci credo! Amico, certo che voglio essere il tuo testimone, sono davvero onorato!”
“Ci stupirai con uno dei tuoi fantastici discorsi?”
“Andrò alla grande, vedrai!”
 
E così John Watson aveva chiesto a Phil Winterson di fargli da testimone per il suo matrimonio.
E Phil si era messo subito a scrivere il discorso, entusiasta.
Sarebbe stata una stupenda cerimonia, e lo sposo meritava un discorso con i fiocchi, no?
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Maggio, 2013
 
“Signori e signore, vi presento John Watson.
(qualche grido dal pubblico)
John, qui, signori miei, è un medico fantastico, un fidanzato premuroso, e un grande amico.
Ha superato guerre e momenti orribili. E' forte, sincero e detto fra noi anche il sogno di ogni donna.
Certo, non credevo che un giorno, una donna sarebbe riuscita davvero a realizzare questo sogno.
E oggi, sono qui per celebrare il grande amore di due persone davvero speciali.
John e Sarah.
(qualche fischio, con un leggero applauso)
Cara Sarah, che dire. Sei un vero splendore. Sei perfetta per John e so che avrete un futuro luminoso e pieno di gioie, insieme. Certo, sarà un po’ dura non avere più John in casa con me, ma ehi. Ragazze, sono uno scapolo d’oro con una stanza libera, ora. Chiamatemi.
(un boato provocatorio, e qualche risata)
Caro John, voglio che tu sappia…tu sai che io sono figlio unico. E tu sei stato il fratello che non ho mai avuto.
Mi hai sempre sostenuto, ci sei sempre stato, nei momenti belli, e in quelli brutti.
Io ti ringrazio profondamente di questo e ti auguro ogni bene, amico.”
 
Nella sala da pranzo dell’agriturismo dove John e Sarah Watson festeggiavano il loro matrimonio, si levò un leggero applauso, accompagnato da facce sorridenti e compiaciute.
Ma John non potè fare a meno di domandarsi, in quel preciso istante, quand’era esattamente che lui e Phil avevano superato assieme ‘momenti brutti’.
E forse fu la contentezza del momento a non fargli rendere conto che insieme, loro due, non avevano avuto modo di affrontare proprio un bel niente.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Gennaio, 2014
 
“John, tesoro, io esco. Ci vediamo per cena, ok?”
“Ok. Copriti bene.”
“Certo che mi copro bene, amore.”
“Prenderesti il latte, già che esci?”
“Va benissimo.”
 
 Le cose nella testa di John si complicarono quando si rese conto di aver sostenuto quella conversazione almeno un miliardo di volte in neanche troppo tempo in quella casa.
Avevano il loro appartamento, adesso, che ogni tanto avrebbero lasciato vuota durante le loro vacanze.
Con una cucina componibile, e una stanza per gli ospiti.
Con il loro balcone, ed un barbecue che usavano nei week-end soleggiati.
Avevano un auto. Giapponese. Perché qualcuno in TV aveva detto che giapponesi ci sanno fare con le auto.
Era tutto semplicemente perfetto.
E questo giustificava ancora meno il fatto che ogni tanto, John Watson, sospirava.
Che la notte si svegliava accerchiato dagli incubi.
Che il suo tremore alla mano diventava sempre più forte ogni giorno che passava.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Maggio, 2014
 
[ Inviato il 12-5-2014 alle 13:10 ]
Phil? Sono John. Quando hai tempo, ti andrebbe una birra insieme?
 
[ Ricevuto il 13-5-2014 alle 11:18 ]
Scusa, amico, sono finito a lavorare su una causa importante.
Ti richiamo appena ho tempo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Dicembre, 2014
 
“Pronto?”
“Pronto? Phil?”
“John? Non ci credo! Come te la passi, sembra un secolo che non ci sentiamo!”
“Aha, beh, per la verità, sono passati mesi…”
“E’ vero, cavolo, scusa se non ti ho richiamato! In questo periodo sono pieno di roba da fare!”
“Senti, mi stavo chiedendo…magari questa vigilia ti va di vederci. Anche solo una birra.
Sai, no, come i vecchi tempi.”
“Ohh, cavolo, mi piacerebbe! Ma per la vigilia sono impegnato!”
“Oh. Capisco. Allora magari…per capodanno?”
“John, mi dispiace davvero, ma parto per tutte le vacanze di Natale con Leia.”
“Leia?”
“Oh, sì, è la mia ragazza. Te la devo presentare, magari quando torno.”
“Sì…sì, quando torni è perfetto! Sai, Phil…”
“Mh?”
“Io…in questo periodo non sto molto bene, e ho…ho bisogno di parlare, sai, con qualcuno.”
“Ah, cavolo, amico, mi dispiace. Dai, appena torno dalle vacanze ti chiamo e ci mettiamo d’accordo. Che ne dici, si può fare?”
“Certo. Ciao, allora. A presto.”
 
Arrivò Febbraio. E Phil non richiamò mai.
John cominciò a dormire sempre meno, la notte.
Sarah gli preparava del tè, con del latte, e del miele. E gli accarezzava la testa.
E, se possibile, John dormiva ancora peggio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Maggio, 2015
 
“Tesoro, hai preso il passaporto?”
“Sì, John, è nella tasca davanti del tuo borsone.”
“Grazie.”
“Tu ti sei ricordato di prendere la macchinetta fotografica?”
“Sì, è nella tasca interna della valigia.”
“Perfetto. Siamo pronti, allora!”
 
A Maggio, John e Sarah partirono per una vacanza alle Hawaii.
Spiaggia, sole e relax.
Perché questo era ciò che aveva consigliato il medico a John.
Assurdo, pensò John, che un medico dia consigli ad un altro medico.
E Sarah – dottoressa anche lei – gli aveva dato retta.
‘Sei stressato, John. Ti farà bene.’
E per un po’ aveva pensato anche lui di essere solo stressato.
Aveva seriamente pensato di poter risolvere tutto cercando di rilassarsi e non pensare a niente.
Ma andò diversamente.
Le spiagge erano fantastiche, il mare cristallino e il sole caldo e luminoso come non mai.
Era il paradiso.
Sarah si abbronzava, si divertiva, e rideva.
Anche John rideva.
Ma solo quando lei lo guardava.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Luglio, 2015
 
“Sarah? Sarah!”
“Tesoro, che è successo? Un altro incubo?”
“Sì…sì, io—“
“No, non ti alzare. Stai giù, non sforzare la gamba e cerca di tranquillizzarti. Vado a prenderti un bicchiere d’acqua. Magari ti preparo un tè, va bene? Aspettami qui.”
“No, Sarah! Aspetta, non andare, ho bisogno di—“
 
John era rimasto solo, nella stanza buia.
Si accucciò, e pianse silenziosamente, respirando a fatica.
Quella notte fu una delle più terribili della sua vita.
Contò i minuti in cui sua moglie era in cucina.
Ma la parte più terribile fu quando lei tornò, e lui se ne rese conto.
Si rese conto che la sua presenza non riusciva minimamente a farlo sentire meglio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Luglio, 2015
 
“John, è tutto ok. Hai degli incubi, va bene, e quindi? Sei stato in guerra, dopo tutto.”
“Ma la guerra non c’entra.”
“Certo che c’entra. Cosa vuoi che c’entri, allora?”
“Sarah, io— In guerra, io ero…facevo…mi sentivo utile. Adesso, io—“
“Tesoro, non mi dirai che ti manca la guerra.”
“No! Non è questo, è solo che…mi manca qualcosa. Sento che…mi manca qualcosa.”
 
Non che fosse un vero litigio. Ma Sarah sembrava davvero amareggiata, quella sera.
Così John il giorno dopo, per farsi perdonare, la portò a cena in un ristorante italiano.
Le chiese scusa, e le disse che con lei al suo fianco non gli mancava niente.
Sarah sorrise in modo così bello e sincero che John si sentì in colpa, e per un attimo, un solo attimo, pensò di dirle tutta  la verità, tutto quello che si teneva dentro: non ce la faccio più. Mi manca qualcosa.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Agosto, 2015
 
[ Inviato il 1-8-2015 alle 14:55 ]
Ciao Phil, sono John.
E’ un sacco che non ci sentiamo. Mi piacerebbe rivederti.
Chiamami, quando puoi.
 
[ Inviato il 10-8-2015 alle 16:45 ]
Ehi, Phil.
Per caso sei molto impegnato in questo periodo?
 
[ Inviato il 25-8-2015 alle 12:09 ]
Magari hai cambiato numero.
 
[ Ricevuto il 30-8-2015 alle  13:07 ]
Ciao, John! Scusa se non ti ho risposto, ma ho molto da fare.
Ci sentiamo presto, bello!
 
[ Inviato il 30-8-2015 alle 13:10 ]
Oh, ok.
Mi chiami per farmi sapere quando sarai libero?
 
Ma non arrivò nessuna chiamata. Mai.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Settembre, 2015
 
“John, guarda cosa è arrivato!”
“Cos’è?”
“Un invito al matrimonio di Phil!”
“Cosa? Phil si sposa?!”
“A quanto pare. Con una certa Leia.”
“Oh, già…mi aveva detto che si era trovato una ragazza, l’anno scorso.”
“Non è fantastico? Magari rivedere Phil ti farà bene!”
“Io…non lo so. Non ci sentiamo da parecchio, e—“
“Che sciocchezze che dici, John! E’ sempre stato il tuo migliore amico, hai intenzione di mancare al suo matrimonio?”
 
John avrebbe avuto giusto leggermente qualcosa da ridire sul termine ‘sempre’ e un pochino anche sulla parola ‘amico’, considerato che in quel periodo buio il suo così detto ‘migliore amico’  non si era nemmeno degnato di rispondere ai suoi messaggi.
Ma non gli sembrava il caso di litigare per quello.
E quindi ci erano andati. Erano andati al matrimonio di Phil.
Finita la pomposa celebrazione, Phil era corso da John e l’aveva ringraziato, gli aveva dato tante di quelle pacche sulle spalle da fargli venire il mal di schiena, e gli aveva sorriso felice.
John finalmente aveva conosciuto Leia, che con i suoi angelici boccoli biondi e gli occhi di un verde scintillante, sembrava squadrarlo come se lui non fosse niente di molto importante. Qualcosa di piccolo.
Un accessorio in regalo col pacchetto che era suo marito. Se possibile, avrebbe tanto preferito cestinarlo.
Gli aveva sorriso solo con la bocca, e poi era passata a scambiare chiacchiere con il resto degli invitati.
Phil era rimasto con lui per un po’, ma in seguito durante il pranzo finirono in tavoli mostruosamente lontani, e John per tutto il resto della festa parlò solo con Sarah, che era già entusiasta all’idea di andare a cena con i coniugi Winterson in quattro.
Il testimone era il neo cognato di Phil.
E a John la cosa fece un certo effetto.
 Quando arrivò la sera, si scatenarono le danze.
Ma disse a Sarah di sentirsi stanco, e quindi tornarono a casa.
 
John se ne andò via presto dal matrimonio di Phil.
Insomma, chi lascia un matrimonio presto?
Fu così triste.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
25 Dicembre, 2015
 
“Tesoro, dove vai?”
 
“Torno subito. Faccio una passeggiata. Mi aiuta ad evitare gli incubi.”
 
Quella passeggiata, John Watson non l’avrebbe più dimenticata.
 
 
What if there was no light 
Nothing wrong, nothing right 
What if there was no time 
And no reason, or rhyme 
What if you should decide 
That you don't want me there by your side 
That you don't want me there in your life

{…}
Every step that you take
Could be your biggest mistake
It could bend or it could break
But that's the risk that you take 



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 



Note dell’autrice
Salve a tutti, belle personeh.
E il primo capitolo è andato. Forse un po’ corto, ma è andato.
E’ la prima volta in vita mia che mi cimento in qualcosa di veramente triste. Dio mio, non so perché ho voluto provarci. Non sono decisamente portata per queste cose.
E probabilmente questa sarà la cosa più infantile che avrete mai sentito, ma vi assicuro che ad ogni riga che scrivo il mio cuore muore un po’.
Perché me lo sono chiesto davvero: ma se John non avesse mai incontrato Sherlock?
Subito dopo ho anche pensato che non si poteva neanche immaginare una cosa del genere, e che era decisamente ridicolo.
E poi, siccome sono furba, giustamente, mi sono ritrovata a scriverlo.
Ma quanto sono brava.
Insomma, prima canzone andata: What If.
Spero che qualcuno abbia apprezzato questa specie di aborto.
Se siete arrivati fino a qui, grazie mille. E se recensirete e mi direte che sto riuscendo a farvi piangere un pochino, beh, vuol dire che avrò fatto un passettino avanti. Sperare non costa nulla.
Al prossimo capitolo, e alla prossima canzone.
Cercherò di postare in pochissimo tempo il prossimo. Tipo, tra una settimana, o giù di lì..?
Vedremo, insomma, se qualcuno vorrà leggere il seguito.
Sperare non costa nulla, già.
 
 
 
  
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