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Autore: Non ti scordar di me    14/08/2014    8 recensioni
Può un amore fraterno trasformarsi in altro? In passione? In un’ossessione? In amore?
Damon dopo vent’anni d’assenza ritorna a casa dal padre, dal fratello Stefan e dalla piccola Elena che ormai non è più tanto piccola.
Elena lo odia, lo odia per i suoi modi di fare, lo odia per essere il fratello peggiore al mondo e lo odia perché prova per lui un’attrazione illecita.
E se Damon si stesse spacciando per qualcun altro? Elena è invaghita di un misterioso ragazzo di cui non sa neanche com’è il volto e s’incontra con lui ogni giorno alla biblioteca del college. E se i due, in realtà, fossero la stessa persona?
I due sono veramente fratelli? O sotto si cela un segreto più grande?
Dalla storia:
Le sue labbra erano troppo soffici. Era sbagliato. Noi eravamo sbagliati, quella situazione era sbagliata. I loro sentimenti erano sbagliati.
Si era innamorata di suo fratello. Può una vittima innamorarsi del suo aguzzino? Può una persona innamorarsi di un ricordo? Può una sorella innamorarsi di suo fratello?
“Siamo sbagliati…” Sussurrai.
“Siamo le persone sbagliate al momento sbagliato, eppure non mi sono mai sentito meglio con un’altra persona e in un altro momento.”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo uno.
Damon Salvatore is coming back
 
Presi i libri dall’armadietto e lo chiusi con forza. Oggi non era giornata.

«Buongiorno, splendore!» Mi salutò Matt, seguito dalla squadra di football. Lo ignorai, come al solito e iniziai ad armeggiare con il lucchetto dell’armadietto.

«Elena, vieni in caffetteria?»

Nervosa come non mai, riuscii finalmente a chiudere il lucchetto. Non mi girai neanche.

«Matt, smettila di fare l’idiota di prima mattina!» Tuonai. Oggi era una di quella giornate no, mi ero svegliata con la luna storta e nessuno mi poteva aiutare per migliorare il mio umore.

«Calmati, tigre!» Mi prese giocosamente in giro. Mi girai e incontrai gli occhi della sua migliore amica.
Nervosa com’ero non avevo distinto la voce di Caroline da quella di uno dei miei corteggiatori incalliti.

«Care, non è veramente giornata.» M’incamminai fuori dal Dalcrest. Il Dalcrest era un college magnifico, distante pochi chilometri da Mystic Falls.

Caroline si mise davanti a me, bloccandomi il passaggio. La guardai di sottecchi. Era la mia migliore amica e non avevo voglia di litigare con lei di prima mattina.

«Sotto questo malumore, si nasconde qualcosa.» Usò quel tono mieloso che mi dava alla testa. Le rivolsi un’occhiata scocciata.

«Dai, andiamo in caffetteria…Mi racconterai tutto lì.» Provò a convincermi. Alzai gli occhi al cielo rassegnata. La caffetteria era dall’altra parte del college, anche se il Dalcrest era un college abbastanza piccolo ed era piuttosto semplice spostarsi da un campus all’altro.

«Ho un test di trigonometria e sai bene che non è il mio forte. Dovrei andare in biblioteca.» Le ricordai con la speranza che mi lasciasse in pace.

Caroline era una ragazza dai capelli biondi che le ricadevano sulle spalle ordinati, due occhi celesti e un enorme sorriso. Era la mia migliore amica, con lei potevo fare e dire tutto.

«Tu vai a cercare il tuo libro in biblioteca, io vado in caffetteria e ordino due caffè forti. – disse sorridendomi – Uno è il tuo.» Mi avvertì.

Non era un’idea malvagia, anzi era un’idea piuttosto intelligente. Caroline che aveva delle idea intelligenti e non rischiose? Strano.
La salutai con un cenno del capo e mi avviai verso la biblioteca. Quel test sarebbe stato la mia rovina. Forse avrei dovuto chiedere aiuto a Bonnie, lei sì che era un genio in quella materia.

«Scusi…» Mi avvicinai alla bibliotecaria. Era una donna sorridente e pacifica. Non alzava mai il tono di voce – non perché era in biblioteca eh – ed era gentile con tutti.

«Dovrei aver lasciato il mio libro di trigonometria qui in giro, ne avete visto uno?» Chiesi, cercando di essere più gentile che potevo anche se mi riusciva difficile mantenere la calma quella mattina.

«Dovresti vedere lì in quell’angolino.» Mi consigliò. Indicò una libreria in penombra, sopra l’enorme libreria spiccava la scritta ‘Libri perduti’.
Le sorrisi e mi avviai verso quella libreria. La biblioteca del Dalcrest era enorme e più volte mi ero rifugiata lì, quando non avevo altro da fare.

«Il mio libro aveva una copertina blu…» Dissi, cercando tra gli scaffali. Fin’ora non avevo trovato niente, un libro di chimica, di fisica e persino uno sull’autostima! Insomma, di tutto…Ma il mio libro di trigonometria era sparito!
Sbattei i piedi a terra e continuai a cercare.

Un tonfo attirò la mia attenzione. Mi girai e vidi che dalla libreria alle mie spalle era caduto un libro. Mi accigliai e mi chinai per vederlo.
Era il mio libro. Aveva la copertina rigida in blu e spiccava l’enorme scritta in rosso ‘Come imparare la trigonometria in 100 step’.

Lo presi in mano e mi avvicinai allo scaffale da cui era – accidentalmente – caduto il libro.
«Hai trovato quello che cercavi?» Una voce mi sorprese. Dietro di me non c’era nessuno e davanti a me c’era una libreria. Chi mi stava parlando? Stavo immaginando tutto?

«Certo.» Risposi guardandomi intorno. Chi era questo ragazzo che mi stava provocando? Di sicuro era un ragazzo, era una voce maschile.
Era una voce profonda, forse fin troppo. C’era un idiota che mi stava prendendo in giro. Quella voce era troppo profonda e troppo malfatta.

«Perché non la smetti di nasconderti dietro una libreria?» Chiesi ironica, girando su me stessa.
«Sono dietro la libreria da cui è caduto il libro.» Era una voce malfatta. C’era solo un’ipotesi: un coglione stava modificando la sua voce.

«Non hai il coraggio di mostrare la faccia?» Scoppiai in una piccola risatina e sentii ridere anche lui dall’altra parte. Mi sedetti ai piedi della libreria, dandogli – tecnicamente – le spalle.

«Mi piace il mistero e mi piacciono le belle ragazze. Cosa pensi?» Se dovessi dirgli cosa pensavo in quell’istanti, sarei risultata maleducata. Mi morsi la lingua e mi trattenni dal mandarlo a quel paese.

«Penso che se ti vedessi in quest’istante ti prenderei a calci per i tuoi stupidi giochetti.» Dissi accennando un sorrisetto. Mi rilassai e poggiai la testa sullo scaffale.

«Calma, tigre.» Alzai un sopraciglio a quello stupido sopranome.
«Chiamami un’altra volte tigre e non avrai neanche tempo di dire una sillaba, perché io sarò già lì a prenderti a calci in culo.» Gli dissi schietta. Non sentii nient’altro per pochi secondi.

«Bel temperamento, mi piaci.» Mi prese in giro. Scossi la testa divertita e sorrisi leggermente aggiustandomi i capelli castani.

«Come m’immagini?» Continuò. Aprii la bocca e la richiusi non sapendo cosa dire. Come me l’immaginavo? Chiusi gli occhi e immaginai una specie di ragazzo che si divertiva a fare l’idiota in biblioteca con una ragazza.

«T’immagino basso, grasso, con l’acne e l’apparecchio. Il tipico topo da biblioteca. Ci ho azzeccato?» Di solito non ero così acida.

Una risata sinceramente divertita interruppe l’atmosfera.

«Oh, no mi spiace. Sei sempre così insopportabile?» Arricciai il naso e sussurrai un udibile ‘no’.
«Io t’immagino alta, snella, con dei bei fianchi, dei lunghi capelli mori con riga a lato, un viso a cuoricino e due occhi color cioccolato.» Alzai la testa dallo scaffale. Come faceva a sapere com’ero fatta? Mi spiava per caso? Mi alzai da terra e per un momento pensai di raggirare la libreria e di vedere chi fosse quel ragazzo che – apparentemente – sapeva com’ero fatta.

«Come hai fatto?» Chiesi accigliata. Questo giochetto incominciava seriamente a stancarmi. Guardai il mio orologio, potevo rimanere ancora qualche minuto e in fondo era divertente prendere in giro quel ragazzo.

«Ti ho vista.» Rispose divertito. Quindi lui mi aveva visto, ma io non potevo vedere lui.
«Non so chi tu sia.» Gli feci notare, estraendo il mio cellulare. Forse lo conoscevo. Anche se a pensarci bene, non conoscevo nessuno con così poco sale in zucca da provocarmi in una delle mie giornate no.

Ripensavo a quella telefonata e ancora mi maledicevo per aver risposto a mio padre. Perché avevo risposto? E soprattutto, perché non avevo spento il cellulare come facevo ogni sera?
- Tuo fratello ritorna a casa per conseguire gli studi. – Quelle poche parole erano bastate per mettermi di cattivo umore.
- Fammi sapere quando si sprecherà a essere un buon fratello. – gli avevo risposto con un diavolo per capello. Era da tempo che non vedevo mio fratello maggiore, da quando avevo due anni e i miei genitori si erano separati. Per il brutto rapporto che aveva con papà, il giudice aveva preferito affidarlo a nostra madre.
Perché dopo vent’anni d’assenza, era ritornato?

«Ti sei incantata a immaginarmi? So bene di essere irresistibile ma fino a questo punto…» Il ragazzo peccava di modestia. Mi ridestai da quella mattina e scossi la testa ridacchiando.

«Te l’hanno mai detto che sei di una modestia incredibile?» Scherzai. Da come parlava doveva essere un bel tipetto.
M’immaginai un ragazzo alto e muscoloso, magari con qualche tatuaggio sparso qua e là, sguardo magnetico, con capelli biondi e occhi verdi.
Da ora, avrei immaginato quel misterioso ragazzo così.

«Ti hanno mai detto che sei più sexy, quando sei arrabbiata?» Sorrisi compiaciuta a quel complimento. Perché stavo sorridendo? Insomma, non sapevo neanche chi si celasse dietro quella libreria e io rimanevo lì seduta a bearmi delle stupidaggini che diceva.

La compagnia di Caroline faceva male. Un tempo, non mi sarei mai sognata di fare una cosa del genere.

«Ti hanno mai detto che sembri più nerd, quando adeschi ragazze in una biblioteca?» Il mio umorismo si poteva tagliare col coltello, eppure lui non sembrava per niente scalfito…Anzi, mi sembrava piuttosto divertito.

«No. Di solito bastano due parole che le ragazze già cadono ai miei piedi.» Troppo modesto e ora stavo diventando anch’io curiosa. Era davvero così irresistibile?

«E’ un modo per abbordare?» Chiesi con un pizzico d’ironia. Per la prima volta, sentii chiaramente una risata. Una vera risata cristallina.

«Per una volta, in realtà, sto provando a parlare civilmente con una ragazza.» Il suo tono si era fatto più duro. Come si comportava di solito con le ragazze?

«Preferisco i fatti alle parole.» Continuò con un tono più malizioso. Roteai gli occhi e scossi la testa. I ragazzi erano sempre i soliti.

«Credo che per oggi ti dovrai accontentare solo delle parole.» Dissi guardando nuovamente l’orologio. Ora sì che ero in un ritardo pazzesco.

Mi alzai da terra e afferrai la mia tracolla. Presi il mio libro e a passo felpato superai quella libreria.
Lui era già sparito. La mia attenzione ricadde su un giubbotto. Curiosa mi avvicinai e lo presi tra le mani.
Era un giubbotto di pelle con qualche borchia. Mi guardai attorno. Non c’era nessuno, se n’era già andato e aveva lasciato a terra il suo giubbino.
Lo presi in mano e in silenzio mi avviai verso la porta.

«Signorina, trovato quello che cercava?» Chiese la bibliotecaria gentilmente. Sobbalzai e le sorrisi annuendo.
«Certo.» Risposi, con un’alzata di spalle. La signora indossava un lungo cardigan e una gonna lunga. Sembrava uscita da un film degli anni cinquanta.

«E quel giubbotto?» Chiese la signora con lo sguardo assottigliato. Deglutii in imbarazzo e mi sistemai i capelli – uno dei miei tanti segni di nervosismo –.

La bibliotecaria era sempre stata una signora taciturna e non faceva mai domande, perché mai ora le stava facendo tutte quelle domande?
«E’ mio.» Risposi sicura di me, uscendo dalla biblioteca. Dozzine e dozzine di studenti erano in giro per il campus.

Diedi un’altra occhiata al mio orologio. Il mio caffè si era già fatto freddo. M’incamminai verso la caffetteria e mi chiesi perché avessi preso quel giubbotto da terra.

«El, hai saputo la notizia?» Mi affiancò l’altro mio fratello. Stefan era il fratello migliore che una ragazza potesse desiderare: sempre gentile, disponibile e con un sorriso sul volto. Per non parlare di quanto fosse fico: alto, con dei muscoli ben piazzati, gli occhi verde foglia e dei capelli castani tirati su col gel.

«Ovvio. Non vedi come sono contenta?» Chiesi ironica accennando un sorriso tirato. Stefan mi sorrise. A pensarci bene, non mi ricordavo neanche come fosse fatto l’altro mio fratello.
Non lo vedevo dall’età di tre anni e le poche volte che papà lo incontrava era sempre lui ad andare a Londra – dove c’era anche mamma –.

«Elena, potresti per un secondo mettere da parte il tuo odio sviscerato verso Damon?» Chiese guardandomi dritto negli occhi e prendendomi per le spalle. Più volte venivamo scambiati per fidanzati, per i nostri atteggiamenti romantici.

«No. Stefan, non lo conosco. Non so neanche com’è fatto. Non ha passato un solo Natale con noi e con papà, non è voluto venire neanche al mio diciottesimo con mamma. Per me, loro sono morti.» Chiarii.
Non riuscivo a non provare odio per quella donna che aveva completamente stroncato la nostra vita e quella di papà.
«La mia famiglia siete tu e papà. Damon può perfettamente andare a farsi fottere.» Dissi amorevolmente. Stefan prese una boccata d’aria.

«Dobbiamo andare a prenderlo in aeroporto.» Disse Stefan. Alzai gli occhi al cielo. Aveva ventidue anni, non poteva prendere uno stupido taxi?

«No. Dovete andare a prenderlo in aeroporto. Io non verrò.» Dissi con un enorme sorriso. Non capivo perché lui, invece, era così contento di rivederlo.

«E’ nostro fratello e in tutti i casi lui ha deciso di lasciare Londra per recuperare il tempo perduto.» Mi ricordò. Questa cantilena era insopportabile.

«Poteva perfettamente rimanere a Londra, per quanto mi riguarda.» Ero piatta. Non sapevo neanche com’era fatto fisicamente. In giro per casa c’erano solamente foto di quand’era un moccioso.
Chiusi gli occhi per prendere un respiro e calmarmi. Perché Stefan non mi stava appoggiando come sempre? Lui era, persino, contento di rivederlo! Come se anni d’assenza potessero essere recuperati. Illuso.

«Elena, non fare così. Il giudice quando si separarono…» Ecco, iniziava il solito discorsetto noioso del ‘non è colpa sua, la colpa è del giudice’. Quante volte l’avevo sentito? Ah sì, ogni volta che imprecava contro suo fratello.

«Stefan non mettere in mezzo altre persone. Il giudice ha deciso di affidare Damon alla mamma, questo non significa che non poteva venire a trovarmi. Non mi hai mai chiamato, non mi ha mai mandato una lettera.» Alzai il tono di voce.

«Non c’era mai quando ne avevo bisogno. Non farmi la predica, Stefan. Sei un grande fratello e ti voglio bene, ma non puoi prendere decisioni per me. Sono maggiorenne.» Gli ricordai.
Mi saliva la rabbia ogni volta che ripensavo a quand’ero piccola e chiedevo a Babbo Natale di rivedere il mio fratellone, quando volevo passare una giornata con lui, quando avevo avuto la prima delusione in amore e lui non c’era mai.
Damon non sapeva chi ero, non potevo essere sua sorella. Non mi conosceva. Non sapevo cosa amavo e odiavo delle persone.

«Lui non si ricorda neanche il mio nome. Non sa neanche quand’è il mio compleanno. Ti devo ricordare quella volta che per il mio sedicesimo compleanno mi ha chiamato una settimana in ritardo? O quando mi ha chiamato Elisa e non Elena?» Potevo elencargli tutte le volte che mi aveva promesso da bambina che sarebbe venuto a trovarmi, tutte le volte che non rispondeva alle mie chiamate…E con gli anni quell’amore fraterno che provavo per lui si era tramutato in un odio profondo.

«No, me lo ricordo.» Stefan aveva lo sguardo cupo. Non aveva la benché minima idea di quanto avessi sofferto il suo ‘abbandono’.

«Chi mi sosteneva sempre? Chi mi consolava? Tu, perché sei tu il mio unico fratello.» Erano parole pesanti, lo sapevo. Era uno sfogo ingiusto. Mi stavo sfogando con una persona che non aveva colpe.

«Elena, ti stai sfogando col fratello sbagliato.» Disse freddo. A quelle parole mi sentii ferita, non voleva supportarmi? Credo proprio di no.

«Ti sfido a dirgli queste cose in faccia all’aeroporto.» Propose con un sorrisino divertito. Ci pensai su e in effetti non era una brutta idea.

«Pensi che non abbia il coraggio di farlo, Stefan?» Chiesi leggermente piccata. Lui scosse la testa e scoppiò in una piccola risatina.

«So che hai il coraggio, ma so che non glielo diresti mai senza una buona occasione perché in fondo tu vuoi rivederlo, vuoi tirargli uno schiaffo e vuoi abbracciarlo per poi piangere la sua mancanza.» Digrignai i denti. Non mi avrebbe convinto.

«Stefan non provare a convincermi.» Dissi con lo sguardo basso. Sapevo che se avessi incontrato i suoi occhi color verde foglia avrei ceduto e non volevo cedere per nessuna ragione al mondo.

«Elena, per una buona volta metti da parte il tuo orgoglio!» Mi rimproverò. Alzai gli occhi al cielo.
Quella conversazione stava diventando decisamente noiosa. Arrivammo entrambi in caffetteria e dopo averlo salutato con un bacio sulla guancia mi sedetti al tavolino, dove Caroline mi stava aspettando.

«Sei in ritardo di venti minuti!» Mi sgridò Caroline. La testa mi stava scoppiando e non ce la facevo più a sentire persone che mi sgridavano.

«Dove hai preso quel giubbotto?» Non mi diede il tempo di risponderle in malo modo, perché già aveva notato quel giubbino di pelle.

«Ho ritrovato il mio libro e ho trovato questo giubbotto.» Risposi, prendendo la tazza di caffè che la bionda mi stava porgendo. L’afferrai e ne presi un lungo sorso.
Arricciai il naso.

«E’ terribile.» Dissi, poggiando la tazza sul tavolino. Era troppo amaro, io bevevo solo caffè con almeno due bustine di zucchero e Caroline lo sapeva bene.

«Amaro, proprio come te oggi.» Battuta stupida da parte di Caroline. La fulminai con lo sguardo e presi una bustina di zucchero.

«Come mai hai perso tutto questo tempo? Non è che hai incontrato qualcuno d’interessante?» Care aveva una fissazione per il gossip e più volte aveva provato ad appiopparmi alcuni dei suoi amici.

«Diciamo che ho avuto una specie di scontro. Non ho proprio voglia di parlare, sono di cattivo umore.» Dissi, bevendo un altro sorso di caffè che ora era poco più dolce.

«Non si notava. Elena, sputa il rospo. Cosa sta succedendo?» Chiese prendendomi una mano.

Questo era uno di quei momenti tra amiche. Le sorrisi. Veramente ero troppo nervosa, mi stavo rovinando una bellissima giornata solo per colpa di Damon! Stupido fratello!

«Mio fratello ritorna a casa.» Dissi a denti stretti, stringendole la mano. Caroline si accigliò. La mia amica mi aveva capito?
«Stefan è già qui.» Rettificare: la mia amica non aveva capito niente. Sospirai pesantemente e mi diedi mentalmente della scena.

«Mio fratello Damon! Damon sta ritornando!» Sbuffai ansiosa. Caroline strabuzzò gli occhi, lei non amava particolarmente mio fratello anche se tecnicamente non l’aveva ancora conosciuto.

Care mi era stata vicina, durante i miei pianti notturni e le volte in cui mi sentivo terribilmente sola.
«Damon? Quel Damon? Quello stronzo? Cattivo? Quello a cui non gliene frega niente del suo ruolo di fratello maggiore?» Chiese ancora. Aggrottai le sopraciglia e scoppiai in una risatina. Caroline era la finezza.

«Perché, scusa, quanti Damon conosci?» Chiesi ironica. Quella era la prima battuta ironica che avevo fatto senza sembrare cattiva o acida.

«Vedi, come ti ho risollevato l’umore?» Le sorrisi. Era la mia migliore amica e mi sopportava sempre anche nei momenti peggiori.

«Sì, comunque.» Dissi, abbassando lo sguardo.
«Damon Salvatore sta ritornando.» Sussurrai a denti stretti.
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice: Prima fan fiction sulla Delena, visto che io sono Bamon…però uno strappo alla regola una volta tanto non fa niente, giusto?
Mi presento. Sono Alessandra e potete chiamarmi Ale o Alex come fanno i miei amici.
Quest’idea è nata dal nulla più totale. Sinceramente non so se possa valere qualcosa, se qualcuno di voi ha dei consigli sono ben accetti e se qualcuno vuole dirmi di ritirarmi completamente dal mondo della scrittura.
Metto in chiaro alcuni punti:
- Elena è sorella a Stefan e Damon che nella fan fiction sono sempre fratelli.
- Ho pensato che i tre “fratelli” abbiano tutti due anni di differenza l’uno dall’altro. Perciò quando i loro genitori si sono separati, Damon aveva sei anni, Stefan aveva quattro anni ed Elena aveva due anni.
- Il giudice ha affidato Damon alla madre per via dei difficili rapporti che già allora esistevano.
Ora ho una domanda per voi: Elena è troppo OOC? A me sembra abbastanza IC, così come Caroline però se voi avete dei consigli sono ben accetti.
Spero che la storia vi possa piacere. A presto!
Alessandra

 
  
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