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Autore: Lucy Light    14/09/2008    23 recensioni
“Dottore, io non riesco a levarmelo dalla testa.”
"Capisco"
“No, lei non può capire. Voglio dire, ero a tanto così dall’essere nominata scrittrice dell’anno. A tanto così” dissi, unendo pollice e indice “a un niente. E lui cosa fa? Cosa fa?”
“Salva l’intero mondo magico da una feroce dittatura basata su violenza, terrore e distruzione.”
“Precisamente.” risposi abbandonandomi di schianto sul lettino “E’ inconcepibile. Inammissibile. Insopportabile.”
“Signorina...”
“Io non capisco dove ho sbagliato. Un giorno occupavo le prime pagine dei giornali e il giorno dopo questo ragazzino, questo pivello con manie di grandezza mi frega ogni dannata colonna disponibile.”
La fronte del dottore si corrugò in tante rughe d’espressione. “Io credo che lei dovrebbe fare una vacanza. Schiarirsi le idee. Ecco, che ne dice di Bali? Un mio paziente c’è andato per una settimana e ne è tornato come nuovo. Allora? Che le pare?” chiese, ansioso di togliersi la sottoscrita dalle scatole.
Lo squadrai con sufficienza “Quelle rughe le diventeranno un problema fra qualche anno, sa?”
Mai dimenticarsi di Rita Skeeter.
Genere: Comico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hermione Granger, Rita Skeeter
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Alzò gli occhi al cielo, esasperato.
“Signorina, per favore, sia seria.”
“Dottore, lo sono. Non vorrà mica sembrare decrepito a... quanti anni ha?”
“Cinquantasei” sospirò lui.
Mi girai di scatto sul lettino “Ma allora lei è davvero vecchio!” Guardai l’orologio appeso alla parete “Bè, io devo andare. Se ha qualche ripensamento su quelle rughe posso parlare con un ottimo Medimago che...”
“A lunedì prossimo, signorina!” esclamò imbarazzato quella massa di gelatina sistemandosi gli occhialini. “E non dimentichi mai: se dovesse vedere Harry Potter...”
“... finga di svenire e tutto andrà bene. Chissà com’è ma ho qualche dubbio sulla sua competenza.”
Allargò le braccia. “Per quello che mi paga, signorina...” disse con uno sguardo carico di sottintesi.
Gli incenerii con la bacchetta il giornale dove campeggiava la foto di Poter con in braccio un chihuahua appena salvato.
 “Per quello che mi sta guarendo, dottore...”
Infilai la porta e uscii.

Appena smaterializzata in redazione qualcosa sotto di me si mosse sinuosamente, e con mio profondo orrore si attorcigliò alla mia caviglia e risalì per la mia gamba... qualcosa di freddo e liscio, qualcosa come...
“Un serpente!”
Feci un salto da record sul posto, per poi cominciare a correre per tutto il corridoio  come una forsennata “Staccati subito da me, stupida borsetta mal riuscita! Aiuto! Salvatemi da questo mostrooooo!”
Dovevo farlo scappare o cercare di infilzarlo con un tacco? Com’era quella maledetta lezione di autodifesa?
“Attenta!”
Fu un attimo. Inciampai in un cestino, e come al rallentatore vidi la moquette farsi più vicina, i quadratini arancioni sempre più grandi, sempre più grandi, finchè non mi ci sfracellai dolorosamente contro.
Alle mi spalle qualcosa soppiò come un palloncino, e alcune squame mi fluttuarono davanti. Una risata incontenibile scaturì dietro di me.
“Ahahahaha! Fantastico! Oh mio Dio! Uhuhu.... non... non ci posso credere!”
Signore e signori, ecco a voi il mio direttore, ovvero la seconda causa di tutti i miei guai dopo Salviamo-il-mondo Potter.
“Molto divertente.” dissi all’ometto che rantolava a terra dal ridere “Davvero da sbellicarsi.”
“Andiamo, mia cara! Non vorrete mica fare la musona anche oggi. E poi  vi devo parlare, volevo mettervi un po’ d’allegria. Avreste dovuto vedere la vostra faccia! Uno spettacolo! ”
“Più o meno come sarebbe vederti fare un infarto” sibilai, rialzandomi a fatica. Venti facce arroganti, tutte uscite dai loro cubicoli per vedere me, mi squadravano maligne. Leggevo a chiare lettere quello che i loro razionatissimi neuroni formulavano: la loro grande collega, umiliata da un neodirettore!
“Non mi voleva parlare, direttore?” cinguettai facendo finta di niente.
“Ma certo, mia cara, ma certo.” mormorò.
“E allora andiamo” mi uscì come un ringhio.
Nella fretta di ripararmi dalle occhiate malevoli che mi frecciavano da ogni angolo non mi soffermai a pensare che stavo entrando lì dove fino a poco prima era il mio regno; ma un’acuta fitta di nostalgia e panico mi prese quando realizzai.
Il mio ufficio da direttrice era un esempio di eleganza, stile, perfetto e armonioso abbinamento di tinte , un bijou verde lime in affilato stile minimalista.
L’ufficio del direttore non era un ufficio, ma un incubo.
Il soffitto era color melanzana, ma per qualche strana ragione le pareti erano arancioni, mentre l’arredamento non sembrava avere regole particolari: i mobili vivevano in una totale anarchia cromatica.
Un appendiabiti rosso corallo mi prese borsetta e soprabito, mentre qualcosa di caldo mi avvolgeva  piedi. Guardai con orrore in basso pronta al peggio, ma questo non bastò a salvarmi dallo shock. 
“Le mie scarpe!” strillai.
I miei piedi erano stati infilati in un paio di soffici e pelose Pantofole Cambiaforma, che in quel momento imitavano terribilmente bene due rospi gracidanti.
“Torneranno normali quando uscirete, mia cara. Ma bando al formalismo! D’ora in poi diamoci del tu.”
Si sedette al di là della scrivania blu notte dove scorreva in diversi colori e forme il nome Dedalus Lux. Attualmente era viola e portato a braccio da due goblin.
“Carina, vero?” disse con orgoglio indicandola “Fatta appositamente per me da George Weasley! Quell’uomo è un genio... davvero, se mai vorrai riarredare casa tua pensa a lui!”
Certo... d’altronde, chi non smanierebbe per un wc che strilla “Munirsi di mollette, gente!” ogni volta che uno va a fare i propri bisogni?
Feci dondolare la mia Rospopantofola nel vuoto. “Allora, signor... ehm, Dedalus. Cosa voleva dirmi?”
“Lavoro, lavoro, sempre lavoro!” esclamò giovale appoggiandosi alla sua immensa poltrona verde. “Hai mai pensato di rilassarti, Rita?”
Rilassarmi? Certo che sì! Proprio ieri ero andata a fare shopping sfrenato, e ne ero pure uscita vittoriosa, anche se con qualche ricciolo in meno.
“Bè, come sa la mia posizione è precaria, dirett... Dedalus. Non è stato facile riavere un posto al giornale.”
Chissà perchè, vero, Potter? Mi guardò scontento (cosa rara, data che pareva fosse nato sorridendo...)
“Rita, Rita... quel libro su Silente è stata proprio una cattiva idea. Va bene che ti hanno obbligata, ma davvero... è stata dura per tutti credere che tu non l’avessi fatto volontariamente.”
A dirla tutta, anche per me.
D’altra parte cosa potevo dire, con Potter che incalzava per farmi espellere dal Mondo Magico e Dodge che mi cercava ovunque per trucidarmi?
“Me ne rendo conto... e ne sono davvero pentita” mormorai abbassando la testa. Che attrice ero! Lo guardai con gli occhioni luccicanti “A volte mi sento così orribile...”
“Ma no mia cara, non dovete! So che siete una brava ragazza, dopotutto!” Tipico di chi è con un piede nella fossa chiamare ragazza una pluriquarantenne, pensai. “Ed è per questo che vi ho fatto venire qui.” “Alleluja!” mi guardò storto “Voglio dire... è una bella notizia, vero?”
“Ottima, in effetti! I tuoi articoli sono sempre troppo cattivi, ecco, ma niente male. Per cui voglio darti fiducia. Voglio affidarti...”
S’interruppe e mi guardò come se mi avesse visto per la prima volta in vita sua. “Ma tu sei perfetta! Mia cara, davvero! Oh, che gioia! Non sapevo più dove sbattere la testa! Qui bisogna festeggiare!”
Dedalus tirò fuori da sotto la scrivania una bottiglia piena di un liquido ambrato e denso, meglio noto come Whisky Incendiario Ogden Stravecchio.
“Dedalus, lei mi confonde...” mormorai accettando il bicchierino e buttandolo giù in un colpo solo. “A cosa devo tutto questo entusiasmo?”
“Ma al concorso su Beda il Bardo, ovviamente!”
Il mio occhio destro si contrasse in un tic.
“Cosa?”
Sventolò un foglio rosa sgargiante che avevo già visto in giro per la redazione,“Mi mancava proprio la strega Altheda della fiaba della Fonte! Sei un po’ più florida del personaggio, ma qualche settimana di dieta dovrebbe...”
Senza tacchi a spillo era inutile cercare ucciderlo, va bene, ma la questione era solo rimandata.
Inarcai un sopracciglio “Direttore, era di questo che mi voleva parlare con tanta urgenza?”
Tossicchiò sorridendo, come un bambino timido “Bè, ovviamente no, ma vedi, Stacey era un vero disastro! Mentre tu hai quel non so che... sei uguale a come me l’immaginavo da bambino, ecco!”
Ci provava gusto a offendere, poco ma sicuro.
“Comunque, passando a cose serie” <> ci sfrecciò davanti a cavallo di una scopa “ voglio affidarti un’intervista.”
Lo studio di Dedalus si trasformò e diventò improvvisamente un piccolo paradiso terrestre coperto di nuvole di zucchero filato su cui saltellavo cantando “Lollipop, lollipop oh loli loli loli lollipop!”
“Davvero?” balbettai dopo qualche secondo di vaneggiamento.
“Davvero davvero!” Sembrava quasi più contento lui di me. D’altra parte ero l’unica a cui non fosse mai piaciuto, e finalmente anche io ero pronta a giurargli amore eterno.
Rita Skeeter tornava sui tappeti rossi e di gran carriera! Evviva!
“E chi sarà la vitt... ehm, l’intervistato?”
Nel mio cervello prese forma una visione celestiale, ovvero la sottoscritta che passeggiava sopra scie di ammiratori che si gettavano ai miei piedi e che faceva shopping accompagnata da elfi che porgevano borse colme d’oro. Ero arrivata a quando il padrone del negozio mi regalava tutto in cambio di un autografo quando il direttore mi rispose.
“Oh, una giovane donna molto, molto importante. E non hai sentito la parte migliore! La conosci.” disse gioioso.
“Come cosa?” Ah sì” replicai, cercando di focalizzare che ero in una stanza multicolore e non in una raffinata boutique oro e bianco.
“Chi è?” La domanda restò sospesa. Un brividino premonitore mi corse giù per la schiena, ma non vi prestai attenzione.
“Oh, scommetto che farai un salto di gioia a saperlo. Prova a indovinare!” sorriso sinistro.
“Dove lavora?”
“Al Ministero.” aspettai che dicesse altro ma niente, s’era cucito le labbra
“Da quanto?” chiesi allora. Questi indovinelli sadici! La mia mente era già abbastanza provata per quella mattina.
“Qualche mese, direi. E si è già fatta notare, a dirla tutta, per le sue amicizie ma anche per il suo cervellino. Niente male, davvero, l’ho avuta per le mani più di una volta e direi che batte molti dei suoi amici più famosi!”
Un fulmine mi illuminò. Giovane donna, Ministero, cervello... tutte queste parole mi turbinavano in testa.  Sapevo che il mio sesto senso non sbagliava mai, eppure questa volta pregai con tutta me stessa di essere in errore.
Perchè.
Non.
Poteva.
Essere.
Lei.
Dovevo avere una faccia da schiaffi totale, perchè il mio direttore mi guardò dispiaciuto “Ma insomma, Rita... proprio non ci arrivi? La piccola e adorabile Hermione Granger!”
Piccola. Adorabile.
“No.”
Non poteva farmelo. Non poteva farmi arrivare sull’orlo di una crisi di nervi così come niente. Lunedì avevo appuntamento dallo psicanalista, non potevo arrivare come un riccio infuriato per il nervoso. Regola d’oro di mia madre: vai a farti una ceretta? Fatti trovare già praticamente liscia. Dal parrucchiere? Sistemati i capelli prima. Cos’avrebbero pensato il dottore e mia madre se fossi arrivata completamente esaurita all’appuntamento?
“Vede, io non nutro buoni rapporti con... con quella ragazza, e...”
“Lo so, lo so” ridacchiò ammonendomi con un dito “ma non vorrete mica tenervi il broncio a vita, no?”
Caddi di peso sullo schienale della mia sedia. Ma perchè non capiva? Non era una bagatella tra marmocchie, accidenti, era una feroce guerra aperta senza esclusione di colpi!
“Direttore, sul serio... non può chiedermelo...”
“E invece è proprio quello che voglio” rispose amabilmente girandosi “Una tazza di thè?”

***

Buongiorno a voi, piccoli e insignificanti esseri non magici che... come dici, scribacchina? Oh, d'accordo.
Ricominciamo.
Buongiorno a voi, babbani! Quello che avete letto è solo l'inizio, il principio, il prologo di ciò che sarà un disastro epocale.Un inclemente rovescio di pioggia sui miei tailleur, sui miei adorati tacchi dodici e sulla mia preziosa autostima.
Ma capirete da soli cosa intendo... sempre che la mia scribacchina non attacchi con i suoi soliti slogan da scioperata, tipo "Ho fame", "Ho sete", "Quando mi libererai" e sciocchezze simili.
A presto cari!
Rita Skeeter




  
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