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Autore: saramermaid    15/08/2014    1 recensioni
Thadastian | Verde | Post 3x14
Dal testo:
"La pioggia si era fatta meno insistente quando raggiunsero l’entrata dell’Accademia, ma entrambi stavano in ogni caso tremando a causa del freddo e Thad sapeva che l’altro avrebbe dovuto asciugarsi al più presto per evitare di beccarsi l’influenza. Lasciò quindi perdere l’ombrello, posandolo nell’apposito contenitore accanto al portone, e tirò Sebastian per un braccio salendo velocemente le scale per raggiungere i dormitori."
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dark Sides









There's a place that I know
It's not pretty there and few have ever gone
If I show it to you now
Will it make you run away

Or will you stay
Even if it hurts
Even if I try to push you out
Will you return?
And remind me who I really am
Please remind me who I really am

Everybody's got a dark side
Do you love me?
Can you love mine?
Nobody's a picture perfect
But we're worth it
You know that we're worth it
Will you love me?
Even with my dark side?





Le gocce di pioggia continuavano a scorrere impetuose, creando qualche piccolo torrente ai lati dei marciapiedi scuri e lungo le vie piene di gente che affrettava il passo per evitare di bagnarsi nonostante gli impermeabili. Sebastian camminava invece lentamente, le scarpe costose irrimediabilmente rovinate ed i vestiti umidi, completamente in balia del maltempo senza un ombrello a fargli da scudo.

Percorreva quel tratto di strada senza una meta precisa, ben conscio che si sarebbe preso come minimo una polmonite, eppure non gli importava. Sul suo volto era ancora impressa la solita maschera impassibile, difficilmente disposta a mostrare un minimo cenno di cedimento o emozione. I capelli, ormai privi di quel ciuffo perfetto che aveva premura di sistemare ogni mattina, gli ricadevano appiccicati sulla fronte in tante ciocche disordinate.

Gli occhi verdi erano invece una barriera di ghiaccio che si accompagnavano alla smorfia dura dipinta sulle labbra sottili. Iniziava a sentire freddo ed il corpo slanciato era percorso da lievi ed impercettibili tremori, ma non era intenzionato a tornare a casa per essere riavvolto da un clima ancor più glaciale di quello meteorologico. La sua mente era piena di parole confuse ma taglienti ed affilate come lame che gli fecero stringere i pugni fino a farsi sbiancare le nocche. Quel gesto era l’unico testimone di un qualcosa che lo agitava nel profondo e che allo stesso tempo non aveva intenzione di far trapelare ad occhi esterni.

Non fece nemmeno caso agli insulti poco garbati di una signora che l’aveva appena spintonato per sorpassarlo né alle occhiate allucinate che i passanti gli lanciavano mentre continuava ad inzupparsi sotto il peso di quel temporale. In compenso sussultò appena mentre un tuono squarciava il cielo nero e svoltò l’angolo scontrandosi contro qualcuno. Ci mancò poco che perdesse l’equilibrio ma riuscì comunque a mantenere una presa stabile sull’asfalto scivoloso.

«Sebastian?» Sollevò di scatto il viso sentendosi chiamare dal suo interlocutore con un tono abbastanza sorpreso e familiare, accorgendosi che il tizio col quale si era scontrato era Thad.

Il suo compagno di stanza lo osservava con occhi leggermente sgranati e la bocca ancora socchiusa, probabilmente shoccato nel trovarselo davanti bagnato fradicio come un pulcino. Sebastian non aggiunse nulla né rispose al saluto poiché gli costava enormemente emettere anche solo mezza sillaba. Non voleva correre il rischio di ritrovarsi completamente esposto mostrando quel suo raro momento di inquietudine.

Tuttavia Thad sembrò intuire qualcosa e prontamente si premurò di coprire entrambi con l’enorme ombrello blu per evitare che Sebastian si ritrovasse ancora più inzuppato di quanto già non fosse. Lo squadrò cautamente senza fare ulteriori domande, a cui l’altro sembrava non voler rispondere, e gentilmente gli fece notare che non potevano restare fermi in mezzo alla strada. Sebastian annuì meccanicamente e si lasciò guidare dal più basso senza sapere dove stessero andando.

«Ci conviene rifugiarci alla Dalton, è l’edificio più vicino al punto in cui siamo» Rispose con voce incerta il moro mentre lui si limitava ad osservare dritto davanti a sé annuendo di nuovo.

La pioggia si era fatta meno insistente quando raggiunsero l’entrata dell’Accademia, ma entrambi stavano in ogni caso tremando a causa del freddo e Thad sapeva che l’altro avrebbe dovuto asciugarsi al più presto per evitare di beccarsi l’influenza. Lasciò quindi perdere l’ombrello, posandolo nell’apposito contenitore accanto al portone, e tirò Sebastian per un braccio salendo velocemente le scale per raggiungere i dormitori.

La loro stanza appariva spoglia se privata della maggior parte degli effetti personali, ma tutto era perfettamente in ordine. Del resto erano all’inizio delle vacanze invernali e molti, compresi loro due, erano tornati a casa proprio quella stessa mattina. Motivo, questo, a favore della tesi che a Sebastian fosse successo qualcosa. Thad premette la mano sull’interruttore della luce ed iniziò a frugare nell’armadio in cerca di qualcosa di asciutto. Fortunatamente sia lui che Sebastian avevano l’abitudine di lasciare un cambio di scorta per eventuali emergenze e non ci mise molto prima di prendere in mano una pila di vestiti accuratamente piegati.

«Sebastian devi togliere quei vestiti bagnati o prenderai un malanno.» Annunciò con tono premuroso.

Sapeva di star tergiversando per evitare di chiedere apertamente cosa fosse accaduto, ma conosceva perfettamente Sebastian. Fargli domande insistenti non era la mossa più saggia né tanto meno ci avrebbe ricavato qualcosa. Avrebbe avuto le sue risposte soltanto se fosse stato lo stesso Smythe a decidere di parlare e confidarsi. Gli occhi verdi dell’altro sembrarono tornare più attivi a quelle parole mentre, ancora fermo immobile accanto alla porta, scrutava con circospezione l’ambiente prima di muovere qualche passo nella sua direzione.

«Vado a fare una doccia, non ci metterò molto.» Riuscì finalmente a mormorare con voce ferma ma leggermente impastata, prima di prendere la sua tuta chiudendosi la porta del bagno alle spalle.

Il rumore dell’acqua che scorreva coprì il sospiro di Thad mentre si toglieva quell’ammasso di stoffa umido per indossare un paio di pantaloni comodi ed una felpa tutta chiusa munita di cappuccio. Con cura raccolse poi dal pavimento i suoi vestiti e li ripose ad asciugare accanto alla presa d’aria calda prima di mettersi a sedere sul proprio letto. Attese pazientemente per diversi minuti, alternando lo sguardo tra la porta del bagno e la finestra su cui scivolavano sottili rivoletti d’acqua; e nell’attesa inviò un breve messaggio a sua madre per spiegargli la situazione ed evitare che si preoccupasse.

Aveva appena bloccato lo slide dello schermo quando Sebastian uscì dal bagno frizionando i capelli con l’asciugamano bianco e stando ben attento a non incrociare i suoi occhi. E quello fu il secondo segnale che Thad captò per avvalorare le sue ipotesi. Dacché lo conosceva, Sebastian non aveva mai evitato un contatto visivo con chiunque gli capitasse a tiro, mai una volta che avesse abbassato la cresta; piuttosto non ci pensava due volte nel farsi ammirare in tutta la sua bellezza facendo accrescere il suo spropositato ego.

Quello strano silenzio era quindi opprimente e a Thad sembrava di camminare in un campo minato; stava cercando di trovare le parole corrette per evitare che l’altro gli si rivoltasse contro alla prima occasione. Si morse il labbro inferiore con forza, indeciso se provare ad intavolare una conversazione o scuotere Sebastian fino ad obbligarlo a mostrare una qualsiasi reazione che non fosse così simile all’apatia. Alla fine optò per la prima opzione; non ci si vedeva proprio a fare la parte dell’impiccione curioso, cosa che non faceva assolutamente parte del suo carattere.

D’altra parte però era visibilmente preoccupato e, sebbene lui e Sebastian non avessero poi un così buon rapporto, non poteva fare a meno di provare un senso d’angoscia e la voglia di essergli d’aiuto in qualche modo. Sapeva di essere fin troppo buono ed altruista, come non mancava di fargli notare Jeff, ma proprio non riusciva ad essere insensibile e lasciar perdere. Incrociò le gambe sul copriletto posando poi i gomiti sulle cosce ed il mento sui palmi delle mani in modo da poterlo osservare meglio.

Le dita lunghe giacevano immobili strette attorno alla spugna bianca dell’asciugamano posato mollemente sulle gambe, la bocca era stirata in una smorfia forzatamente rigida e gli occhi verdi sembravano essere tornati vigili sebbene ancora pregni di una leggera patina lucida. Nel complesso appariva come il solito Sebastian, eppure le rughe tirate sulla fronte denotavano un lieve sforzo nel mantenere alta la guardia e l’espressione che si era abilmente costruito in volto.

«Hai intenzione di continuare a fissarmi per molto?» Mormorò voltandosi a fronteggiare Thad ancora nella stessa identica posizione di prima.

Quest’ultimo sussultò appena non aspettandosi il suono di quelle poche sillabe. Leggermente a disagio prese di nuovo a torturarsi il labbro inferiore con i denti, salvo poi ricordarsi che quello non era uno dei loro soliti battibecchi ma una situazione leggermente più complicata e strana. Aveva rinunciato al proposito di spulciare nella sua mente in cerca di una frase azzeccata, ma l’altro stava aspettando una risposta.

«Da quando ti da fastidio se qualcuno ti fissa? Che io sappia tu godi nel vedere la gente che resta incantata al tuo passaggio.»

Decise di rispondere con un’altra domanda; in questo modo avrebbe potuto indagare più a fondo senza destare sospetti e magari punzecchiarlo era la via più rapida per giungere alla soluzione di quell’enigma.

«Non ho detto che mi dispiace.» Constatò Sebastian con assoluta naturalezza.

Un angolo di quelle labbra sottili si sollevò leggermente in un sorrisino sarcastico mentre si metteva a sedere, imitando la posizione di Thad, dopo aver recuperato il cuscino bianco ed averlo posato sulle gambe. Fuori dalla finestra i tuoni si stavano facendo più intensi e rumorosi illuminando a giorno il paesaggio ed il moro stava scomponendo ogni singola sillaba pronunciata da Sebastian per ricavarne il vero significato abilmente nascosto.

Si sorprese egli stesso per la velocità con cui il suo cervello collegò automaticamente i vari vocaboli e si concesse un sorriso stiracchiato in risposta. Sebastian voleva che lui non smettesse di prestargli attenzione ed allo stesso tempo cercava di tenere la bocca cucita. Non gli avrebbe reso il lavoro facile, di questo Thad era certo, e spettava ancora una volta a lui leggere tra le righe. Non si sorprese poi tanto; era tipico di Smythe evitare di raccontare i fatti propri preferendo mostrare soltanto il suo lato oscuro e cattivo. Eppure lui percepiva perfettamente una nota stonata in quell’insieme magistralmente costruito a tavolino.

«In effetti no, non l’hai detto. E non hai nemmeno detto come mai sei uscito senza ombrello con questo tempaccio.»

Aveva buttato quella affermazione come se fosse del tutto casuale quando in realtà era marcatamente voluta; ed era perfettamente consapevole che dal tono con cui l’altro avrebbe risposto altri tasselli sarebbero finiti col combaciare aggiungendo ulteriori particolari. Lo sapeva anche Sebastian, il quale si prese tutto il tempo necessario prima di continuare quella conversazione.

«Ero semplicemente di corsa e non mi sono accorto delle nuvole in arrivo.»

Il tono di Sebastian era meno acido di quanto avesse voluto, le nocche ancora una volta strette in una presa fin troppo salda e del tutto fuori luogo per una semplice e banale constatazione. Tuttalpiù se davvero la causa fosse stata semplice dimenticanza, avrebbe fatto di tutto per rientrare a casa prima di potersi inzuppare completamente e rovinare sia i capelli – a cui teneva in modo maniacale – sia i suoi preziosi vestiti firmati.

Un altro piccolo tassello andò magicamente al suo posto, portando Thad a dedurre che il problema di fondo fosse proprio il tornare a casa. Chissà perché aveva lo strano presentimento che fosse quello ciò da cui Sebastian stava visibilmente scappando. Non poteva tuttavia conoscerne i dettagli né le motivazioni che, a conti fatti, dovevano essere abbastanza gravi data la situazione in cui gravitavano. A quel punto era inutile continuare a parlare per enigmi; l’unica soluzione era andare dritto al nocciolo del problema.

«Capisco.» Disse annuendo e continuando a tastare il terreno con cautela. D’accordo che Sebastian non l’avesse ancora mandato a quel paese e che stesse mostrando fin troppa remissività, ma non ci teneva a risvegliare il lupo cattivo* che sembrava essere momentaneamente assopito. «Dovresti avvisare i tuoi genitori, io ho già avvisato mia madre che siamo bloccati qui alla Dalton.» Terminò.

Le spalle di Sebastian si irrigidirono meccanicamente come se fossero schiacciate dal peso di un qualcosa ancora non esattamente identificabile per Thad. Sembrava avesse toccato un nervo abbastanza scoperto a giudicare dal verde più scuro che era ricomparso in quelle pupille leggermente dilatate. Non sapeva cos’altro dire e la sensazione di star troppo vicino ad una bomba ad orologeria pronta ad esplodere si stringeva saldamente attorno al suo stomaco.

In quelle iridi poteva giurare di aver visto passare miliardi di emozioni differenti, ma purtroppo abbastanza confuse ed ingarbugliate da non essere in grado di decifrarle con certezza. Sebastian ora sembrava di nuovo spaurito e distante, rendendogli più faticoso resistere alla tentazione di alzarsi e stringerlo in un abbraccio confortante come faceva spesso con Jeff o Nick quando erano depressi. Smythe però non era nessuno dei due e difficilmente si sarebbe arreso ad una dimostrazione d’affetto.

«Non ce n’è bisogno. Ho già avvisato che non sarei tornato per cena.» Tagliò corto l’altro non potendo evitare di imprimere alla voce una cadenza tagliente.

Thad aggrottò leggermente la fronte inclinando la testa di lato e mettendo in moto ancora una volta il suo cervello; sul viso era dipinta un espressione molto simile a qualcuno che ha appena avuto una rivelazione mistica. Sebastian non aveva nessuna intenzione di tornare a casa, constatò. Probabilmente se non si fossero scontrati per puro caso, Smythe avrebbe continuato a camminare in mezzo al nulla pur di non rimettere piede nell’abitazione dove viveva.

«Sebastian io-» Iniziò con tono di voce abbastanza basso, salvo poi bloccarsi a metà frase non sapendo bene cosa stesse effettivamente per dire. Non era mai stato più difficile come in quel momento mettere insieme qualche lettera e, infastidito dalla sua improvvisa insicurezza, sbuffò passandosi poi una mano tra i capelli neri.

«Dillo, Harwood.» Fu tutto ciò che il castano riuscì a mormorare in risposta.

Thad si ritrovò del tutto spiazzato dalla piega che stava assumendo quella giornata e dal suono evidentemente intriso di rassegnazione di Sebastian, la cui maschera stava pian piano crollando davanti ai suoi occhi rivelando nient’altro che un ragazzo pieno di insicurezze, paure, delusioni e tanta tristezza. Ciò che vide lo colpì dritto al cuore; nel petto lo strano desiderio di voler assorbire tutta quella malinconia opprimente.

«Sebastian, cosa è successo?» Non voleva mostrarsi fin troppo coinvolto, eppure non poté evitare che la sua voce prendesse una lieve sfumatura stridula. Tuttavia si sentì un po’ meno agitato dopo aver posto finalmente la domanda che avrebbe dovuto fare dall’inizio. Sebastian gli stava concedendo il privilegio di vederlo senza più difese né muri e Thad non aveva nessuna intenzione di approfittare di quella scoperta per ferirlo.

«C’è stata una discussione con mio padre dopo l’incontro annuale tra il preside ed i genitori.» Thad annuì senza interromperlo; anche i suoi genitori avevano partecipato a quell’incontro che si era tenuto quella stessa mattina.

Ogni anno, infatti, prima delle consuete vacanze natalizie i genitori dovevano recarsi in separata sede dal preside per discutere dell’andamento dei propri figli durante la prima metà dell’anno scolastico. Questa volta quindi il nesso logico era più criptico da decifrare, senz’altro era impossibile che il signor Smythe si fosse arrabbiato per i voti poiché Sebastian era uno dei migliori studenti dopo di lui.

«Quando siamo arrivati a casa ha iniziato a dire di quanto il mio massimo non fosse puntualmente abbastanza e che ero una continua delusione per lui. I toni di voce si sono alzati in meno di cinque minuti e dopo avermi apertamente accusato di aver costretto un ragazzo al suicidio sono uscito di casa sbattendo la porta mentre lui ancora sbraitava.» Terminò Sebastian prendendo il silenzio dell’altro come un invito a continuare il discorso.

La voce con la quale aveva parlato era limpida e ferma, quasi come se tutto quello non lo toccasse minimamente, tuttavia la stretta decisa delle dita lunghe attorno alla fodera del cuscino faceva trasparire quando in realtà fosse turbato a causa delle parole che il genitore gli aveva rivolto. Thad iniziava a comprendere adesso e più faceva chiarezza, più si rendeva conto di quanto si fosse enormemente sbagliato a credere che Sebastian avesse praticamente tutto.

Certamente possedeva una discreta liquidità economica ed era abituato a fare come più gli pareva, ma il prezzo di ciò era la completa assenza di un clima familiare amorevole. Improvvisamente realizzò che Sebastian era solo e quella consapevolezza gli piombò addosso come un pugno dato in pieno stomaco. Finalmente il puzzle era completo; il signor Smythe aveva riaperto una ferita non del tutto rimarginata nel cuore di suo figlio. Gli aveva addossato la colpa di ciò che era accaduto qualche mese prima a Dave Karofsky, nonostante la colpa non fosse certamente di Sebastian.

«Non azzardarti a fissarmi in quel modo , Harwood. Sono sempre la stessa persona, non mi serve la tua cazzo di compassione!» Esplose l’altro con rabbia, alzandosi in piedi e gettando malamente il cuscino sul pavimento.

Thad lo raggiunse pochi secondi dopo bloccandogli i polsi e costringendolo ad incatenare i loro sguardi. Ignorò volutamente gli strattoni poco gentili di Sebastian, intenzionato a liberarsi, e se lo tirò invece più vicino incastrandolo tra il muro ed il suo corpo. Sotto quella scia di rabbia ora poteva chiaramente leggerci senso di colpa e dolore; due sentimenti incredibilmente forti che portarono Thad a boccheggiare per qualche secondo sotto il loro peso.

«Stammi bene a sentire Sebastian», questa volta era il suo timbro ad aver assunto una sfumatura severa e decisa, «Niente di quello che è accaduto a Karofsky è colpa tua, è stata una sua scelta quella di compiere un gesto sconsiderato quindi smettila di sentirti colpevole. Hai ampiamente dimostrato a tutti il tuo rammarico e la tua solidarietà nei confronti di quel ragazzo che ti ha tra l’altro ringraziato dopo aver saputo dell’iniziativa a suo onore. E se qualcuno non riesce davvero a vedere quanto in realtà tu sia cambiato o quanto tu ci stia perlomeno provando, bhè lasciami dire che è un emerito idiota anche se si tratta di tuo padre.»

Lasciò andare la presa sui polsi dell’altro accorgendosi solo in seguito che li aveva tenuti stretti fino a quel momento e si allontanò di qualche passo per mantenere una certa distanza tra loro. Aveva agito d’istinto, sostanzialmente incazzato per il modo ingiusto in cui Sebastian era stato considerato. Stranamente non sopportava l’idea di vederlo abbattuto e voleva a tutti i costi aiutarlo a ritrovare il ragazzo che era. Quello abbastanza egocentrico, sarcastico e dannatamente irritante il cui passatempo giornaliero era infastidirlo.

«Non faccio altro che combinare casini e agire senza pensare alle conseguenze. Ho quasi accecato Blaine per la mia stupida ossessione di vincere, tratto ognuno di voi alla stregua di schiavetti ogni singolo giorno della mia vita e prendo tutto in modo fin troppo superficiale. Non sono cambiato Harwood, i tipi come me non potranno mai cambiare e non puoi cancellare il mio lato oscuro.» Ammise con amarezza il più alto con una smorfia eloquente.

Sebastian ora sembrava stanco ed esasperato; era rimasto colpito dalle parole di Thad ma non poteva negare a se stesso l’evidenza dei fatti. Per quanto si potesse sforzare il mondo intero avrebbe continuato a rinfacciargli in eterno ogni singolo errore commesso e poco importava se si fosse sinceramente pentito di ognuno di essi. Del resto nessuno sano di mente sarebbe stato disposto ad avere a che fare con lui, ad accettare i suoi tempi, i suoi sbalzi d’umore, le sue maschere artificialmente costruite ed il suo carattere spigoloso.

«Stai forse dimenticando chi sei Sebastian? Il ragazzo che conosco io non si farebbe mai abbattere da nessuno, risponderebbe a tono ad ogni singola critica e farebbe di tutto per dimostrare di essere il migliore. E’ questo il mio compagno di stanza, è questa la persona che ho imparato a conoscere ed è questo che ti rende te stesso. Ognuno di noi ha un lato oscuro Sebastian, ma c’è sempre qualcuno in grado di poterlo amare.*ì» Gli rispose con disarmante sincerità, posandogli una pacca sulla spalla e concedendogli un sorriso incoraggiante; fuori la tempesta si era quasi del tutto calmata.

Lasciò poi volutamente Sebastian immerso nei propri pensieri, conscio che l’altro ci avrebbe messo poco tempo a metabolizzare quelle frasi per ricavarci le sue naturali conclusioni. Nemmeno Thad – che si stava preparando per passare la notte lì – era ancora del tutto pronto alla quantità inesauribile di informazioni che aveva assorbito quel giorno. Ma entrambi erano sicuri di essere sulla buona strada affinché qualcosa nel loro rapporto fosse leggermente mutato.

«Sai Harwood, tutto sommato non sei così tanto male come pensavo.» Ruppe il silenzio Sebastian avviandosi verso il proprio letto e scostando le coperte.

«Non c’è di che, Sebastian.» Rispose Thad coprendosi con la trapunta invernale, conscio che quel grazie sottinteso era un ottimo punto di partenza.












A/N

E’ sempre la pazza che vi parla ed inizia col dire che questa OS è rimasta chiusa a fare la muffa da tempo immane per cui mi sembrava giusto farle vedere la luce, soprattutto perché ho utilizzato la reazione al tentato suicidio di Dave come un ipotetico punto di svolta nel rapporto tra Thad e Sebastian. Non sappiamo altresì nulla sui genitori di Bas per cui ho pensato al fatto che magari il carattere del personaggio fosse dovuto proprio ad un clima familiare abbastanza pesante. Non aggiungo altro, se avete dubbi, domande, scleri, proposte o volete farmi sapere cosa ne pensate lasciatemi una recensione e vi risponderò uno per uno. Ringrazio infinitamente chiunque di voi legga, commenti, spulci il mio profilo o inserisca le mie storie tra i preferiti/seguiti. Vi ricordo che è in corso la mini long Thadastian scritta a quattro mani da me e BrokenRoses intitolata Catfish: SOS Fake, se vi va fateci un salto a leggerla. Vi lascio alla lettura!

Nota 1: Le parole lupo cattivo sono un sottile richiamo alla serie televisiva Doctor Who in cui appunto Rose viene indicata come Bad Wolf.

Nota 2: Dal tentato suicidio di Karofsky sono passati alcuni mesi. Ho calcolato che più o meno la 3x14 è avvenuta nel periodo inverno/ primavera quindi di conseguenza i ragazzi hanno terminato ed iniziato un nuovo anno scolastico alla Dalton.

xoxo

Sara
  
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