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Autore: Deb    16/08/2014    5 recensioni
Vedo Haymitch con occhi diversi, ora. E non ho passato quello che ha visto lui in prima persona. [...]
Ora so. E penso che avrei fatto meglio a continuare a vivere nell'ignoranza. Era più semplice. Se non sai, non soffri.

{Post!Mockingjay}
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sei una sopravvissuta, proprio come me



Ho paura di dormire. Non voglio chiudere gli occhi per non dover più rivivere quei momenti. Probabilmente è così che si sentono i vincitori degli Hunger Games, dopo essere usciti dall'arena, vittoriosi.
Vedo Haymitch con occhi diversi, ora. E non ho passato quello che ha visto lui in prima persona. Non so se sia peggio quello che ho vissuto io o sapere di essere dentro una boccia e sapere che dovrai uccidere.
Gli Hunger Games mi divertivano. Mi piacevano. Ora non più. Ora capisco il terrore, le urla di Katniss che rompevano il silenzio della notte nel treno, durante il tour della Vittoria. A quel tempo non la capivo, mi chiedevo perché dovesse fare tutto quel casino, sarebbe dovuta essere contenta. Aveva vinto ed aveva salvato persino il suo innamorato.
Ora so. E penso che avrei fatto meglio a continuare a vivere nell'ignoranza. Era più semplice. Se non sai, non soffri.
Mi guardo allo specchio e i miei occhi spenti mi rimandano l'immagine della mia persona. Non sono più Effie Trinket. Non posso più esserlo, ma devo tenermi occupata e fare finta di non esse cambiata. E capisco anche perché Haymitch si sia attaccato alla bottiglia come un cucciolo si attacca alla mammella del genitore. Non per dimenticare, quello è impossibile, ma per anestetizzare. Se la testa è annebbiata dall'alcool, il dolore sembra più distante.
Non ho più da fare e rivivo costantemente il periodo in cui il governo del Presidente Snow – che credevo bravo e giusto, stupida, stupida Effie – mi ha presa, incatenata, segregata e torturata.
Per un periodo ho odiato Katniss, Peeta e Haymitch. Poi ho capito. Noi di Capitol City li trattavamo esattamente nello stesso modo. Torturavamo psicologicamente e fisicamente gli abitanti dei Distretti. Allora ho indirizzato il mio odio verso me stessa e ancora ne porto i segni. Mi osservo le braccia che erano piene di cicatrici, mi davano in mano una lametta e mi facevano tagliare la carne, bruciava, ma lo facevo ed il dolore annebbiava la mia testa facendomi stare un pochino meglio. Le ho fatte togliere, ma è come se fossero ancora lì. So perfettamente dove si trovano i punti che squartavano la mia pelle rosea.
Mi ficco nella doccia, scappando dal mio riflesso per un breve momento, mi lavo, mi asciugo, indosso una parrucca color oro e mi trucco. Il correttore copre le occhiaie scure e sembro davvero riposata. Mi tradiscono gli occhi, però. Sono spenti e senza espressione. Sorrido con le labbra, ma non con gli occhi. Loro sono diventanti inespressivi e chiunque se ne accorgerebbe.
Indosso i miei tacchi, la mia mise è la solita, continuo a seguire la moda. Sono Effie Trinket, dopotutto.
«Oggi sarà proprio una grande, grande, grande giornata!» La mia voce è la stessa, acuta e solare. Il sorriso alberga sul mio viso, ma lui se ne accorge. Lo nota sempre e mi dà fastidio il modo in cui mi guarda. Sembra mi voglia dire: sei una sopravvissuta, proprio come me.
«Significa forse che te ne vai, dolcezza?» Bofonchia, stringendo il coltello con una mano. Non mi sono mai accorta che anche lui ha paura di morire, l’ho fatto soltanto dopo essere stata salvata.
So che le sue parole non sono cattive. Non possono esserlo. Alla fine, mi è venuto a prendere letteralmente di peso e mi ha portato nel Distretto 12, a casa sua. Mi ha dato una stanza, ma mi ha detto che non avrei dovuto rompergli per il disordine, quella sarebbe rimasta comunque casa sua.
Mi ha strappata dall'ospedale e mi ha accolto da lui. Ha firmato un sacco di carte per portarmi via ed ora sono sotto la sua responsabilità.
Sono diventata una delle sue oche. Bada a me, ma quando è troppo ubriaco o distrutto per farlo so cavarmela anche da sola come i suoi animali starnazzanti.
Sono crollata un po' di mesi dopo la rivoluzione, hanno cercato di farmi organizzare eventi, di tenermi occupati e per un periodo mi sembrava che mi andasse bene, che sarei riuscita a rimettere i cocci insieme, ma era tutto troppo doloroso, non volevo più lavorare per loro, anche se erano stati sostituiti. Quella vita non fa più per me.
«Oh, mi hai praticamente adottata, Haymitch!» Mi avvicino a lui e gli tolgo la bottiglia mezza vuota dalle mani, me la porto alle labbra anche se è da maleducati. La vecchia Effie Trinket non l’avrebbe mai fatto. Ma qui siamo solo Haymitch ed io, e di sicuro lui le buone maniere non le conosce.
«Cosa vorresti dire con ciò?» Inarca un sopracciglio anche se la sua testa è ancora appoggiata al ripiano del tavolo.
«Mi sembra ovvio, caro, rimarrò con te per sempre!»
Haymitch alza la testa ed appoggia la schiena sullo schienale, tira su con il naso rumorosamente, deglutendo tutte le schifezze del suo naso. Allunga la mano e con essa mi fa cenno di passargli il liquore.
«Dovresti cercare di smettere», affermo, ma non sono totalmente seria. So che alla lunga il suo fegato ne risentirà – se non è già successo –, ma so quanto bene gli può fare il bruciore dell’alcool giù per la gola, come il bruciore della carne rotta sulla mia pelle faceva bene a me.
«Non farmi i predicozzi, dolcezza». Lascia a metà la frase, ma so cosa avrebbe detto se l’avesse continuata. Gli ripasso la bottiglia non prima di attingere da essa nuovamente anche io. Un piccolo sorso ed il bruciore passa per la mia gola fino a raggiungere lo stomaco.
Mi siedo vicino a lui ed osservo il piano del tavolo in legno, «grazie», sussurro a mezza voce.
Sento il suo sguardo su di me per un momento poi bofonchia qualcosa e copre la sua bocca con il collo della bottiglia. Sa a cosa mi riferisco ed un grazie non è niente, mi ha strappato dall’ospedale, dalle cinghie, dalle pillole, dalla mia stanza completamente bianca con un letto, un tavolo e una finestra con le sbarre. Stare in quell’ospedale era un prolungamento della tortura del vecchio Governo. È vero che volevano aiutarmi e che non mi torturavano, ma le crisi le avevo e l’ago si conficcava nel mio braccio, la stanza era chiara al contrario della cella di detenzione precedente, ma era come se fossi ancora lì. Come se volessero torturarmi e tutto il bene che cercavano di darmi non arrivava alla mia mente.
Da quando sono con Haymitch le crisi sono meno frequenti e quando le ho e mi rannicchio a terra, sento le sue braccia stringermi, chiudermi in una morsa e allentano la presa soltanto quando i singhiozzi si fermano ed il vuoto prende il posto del panico.
Mi sta aiutando e forse posso sperare in un futuro senza crolli psicologici. «Haymitch…», lo chiamo, scrollandogli una spalla. Quando i suoi occhi assonnati incontrano i miei proseguo, «baciami».
Lui non risponde si sporge ed incontra le mie labbra ed io sento la calma pervadermi. Perché lui sa e capisce ciò di cui io ho bisogno.
In fondo, sto migliorando. Ho Haymitch che sotto, sotto è un grande ascoltatore e, quando non mi basta, la mia bocca trova la sua bottiglia, a volte anche le sue labbra ed il suo corpo, ma per il momento rimarrà un nostro piccolo, piccolo, piccolo segreto.


Questa OS l'ho scritta il 19/09/13 e quasi ad un anno di distanza la pubblico ^_^
Spero vi sia piaciuta. È vecchissima, ma ricordo che mi piacque scrivere di Effie. Spero che i personaggi siano rimasti IC! ^^
Baci
Deb

   
 
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