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Autore: louissmile_98    16/08/2014    3 recensioni
"Perchè fidarsi ancora? Che senso ha dare tutta la tua fiducia ad una persona che tanto, prima o poi, ti avrebbe lasciato comunque, senza alcun preavviso."
Quattro ragazze diverse,quattro ragazzi diversi, quattro storie diverse.
Genere: Drammatico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bradley Simpson, Connor Ball, James McVey, Nuovo personaggio, Tristan Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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A walking disaster.
 
Capitolo uno:
Le strade di Londra riuscivano a essere sempre trafficate, nonostante fossero le undici di sera. Lavorare in un pub, non era di certo uno dei lavori che mi ero prefissata d piccola. Odiavo tutto di quel posto: quelle luci a intermittenza, quella musica troppo forte, l’odore nauseante degli alcolici e quelli che ci provano con le bariste.
L’aria era più gelida rispetto alle altre sere, le vie meno illuminate del solito e c’erano anche gli ubriaconi di turno. Sembrava strano ma la fila al music bar era più lunga del solito. Sorpassai tutti per poi entrare, ma una mano mi bloccò.
- Scusa, ma chi ti credi di essere? Fai la fila come gli altri. - disse il ragazzo di fronte a me. Era alto, molto alto, i capelli biondi e gli occhi di un azzurro quasi ipnotizzante, sembrava strano ma lui non era il tipo da lavorare in un pub.
-Lavoro qui. - sbottai cercando di passare.
-Si come loro, vero?- disse indicando un gruppo in disparte.
-Eveline, quando hai intenzione di entrare?- emerse Chuck, visibilmente instabile.
-Ah ma lavora qui?- chiese il ragazzo in imbarazzo.
-Si James, lei lavora qui. Eveline, James. James, Eveline. - Disse Chuck.
James mi porse la mano, sfoggiando un sorriso a dir poco mozzafiato.
-Scusa non lo sapevo. - si scusò.
-Beh ho cercato di fartelo capire parecchie volte. - risposi – adesso scusa, ma anch’io ho un lavoro.- dissi spingendolo per la spalla ed entrando.
***
 Caro diario.
Domani sarà il mio primo giorno di scuola. Precisiamo, nella nuova scuola. Sarà il mio ultimo anno.
Non conosco nessuno, ma conoscendomi non credo che farò amicizia molto facilmente.
Ho passato tutta l’estate a fantasticare su come sarebbe stato il mio ingresso, semplicemente pensavo che ogni giorno sarebbe stato come l’ultimo.
Non sono per niente agitata.
La realtà è che me la sto facendo sotto.
Catherine.
La scuola non aveva niente di diverso dalla mia vecchia scuola: i soliti parcheggi pieni, le squadre di football e le solite ragazza pompon.
Mi sarei ambientata come se niente fosse.
Errato.
Appena entrai, ebbi tutti gli occhi puntati addosso, questo era alquanto imbarazzante.
Trovai l’armadietto, dopo che i corridoi si svuotarono e la classe dopo esserci passata davanti almeno dieci volte. Quando entrai, ero molto imbarazzata e disorientata.
-Lei sarebbe?- mi chiese l’insegnate.
- Catherine.- risposi guardando prima la classe e poi le mie scarpe.
-Signorina Catherine, ci darebbe l’onore di dirci il suo cognome?- mi domandò.
- Catherine McGuire.-
-Signorina McGuire, occupi posto.- rispose.
Mi squadrarono tutti dalla testa ai piedi, ed era uno di quei momenti in cui volevo semplicemente sparire nel nulla.
-Scusi ma, dove mi devo sedere?- domandai.
Tutta la classe iniziò a ridere di me.
-Accanto a Simpson.- rispose senza badarmi di uno sguardo.
Un ragazzo alzò la mano sibilando un lieve “sono io”. Mi sedetti accanto a “Simpson”, il quale sfoderò un sorriso a trentadue denti.
-Bene ragazzi, fra tre settimane ci sarà il test di francese, spero che per lei signorina McGuire non sia un problema.- disse abbassandosi gli occhiali per osservare la mia reazione.
-No nessun problema.- risposi accennando un sorriso.
No, infatti, che problema c’era.
Ah si non so una parola di francese.
***
“- Ti prego George smettila, mi fai male. - urlai.
-Su piccolina stai, ferma. - sbraito verso di me. Cercai di scappare ma invano, io sarò pure piccola e veloce ma lui è così grande e forte.”
Mi svegliai, con la fronte madida di sudore. L’ennesimo incubo, sempre il solito che da anni ormai non mi abbandonava più.
Iniziare l’università per me, era un grandissimo traguardo. Significava non essere come George, significava non fare gli stessi errori di mio padre.
La West Hide University, era proprio come me l’aspettavo; le confraternite, i parcheggi sempre pieni e le file alla mensa, tutto sarebbe stato come quei film, che hanno un “felice e contenti” come finale, ed era tutto quello che volevo.
Solo il mio lieto fine.
Era una strana sensazione entrare in quell’aula così grande, dove nessuno mi conosceva o sapeva la mia storia.
Accesi il mio laptop per prendere appunti, quando accanto a me si sedette un ragazzo.
-Uh perfetto, potrai prendere appunti anche per me. - disse ammiccandomi.
-Scusami? Spero tu stia scherzando!- risposi scocciata.
Si mise a ridere, aveva un sorriso bellissimo gli si formavano delle fossette intorno alle guance e queste lo rendevano adorabile. Ero un tipo strano: la sua sicurezza, il modo in cui si vestiva e il suo profumo fecero attivare tutti i miei campanelli d’allarme.
Dovevo stargli lontano.
-Era un no quello?- mi sussurrò vicino all’orecchio.
Mi colse alla sprovvista e questo mi fece arrossire.
-Esatto era un no. – sbottai secca.
-Nessuno riesce a resistermi. - disse cantilenando.
Evitai il suo sguardo persistente, prendendo appunti mentre il professore spiegava.
-Allora io sono Tristan, Tristan Evans.- disse. –Tu hai un nome?-
-Sto cercando di seguire. - sbottai infastidita.
-Vuol dire che lo scoprirò.- rispose.
E questo mi spaventava.
***
L’ultimo anno al liceo è sempre stato elettrizzante per tutti. Spuntare nell’annuario, organizzare le varie riunioni e poi c’era il ballo.
Fare parte del comitato studentesco comportava proprio questo: e a me era stato assegnato il compito di organizzare il ballo.
L’ultimo ballo me lo ero sempre immaginato come una di quelle cose che ti saresti ricordato sempre, e organizzarlo era il mio progetto sin dal primo giorno in cui ho messo piede al liceo.
Ormai tutto l’occorrente era pronto da mesi, occupava un capannone della squadra di football.
Sapevo da mesi il vestito che avrei indossato, il colore delle mie scarpe, come mi sarei sistemata i capelli e chi mi avrebbe invitato: Cory.
Cory era il capitano della squadra di pallanuoto, il primo della classe, il capitano della squadra dei “ genii matematici”, dolce, bello: il tipico ragazzo, che vorresti t’invitasse al ballo.
Tutti gli accessori erano pronti: ora mancava solo l’approvazione del preside.
Bussai alla sua porta, ma quando entrai, vidi il mio peggior incubo.
-Clare entra pure. - disse il preside.
-Stone.- disse un’altra voce.
-Ball.- risposi secca sedendomi accanto alla sua sedia.
 -Che ci fai qui saputella? Non ti sarai mica messa nei guai?- esordì Connor.
Connor era il tipico ragazzo che ti avrebbe dato fastidio sin dal primo momento che lo avresti visto, si era carino ma era insopportabile. Lo aveva sempre odiato e non avrei mai cambiato idea.
-Non  mi sono messa nei guai…-
-Ah già quasi dimenticavo Clare Stone, la ragazza che non sbaglia mai niente. - esordì interrompendomi.
-Signor Ball.- lo rimproverò il preside.
-So benissimo, dove si trova l’aula punizione, non c’è bisogno che dica niente.- disse Connor uscendo.
Dopo aver fatto vedere il mio progetto, andai verso il mio armadietto, dove ad aspettarmi c’era Cory.
 
 
 
Questa è la mia prima storia a più capitoli, fin ora ho solo scritto OS.
Mi scuso per i miei eventuali errori e spero che la mia storia vi piaccia.
Louissmile_98.
  
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