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Autore: velvetmouth    16/08/2014    3 recensioni
'' E se la Beatlemania non fosse scoppiata negli anni '60? Come sarebbe andata la storia se i 4 di Liverpool fossero dei giovani d'oggi? Un'altra epoca, un mondo diverso, le loro vite completamente differenti...Proverò a raccontarvi questa What if? con tutta la passione e l'amore possibili, sperando che possa piacere anche a voialtri! Peace & Love''
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Harrison, John Lennon, Paul McCartney, Quasi tutti, Ringo Starr
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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WHAT IF BEATLES 1 Ok, forse mi sto lanciando in un'impresa più grande di me anche perchè ho molte cose da scrivere in ballo, ma... Si sa, la mia più grande passione torna sempre a galla e ho tanto di quel materiale cartaceo sparso, nonchè pensieri ricorrenti i nostri 4 Beatles! Potrei stare qui a scrivere per ore di quanto li adori, quanto vorrei essere nata in quel periodo, averli visti almeno una volta nella vita ecc ecc ecc, ma mi dilungherei in chiacchiere inutili perciò, passiamo a quello che voglio raccontare sul serio:
'' E se la Beatlemania non fosse scoppiata negli anni '60? Come sarebbe andata la storia se i 4 di Liverpool fossero dei giovani d'oggi? Un'altra epoca, un mondo completamente diverso, le loro vite completamente differenti...Proverò a raccontarvi questa What if? con tutta la passione e l'amore possibili, sperando che possa piacere anche a voialtri! Peace & Love

PS:
premessa n°1= Essendo una what if non ricalcherò precisamente tutte le tappe fondamentali della vita o della carriera di John, Paul, George o Ringo, per ovvi motivi sia di epoca che di etica (voglio attingere, ma comunque creare un qualcosa ''ex novo''), quindi non se la prendano i fan più accaniti se non rispetto situazioni familiari, incontri, scontri ecc... (posso dirvi che gli eventi e i personaggi principalli rimarranno intoccati, anche se con le dovute variazioni del caso)
premessa n°2= Sarà una cosa alquanto impegnativa (ovviamente perchè lo voglio io. Potrei aggiornare ogni giorno, ma la qualità dello scritto secondo me ne risentirebbe, quindi preferisco curare ogni particolare e correggere, correggere correggere) dunque mi appello alla vostra santa pazienza (chi segue/ha seguito altri miei lavori ne sa qualcosa).
ED INFINE, non abbiate paura di lasciare i vostri pareri, siano essi positivi, negativi o so and so, l'importante è che le critiche siano costruttive e i complimenti esagerati e copiosi (i'm kidding) Ok basta vi ho ammorbati anche troppo, spero che vi piaccia! ENJOY!

CAPITOLO 1 - JOHN


La pioggia batteva sui vetri ruscellando instancabile. Comunque, niente di sconvolgente per gli standard climatici della città portuale di Liverpool, bagnata dal Mare d'Irlanda, a due passi dal confine con il Galles.
Un sedicenne smilzo se ne stava poggiato con la fronte sul vetro gelato del numero 251 di Manlove Avenue, scarabocchiando sulla condensa che formava il suo alito.
Anche se nato e cresciuto lì quello era pur sempre uno spettacolo svilente per un adolescente.
Si scollò sbuffando dalla finestra, arrotolandosi poi una manica del maglione per pulire il misfatto: già gli pareva di sentire Mimi urlare per le scale: ''Non sono la tua schiava, John Wiston Lennon! Le manate sulle finestre come un bambino di quattro anni!!! Non ho proprio parole per definirti!''
Richiuse le tendine per nascondere il panorama, poi passò lo sguardo lungo la camera. Sul letto il libro di letteratura era ancora aperto dove lo aveva lasciato, o meglio dove lo aveva abbandonato quando Mimi era entrata. Dietro la copertina spessa che raffigurava un'accozaglia di volti della tradizione britannica, mixati da un pessimo graphic designer, infatti, John teneva sempre il suo blocco da disegno. Quando la zia passava davanti alla sua porta semichiusa gettando uno sguardo per vedere cosa stesse combinando, John sembrava il perfetto studente modello, immerso nella lettura e nello studio; la verità era che stava componendo le sue poesiole scanzonate e strambe o disegnando caricature.
Passava i pomeriggi a quel modo, facendo schizzi, ascoltando musica sul suo mp3, immaginando di trovarsi altrove, via da Liverpool e dal suo clima, via dall'Inghilterra, in qualche posto nuovo, dove nessuno lo conosceva e dove lui stesso non conosceva niente.
Se ne stava ore con le cuffiette piantate nelle orecchie, mimando gli assoli di chitarra, muovendo le labbra come in playback, ballando come un forsennato per la stanza, finchè non cadeva esausto sul letto sfatto del giorno prima.
Mimi lo trovava spesso così a tarda notte, il computer ancora acceso, quella musica assordante che  gli rombava nei timpani e che le faceva domandare puntualmente come potesse riuscire ad addormentarsi in quel modo. Lei sgusciava furtiva dentro, facendo lo slalom tra jeans, calzini e cardigan sporchi, gli sfilava le scarpe da ginnastica, poi gli toglieva quelle diavolerie dalle orecchie e abbassava lo schermo del portatile. Solo in quel momento, osservando il profilo aquilino del nipote beatamente addormentato si sentiva libera di potergli sussurrare: ''Buonanotte Johnny-boy caro''

John non aveva mai pensato, neppure per un istante, di non essere riconoscente per quella zia che lo aveva tirato su tutta da sola. Sì, c'era stato lo zio George ma ormai anche lui era sottoterra da un po', pace all' anima sua.
No, di Mimi John non aveva mai avuto di che lamentarsi. Certo, era una donna di polso, molto severa e a tratti fredda, addirittura glaciale, ma... Con un cuore di burro e un'anima gentile le cui corde John sapeva solleticare ormai con maestria.
Dal canto suo Mary Elizabeth Stanley, vedova del compianto signor Smith, era tutto sommato fiera di quel ragazzo dall'aria scanzonata e spavalda che le aveva lasciato sua sorella. Non provava più risentimento per lei adesso, ma i primi tempi erano stati i peggiori.
Julia aveva lasciato il piccolo John da loro, dicendo che sarebbe stata via per un po', sicuramente dietro ad uno di quegli scapestrati che frequentava di solito, combinando chissà cosa, chissà dove. Mimi era disgustata dal comportamento della sorella, così incoscente e irresponsabile, d'altronde lo era sempre stata ma, ingenuamente Mimi aveva creduto che con la nascita di John le cose sarebbero potute cambiare.
Le due sorelle Stanley non potevano essere più diverse: Mimi era sempre stata una tipa di ferro sì, ma tradizionalista, legatissima alla famiglia, senza grilli per la testa e un incredibile senso del dovere, a volte anche troppo impostata ed austera per la sua giovane età.
Julia invece era il suo opposto, molto indipendente ma anche facilmente condizionabile, uno spirito naive con un'etica tutta sua della vita, ribelle fino al midollo e trascinata dalle passioni, che finivano per metterla nei guai.
Si era fatta mettere incinta da un poco di buono, Alfred, un tizio sempre ubriaco e rissoso che nel giro di poco tempo era sparito per non tornare mai più, così lei era andata a stare dalla sorella. Di tornare dai genitori non aveva pensato neppure per un minuto, erano anni che ormai non parlava più con loro e Mimi, seppur con molte obiezioni, aveva finito per accettare di aiutarla.
Vedersela comparire davanti alla porta con il pancione, gli abiti sporchi e nient'altro con se', se non una borsa sdrucita, aveva fatto esplodere in Mimi un miscuglio di emozioni che non seppe definire. Non poteva abbandonarla proprio adesso, in fondo era pur sempre sua sorella ed oltretutto stava per avere un bambino e, anche se non voleva ammetterlo perchè troppo orgogliosa ed ostinata, amava l'idea di stringere tra le braccia un nipotino.
John fu da subito croce e delizia, ma anche se il suo carattere pessimista e schivo continuava a borbottare dalle retrovie, Mimi aveva creduto veramente che sarebbe stato possibile trovare un equilibrio.
Non poteva sbagliarsi di più.
Una mattina scendendo per la colazione suo marito George aveva trovato un biglietto di Julia scritto a mano frettolosamente. Solo due parole: ''Mi dispiace''
Lì per lì Mimi era montata su tutte le furie e non perchè dovessero occuparsi di un bambino non loro, con due stipendi miseri e tutte le preoccupazioni o doveri che ne conseguivano, ma sopratutto perchè quella creatura avrebbe potuto essere cresciuta da chiunque al mondo, ma avrebbe sempre portato per sempre dentro di sè i segni indelebili di quelle perdite.
La testarda signora di Menlove Avenue si rimboccò le maniche e fece il possibile per educare quel ragazzino scalmanato e un po' particolare, che le dava già un mucchio di grattacapi, ma che amava come fosse suo. Lo preferiva mille volte fare marachelle in quartiere, che sbattuto chissà dove dietro quella dibosciata di sua sorella.
Poi anche George morì e Mimi si ritrovò dolorosamente sola, doveva lavorare e star dietro a John, che ormai aveva 14 anni ed iniziava a mostrare i primi segni di quell'irrequietezza giovanile tutta particolare che solo gli animi creativi possiedono.
Un pomeriggio se ne tornò a casa con un vistoso piercing al lobo, il sorriso a 32 denti bene impresso sulla faccia e l'aria da impunito.
- Cosa hai combinato a quell'orecchio?-
Per tutta risposta John aveva ondeggiato le spalle, sbuffando dal naso.
- Zia, come sei antica... ce lo hanno tutti!-
- Oh bhe, se tutti decidessero di forarsi la fronte con una trave di metallo tu lo faresti non è vero?-
Quel sorrisetto a labbra strette e gli occhi piccoli, scuri, da predatore, la prendevano in  giro ad ogni battito di ciglia.
Non aveva retto la stizza, si era avvicinata a lui e gli aveva stampato una bella cinquina sulla guancia; John non si aspettava una reazione del genere ed arretrò, le mani sul viso e lo sguardo ferito, incredulo.
Fu una delle occasioni in cui John non le parlò per giorni; poi però comprese il misfatto e, almeno in sua presenza cercava di togliersi quel brillocco che, appena messo piede fuori casa sfoggiava così orgogliosamente.
Non era certo facile avere a che fare con un adolescente: uscite con gli amici, il cellulare nuovo, la linea internet, andare ai concerti... Mimi non riusciva a stare al passo con le richieste del nipote. Il più delle volte gli vietava di mettere in pratica tutte le idee strampalate che si metteva in testa, ma presto scoprì che se non gli veniva permesso qualcosa, John Wiston Lennon se la prendeva lo stesso.
Non era raro che avesse a che fare con la polizia, che glielo riportassero a casa graffiato e ammaccato perchè partecipe ad una rissa nei quartieri più squallidi del porto.
Un giorno, vicino al 15esimo compleanno di John, mentre infilava in lavatrice gli abiti che lui aveva buttato a terra in giro per la camera, Mimi trovò un coltellino svizzero.
Aveva salito le scale come una furia, sbuffando come una locomotiva a vapore, era entrata sbattendo la porta mentre John stava parlando con un suo amico al telefono.
-Zia, posso avere un po' di intimità?-
Solito sorrisetto sardonico.
- Te la dò io la tua intimità, razza di criminale che non sei altro! Butta subito giù quell'arnese!-
- Stu, ti richiamo io, ok? Mia zia sta avendo un attacco di psicoqualcosa-
Mimi cercò di controllarsi, anche se la voce le tremava dalla rabbia e le mani stringevano il coltello, come fosse l'arma di un qualche delitto.
- Cosa ci faceva questo nei tuoi jeans, John?!-
Per tutta risposta il 15enne sollevò le spalle, un'espressione esasperatamente innocente.
- E chi lo sa... Qualcuno vorrà screditarmi, sai buttare fango sul mio buon nome!-
- Non fare il simpatico con me! Sai che se succede qualcosa e ti trovano con questo addosso puoi passare guai seri? Per non parlare poi di usarlo! Vuoi finire in prigione? Vuoi diventare un criminale senza futuro?!-
Non ce la fece a reggere oltre. La voce di Mimi si ruppe, lasciò andare il coltello, che cadde sul parquet graffiato della camera di John. La donna inizò a singhiozzare, le spalle incassate e la testa bassa.
- Zia ma cosa fai?-
- Sto piangendo, razza di somaro!-
Si guardarono per una manciata di secondi, forse vedendosi veramente per la prima volta.
Lui, un ragazzino acerbo e smilzo, con una smisurata fretta di diventare grande, la volontà di canalizzare quell'attenzione di cui sentiva non essere mai stato protagonista. Forse... Sì, probabilmente era anche in cerca di amore, sotto la scorza da duro che stava pian piano costruendo.
E lei, bisbetica e inacidita per nascondere il dolore e il peso di quella vita faticosa che, volente o nolente si era trovata a vivere.
Lo prese per le spalle, se lo portò al petto con uno strattone e poi lo strinse con quanta forza aveva in corpo.
- Io voglio solo che tu sia un bravo ragazzo, Johnny-Boy... Che tu ti tenga lontano dai guai che invece sembrano piacerti tanto...-
Poteva sentire il respiro del nipote strozzarsi, ma sapeva che non avrebbe pianto. Non aveva pianto nemmeno uscendo dal ventre di sua madre, nè quando lei era andata via, quando aveva 6 anni ed era solo al mondo. No, John Lennon possedeva forse poche lacrime, ma si poteva star certi che le avrebbe versate solo in situazioni di grande dolore e il separarsi definitivamente da quella madre che pensava un giorno di poter rincontrare era sicuramente il più grande di tutti.
Stettero molto tempo così abbracciati, Mimi piangendo sui capelli folti di John, John sussurrando promesse che all'ora di cena avrebbe già dimenticato.



La situazione precipitò proprio quel giorno piovoso di novembre, un mese e dieci giorni dopo il sedicesimo compleanno di John.
Qualcuno suonò alla porta, John era ovviamente rinchiuso in camera sua, Mimi sperò che stesse studiando, perciò decise di non disturbarlo. Lasciò la tv accesa e arrivò nell'ingresso. Si chiese che genere di pazzo uscisse con un tempo del genere, ma guardando dallo spioncino non fu certo sorpresa di chi le si trovasse davanti.
-Stuart, prego...Entra pure-
Quel ragazzo non le era mai stato a genio, ma doveva dolorosamente riconoscere che nel duo Lennon-Sutcliffe la vittima era senza dubbio quest'ultimo.
Il ragazzo era fradicio da testa a piedi, l'utilizzo del K-Way si era rivelato del tutto inutile col diluvio universale che si era scatenato fuori.
- Grazie signora Smith!-
Stuart Sutcliffe entrò gocciolando sul pavimento del salotto, lasciando pozzanghere lungo tutto il tragitto.
-Stuart, caro, non puoi stare con quella roba fradicia addosso... Vado a chiamarti John, ti presterà qualcosa di comodo e asciutto!-
Stava per mettere il piede sul primo scalino, quando il ragazzo la interruppe.
- Non c'è bisogno che lei vada a chiamarlo, gli mando un messaggio!-
Il sorriso di Stuart era furbesco come quello di John, ma in modo più candido, quasi innocente.
Mimi in tutta risposta alzò le mani di fronte a quelle diavolerie tecnologiche e tornò in cucina a preparare una delle sue famose torte di mele.
Pochi minuti dopo il ciabattare rumoroso di John per le scale annunciò la sua apparizione teatrale avvolto in un plaid rosso scuro.
I due si salutarono come vecchi compagni che non si vedono da una vita, poi Stuart si infilò una delle felpe di John ed un paio di pantaloni scuri.
-Era proprio necessario che mi facessi mettere la roba più imbarazzante che avessi?-
Stuart sollevò il sopracciglio nell'indicare il maglione con una stampa enorme di Topolino sul davanti.
- Ma tesoro! Se ti sta una fa-vo-la!!!-
Mimò John con voce effemminata, carezzando Stuart sulla spalla. Iniziarono a spintonarsi, ridendo come ossessi e rivolgendosi ogni sorta di insulto. John per poco non inciampò nella sacca che Stu aveva portato con se'.
- Hey, che ci tieni qui dentro? Il cadavere della fidanzatina?-
John sfoderò un sorriso inquietante, facendo alzare le sopracciglia.
- Una specie... Anche se è tutt'altro che morta!-
Stu sorrise di sbieco, facendo l'occhiolino al compagno, poi, inginocchiandosi vicino alla borsa iniziò a sfilare la lampo.
All'interno riposava una chitarra acustica di legno chiaro, leggermente graffiata, ma comunque in buono stato.
Il sorriso di John si allargò per tutta la faccia, illuminandosi come fosse un faro.
- Cazzo, Stu! Questa dove l'hai recuperata?-
- L'ho trovata nel garage di mio nonno... Che te ne pare? Non sembra messa poi tanto male!-
- Male?! A me sembra perfetta!!!-
John balzò in piedi, iniziando a ridere come un matto. Poi, spintonando Stu, si riaccovacciò vicino alla chitarra. Lasciò che le dita gli scivolassero lungo il profilo affusolato delle corde.
Ed eccola là, la sua ossessione ormai da mesi. Voleva imparare a suonare, sentiva che la musica era quel qualcosa che mancava nella sua vita, come musicista intendeva. No, come ''ascoltatore'' John poteva vantare una vasta gamma di interessi e stili, ma ciò che gli mancava era entrare sul serio nella Musica, comporre a sua volta, sentire qualcosa di suo prendere forma e svolazzare per la stanza. Lui e Stu si erano messi in testa di trovare qualcosa da fare, un hobby che non fosse marinare la scuola.
Era stato proprio Lennon a insistere che iniziassero a suonare uno strumento, Stuart non ne era molto convinto. Aveva sempre preferito pennelli e carboncini alla musica. Già si vedeva diplomato all'istituto d'arte col massimo dei voti, idolatrato poi nei più grandi musei, nelle mostre d'arte più prestigiose. Ma come passatempo, la musica poteva andare alla grande.
Conoscendo però le idee seriose di zia Mimi, John non si era nemmeno sognato di farle sapere cosa aveva in mente e sopratutto di chiederle dei soldi per comprare una chitarra. Dopo quella volta in cui aveva trovato del fumo in camera sua Mimi aveva smesso di dargli soldi, se non in situazioni del tutto particolari. E quella sicuramente non sarebbe stata una di quelle. Perciò Stuart si era sobbarcato l'impegno di rimediare uno strumento malmesso che avrebbe potuto permettergli di imparare le basi.
- Cosa combinate voi due, lì per terra?-
Nemmeno un battito di ciglia che il borsone fu di nuovo ermeticamente chiuso. Mimi, rimase sulla soglia della cucina, i guanti da forno infilati alle mani.
I ragazzi sembravano strani. Non che non lo sembrassero sempre a suo avviso, ma sembravano nascondere qualcosa, stavolta. Decise di non ossessionarsi inutilmente con idee catastrofiche e sperò che non si stessero cacciando nei guai.
- Stu è venuto per studiare zia Mimi, ci stavamo organizzando...-
''Che bugiardo impunito''
- Certo, John... E io sono la regina Elisabetta! Forza, venite ad assaggiare la torta che ho appena sfornato prima di gettarvi a capofitto nel vostro...''studio''-
Stuart balzò in piedi come se avesse sentito suonare l'armonia più celestiale dell'universo.
- Sei un fottuto voltafaccia, Sutcliffe!-
Lo apostrofò John, lo sguardo incollato alla sagoma scura del borsone abbandonato sul parquet. Dopo la scorpacciata di una delle proverbiali torte di zia Mimi, John e Stu si erano rinchiusi in camera con tutto l'intento di studiare, sì... Ma della musica.
- Devi assolutamente rimediare uno strumento, John... Non possiamo imparare con una chitarra in due! E sopratutto le lezioni serie costano un sacco di soldi...-
John osservava la strada da più di dieci minuti, ascoltando la voce dell'amico o il pizzicare tenue di qualche accordo mentre Mimi passava l'aspirapolvere al piano di sotto.
- Sai che i soldi sono un problema per me, Stu... E per quanto riguarda le lezioni, non abbiamo bisogno di imparare niente da nessuno! Possiamo fare tutto da soli!-
Sutcliffe guardò l'amico come se stesse blaterando in qualche lingua incomprensibile, poi dopo aver parlato ancora una qualche manciata di minuti, lo informò che doveva andare a trovare un'amica per ripassare l'ultimo capitolo di biologia.
- Ah-ah, Sutcliffe! Scommetto che a fine giornata sarai un asso in Anatomia!-
I due si separarono con una pacca sulla spalla e sorrisetti ammiccanti. John rimase sulla porta ad osservare l'amico scomparire nell'aria fumosa e rarefatta dalla pioggia, il borsone sulle spalle che sbatteva ad ogni passo.
Si richiuse la porta alle spalle, sbuffando afflitto, conscio che quel desiderio non sarebbe stato facile da realizzare, specie con Mimi tra i piedi. Doveva trovare un modo per imparare a suonare, ma prima di tutto, trovare uno strumento.
- Cosa ti affligge, Lennon?-
Mimi stava stirando le camicie della sua uniforme scolastica e, anche se nel bel mezzo delle sue centinaia di faccende, riusciva comunque a capire quando qualcosa gli stava passando per la testa.
Lui le si fece accanto, poggiandole il mento sulla spalla.
- Niente mi afflige, zietta cara!-
Le stampò un bacetto frettoloso sulla guancia, mentre la guardava di sguincio.
Una risata sprezzante e roca uscì dalla gola della zia.
- Se stai per chiedermi dei soldi, nipotino caro, sappi che conosci bene la mia risposta, e adesso levati dai piedi e torna a studiare!-
Scansò John con una spintarella affettuosa, ma la voce estremamente ferma e solida, come al suo solito.
John non insistette. Non era dell'umore adatto per scherzare su qualcosa che gli stava così a cuore; a volte odiava l'atteggiamento della zia, avrebbe voluto essere solo, senza la sua presenza arcigna e severa continuamente fra i piedi. Spesso si prendeva gioco di lui, come per ricordargli che fino a prova contraria, era lei ad avere potere sulla sua vita almeno fino al compimento dei suoi 18 anni. Aspettava quel momento come fosse Natale, quando finalmente si sarebbe liberato di quella presenza ingombrante, che lo frenava e limitava le sue aspirazioni.
Uscì dalla stanza strascicando i piedi su per le scale.
- E con studiare intendo incollare gli occhi sulle pagine del libro, non scarabocchiare con quell'album da disegno e la musica nelle orecchie!-
John le fece il verso boccheggiando alle parole della zia, poi arrivato in cima alle scale, si chiuse dentro camera sua.
Mimi Smith sapeva bene ciò che vorticava nella testolina ricciuta del nipote in quei momenti. La dipingeva come un tiranno dispotico, ai danni del quale il giovanotto spesso tentava sommosse rivoluzionarie che non facevano altro che inasprire le repressioni nei suoi confronti.
Mimi non avrebbe voluto comportarsi a quel modo, ma John non le dava scelta. Il taglio dei viveri era stato necessario visto l'uso distruttivo che ne faceva.
''Porta ancora della droga in questa casa, Lennon, e io ti sbatto in collegio! E sai a che tipo di collegio io alluda''
Sì, quello che sarebbe servito a John era un istituto vecchio stampo, con una ferrea educazione religiosa ed ai sani principi, una pesante infarinatura di rispetto ed onestà, condita da un'immancabile dose di restrizioni. Non voleva essere una dittatrice, ma John non le lasciava scampo.
Iniziava seriamente a pensare che quel Sutcliffe, come chissà quali altri ragazzacci frequentasse, non facessero altro che peggiorare l'attitudine già ribelle del nipote.
E pensare che aveva fatto di tutto per fare in modo che trovasse una sua dimensione, si sentisse a suo agio! Notando le sue difficoltà e la sua insofferenza alla Querry Bank High School, Mimi l'aveva iscritto alla Liverpool Collage of Art, dove sperava che le sue qualità sarebbero venute fuori in maniera meno burrascosa.
Il ferro da stiro passava sulla camicia stropicciata di John, rendendola liscia come una tavola, e così Mimi avrebbe voluto fare con lui, modellarlo, addrizzare tutte le storture del suo carattere, ma non per cattiveria o per prevaricare la sua individualità, tutt'altro... Proprio perchè lo amava così immensamente, per lui non poteva che desiderare il meglio. Dove sarebbe andato a finire se non avesse finito la scuola? Se si fosse abbandonato alla droga e a quella vita di stravizi che era stata tanto cara al padre? Non poteva permettergli di buttare la sua vita dopo tutti i sacrifici fatti per lui. Aveva solo 16 anni, Mimi continuava a ripetersi che sarebbe stata solo una fase ma... In alcuni momenti quando si ritrovava da sola riusciva a stento a trattenere le lacrime al pensiero di come stesse sempre più fallendo nella missione di educare il ragazzo.
''Forse non gli ho dato abbastanza affetto... Con le mie punizioni non ho fatto altro che alimentare la rivalsa nei miei confronti''
Proprio mentre se ne stava immersa nei pensieri, con la voce petulante di qualche venditore alla televisione come sottofondo, Mimi sentì bussare alla porta.
Fu un rumore quasi impercettibile, visto il continuo ruscellare della pioggia che quel giorno sembrava proprio non voler smettere.
Pensò che dovesse trattarsi di nuovo di Stuart, così attraversò il salotto velocemente e senza nemmeno guardare dallo spioncino, aprì la porta.
- Cosa ti sei dimenticato stavol....-
Le parole le morirono in gola in un rantolo strozzato e incredulo.
Davanti a lei non c'era nessun ragazzino di 16 anni, bensì sua sorella Julia, fradicia dalla testa ai piedi, quasi irriconoscibile coi capelli davanti alla faccia.
Un moto di rabbia e furore si impossessò delle sue membra.
- Tu cosa ci fai qui?-
Sibilò, socchiudendo la porta alle spalle.
Non le avrebbe permesso di rovinare tutto, adesso che John sembrava aver superato la sua perdita. Non poteva permetterle proprio di piombare di nuovo nella vita di quel povero ragazzo... Cosa voleva ancora da lui? Se ne era disinteressata completamente fino a quel momento.
Julia per tutta risposta indicò la porta.
- Tu non entrerai qui dentro!-
- Voglio solo vedere mio figlio...-
- Non è affatto figlio tuo! Tu lo hai partorito, sì... Ma chi si è preso cura di lui? Chi lo ha curato quando era ammalato? Chi si è presa carico della sua istruzione, educazione? Chi gli ha dato tutto l'amore che essere umano può provare? Siamo stati io e il povero George... Ed ora io sono tutta sola... Ed io e John abbiamo trovato un equilibrio e, giuro su Dio, Julia, non permetterò che tu venga qui a rovinare tutto!-
La pioggia sembrava aumentare d'intensità, formando un fiumiciattolo che scivolava e scivolava fino all'incrocio della strada. Dopo pochi minuti, Mimi era già fradicia fino al midollo, ma non intendeva tornarsene dentro finchè Julia non se ne fosse andata via per sempre, lontana da casa sua e da John.
- Sparisci!-
Le intimò fra i denti, guardandola con sguardo infuocato
Julia la osservava dritta negli occhi, senza dar segno di arretrare, piantata lì sul portico, le braccia lungo i fianchi e i capelli appiccicati alla testa.
- Ehi Mimi?! Che ci fai impalata sotto la pioggia?-
John si materializzò dietro di lei, la sua sagoma appena visibile dietro il vetro offuscato della porta d'ingresso semichiusa.
- Non ti preoccupare, Johnny caro, torna pure di sopra...-
Julia trattene il respiro in quella manciata di secondi che impiegò il ragazzo ad aprire la porta quel tanto che bastasse per capire cosa diavolo stesse combinando sua zia sotto quel diluvio.
Lo sguardo dei due si incontrò: John la osservava mentre Julia gli si faceva sempre più vicina e Mimi, sconfitta, si faceva da parte poggiando le spalle contro il muro.
Li separavano ormai una manciata di spanne quando il sorriso di Julia si illuminò, splendente come un sole.
John trattenne a stento le domande dolorose che avevano punzecchiato la sua mente in tutti quegli anni e si abbandonò a quell'abbraccio caldo e tenero che, a dispetto di tutte le previsioni che avrebbe potuto fare, lo fece sentire amato e finalmente desiderato.

  
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