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Autore: _coldwinter_    16/08/2014    7 recensioni
L'adolescenza è sempre piena di problemi, ma quella di Lola è davvero un casino. Ha grossi problemi in famiglia che non sa come risolvere, e questi influiscono molto sul suo carattere e sulla sua vita. Se questo non bastasse, i problemi li ha anche a scuola. Si trova sempre in contrasto con Luke Hemmings, un ragazzo popolare ma allo stesso tempo evitato nella scuola per il suo caratteraccio. Litigando con lui Lola lo conosce meglio, senza neanche volerlo, e scopre di avere molte più cose in comune con il ragazzo di quante potesse immaginare. Scopre che le reazioni del biondo con cui litiga sempre sono dovute al suo passato, non meno complicato di quello di Lola.
Genere: Fluff, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Hemmings, ritirati. Non sei capace." lo presi in giro per il fatto che mi fossi accorta di quello che aveva combinato.
"Cosa?" rispose facendo finta di non aver capito.
Risi quasi sbuffando, poi "Hai scritto ad Ash di andarsene insieme a tutti gli altri."
"Coma fai a saperlo?" chiese allarmato.
Scossi la testa ridendo.
"Ti odio Walker." disse poi portandomi un braccio intorno alle spalle, mentre rideva.
"Ti va di fare un giro?" mi chiese.
Annuii e ci alzammo dalla panca di legno. Io e il biondo facemmo qualche passo uno accanto all'altra, poi sentii il dorso della sua mano sfiorare appena il mio. Sentivo la sua pelle, era liscia, fredda, come se fosse morto. La sua mano si avvicinò di più alla mia, e io la presi, quasi stringendola, come se volessi che mai se ne andasse e, forse, era proprio di questo che avevo bisogno: della sua presenza.
Camminavamo senza una meta precisa credo, camminavamo e basta. I flebili raggi di luce che illuminavano appena il cielo non riuscivano a filtrare anche tra i rami degli alberi ed eravamo circondati da solo buio. Le figure slanciate e imponenti degli alberi ci circondavano, erano sparpagliati un po' ovunque. Si sentiva il suono delle cicale e quello dei nostri passi, delle nostre scarpe che pestavano l'erba e le foglie, facendole scricchiolare. Nessuno di noi due parlava, stavamo in silenzio, tenuti insieme da due mani intrecciate.
"Vieni, mettiamoci qua." disse fermandosi in un punto dove l'erba cresceva abbondante.
Lo vidi sedersi e poi sdraiarsi, portandosi le mani dietro alla nuca. Feci lo stesso stendendomi accanto a lui.
"Appoggiati qui." disse dopo pochi secondi battendosi una mano sul petto. Mi alzai sui gomiti per poi poggiare la testa sul suo petto.
"Lo senti?" mi chiese dopo pochi minuti di silenzio.
"Cosa?"
"Il mio cuore."
Annuii, sicura che se ne accorgesse. Batteva forte, velocemente. E quel battito irregolare rimbombava forte nel suo petto, sembrava quasi gli volesse uscire fuori.
Rimanemmo in quella posizione per ancora qualche minuto, aveva spostato una mano che teneva dietro la testa e l'aveva appoggiata sulla sua pancia mentre con le dita giocherellava con un ciuffo di capelli che mi era sfuggito dallo chignon. Continuavo a tenere la testa sul suo petto, con l'orecchio appoggiato per continuare a sentire quel battito di cui stavo studiando il ritmo, la velocità.
"Perché me?" interruppe il silenzio.
"Cosa?" chiesi confusa.
"Perché hai scelto me? Potresti avere chiunque altro. Invece hai scelto me." disse dopo poco con voce seria.
"È... complicato."
"Spiegamelo. Cercherò di capire."
"Non so se sono stata io a sceglierti. Cioè, è successo."
"Ma il perché, è questo che non capisco. Non ha senso."
"Non credo che ci sia."
"Ma io per esempio so perché mi piaci."
"Allora dimmi, perché ti piaccio?"
Trascorse qualche istante di silenzio prima che ricominciò a parlare.
"Sei una delle poche persone che è riuscita ad accettarmi con tutti i miei difetti, con tutti i miei brutti modi, e che mi ha fatto sentire come se fossi... normale. Hai cercato in tutti i modi di aiutarmi, hai un cuore d'oro. Sempre con il sorriso sulle labbra, sempre così forte e a dirla tutta ti invidio anche. Io non ci riuscirei a rialzarmi, non come fai tu."
Quell'ultima frase mi fece ridere piano.
"Perché ridi?"
"Per l'ultima cosa che hai detto. Io sono forte solo per te, perché so che se crollassi non riuscirei più ad aiutarti, e non posso permetterlo."
Passò altro tempo prima che Luke parlasse di nuovo.
"Mi sento come una scatola, una di quelle vecchie, per metterci i ricordi e gli oggetti che non si usano più."
Non capivo cosa intendesse, quindi aspettai che continuasse a parlare.
"Dentro di me sono rimasti solo i vecchi ricordi, quelli di quando ero piccolo. Ora ho smesso di vivere, sono come... spento. Sono vuoto di emozioni, di esperienze. Ho semplicemente smesso di vivere. Non sono più nessuno, non ho più dei gusti, delle passioni, un carattere. Sono un muro. Sono semplicemente un muro. La gente quando passa davanti a un muro non ci fa caso, non pensa “Hey, guarda, qui c'è un muro” perché è banale, non ha nulla di interessante, e sta lì solo perché ci deve stare. E anche io sto qua perché ci devo stare, perché ormai esisto, e non posso farci nulla. Tutto questo non ha senso. Se sono completamente inutile, perché esisto? Non sarebbe più facile se non ci fossi? Scomparirebbero anche tutti i problemi che porto, tutte le responsabilità che si sono presi i miei amici."
"Non è vero, io non la penso così."
"Dovresti invece."
Seguì un minuto di silenzio, poi con voce calma e piatta riprese a parlare.
"I muri possono vedere, sentire e parlare. E vedono e sentono. Però non parlano, perché nessuno li ascolterebbe. Si limitano ad essere presenti, a studiare le persone nei minimi dettagli, a scoprirne i segreti, i pregi, i difetti, ma non fanno domande. Non hanno neanche motivo di rispondere, visto che nessuno gli rivolge la parola. Si limitano a esistere, perché devono, e basta. Però gli piace curiosare su tutte le persone che gli passano davanti, ne osservano i gesti, i comportamenti, il modo di camminare, di snobbarli. Gli piace anche ascoltare pezzi di conversazioni, intrufolarsi per pochi istanti nel discorso di due persone colte, o di due adolescenti, o di due vecchiette che fanno la loro passeggiata mattutina. In quel modo i muri possono tenersi un minimo aggiornati -per quanto possibile- su quello che succede, su qualche novità, e magari anche su qualche pettegolezzo. Ma non si intromettono, perché la gente non farebbe comunque caso a loro. Alla gente non piace parlare con i muri, preferiscono tenerli là e sapere che esistono."
"Sai, invece a me piace parlare con i muri. Sono interessanti. Me ne piace uno in particolare. È ricoperto di murales, che lo nascondono completamente, che nascondo tutte le sue crepe. Ognuno di quel murales ha un significato, una storia, e una crepa causata da una sofferenza e io parlandoci e passando del tempo con quel muro, seduta accanto a lui, sto cercando di ripararlo, perché è troppo bello per lasciarlo cadere a pezzi."
E finita quella frase mi fece girare, alzai la testa per guardarlo negli occhi, e le nostre labbra si unirono, delicatamente, sfiorandosi appena, fino a quando non mi sussurrò un "Grazie." dolcemente.
Rimanemmo in quella posizione, lui sdraiato e io accoccolata sul suo petto per un po', dimenticandoci completamente degli altri, perché in momenti come questo, noi eravamo nel nostro mondo, quello con delle porte chiuse a chiave, quello impenetrabile e indistruggibile.

Erano passate esattamente due settimane e tre giorni da quando Luke mi aveva chiesto di provarci, di provare a creare qualcosa di più concreto, qualcosa di solido che andasse oltre l'amicizia e gli avevo dato un sì come risposta, senza pensarci a lungo. Volevo con tutta me stessa che andasse come sperato, che continuassimo a essere Luke e Lola, quei due pazzi scatenati dalle idee folli. Speravo anche che il nostro rapporto non cambiasse molto, non volevo che che diventassimo quelle coppiette sdolcinate che stanno sempre a sbaciucchiarsi, sempre, ovunque, in qualsiasi situazione. Volevo solo che rimanessimo noi stessi, e fortunatamente era quello che stava succedendo. Io ero sempre Lola Walker, la ragazza che se ne stava sulle sue, che non si faceva influenzare dal resto del mondo egoista e superficiale. Ed ero sempre la ragazza che cercava di aiutare Luke Hemmings con tutti i problemi che si ritrovava. E anche Luke era sempre sé stesso. Con me continuava a essere dolce, ma non in modo esagerato -sapeva che non mi sarebbe piaciuto- e continuava a ringraziarmi per qualsiasi cosa, anche per la più piccola. Ma continuava anche lui ad avere le sue giornate no. Solo pochi giorni prima, in corridoio, aveva perso il controllo con un ragazzino del secondo anno che aveva fatto l'errore di provocarlo, anche se, a dirla tutta, se l'era proprio andata a cercare. Stavamo in corridoio, volevamo andare ne piccolo bar della scuola dove in genere non vendono mai niente di che, solo qualche bibita troppo calda per essere bevuta e sacchetti di patatine un po' afflosciate. Insomma, stavamo passando in uno dei corridoi, più di preciso quello dell'aula di storia, quando abbiamo notato un gruppetto di ragazzini che farfugliavano parole che da dove eravamo noi era impossibile capire, e ci indicavano. A me, non turbò più di tanto, ma evidentemente a Luke diede parecchio sui nervi. Fatto sta che in un secondo si allontanò da me e prese a camminare verso quei cinque o sei ragazzi del secondo anno, e quelli all'improvviso si ammutolirono, sgranando gli occhi. In quel momento sentii un brivido percorrermi la schiena, sapevo già cosa sarebbe successo, ormai avevo imparato quasi tutti i comportamenti di Luke.
"Sapete che è maleducazione indicare con il dito?" la sua voce arrivò fino a me, fredda, impassibile e anche piena di sfacciataggine.
"Poco male." gli rispose a tono uno. Abbastanza alto e magrolino, i capelli castani che gli ricadevano davanti agli occhi scuri e la voce, che nonostante lo sforzo che faceva per nasconderlo, decisamente piena di paura.
"Fai il coraggioso? Dimmi di cosa stavate parlando, allora." un ghigno si formò sulle labbra di Luke. Io restavo vicino alla parete del corridoio, impassibile, ad osservare la scena. Non provavo pena per quei ragazzi. Insomma, in fin dei conti potevano anche risparmiarselo. Con questo non intendo dire che Luke stesse facendo la cosa giusta, solo che aveva ragione.
"Non sono cazzi tuoi, Hemmings."
"Qualsiasi cosa riguardi me e la ma ragazza sono cazzi miei." precisò il biondo, alzando il tono di voce e avvicinandosi pericolosamente al ragazzo che lo stava provocando.
Quello rispose con un'alzata di spalle, ma stava per girarsi quando fu spinto contro la parete da Luke. Lo afferrò per il colletto della maglia rossa che indossava, e un'espressione di terrore si dipinse sul volto del ragazzo. Il braccio del biondo si alzò e con un movimento agile e veloce lanciò un pugno dritto sul viso del ragazzo che si spostò al colpo. Un secondo brivido mi percorse la schiena.
"Non fai più il coraggioso, eh?" e un altro pugno lo colpì sullo zigomo.
"Luke, basta!" mi avvicinai a lui, nel panico. Gli posai una mano sulla spalla, e si girò a guardarmi. Occhi ghiacciati. Non quelli dolci della persona che mi sussurrava cose carine. Altro brivido.
"Luke non ne vale la pena. Lascia stare, dai."
Una marea di gente si era accalcata intorno a noi, lasciando però qualche metro di distanza.
"Sta volta non può passarla liscia." sussurrava uno. "Fossi in lui comincerei a correre, arriva la bidella." un altro. Altri con gli occhi sgranati, altri ancora che bisbigliavano tra di loro.
"Cosa sta succedendo?" tuonò la voce della bidella e tutti si ammutolirono. Il ragazzo del secondo anno, ancora attaccato al muro, girò lo sguardo verso la donna che si avvicinava a passo rapido verso di noi.
"Di nuovo tu, Hemmings?"
Ormai era stato beccato talmente tante volte che chiunque lavorasse nella scuola, dal preside ai bidelli, lo conosceva.
"Su, tutti in classe!" aveva gridato subito dopo. "Tu in infermeria e tu" indicando Luke, "in presidenza."
In qualche modo sarei riuscita a placare Luke, me lo giurai per l'ennesima volta. E adesso stavo camminando a passi lunghi e veloci attraverso uno dei corridoi della scuola. Secondo piano, pareti che da metà in giù erano tinte di un giallino pallido che cominciava a scrostarsi dal muro. Pavimenti impolverati. Ma in che razza di scuola ero stata rinchiusa?
Girai l'angolo per andare verso la classe dove Luke aveva passato l'ultima ora in punizione, come gli altri due giorni precedenti. Mettevo un piede davanti all'altro, vogliosa di un suo abbraccio, dopo la giornata di merda che avevo trascorso.
A quell'ora i corridoi erano deserti. L'unico suono che rimbombava tra quelle vecchie pareti proveniva dalle mie Vans, che battevano frettolosamente sul pavimento freddo.
Svoltato l'angolo, un Michael dal volto cupo e tempestoso avanzava nella mia direzione con passo affrettato.
"Trovatene un'altra." gli sentii dire a qualcuno alle sue spalle, non ero riuscita a vedere chi. Poi, più lontano da lui, intravidi un ragazzo, che allo stesso modo si avvicinava a passo veloce. Fu a quel punto che non ci capii più nulla. Il ragazzo a una decina di metri di distanza da Mike, faccia incazzata, occhi azzurri, capelli biondi, vestiti completamente neri, quindi decisamente Luke, si avvicinava sempre di più, senza fermarsi. Un carro armato, mi venne in mente questo paragone. Spostai di nuovo lo sguardo su Michael che evidentemente veniva verso di me, non aveva affatto intenzione di cambiare direzione. Questione di un secondo: appena fu abbastanza vicino mi afferrò le spalle, mi spinse contro il muro a dieci centimetri dietro di me, fece aderire il suo petto con il mio. Un alito sfuggitogli dalle labbra mi sfiorò appena il collo, subito prima di afferrarmi i polsi per stringermeli contro la parete dietro di me. Non feci neanche in tempo a rendermi conto del suo gesto quando le sue labbra sfiorarono le mie. Avevo il fiato grosso. Sgranai gli occhi. Alle sue spalle vidi Luke immobilizzarsi. Non riuscivo a muovere neanche un dito. Non riuscivo a spiegarmi assolutamente nulla di quello che stava accadendo.




NOTE DELL'AUTRICE :)
Salve bella gente c: come vanno le vacanze? Visto che siamo in tema, sorratemi se sono scomparsa per più di due settimane senza avvertire e poi spuntare dal nulla con questo capitolo indecente, ma pensavo che nonostante fossi andata alla casa al mare avrei avuto tempo per scrivere e mettere i capitoli, e invece no, quindi scusatemi :c
Beh per il resto spero che vi sia piaciuto e che l'inizio non sia stato noioso o sotto le vostre aspettative, ma mi piaceva l'idea di mettere tutto quello che pensava Luke di sé stesso e della sua vita. Invece per la fine c'è stato un piccolo "incidente di percorso" ahahaha ve lo aspettavate questo gesto improvviso di Michael? Lol
Grazie mille per le recensioni al capitolo precedente c:
Un'ultima cosa ahah se mi lasciate una recensione, anche piccina piccina, vi mando un virtual hug lol perché ultimamente stanno diminuendo, quindi, tu che stai leggendo, lascia una micro-recensione, che tanto non ti costa nulla ahah
Sto facendo delle note più lunghe del capitolo ma vabbs rido
Alla prossima bellezze💞
~Vic
  
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