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Autore: _m i z u k i_    17/08/2014    2 recensioni
{One shot dedicata ai fratelli Fubuki - no incest-} {Angst, Introspettivo, Malinconico} {903 parole}
«-Vorrei che fosse andata diversamente.- disse il numero 9, sapendo che non poteva mai esserlo.
Il suo sguardo era duro, inflessibile.
Probabilmente reputava Shirou colpevole della sua morte? Era lì per punire i suoi peccati o cosa?
-Non poteva andare diversamente.- mormorò con il suo solito ghigno stampato in faccia.
Le parole non erano altro che una conferma, una pugnalata dritta al cuore.
Lui se ne era andato, lasciando solo il fratello, con il peso della sua morte sulle spalle.
"Perché io? Perché proprio io sono sopravvissuto?"«
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hayden Frost/Atsuya Fubuki, Shawn/Shirou
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il ragazzo che giocava a calcio.


Era una notte senza stelle, quella.

La luna faceva capolino nel cielo, diventando l’unica fonte di luce in quel paese avvolto dall’oscurità.

-Ci mancano solo i lupi mannari.- si disse un ragazzo dai capelli grigiastri, lo sguardo triste rivolto verso la luna piena, mentre le dita battevano sul parapetto al ritmo della musica che stava ascoltando.

Quella sera faceva freddo, una brezza pungente soffiava da nord portando con sé i primi fiocchi di neve, che entro pochi giorni avrebbe ricoperto di bianco le strade dell’Hokkaido.

Indossò il pigiama, togliendosi la sciarpa dal collo e posandola sul cuscino accanto al suo.

Era geloso di quell’oggetto. In qualche modo gli dava protezione, proprio come un orsacchiotto per un neonato.

Dopo tutto era l’unica cosa rimasta di suo fratello, un pezzo di lui.

Shirou si infilò nelle coperte, portando al petto la sciarpa e annusandola.

Egli fissava la porta della sua stanza, era fermo, immobile.

Ripensava alla sua ultima conversazione avuta con Atsuya, a ciò che avrebbe voluto dirgli.

Era successo tutto così in fretta, un momento prima era con il salmonato e un momento dopo…

Ci mise molto tempo a metabolizzare tutto quello che successe in quel giorno dopo la partita, però sapeva per certo che la sua vita era cambiata, provando un odio contrastato per il suo gemello.

Scosse la testa.

Voleva dimenticare quell’episodio, ma purtroppo faceva parte di sé e di quello che era diventato.

 

Socchiuse gli occhi, mollando il pezzo di stoffa bianco accanto a sé.

Se c’era una cosa che il numero 9 amava di quel paese dimenticato da Dio, era proprio il silenzio che regnava per le strade, lasciando spazio solo al gorgogliare del ruscello.

Una cosa era certa: In quel borgo si poteva dormire beati.

Per il resto lo odiava.

Odiava le persone di quel luogo.

Odiava tutti i posti che gli ricordavano il fratello.

Odiava sé stesso.

Perché bhè, in fondo era la copia, solo più spenta di Atsuya.

Si guardava allo specchio e vedeva il riflesso del gemello.

Era come un insetto confinato in un barattolo, all’interno della sua coscienza.

 

Sentì un rumore sinistro risuonare nel giardino fino a raggiungere i corridoi vuoti della casa.

Inizialmente il grigio afferrò la sciarpa e la strinse ancora di più a sé per la paura.

Era solo in casa, i suoi nonni erano partiti e i vicini anche.

Il suono di una pallonata contro il muro fece capolino nella camera, accompagnato da una voce che gli ricordava vagamente qualcuno.

Scese gli scalini, due alla volta, fino ad arrivare sulla soglia del giardino.

Il vento intorno a lui si alzò in raffiche, soffiava violento, smuovendo le chiome degli alberi che circondavano il prato, come se la natura sentisse il tormento che provava l’albino in quel momento.

Era quasi riuscito a calmarsi, quando una voce assurdamente familiare gli parlò dall’ombra – Shirou?

Girò su se stesso. Lui era vicino al ripostiglio, i capelli in controluce formavano un alone luminoso intorno al suo bel viso. Gli occhi chiari orlati di lunghe ciglia lo guardavano curioso.

Il corpo di Atsuya sembrava piccolo in mezzo a quella specie di boschetto che i suoi nonni possedevano

A quella visione gli venne la pelle d’oca, mentre le mani iniziarono a tremare… ma non per il freddo.

Spalancò gli occhi, incredulo, dirigendosi verso il fratello, o meglio: verso il fantasma del fratello.

-Sono felice di vederti, Atsuya.- sembrava impossibile, ma era così.

In effetti il salmonato gli aveva rovinato la vita e provava una puntina di odio nei suoi confronti. Eppure era lì, con un sorriso che gli colorava il viso.

Atsuya non batté ciglio, era così distante.

-Anche per me, Shirou. E’ passato troppo tempo.-

Il suo nome suonava strano pronunciato da un Atsuya adolescente con la voce più roca.

Il vento ululò intorno a loro, foglie impazzite si alzarono in turbini impetuosi, ma era come se il tempo si fosse fermato.

-Vorrei che fosse andata diversamente.- disse il numero 9, sapendo che non poteva mai esserlo.

Il suo sguardo era duro, inflessibile.

Probabilmente reputava Shirou colpevole della sua morte? Era lì per punire i suoi peccati o cosa?

-Non poteva andare diversamente.- mormorò con il suo solito ghigno stampato in faccia.

Le parole non erano altro che una conferma, una pugnalata dritta al cuore.

Lui se ne era andato, lasciando solo il fratello, con il peso della sua morte sulle spalle.

Perché io? Perché proprio io sono sopravvissuto?

Questa era la domanda che ogni santo giorno, davanti allo specchio Shirou si ripeteva.

-Mi dispiace.-

-Mi dispiace, Shirou. Di averti lasciato solo.-

Il più grande dei Fubuki, calciò nuovamente la palla contro il muro, mentre la pioggia iniziò a ticchettare sull’erba coperta dal bianco della neve.

Tra le gocce, l’immagine del salmonato  iniziò ad affievolirsi iniziando dalle gambe.

Il grigio tese una mano, invano, per toccarlo un’ultima volta, per sentire il suo calore un’ultima volta.

Sbatté le palpebre ed ogni cosa era sparita insieme ai suoi ricordi.

Avrebbe pensato che fosse stato tutto un bellissimo sogno.

Tic Tic Tic

La pioggia batteva su Shirou, bagnandolo dalla testa fino ai piedi, ma il giovane non accennava a muoversi.

Era immobile, attonito sotto quella cascata piacevole di acqua.

Ancora quella stupida pioggerella, malinconia, portò via gli unici pensieri felici che l’albino teneva con sé.

Un rombo, un tuono gli fece vibrare il petto, ripercuotendosi fino ai suoi occhi, ormai lucidi.

Le gocce si posarono sulle sue guance, mescolandosi alle lacrime bollenti che solcavano il viso pallido di Fubuki. Come fuoco. Come acqua.

Sorrise verso il cielo nuvoloso, sentendo ancora il rimbombare delle pallonate che si infrangevano sulla parete.

-Sarà solo la pioggia accumulata nelle tubature che scende.- si disse Shirou riferendosi a quel rumore, poi cominciò ad incamminarsi verso la porta, con quel sorriso ancora stampato sulla faccia.

-Ciao Atsuya.-


 

Angolo del DisaggioH:

Le me: UEEE.

Sì ho pubblicato sta schifezza, linciatemi pure.

Atsuya: Si possiamo farlo! Sì!

Le me: Ma, io scher-

Nagumo: Daje Atsuya! Prendi dei coltelli in cucina, io prendo una mannaia e_e

Le me: No cos-

Shirou: *vestito da super eroe* Sono venuto a salvare la signora autrice! *posa eroica*

Le me: Ma-

Shirou: Lei ha ancora tutta una vita davanti e deve continuare a torturare le persone di questo fandom con le sue FanFiction.

Le me: Ah.

Afuro: Però se vedranno me a fine capitolo, rimarranno sempre delle persone felici. u.u

Le me: Ovviamente. *rivolgendosi ai lettori* Allora, la prossima storia che pubblicherò sarà una HeraxAfuro e penso seriamente di eliminare “The London Dungeon” dato che non ha fatto molto successo, ma ho deciso di darle un’altra possibilità con il capitolo che pubblicherò a breve.

Afuro: Aspetta, ho sentito che scriverai una storia su di me. *occhi a cuoricino*

Nagumo e Suzuno: tanto ti rovinerà, fidati.

Afuro: *occhi a cuoricino*

Le me: Ehm, Afuro, dovresti concludere l’angolo del disaggioH eh eh ^^”

Afuro: *occhi a cuoricino*

Le me: Mh, va bhè. Speriamo che la storia vi sia piaciuta (ndvoi: Buuuu) e speriamo di ricevere dei vostri pareri :)

Alla prossima storia!

Afuro: *occhi a cuoricino*

Midorikawa: wow, in questo angolo non è morto ness-

Le me: *gli lancia un coltello*

  
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