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Autore: coldcoffee89    17/08/2014    2 recensioni
Penelope. Per gli amici Penny. Frivola, curiosa, rumorosa e con una sana predisposizione a combinare guai. Nutre una passione sconfinata per il caffé, i colori a tempera e le feste e ha un'immensa sfiducia nell'amore.
Daphne. Anticonvenzionale e solitaria. E' un po' allergica ai rapporti umani troppo stretti e ai gatti. E' un cubetto di ghiaccio che si scioglie quando danza. Va matta per i rompicapo e per gli horror. Colleziona guide turistiche perché le piace viaggiare, anche solo con l'immaginazione.
Entrambe si imbattono nella più grande boyband del momento: i One Direction. La vita delle cinque popstar, però, non è perfetta come sembra e ben presto le ragazze scopriranno che dietro la loro solida e scintillante facciata si nasconde qualcosa.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1 – One day

 


 

"La gente vive per anni e anni, ma in realtà è solo in una piccola parte di quegli anni che vive davvero,
e cioè negli anni in cui riesce a fare ciò per cui è nata.
Allora, lì, è felice. Il resto del tempo è tempo che passa ad aspettare o a ricordare.
Quando aspetti  ricordi, non sei né triste né felice. Sembri triste, ma è solo che stai aspettando, o ricordando.
Non è triste la gente che aspetta, e nemmeno quella che ricorda.
Semplicemente è lontana."
 A. Baricco
 






 

Erano tante le cose che a Penelope non piacevano e i matrimoni potevano annoverarsi tra una di quelle. Eppure, in quel momento, nella grande sala ricevimenti in cui si trovava, stava proprio assistendo ai festeggiamenti di un matrimonio e guardava annoiata lo sposo, ormai ubriaco, dimenarsi sulla pista da ballo, mentre una band si esibiva in un’allegra canzone dallo stampo indie-rock e la sposa scuoteva la testa indignata, forse pentita di aver sposato un deficiente cronico. E Penelope si annoiava da morire, lo si poteva vedere dall’indice della mano sinistra avvolto ad uno dei suoi riccioli ramati o dal broncio appena accennato sulle labbra rosse. Eppure qualcosa aveva attirato la sua attenzione e per un po’ non aveva potuto fare a meno di guardare lui, che teneva lo sguardo fisso sul suo bicchiere di whiskey liscio ancora intero mentre la sigaretta si consumava lentamente tra le sue dita.
Non sapeva perché fosse rimasta lì seduta ad ammirarlo, forse perché lui era riuscito ad affascinarla con quell’aria da poeta maledetto o di chi semplicemente voleva trovarsi in un altro luogo e a Penny quelle anime solitarie e malinconiche avevano sempre fatto un certo effetto. Però, forse lei lo stava osservando, perché in fondo, era curiosa. Perché lo conosceva, lo conosceva eccome. La sua faccia era ovunque a Londra, sulle riviste, persino sugli autobus, e le canzoncine che lui e i suoi amici cantavano insieme venivano trasmesse in continuazione su tutte le radio inglesi. E Penelope di certo non immaginava di poterlo vedere lì, ad un matrimonio a cui lei si era imbucata.
La ragazza non seppe dire quanto tempo Louis Tomlinson resto lì a fissare il liquido ambrato ancora intatto all’interno del bicchiere mentre la sigaretta si consumava lentamente appoggiata al posacenere di cristallo. Poi lo vide ridestarsi improvvisamente quando una biondina con un succinto abito rosso gli si avvicinò chiedendogli semplicemente: - Scusami, hai da accendere? - facendo palesemente finta di non sapere chi fosse.
Penny lo vide alzare lo sguardo con disinteresse e annuì in direzione della ragazza cominciando a frugare nelle tasche della sua giacca costosissima. La biondina continuava a guardarlo con adorazione, come se volesse mangiarlo con gli occhi, e doveva ammetterlo, in quel momento quella scenetta le sembrò più divertente dello sposo che era appena scivolato sulla pista da ballo.
E poi la biondina parlò di nuovo, subito dopo aver acceso la sua sigaretta - Grazie - le sentì dire - Che ne dici di bere qualcosa insieme? -.
Gli occhi azzurri del cantante si assottigliarono in maniera minacciosa - Non penso sia possibile -.
Lo vide posare nuovamente l’accendino nella tasca della giacca senza neanche degnarsi di guardare la ragazza che si allontanò con furia, ferita da quel rifiuto.
- Caspita, allora è vero che Louis Tomlinson odia le fan e le ammiratrici appiccicose - le parole uscirono dalla bocca di Penelope, improvvisamente, quasi prendendo alla sprovvista anche lei, e gli occhi di Louis, ancora gelidi e per niente cordiali, si posarono su di lei.
- Se sei anche tu una di loro, per favore, lasciami stare - affermò serio, con voce cupa.
- Oh, no per carità. Conosco il tuo bel faccino solo perché non si parla che di voi da quando Simon Cowell ha avuto la brillante idea di formare i One Direction -
- Bene, allora possiamo continuare a restare in silenzio, se non ti dispiace - replicò lui, con tono brusco decidendosi finalmente di prendere il bicchiere e di scolare il whiskey in un sorso veloce.
Così attirò l’attenzione del barman e ne ordinò un altro, passandosi poi una mano sul viso ricoperto da una barbetta ispida.
- Eppure nessuno ha mai parlato della tua scortesia. Giornataccia? -.
Penny sorrise divertita prima che lui posasse di nuovo i suoi occhi su di lei senza mai addolcire quello sguardo disinteressato e altezzoso.
- Tomlinson, non ti mangio mica, puoi anche rispondere alla mia domanda. Tranquillo, non appena finita questa conversazione non andrò a strillare dietro l’angolo per aver parlato con te - borbottò lei, scoccandogli un sorriso. L’atteggiamento da prima donna di Louis Tomlinson non l’avrebbe di certo fermata. In realtà lo trovava solo maledettamente divertente. Nella sua lista delle cose da fare prima di morire non aveva mai messo “Infastidire una pop star” e pensò che avrebbe dovuto aggiungerla e depennarla in un solo colpo.
- Sei una tipa strana - mormorò Louis accettando il bicchiere che il barman gli porgeva con un debole sorriso.
Penny fece spallucce - Me lo dicono tutti, ma va bene così. Perché essere normali quando puoi essere speciale? - domandò retorica con una semplicità fuori dal comune - In fondo eri tu quello che si riempiva il cappellino di sale ai tempi di X-Factor -
- E come fai a ricordare queste cose se non sei nostra fan? - la provocò facendo guizzare i suoi occhi celesti dalla ragazza al bicchiere di whiskey.
Lei si allungò verso Louis e coprì la sua bocca con una mano per non farsi vedere da nessuno, come se stesse per rivelare un incredibile segreto - Te lo confesso: ho guardato X-Factor ma tifavo per Rebecca Ferguson. Mi dichiaro colpevole - aggiunse con aria confidenziale per poi ammiccare in direzione del cantante e tornare al suo posto.
Louis, dal canto suo, si lasciò andare ad una breve risata, la prima che Penelope sentiva da quando era arrivata lì. - Allora, come mai qui tutto solo? Dove sono i tuoi amici e la tua splendida ragazza? - gli chiese leggermente ironica.
Notò lo sguardo sorpreso di Louis che scosse la testa prima di rispondere - I miei amici hanno deciso di andare in posti più interessanti e divertenti di qui e la mia..ragazza è a Manchester con le sue amiche. E tu? Sola? Nessun accompagnatore? -
- Sola - confermò lei sorseggiando il suo vino.
Poi l’attenzione di Penelope venne attirata da ciò che l’aveva spinta ad imbucarsi a quel matrimonio, perché sì, non conosceva proprio nessuno lì, aveva solo una missione da compiere. Si alzò di botto dallo sgabello facendolo oscillare pericolosamente e rivolse un breve sorriso a Louis - Scusami un attimo - e poi si diresse con furia verso il suo obiettivo.
- Ehi, Ryan! - chiamò a gran voce costringendo il diretto interessato a girarsi nella sua direzione. Solo quando arrivò proprio di fronte a lui versò l’intero contenuto del suo bicchiere sulla sua testa. Di colpo la musica si interruppe e tutti stavano osservando la scena sconvolti. Ma lei non aveva ancora finito e, senza neanche lasciargli il tempo di reagire, gli mollò una ginocchiata ai gioielli di famiglia. Dalla sala si levò un coro di indignazione, spezzato solo dal respiro soffocato del malcapitato che si piegò in due incassando con dolore il colpo - Questo è per Eve! - affermò con rabbia.
Improvvisamente, Penny si sentì afferrare dalle braccia e venne trascinata fuori mentre continuava a sbraitare frasi minacciose alla sua vittima. Solo quando si trovò fuori venne lasciata libera - Calmati, piccola squilibrata! Che pensavi di fare? - le chiese Louis, totalmente sconvolto.
- Quell’idiota ha spezzato il cuore della mia amica - replicò lei indicando col braccio teso l’entrata dell’albergo in cui si stava tenendo il matrimonio - È uno stronzo e si meritava tutto questo e molto di più -.
Louis si passò una mano sulla barba incolta, e scosse la testa prima di scoppiare a ridere - Io non ci posso credere! Sai quanto può fare male una ginocchiata all’amichetto dei piani bassi? -
- Sommetto che si riprenderà presto dal dolore. Una ginocchiata lì sotto non ha mai ucciso nessuno. Dovrei solo tornare dentro per suonargliele di santa ragione -
- No, no, no - Louis l’afferrò di nuovo dalle braccia quando Penny fece per avvicinarsi di nuovo alla porta - Non puoi rientrare lì dentro. Lo hai giù umiliato abbastanza. Su, ti riporto a casa -.
Lei si divincolò dalla stretta di Louis e incrociò le braccia al petto sfoggiando un’espressione da bambina dispettosa - Io non voglio andare a casa -
- Allora fa ciò che vuoi. Io torno a casa mia. È stato un piacere -.
Louis la salutò con un gesto della mano e le voltò le spalle, diretto al parcheggio. Ma Penny lo fermò immediatamente dopo. Non aveva nessuna voglia di tornare a casa, né di stare sola. E ora che aveva conosciuto Louis Tomlinson, non aveva intenzione di farlo andare via così presto. Non che lei ne fosse pazzamente innamorata come le ragazzine di tutto il mondo che ne lodavano l’aspetto e le doti canore, ma era solo curiosa di sapere come Louis Tomlinson fosse e perché non vedeva l’ora di raccontarlo a sua cugina che l’avrebbe scuoiata viva e donato la sua anima al diavolo solo per potersi trovare al suo posto.
- Louis Tomlinson che torna a casa alle undici di sera! - commentò con un fischio - Questo sì che è uno scoop da prima pagina. E la reputazione da festaiolo incallito era solo una menzogna, allora? - lo provocò con un sorriso sulle labbra dipinte di rosso.
- Ehi ma sei per caso una giornalista? - Louis si voltò immediatamente verso di lei e la vide sorridere con furbizia, gli occhioni castani che splendevano anche alla luce fioca dei lampioni. Solo in quel momento gli occhi azzurri di Louis si soffermarono più del dovuto sul suo corpo minuto. Indossava un semplice abito verde scuro sagomato e in pizzo che metteva in mostra le gambe ancora più accentuate da delle scarpe nere con un tacco non molto alto. Il corpetto dalla scollatura squadrata, invece, le fasciava il busto soffermandosi con leggerezza sul seno poco prosperoso. I capelli ricci di una tenue tonalità rossiccia erano poi trattenuti distrattamente in una treccia poco accurata.
- No, non sono una giornalista, fidati di me - borbottò lei, per niente scalfita da quell’esame accurato che gli occhi penetranti di Louis le avevano riservato.
- Difficile fidarsi di una che ha appena messo k.o. un uomo - e quella volta quegli occhi celestiali, perché era quello il primo pensiero che Penny aveva avuto a riguardo, tornarono a posarsi con prepotenza sui suoi.
- Non avere paura, non sono una psicopatica. Quel tipo si meritava una lezione - si giustificò.
- Va bene - Louis la fronteggiò, incrociando le braccia al petto, un sorriso divertito a corrucciargli le labbra fine - Dove vuoi andare? -
- In realtà ho un po’ di fame - ammise giocherellando con la tracolla della sua borsetta in tinta con le scarpe.
- Non hai mangiato al matrimonio? -
- Mi sono imbucata solo pochi minuti prima di incontrare te -
- Tu cosa? - Louis la fissò incredulo mentre lei lo raggiungeva con passo deciso.
- Non mi dire che non l’avevi capito! Mi sono imbucata solo per dare una lezione a quello lì. Tu non ti sei mai imbucato ad un matrimonio? -.
Il cantante scosse la testa quasi dispiaciuto di deluderla e si limitò a seguirla lungo il marciapiede poiché lei lo aveva superato e continuava a camminare senza fermarsi. Solo quando raggiunse il parcheggio dell’albergo la ragazza fermò i suoi passi decisi e si guardò intorno aspettando che Louis le indicasse la macchina: una Porsche nera parcheggiata poco più distante. Entrambi salirono sull’auto e il ragazzo mise in moto - Io non so ancora il tuo nome, ragazza sconosciuta - le disse poco dopo aver imboccato una strada che costeggiava il Tamigi.
- Mi chiamo Penelope, ma puoi chiamarmi Penny - si affrettò a dire lei abbassando il finestrino, lasciando che l'aria stranamente mite per essere novembre si appropriasse dell’abitacolo dell’auto.
- Va bene, Penelope - e pronunciò il suo nome lentamente, scandendo ogni lettera sulle labbra sottili, ed ignorando il diminutivo che lei gli aveva suggerito - Dove vuoi andare a mangiare? -
- Non hai paura che i paparazzi ci vedano? - Penny ignorò totalmente la domanda di Louis, e fissò il suo sguardo sulla mano che teneva fuori dal finestrino con il vento che si insinuava tra le dita lunghe e poi rivolse il suo sguardo sul profilo del ragazzo, che guidava con attenzione nel traffico notturno.
Lui si strinse nelle spalle e svoltò verso una strada meno trafficata - So dove andare quando non voglio essere fotografato dai paparazzi -
- E la tua fidanzata non penserà che l’hai tradita con me? -.
Penny vide le dita di Louis stringersi con più forza attorno al volante mentre lui mordicchiava le sue labbra con nervosismo - Eleanor si fida - la liquidò semplicemente con tono brusco - Allora, Penelope, dove vuoi mangiare? -
La ragazza era convinta che Louis avesse cambiato argomento di proposito ma decise di non indagare oltre e - Che ne dici di un Kebab? - gli propose.
Pochi istanti dopo Louis fermò la macchina di fronte ad un venditore di kebab, aperto tutta la notte. Entrarono nel piccolo locale e Penny si diresse svelta al bancone - Tu non ne vuoi? -
- Non posso. Il nostro personal trainer ci ha vietato tutte queste cose - mormorò Louis dispiaciuto con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni scuri e lei ci provò in tutti i modi a non scoppiare a ridergli in faccia ma non riuscì a trattenersi.
- Va bene, prendimi in giro - le concesse annuendo e mostrando un’espressione di chi si era rassegnato al proprio destino.
- Scusami, è solo che ..siete delle femminucce! - replicò lei asciugandosi le lacrime - Avanti, che ti costa prendere un kebab? Avrai modo di smaltirlo, possiamo fare una passeggiata dopo, te lo prometto! Non lasciarmi mangiare da sola, ti prego! - insisté lei, sfoderando un ampio sorriso che mise in mostra la fila di denti bianchissimi.
Louis la guardò per qualche istante prima di alzare gli occhi al cielo - E va bene - si arrese prendendo il portafogli - Offro io -
- Direi, sei tu quello ricco - lo prese in giro Penelope con un ghigno ad illuminare il suo bel faccino.
Pochi minuti dopo si ritrovarono seduti ad un tavolino davanti a due piatti di un delizioso kebab ricoperto di salsa allo yogurt e condito con ogni sorta di insalata.
- Oh! - esclamò Louis con gli occhi chiusi e la bocca piena, il ritratto dell’estasi pura - Da quanto non ne mangiavo uno! -.
Penelope sorrise mentre affondava la forchetta nella carne. E così, tra le domande curiose di Louis e tra i vani tentativi di Penelope di sfuggire all’interrogatorio messo su dal cantante, si ritrovarono a passeggiare lungo la riva sud del Tamigi, che ormai contava poche anime, a differenza delle ore giornaliere in cui era pienissima di turisti e artisti di strada di ogni tipo.
Penelope respirò a pieni polmoni l’aria della sua città e: - Amo Londra! - affermò allargando le braccia e chiudendo gli occhi col viso rivolto al cielo, per quella notte sgombro da ogni nuvola.
- Già, piace anche a me - Louis sorrise dolcemente prima di domandarle: - Tu sei di Londra? -
- Sono nata e cresciuta a Londra, sì - rispose Penny annuendo e salendo su un muretto basso.
- Non mi hai ancora detto sei ha un fidanzato, però - la provocò Louis.
- Sai, sembri uno di quei parenti impiccioni che non vede l’ora di chiedere alla povera nipote di turno se è single o meno. Non capisco cosa ci trovino di così divertente -
Louis rise, le labbra piegate appena, il capo chino e gli occhi azzurri a guardare la punta delle sue scarpe dal prezzo inaccessibile ai comuni mortali - Stai comunque cambiando argomento. Ce l’hai o no, il ragazzo? - insisté Louis, perché se qualcuno era più curioso di Penelope, quello era proprio Louis Tomlinson.
- Ma perché vuoi saperlo? Tanto, dopo questa sera, non mi vedrai mai più -
- E perché mai? - Louis aggrottò le sopracciglia e la fissò confuso.
- Perché tu tornerai a fare la celebrità di fama internazionale e io tornerò alla mia umile vita - affermò con tono solenne, come uscita da una tragedia di Shakespeare e si esibì anche in un elegante inchino proprio mentre si trovarono a camminare proprio nei pressi del Globe, il teatro del famoso scrittore inglese.
- Secondo me da stasera non potrai più fare a meno di me e desidererai vedermi ogni giorno della tua vita. È questo l’effetto che faccio, non puoi sfuggirne - disse con totale sicurezza, allargando le braccia evidenziando così l’ovvietà della questione.
La risata cristallina di Penelope riempì l’aria londinese e dovette appoggiarsi (perché proprio non ce la faceva più) alla parete piena di manifesti colorati di tutte le opere di Shakespeare messe in scena al Globe nel corso degli anni, dal Tito Andronico alla Tempesta, da Romeo e Giulietta ad Amleto. Una storia, una tradizione letteraria in bella mostra su una semplice parete lunga poco più di dieci metri.
- Scendi dal piedistallo, Tomlinson - se ne uscì qualche istante dopo, quando si riprese dall’ilarità del momento, che aveva contagiato anche il ragazzo e adesso la guardava ridacchiando tra sé.
- Puoi chiedere a tutti, è davvero così! -
- Certo, come no - lo prese in giro lei, stringendosi nelle braccia perché in quel momento cominciò ad avvertire il freddo di quella notte di fine estate.
Lui se ne accorse perché subito si mosse velocemente verso di lei e, come sua madre gli aveva insegnato, si comportò da bravo gentiluomo e si sfilò la giacca Armani per posarla sulle spalle di Penelope con delicatezza e con un tenero sorriso ad abbellirgli l’espressione malinconica, che per l’intera durata della serata non lo aveva ancora abbandonato. E rimasero fermi ai piedi del cancello del teatro, uno di fronte all’altra senza molto da dirsi ma scrutandosi costantemente negli occhi.
- Comunque un ragazzo non ce l’ho - ammise poco dopo Penelope a bassa voce - Non fa per me impegnarmi in una relazione a lungo termine -
- Perché? - le chiese lui, con un filo di voce.
- Sai che c’è? Vuoi davvero sapere tutto su di me? -.
Louis si limitò ad annuire, seppur con espressione incerta. Dal ghigno di Penelope poteva aspettarsi di tutto e, infatti: - Allora giochiamo. Conosci il gioco “Non ho mai..”? -
- Sì -
- Bene, allora ci serve dell’alcol, tanta voglia di spiattellare i fatti nostri ad un totale sconosciuto e un posto dove stare in pace e tranquillità, che non siano le nostre case - iniziò a contare sulla punta delle dita Penelope.
- Perché non le nostre case? Hai paura di finire a letto con me? - la provocò lui con un sorriso a metà tra l’angelico e il diabolico. E Penelope non fu da meno, quando con un sensuale battito di ciglia, rispose: - Forse -.

 

Cercare casa era davvero una delle cose più stressanti ed estenuanti che avesse fatto nell'ultimo mese, più di trasferirsi a Londra senza un vero punto fermo, molto più che traslocare a casa di un'amica che odia avere gente in giro per il suo appartamento.
Daphne aveva passato l'intera mattinata a setacciare annunci online sul suo portatile di vecchia generazione, sorseggiando di tanto in tanto un po' di caffè ormai freddo dal bicchierone di carta di Starbucks – quello di fronte al British Museum per intenderci -, più che altro per scroccare la connessione wifi gratuita del locale. Ma non aveva trovato nulla, o meglio quello che aveva trovato si era rivelato un fallimento: c'era chi voleva un affitto troppo caro per le sue tasche bucate, chi cercava un coinquilino che amasse i giochi di ruolo di Star Wars, chi cercava una ragazza che avesse almeno una quarta di reggiseno – sì, le aveva davvero chiesto che taglia portasse prima del suo nome - e chi viveva con un esercito di gatti.
Londra si era rivelata troppo strana anche per una tipa come lei, una di quelle che si adatta facilmente alle situazioni come un vestito elasticizzato prende la forma di chi lo indossa. Lei non si era mai fatta troppi problemi, in fondo nella sua vita ne aveva avuti tanti e di peggiori e la sua filosofia di vita era diventata quella di prendere le cose così come venivano. Avrebbe potuto condividere l'appartamento con un patito del cibo biologico, con un disordinato cronico, con un gruppo di fan del burlesque ma vedersi girare per casa individui mascherati da Dartfener e Luke Skywalker non l'avrebbe sopportato neanche lei. E ai gatti, poi, ci era anche un po' allergica.
Perciò non le rimaneva che un'ultimissima possibilità, l'ultimo numero segnato sulla sua vecchia e ormai consumata agendina in stile Moleskine - solo meno costosa -.
- Non mi devi chiamare più hai capito? Sei un pervertito, un ninfomane, una scimmia senza palle e se proprio vuoi saperlo sei una delusione là sot.. - Daphne allontanò immediatamente il telefono dall'orecchio e lo fissò perplessa mentre gli insulti diretti chissà a chi continuavano più creativi che mai. Decise di riattaccare la chiamata nonostante si stessero facendo davvero divertenti i risvolti di quello strano monologo, e si alzò lasciando quasi metà del suo caffè sul tavolo insieme alle briciole del cookie gigante che invece aveva divorato in pochi minuti.
Le gambe la portarono all'imponente entrata del British Museum che visto dall'esterno somigliava tanto ad un antico tempio greco. Fece la piccola scalinata a due a due ed entrò all'interno dell'edificio affollato di persone dalle mille lingue, come fosse una piccola torre di Babele. Non ci era mai stata, non aveva mai visto prima di allora l'accecante e bianco ingresso dal soffitto altissimo, e nemmeno la Stele di Rosetta che apriva la lunga serie di reperti storici.
Viveva a Londra da poco più di un mese e non si poteva certo dire che avesse avuto una vita movimentata fino ai suoi diciotto anni. O meglio lo era stata, ma a modo suo e particolarmente anticonvenzionale. A Londra ci aveva messo piede un altro paio di volte in precedenza ma la sua priorità raggiunta la maggiore età fu quella di mettersi uno zaino in spalla e di partire alla scoperta del vecchio continente. Non durò molto: comprò un biglietto aereo di sola andata per Praga e poi viaggiò facendo l'autostoppista di professione.
Le era sempre andata bene, aveva trovato persone gentili e con parecchie storie da raccontare e a Daphne piaceva da matti ascoltare le storie degli altri e far finta di aver vissuto in prima persona quelle esperienze. Ma presto finirono i pochi risparmi che aveva e, dopo essere passata per la Germania e l'Austria, dovette tornare in Inghilterra prima di riuscire a vedere l'Italia. Brighton non le era mai sembrata così noiosa, anche se libera dalle odiate mura fra le quali aveva vissuto per quasi diciotto anni, perciò aveva lavorato come cameriera in un anonimissimo pub di periferia e aveva raccimolato un po' di soldi per riprendere il suo giro dell'Europa. Stessa fine, comunque. Riuscì a vedere l'Italia, una piccola parte di essa, ma dovette tornare in Inghilterra e mettersi a fare una lavoro che non le piaceva per niente.
La sua aspirazione non era certo quella di fare la cameriera a vita, aveva come la sensazione di essere destinata a qualcosa di più grande e importante, fin da bambina. Ma la vita aveva insegnato a Daphne ad essere terribilmente realista per cui questa sensazione veniva da lei prontamente accantonata e gettata in un angolino recondito della sua mente affollata.
Alla fine, distratta dall'ennesimo messaggio dell'amica che la ospitava in casa sua, andò a sbattere contro il busto senza testa di un uomo di marmo e per poco non rischiò di combinare qualche serio danno.
- Dovrebbe fare la spesa lei una volta tanto – borbottò fra sé e sé uscendo dal British Museum. Il fatto che non pagasse un affitto sembrava dare ad Ellen il diritto di schiavizzarla come meglio poteva. E lei odiava prendere ordini da qualcuno. Entrò nel primo Sainsbury's che trovò nelle vicinanze e si armò di un carrello e della lista chilometrica che le era stata inviata per sms: una montagna di patatine, di bibite gassate, di biscotti e di cibi precotti. Daphne gettò nel carrello anche un po' di cibo vero e poi, visto che la giornata non era stata delle migliori, decise di tornare nella corsia dei dolci e di concedersi una stecca di cioccolata Milka agli Oreo. Per lei mangiare quella stecca di cioccolata era come un'esplosione di piacere, soprattutto perché non era una di quelle ragazze che potevano abbuffarsi di qualunque tipo di schifezza mantenendo una linea perfetta – vedesi Ellen –.
Così si avventurò nella corsia delle tentazioni. Ai suoi occhi appariva quasi come un girone dell'inferno dantesco in cui sei costretto a vagare in mezzo a quintali di deliziosi dolciumi senza poterne assaporare neanche uno, ma lei fortunatamente quel giorno poteva. Adocchiò il classico involucro di carta viola e si fiondò con il suo carrello come se avesse appena visto la terra promessa. Era l'ultima stecca. Stava per afferrarla, riusciva già quasi ad assaporarla quando una mano, con nonchalance, l'afferrò appena prima di lei.
Daphne fissò il punto vuoto dello scaffale e poi alzò i suoi occhi verdoni sulla figura demoniaca che le aveva appena rubato il paradiso. Lui si stava rigirando la stecca di cioccolata, la sua stecca di cioccolata, fra le mani senza minimamente curarsi di lei. Inoltre aveva un'aria estremamente famigliare.
Probabilmente ad un certo punto il ragazzo avvertì il calore del suo sguardo omicida e si voltò a guardarla.
- Ciao – disse osservandola, per poi accennare un mezzo sorriso che gli fece spuntare una fossetta sulla guancia sinistra. Lei non rispose.
- Oh, sei una fan? Forse vuoi un autografo? -
- No – sibilò incrociando le braccia al petto.
- Una foto..? - tentò ancora il ragazzo.
- No -
- Non posso uscire con te, mi dispiace, anche se sei molto carina.. -
- Ma cosa diamine stai blaterando? - sbottò mettendo fine a quella strana conversazione che, sinceramente, non aveva ancora capito – Voglio solo la mia barretta, non ho la minima intenzione di uscire con te -
- Oh, pensavo fossi una fan. Scusa – sospirò il ragazzo, sembrava quasi deluso mentre si sistemava il berretto di lana da cui fuoriuscivano alcuni riccioli ribelli. Solo in quel momento Daphne capì di chi si trattasse. Voce roca e profonda, occhi verdi, fossetta, riccioli, fans. Era Harry Styles. La metà degli “scoop” della rivista per cui lavorava si occupava di lui e dei suoi quattro amichetti.
- Bè per quanto riguarda la barretta l'ho presa prima io, non capisco perché debba essere tua.. -
Il ragazzo purtroppo aveva appena detto la cosa sbagliata al momento sbagliato. E poi Daphne era tendenzialmente un essere umano che non riusciva ad instaurare normali rapporti con altri esseri umani senza sbraitargli contro almeno 2 volte su 3 nel giro di una conversazione. E quella non era stata neanche una bella giornata.
- Solo perché sei un super figo con un super conto in banca credi di poter avere tutto quello che vuoi nella vita? - polemizzò tirando in ballo i principi morali dell'uomo. In effetti era una che esagerava un tantino.
Tuttavia la giovane pop star sembrò ascoltare solo una parte di quella frase: - Ti ringrazio per il super figo -. A quel punto le scoccò anche un occhiolino e poi le allungò la barretta di cioccolata Milka. Lei la fissò. Voleva davvero tanto afferrarla e scappare con lei alla prima cassa libera, ma non poteva. Non poteva per principio. Non lo avrebbe fatto passare per un cavaliere che le ha ceduto galantemente la sua cioccolata. Sì, quella ragazza andava contro ogni logica.
- No, tienitela. Addio – Girò i tacchi e spinse il suo carrello in direzione della cassa dalla fila più ridotta, tuttavia continuò a sentire la voce del ragazzo dietro di sé, i suoi piedi che velocemente cercavano di raggiungerla.
- Dai, scusa! Stavo scherzando! Prendila, non mi serve -
- Non m'interessa – borbottò senza neanche voltarsi. - Perché sei così acida con me? Cosa ti ho fatto di male? -
Daphne inchiodò il carrello e si fermò di colpo, mentre Harry Styles, che non aveva tenuto la distanza di sicurezza, le andò a finire contro.
- Ora sì che ti ho fatto qualcosa, scusami – mormorò un po' imbarazzato e lei prima di voltarsi, per un solo istante, sorrise involontariamente della sua goffaggine.
- E' tutto il giorno che cerco un appartamento e la migliore offerta è stata quella di una tizia che vive con una decina di gatti in un bilocale di 50 mq. E poi la mia coinquilina mi ha dato una lista chilometrica di schifezze da comprare che non so neanche come porterò a casa e l'unica cosa che volevo era quella dannata stecca di cioccolata Milka agli Oreo che tu mi hai soffiato sotto agli occhi. Ora, se non ti dispiace vorrei tornarmene a casa per annegare i miei dispiaceri in una puntata di The Big Bang Theory – disse tutto d'un fiato.
Harry Styles la fissò per qualche istante e poi alzò le mani in segno di resa trattenendo un sorriso che a Daphne non sfuggì. - Come ti chiami? - le chiese proprio quando lei si voltò alzando gli occhi al cielo per poi mettere velocemente sul nastro i suoi acquisti. - Voglio solo sapere come ti chiami, non ti rivolgerò più la parola, giuro -
La ragazza si sistemò i capelli castani dietro le orecchie e tirò fuori il portafoglio dalla borsa per pagare il conto, imbustò velocemente la sua spesa e si avviò verso l'uscita.
- Daphne – disse fermandosi un istante davanti alle porte scorrevoli – Mi chiamo Daphne -
Solo mezz'ora dopo, tempo durante il quale non aveva fatto altro che sbuffare e ripensare a quello strano incontro al supermercato, il cellulare iniziò a vibrarle nella tasca dei suoi skinny jeans.
- Pronto? -
- Daphne? Ho sentito il tuo messaggio in segreteria per l'appartamento a Brixton -
- Oh sì, grazie per avermi richiamata. Quando posso venire a vederla? -
- Anche adesso - Daphne si affrettò ad accettare, la voce di quella ragazza le sembrava rassicurante e soprattutto la più normale che avesse sentito per telefono quel giorno.
- Allora ci vediamo alla fermata della metro di Brixton. Ah, io sono Gemma -


 

Seduti sui gradini di una vecchia palazzina dalle mura ricoperte di murales nel cuore di Shoreditch, Penelope tirò fuori da una busta di plastica due bottiglie di vodka, comprate poco prima in un piccolo supermercato aperto ventiquattro ore su ventiquattro - Ok, l’alcol c’è - esordì e Louis scosse la testa ridendo - Due bottiglie? -
- Tomlinson, ho fatto parecchie cose nella mia vita e berrò sicuramente molto più di te -
- Ah ma davvero? -
- Già - mormorò accennando appena un sorriso.
Louis Tomlinson prese tra le mani una delle due bottiglie e ne svitò il tappo. L’odore pungente dell’alcol gli fece storcere il naso ma un secondo dopo posò le sue labbra sulla bottiglia, prendendo un veloce sorso di vodka - Ok, possiamo cominciare - mormorò scuotendo la testa, con gli occhi azzurri chiusi e con l’alcol che gli bruciava nello stomaco.
- Comincia tu - gli concesse Penny, aprendo la sua bottiglia e toccando quella di Louis in un brindisi.
- Uhm, vediamo - il ragazzo si accarezzò il mento ricoperto di barba con la punta delle dita e puntando il suo sguardo al cielo - Non ho mai baciato un uomo - e rivolse poi un sorriso alla ragazza.
- Troppo facile questa, Tomlinson - affermò Penny prendendo un sorso della sua vodka, poiché lei un uomo lo aveva baciato, e poi allargò le sue labbra in un ghigno - Non ho mai baciato una donna -
- Anche questa è facile - ribatté Louis che bevve la sua vodka e spalancò gli occhi con stupore quando anche Penelope fece lo stesso - È stato solo una volta e per provare! -
- E ti è piaciuto? -
- Non si fanno domande fuori dal gioco - lo ammonì lei.
- Diavolo, avrei voluto vederlo -.
Penelope scoppiò a ridere, buttando indietro la testa e facendo oscillare i suoi lunghi capelli rossicci, accompagnata dalla risata squillante di Louis - Sei un idiota! - affermò poco dopo la ragazza, giocherellando col collo della bottiglia.
- Adesso tocca a me - Louis ci pensò un po’ su per poi uscirsene con: - Non ho mai fatto sesso nei sedili posteriori di una macchina - il tutto accompagnato da uno sguardo malizioso.
Penelope sorrise appena contro l’apertura della bottiglia prima di prendere un veloce sorso di vodka.
E poi fu il turno della ragazza - Non ho mai fatto sesso in un parco alle prime luci dell’alba - le cui parole furono seguite da una bevuta del ragazzo e da uno sguardo incredulo di Penny che disse: - Non me lo sarei mai aspettato da te -.
Lui si limitò a dipingersi sul volto un’espressione intrigante e maliziosa per poi mormorare - Non ho mai fatto sesso in spiaggia - e la ragazza scosse la testa, con espressione dispiaciuta. Neanche lei lo aveva mai fatto - Dobbiamo rimediare - sussurrò il ragazzo ridacchiando per poi darle la parola con un cenno della mano.
Penelope ci pensò su, cercando un argomento lontano dalla sfera sessuale, perché, forse per colpa all’alcol, trovava Louis Tomlinson più affascinante e sensuale che mai e avrebbe tanto voluto sentire quelle mani sul suo corpo, quelle stesse mani che lui aveva portato ai capelli per tirarli leggermente indietro, rivelando ancora di più i suoi occhi blu come quel cielo notturno che li sovrastava. Si schiarì la voce a disagio e poi - Non ho mai mentito alle persone a me più care -.
La ragazza notò la mascella di Louis irrigidirsi e i suoi occhi, dapprima tanto belli e luminosi, si velarono d’improvvisa malinconia, la stessa che aveva potuto notare al matrimonio, accentuata ancora di più da un’espressione corrucciata e dalla fronte aggrottata. E poi lui chiuse gli occhi e bevve la sua vodka.
- Non ho mai fatto sesso a tre - esordì a mezza voce lui, sforzandosi di sorridere.
E Penelope si morse le labbra mentre lo guardava incerta. Poi, senza pensarci, prese un lungo sorso di vodka dalla sua bottiglia e Louis scoppiò a ridere di nuovo, questa volta lentamente. La sua risata gli sembrò graffiante, sensuale, terribilmente mascolina e Penelope incolpò di nuovo l’alcol per quei pensieri che cominciavano ad affollarle la mente.
- Eravate due donne e un uomo o due uomini e una donna? - chiese Louis, con la stessa espressione di un bambino che all’età di tre anni chiede costantemente “perché?” per ogni cosa.
La ragazza arrossì violentemente e nascose il viso tra le mani - Non ti interessa - e poi Louis la strinse le dita attorno ai polsi, costringendola a scoprire il suo viso. Improvvisamente si ritrovarono uno di fronte all’altra e Penelope riusciva a sentire il profumo di Louis e il suo respiro che le accarezzava la pelle.
- Tranquilla, non voglio saperlo - e le rivolse un sorriso dolce, abbellito ancora di più da quei due occhi che sembravano luccicare alla luce dei lampioni. E lentamente abbassarono le mani, quelle di Penelope ancora strette a quelle di Louis.
- Non ho mai fatto un viaggio intercontinentale -.
E Louis bevve la sua vodka e poi, con voce roca e bassa affermò: - Non ho mai detto ti amo senza pensarlo veramente -.
Penny sentì la pelle imperlata di brividi quando lui prese ad accarezzarle lentamente la mano con il pollice e con la mano libera prese la bottiglia e bevve, imitata da Louis. - Non ho mai detto ti amo - e quella volta fu solo il ragazzo a bere mentre lei lo osservava in silenzio, con serietà. Penelope, ti amo, non lo aveva mai detto a nessuno.
- Non ho mai tradito - sussurrò il ragazzo, fissandolo intensamente negli occhi, ed entrambi rimasero immobili, senza mai interrompere il contatto tra i loro occhi.
Poi una delle bottiglie cadde per terra, spargendo tutto il suo contenuto sul marciapiede, e l’altra bottiglia venne malamente riposta sui gradini, e le labbra di Louis si poggiarono fameliche su quelle di Penelope, che addossata alla parete si stringeva al corpo del ragazzo. E le labbra calde di Louis baciarono le sue, la sua lingua si intrufolò nella bocca di Penelope, le mani si posarono prepotentemente sul suo corpo, e la sua barba le pizzicò la pelle. E non si curarono delle poche persone che, in quella strana notte, gli passarono accanto, sorridendo per quello che poteva considerarsi un bacio appassionato scambiato tra due innamorati ai piedi di un murales, che ritraeva due persone che facevano l’amore su uno sfondo blu e di fuochi d’artificio.
E poi - Resta con me, stanotte - mormorò Louis sulle labbra ancora rosse di Penelope, immergendo i suoi occhi blu in quelli di lei che, invece, avevano i colori caldi delle foglie d’autunno.
Lei, col respiro ancora pesante, e con le mani intrecciate ai capelli di Louis, chiuse gli occhi e scosse la testa - Non posso - e poi guardò l’orario sul piccolo orologio dal cinturino nero - Devo andare -.
Penelope si alzò, districandosi dall’intreccio che la legava a Louis, e iniziò ad incamminarsi lungo il marciapiede, come una Cenerentola che sta scappando perché sa che a mezzanotte l’incantesimo finirà. Solo che mezzanotte era già passata da un bel pezzo e lei non aveva nessuna scarpetta di cristallo.
- Penelope, dove vai? -.
La ragazza non rispose e si fermò sul ciglio della strada per chiamare un taxi che stava passando proprio di lì - Vado a casa - borbottò dopo, togliendosi la giacca di Louis, che ancora teneva sulle spalle.
- Perché stai facendo così? Ho fatto qualcosa di male? Pensavo lo volessi anche tu -
- Hai pensato bene, ma non posso -
- Hai un fidanzato? -
- No -
- E allora perché? - sbottò il cantante, prendendole la mano sinistra nella sua, mentre il taxi accostava sul ciglio della strada.
- Perché così rovineremmo solo questa bellissima serata. Se salgo su quel taxi, per te resterò sempre la strampalata ragazza che a un matrimonio ha dato una ginocchiata ad un tizio solo per amore della sua migliore amica, e tu per me sarai sempre la tormentata ed intoccabile popstar con due occhi splendidi che nascondono tanti segreti. Non roviniamo quest’idea che ci siamo fatti. Non vorrei che rimanessi deluso dalla verità - e poi lei aprì la portiera del taxi ma Louis non le lasciò la mano, decidendo invece di tirarla a sé per baciarla di nuovo - Resta con me - le sussurrò ancora una volta, con la voce smorzata dal respiro accelerato e poi la baciò di nuovo.
Qualche minuto dopo si ritrovarono entrambi nella macchina di Louis che guidava in silenzio nella notte londinese, verso il quartiere di Chelsea. Quando salirono nell’appartamento del ragazzo, Penelope si guardò attorno mentre lui accendeva le luci del salone, arredato con uno stampo moderno. E poi lui le si avvicinò - Vuoi qualcosa da bere? -. La ragazza si voltò appena e, senza dire nulla, gli buttò le braccia al collo e lo baciò. Louis non si trattenne dal ricambiare quel bacio, approfondendolo sempre più, mentre le toglieva la giacca dalle spalle, lasciandola cadere per terra. E Penelope trattenne il respiro quando sentì le dita del ragazzo slacciarle la cerniera del vestito, scoprendo centimetro per centimetro la pelle della sua schiena, mentre con le labbra tracciava una linea infuocata di baci sul collo. Lei prese a sbottonargli la camicia bianca, fino a scoprire il tatuaggio sul petto che riportava la scritta “It is what it is” e vi passò su le dita, tracciando il profilo di ogni lettera che solcava la pelle di Louis. E poi lui, con estrema lentezza, le abbassò il vestito. Penelope restò solo con il suo completino intimo nero sotto gli occhi del cantante che si leccò le labbra prima di baciarla di nuovo, facendo correre le dita lungo i suoi fianchi, fino a stringerle il sedere e sollevarla da terra. La ragazza intrecciò le gambe al corpo di Louis e lasciò che lui la trasportasse attraverso un lungo corridoio fino all’ultima stanza che si rivelò essere la camera da letto di Louis.
E così la strampalata ragazza che a un matrimonio aveva dato una ginocchiata ad un tizio solo per amore della sua migliore amica passò la notte con la tormentata ed intoccabile popstar con due occhi splendidi che nascondono tanti segreti, senza sapere che presto si sarebbero spogliati insieme di quelle maschere distorte che indossavano ogni giorno. 



Spazio Autore:
Ciao a tutti! Siamo tornate con una nuova storia (e stiamo cercando di mettere su il sequel di You only live once, non temete non lo abbiamo scordato) :D
Insomma speriamo vi piaccia questo primo capitolo, in tal caso fatecelo sapere ;D

Fra&Vale

  
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