Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-Gi-Oh! ZEXAL
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Autore: feli_007    17/08/2014    7 recensioni
//”Tu sei speciale, tesoro. Sei nato così per poter ascoltare meglio tutte le frasi del mondo, tutti i racconti senza voce nascosti nelle piante e nei pesci, sulla sabbia o sugli alberi”//
Un ragazzo dal cuore di pietra ritorna ad Heartland, dopo aver passato anni e anni lontano da quella città che, secondo lui, malediceva la sua vita. Accompagnato solo da dolorosi ricordi, inizia a vivere come un normalissimo ragazzo, diventando amico di un ragazzino strampalato di nome Yuma Tskumo. Tuttavia, la sua vita non è mai facile: un incubo (o forse un sogno…?) lo perseguita e continua a rimbombargli nella mente e, soprattutto, nel cuore. Un’oscura figura che occupa la mente del sedicenne, affossando in lui i ricordi e l’intera sua esistenza.
Genere: Azione, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Yuma/Yuma
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Yuma continuava a camminare, con il cuore in gola e il sudore che gli colava per la fronte. Era troppo buio, intorno a lui, e le ombre minacciose degli alberi non lo rassicuravano affatto. La telecamera che stringeva nella mano sinistra, ogni tanto mandava interferenze.
Aveva sempre più paura, non sapeva qual era l’uscita di quella dannata foresta e le gambe si facevano sempre più tremanti ad ogni passo: si sentiva perseguitato. Sapeva che qualcuno lo osservava e stava impazzendo.
Avrebbe voluto mettersi a piangere, come un bambino piccolo. Non sapeva più che fare, si sentiva soppresso. Non aveva neanche il coraggio di urlare e chiedere aiuto. Forse perché, dopotutto, sapeva che non sarebbe servito a qualcosa: non si poteva fuggire.
Ogni secondo che passava, gli sembrava che la luce della sua torcia divenisse sempre più fioca. Si avvicinò ad un albero. Una pagina bianca, stropicciata, era attaccata alla corteccia.

‘Can’t run’
“No…io posso ancora correre.” Pensò Yuma, stringendo più forte la presa sulla torcia. Continuò a camminare, guardandosi intorno con circospezione. Sia mai gli fosse sbucato qualcosa di orribile davanti agli occhi cremisi. L’ambiente sembrò farsi più cupo.
Aveva la gola secca. Ed era accaldato. Fece un paio di passi in avanti, quando un’interferenza lo fece sussultare. Iniziò a correre, senza sapere neanche dove stava andando, tanto era preso dal panico. Si fermò soltanto quando fu immerso nel silenzio, poggiando placidamente la schiena contro un albero, riprendendo fiato. Si sporcò la maglia di resina, ma non gli importava: voleva solo scappare da quel bosco così tetro. O magari svegliarsi da quell’incubo.
Qualcosa di leggero cadde ai suoi piedi. Si chinò lentamente, sempre sospettoso. Scostò diverse foglie brune, per poi raccogliere un foglio. Su un lato era bianco, sull’altro era scribacchiata una frase.
'Leave me alone'
“No, non voglio stare qui da solo…” Si disse mentalmente Yuma. Ricominciò a camminare, stavolta a passo più svelto. Le braccia, così come le gambe, si facevano sempre più deboli e tremanti. Se per la stanchezza o lo spavento, non si capiva.
Quanta strada aveva percorso? Non ne aveva idea. Ma suppose tanta.
Una seconda interferenza, questa più lunga, gli fece fare un salto per la paura. –N-no…no!- balbettò, ormai bianco in volto. –NO!- Strillò, portandosi le mani agli occhi, tentando vanamente di non guardare ciò che gli era comparso davanti…
Un uomo alto, troppo alto per essere umano, vestito in nero. Giacca e cravatta impeccabili. Le gambe e le braccia sproporzionatamente lunghe. Ed il volto…non c’era alcun volto. Solo una pallida e orribile faccia, senza bocca, occhi e naso...

HAI PERSO

 

-No, dannazione!- esclamò Yuma, infastidito, togliendosi le cuffie. Le lanciò distrattamente sulla sua amaca, senza preoccuparsi di romperle o altro.  –Avevo preso due pagine, non è giusto!- gridò, guardando arrabbiato lo schermo nero del pc, su cui campeggiava la scritta bianca “Hai perso”
-Ma perché ho ascoltato Elanna quando mi ha consigliato questo gioco horror?!- si chiese ad alta voce, mentre chiudeva ‘Slender Anxiety’ e si portava le mani ai capelli, disperato. –Avrò gli incubi, stanotte!- aggiunse, incrociando le braccia al petto.
Ma cosa diamine stava pensando quando aveva deciso di giocare ad un gioco di quella portata? (Nda: prova Outlast o Ju-On: The Grudge e poi ne riparliamo, Yuma -.-)
Astral comparve al suo fianco, guardandolo serio come sempre, ma con un pizzico di curiosità negli occhi dorati. Le gambe incrociate, il gomito poggiato su un ginocchio e la testa pigramente posata sulle nocche della mano destra.
-Cosa ti sta succedendo, Yuma?- domandò, mentre guardava l’umano agitarsi.
-Cosa succede? Succede che è la quinta volta che faccio una partita a ‘Slender Anxiety’ ma arrivo sempre a due pagine prima che Slenderman mi prenda!- rispose Yuma, alzando le braccia al cielo e scuotendole in aria. Lo spirito astrale non aveva ben capito di cosa il ragazzino stesse parlando.
-Cos’è Slenderman?- chiese, fissando serio lo schermo nero del pc. Yuma puntò i suoi occhi su Astral.
-È un tizio molto alto, molto brutto e molto cattivo che vuole ammazzarmi.- spiegò frettolosamente, agitando una mano, come per liquidare la faccenda.
-Elanna mi aveva detto che a lei quel gioco era piaciuto tanto…così ho deciso di provarci.- aggiunse l’umano, stiracchiandosi un po’.
Astral continuava a non capire granché di quello…Slenderman. Ma se era veramente come gliel’aveva descritto Yuma, forse doveva preoccuparsi.
-E può essere un pericolo per noi?- si azzardò a chiedere lo spirito astrale. L’altro lo guardò per qualche secondo, con dipinta sul volto un’espressione perplessa. Dopo diversi attimi di silenzio, la fragorosa risata di Yuma si diffuse nella piccola stanza.
-Ma…ma cosa dici?!- riuscì a dire, tra le risate, asciugandosi una lacrimuccia dagli occhi. –Slender non esiste!  È soltanto il personaggio di un videogioco, non è una persona reale!- esclamò.
Yuma saltò in piedi, dondolandosi un po’ sui talloni, per poi riprendere le cuffie nere che aveva malamente poggiato sull’amaca. Se le rigirò tra le mani, fissandole con interesse, per poi puntare i suoi occhi sulla luna. Era quasi impossibile da vedere, sottile com’era, ma anche se nascosta da una nuvola grigiastra, ne si riconosceva il pallido bagliore. Anche le stelle, quella sera meno visibili del solito, emettevano una fioca luce chiara. Non si era mai concentrato più di tanto sul cielo notturno, forse perché in una città luminosa come Heartland era raro vedere qualcosa di interessante. Ed il venticello fresco che entrava dalla finestra aperta, scompigliando lievemente i capelli mori del ragazzino, rendeva quella serata molto più bella. Yuma si fece appunto, mentalmente, di chiudere bene quella finestra, nel caso qualche Slender di passaggio decidesse di ucciderlo nel sonno. Si rigirò tra le mani la chiave dell’imperatore, guardandola sottecchi. Poggiò i gomiti sul davanzale, per poi posare il capo sulle nocche. Sospirò pensieroso.
Una voce lo fece ritornare alla realtà.
-Lo sai, Yuma, che esiste una teoria, chiamata della Tulpa, secondo la quale se tante persone credono in una sola cosa, quella cosa esiste veramente? Per quanto è ormai conosciuto lo Slenderman…dubito sia ancora una fantasia.-
Quella voce calda, pacata, che però metteva i brividi, non era certamente di Astral. Ma di sicuro il tono di voce apparteneva a qualcuno che Yuma ben conosceva. Alzò gli occhi cremisi, per perdersi nelle iridi verde smeraldo di un sedicenne.
L’ultima persona che avrebbe immaginato di vedere a casa sua, era proprio quella che aveva davanti.
In piedi, sul davanzale della finestra, con le mani incrociate dietro la schiena, gli occhi puntati in quelli di Yuma e il busto chino, c’era il soggetto dei continui pensieri negativi di Astral. Quest’ultimo, non sembrava molto sorpreso della comparsa di quel misterioso ragazzo.
-…Luxor? Che ci fai in camera mia?-
Un sorrisino malizioso si formò sul volto del sedicenne.
Non rispose. Non a Yuma, perlomeno.

-Ciao, Astral.-  Salutò Luxor.

 

                                                                                                                                  ***
Mirko non sembrava felice del nuovo arrivato. Non che prima fosse più contento, ma Ike gli dava sui nervi. Forse era per la parlata da balbuziente, forse era per la faccia di qualcuno che sembrava sopravvissuto alla Terza Guerra Mondiale, o forse perché aveva avuto al suo fianco Elanna per molto tempo. Troppo tempo. Probabilmente era l’ultima. La sua vista non poteva sopportare un qualsiasi ragazzo che non fosse lui, vicino ad Elanna. Così come il suo cervello non poteva accettare l’idea che i due fossero rimasti da soli più tempo del necessario.
Ed ora, vedendo Ike steso sul divano in pietose condizioni, doveva sforzarsi di non sorridere. E, almeno per lui, la cosa era piuttosto complicata: non era il suo forte mascherare le sue emozioni. Si costrinse a voltarsi di spalle, pur di non farsi vedere ridacchiare. Doveva anche ricordarsi di non dire che era stato lui a ipnotizzare quella fioraia, Kiki, in modo che lo sconfiggesse a duello. Anche se non aveva idea di chi fosse quella bionda che gliel’aveva chiesto. Ma vabbè: ciò che era stato fatto, era stato fatto, non si poteva tornare indietro.
Nonostante questo, Mirko dovette ammettere che, come infermiera, Elanna se la doveva cavare piuttosto bene: appena ritornata sulla terra, si era prodigata subito nel curare al meglio le ferite di Ike. Precedentemente, si era limitata solo a fermare la fuoriuscita eccessiva di sangue.
E mentre la ragazza disinfettava i tagli, Mirko si era voltato per osservare al meglio il suo lavoro. Lei lanciò un’occhiata alle sue spalle: il gesto furtivo la ritardò soltanto di un attimo mentre bendava la mano sinistra del ragazzo ferito.
Con quell’espressione seria, gli occhi azzurri gelidi come il ghiaccio e lo sguardo altezzoso, Elanna quasi non l’aveva scambiato per Mizael.
L’unica cosa che stonava era la maglia nera che il mezzo bariano indossava. Una freccia bianca disegnata vicino alla scollatura, indicava il viso di Mirko, con su scritto:
A Man
Un’altra freccia bianca, questa vicina all’orlo inferiore della t-shirt, indicava il cavallo dei pantaloni, con su scritto:
A Legend
Elanna roteò gli occhi. “Maschi: tutti uguali” pensò, mentre si rialzava. Era rimasta inginocchiata per quasi mezz’ora, pur di aiutare Ike.
-Finito.- disse, sorridendo, mentre si stiracchiava leggermente. Si sentiva tutta anchilosata. Anche se leggermente, il ragazzo dai capelli argentei aveva ricambiato il sorriso, sincero. –…G-g-grazie…- mormorò. Tentò di allungare una mano, per sfiorare quella della corvina, ma l’aveva ripoggiata immediatamente sul divanetto su cui era steso, mentre il viso si contraeva in una smorfia di dolore.
-Non fare movimenti azzardati.- lo avvisò Elanna, poggiandogli una mano sulla fronte, scostandogli un paio di ciocche grigie. Mirko, dietro i due, non era riuscito a trattenere uno sbuffo infastidito. La ragazza gli aveva lanciato un’occhiataccia, a cui il biondo aveva risposto prontamente, ma Ike sembrò non accorgersi degli sguardi tra i due.
O forse aveva preferito non badarci.
Elanna gli porse un bicchiere d’acqua fresca.
-Cosa ti è successo, per ridurti così?- domandò, preoccupata. Lui afferrò lentamente il bicchiere di plastica che gli era stato dato, bevendo, finalmente, dopo giorni che aveva passato a morire di sete. Dopo aver bevuto quel goccio, ed essersi inumidito le labbra, aveva risposto.
-La…la m-mia…ragazza. L-lei…ha v-vend-duto la…mia…a-anima.- balbettò. Ma non era stupido: sapeva che si capiva ben poco delle sue parole. Tentò di alzarsi, ma Elanna lo bloccò prontamente.
-Non muoverti: dimmi solo cosa vuoi e io ti aiuterò.- disse. Ike annuì.
“È gentile…con un completo sconosciuto.” Pensò, mentre chiedeva alla giovane bariana una matita ed un block notes. Lei corse in camera sua, per prendere quanto le era stato chiesto. Mirko e Ike rimasero da soli. Evitarono di guardarsi, almeno per diversi secondi. Il mezzo bariano aveva ben capito che, come lui non sopportava la presenza di quel ragazzo, l’altro provava la stessa identica cosa nei suoi confronti. Anche se l’espressione ingenua e la tristezza che trapelava dalle iridi viola, faceva pensare ad un ragazzino innocuo e incapace di provare sentimenti negativi. Come, Elanna più o meno. Ma Mirko aveva imparato a riconoscere le maschere che portavano gli altri per nascondere il proprio carattere. E riusciva a vedere un lato oscuro e tremendamente pericoloso in Ike, nonostante questo fosse molto bravo a nascondere i suoi sentimenti. Ogni tanto, vedeva uno strano luccichio negli occhi violetti. Odio? Rancore? Rabbia? Forse tutti questi tre sentimenti messi assieme?
Il biondo emise un sospiro, guardando il bracciale bariano che cingeva il polso del ragazzo steso sul divano.
-M-Mizael…?- ruppe il silenzio Ike, puntando gli occhi su Mirko.
 Quest’ultimo dovette sbattere le palpebre un paio di volte, prima di rendersi conto che era stato chiamato come quel superbo imperatore che gli aveva dato dell’aborto mancato. Non che non lo sapesse, solo gliel’avevano ripetuto così tante volte che, era ovvio, gli stavano girando le palle a sentirselo dire da ogni bariano puro che incontrava.
-...Mirko…- si limitò a correggerlo, evitando di afferrarlo per la collottola e sbatterlo ripetutamente al muro, fino a rompergli l’osso del collo. Anche se, forse, non era necessario. Chissà chi lo aveva ridotto in quelle condizioni…
Ike si coprì fino al naso con la coperta di Hello Kitty che gli aveva dato Elanna, lasciano intravedere solo i due occhi color ametista. Il mezzo bariano lo trovo buffo, avvolto in quelle coperte rosa confetto al profumo di rosa, piene di cuori e di stelline.
-S-scu…sa. Solo…mi r-ricordi…il…mio m-maestro.-
“Maestro?” Ripeté, confuso, nella sua mente Mirko. Ah.
Mizael quindi lo aveva istruito nell’arte del duellare? Probabilmente.
-Non lo nominare più.- lo avvisò il biondo ma, quando ricevette uno sguardo vacuo come risposta, aggiunse: –Mi fa girare le palle.-
Si aspettava che Ike utilizzasse le sue ultime deboli forse per ammazzarlo/pestarlo o qualsiasi altra cosa…
-…A-anche a me…o-ogni tan-to…- disse, sorridendo appena.
“Sta guadagnando qualche punto a suo favore, per questo” pensò Mirko, ricambiando il sorriso.
-Credo che, almeno su questo, andremo d’accordo.-
I due si fissarono qualche altro secondo, prima che una qualche bariana a caso piombasse in salotto, con un taccuino in pelle nera ed una matita in mano, quasi inciampando sui suoi stessi piedi e nel tappeto colorato a terra.
-Tadaaah!- esclamò Elanna, contenta in viso, porgendo i due oggetti al bariano disteso sul divanetto.
-…g-grazie…- fece educatamente, prendendo con la mano destra il Bloch notes e con la sinistra la matita. Iniziò a scribacchiare lentamente su uno dei fogli bianchi. Disegnò del duello contro Zelda davanti al tempio dedicato a Don Thousand, di come avesse perso e di come si fosse inabissato in mare in compagnia dello stesso luogo di culto in cui aveva combattuto. E, soprattutto, disegnò quando il Dio Bariano gli avesse dolorosamente strappato l’anima, lasciandolo poi morire lentamente.
Anche se il verbo ‘disegnare’ non era il più corretto. Ike non era mai stato un asso in arte. E i suoi schizzi lasciavano lievemente a desiderare…erano decisamente un disegno da bambino di seconda elementare.

Mirko ed Elanna fissarono perplessi il foglio, tentando di capire cosa ci fosse disegnato. Ah, e ‘disegnato’, per modo di dire.
-…è un duello, giusto?- si azzardò ad affermare Mirko, sbattendo un paio di volte le palpebre. Ike annuì, per poi indicare con la matita uno dei due personaggi, quello sulla sinistra, che per la lunghezza dei capelli si poteva supporre fosse una ragazza.
-Zelda.-  disse fermamente il bariano. Era riuscito a pronunciare perfettamente quel nome, a differenza di tutte le altre parole precedentemente pronunciate, ma con una punta di freddezza nella voce. Quella Zelda non doveva essere propriamente una brava persona, supposero gli altri due.
-Se non erro...- iniziò Mirko. –Nella tradizione cristiana, il nome di Zelda apparteneva alla figlia di Satana.- non che fosse un grande credente, ma sua madre era una cattolica ferrata, di quelle che ogni mattina recitavano il rosario, quindi qualcosa gli era rimasto impresso.
Elanna sembrò risvegliarsi da una trance.
-Zelda? Majora’Mask? Benjamin Drowned!- esclamò tutto d’un fiato, mentre Mirko le dava uno spintone.
-Pianatala di pensare alle Creepypasta, e aiutami a capire chi è questa Zelda.-
Ike girò pagina, per poter disegnare un grande cuore. Almeno quello, gli era venuto bene.
-Aaaah.- fece Elanna. -È la tua ragazza!-
Il bariano tagliò, con una linea diagonale, il cuore a metà, scuotendo la testa.
-Mmh. Direi ex-ragazza.- la corresse Mirko. –Poverino.- aggiunse.
Anche se mestamente, Ike si ritrovò ad annuire. Cambiò nuovamente pagina, lasciando frusciare tra le dita i candidi fogli di carta. Riprese a muovere la matita sul bianco del foglio, per poi mostrare un altro capolavoro.

“Quella risata malefica è un tocco di classe” pensò Elanna, ridacchiando, ma nascondendo la risatina dietro la mano sinistra.
-…Quindi…- iniziò a formulare una frase Mirko, pur non sapendo bene cosa dire. -…Hai perso, sei caduto in mare e quella specie di tempio là dietro…è caduto con te?- domandò confuso, grattandosi la testa con il dito indice della mano destra. Ike annuì.
-Ma certo! È il tempio sottomarino dove ti ho trovato.- s’illuminò improvvisamente la corvina, battendo le mani tra loro.
-Quindi l’hai visto per davvero il tempio.- notò Mirko.
-Certo che l’ho visto davvero! Non sono mica pazza!-
-Su questo avrei dei dubbi…-
-Idiota.-
I due ottennero, come risposta, un’occhiataccia di Ike. Entrambi si zittirono immediatamente. Cambiò ancora foglio, disegnando un ultimo aneddoto di quanto gli fosse successo. Questa volta, sia Elanna che Mirko, impiegarono un po’ a capire cosa fosse rappresentato.

-Ehm…- biascicò Elanna, Non capiva seriamente cosa fosse quel…coso.
Non ne aveva la minima idea.
-Cosa sarebbe?- chiese. Ike sospirò, come se già sapesse che sarebbe stato difficile da capire cosa avesse scarabocchiato. Indicò quella specie di mostro orribile con le corna da cervo e la chiave dell’imperatore di Yuma attaccata alla gonna…
“Ehy, aspetta un attimo!” pensò Elanna. “Ma quello sembra davvero il ciondolo di Yuma! Stilizzato, ma è pur sempre quello!”
-La chiave dell’imperatore!- esclamò, indicandola col dito. Mirko aggrottò le sopracciglia bionde, confuso.
-Ely, di cosa parli?- chiese, guardandola stranito.
-Quella è la chiave dell’imperatore! Il ciondolo di Yuma, insomma!-
-Chi è Yuma?-
-Te ne ho parlato, qualche volta.- spiegò la corvina. –Ma evidentemente tu non ricordi molto bene.-
Ike si prese un’altra pagina per disegnare. O meglio, stavolta per scrivere:
Yuma Tsukumo
Le lettere che componevano nome e cognome di quel ragazzino, erano chiare e limpide. Facilmente leggibili.
-Si, proprio lui.- confermò Elanna. Strappò il taccuino dalle mani di Ike, attenta a non sfiorare le ferite di quest’ultimo, e cerchiò con il dito quella specie di mostro disegnato sulla carta.
-Questo…coso…io l’ho già visto. Cioè…- lanciò un’occhiata imbarazzata in direzione del bariano, che intanto si era seduto sul divanetto a gambe incrociate.
-…Era fatto un po’ meglio, ma era comunque un tizio brutto e con un pessimo gusto di vestire. C’era un suo disegno all’interno del tempio in cui ti ho trovato. Vero, Ike?-
Questo annuì, riprendendo il Block notes tra le mani.
Mirko lanciò un altro rapido sguardo allo schizzo.
-Effettivamente…adesso che ci penso, mi ricorda molto Don Thousand. Solo un pochino più brutto. E poi gli mancano le braccia. Diciamo che non hai un futuro come disegnatore. -  Diede una lieve pacca sulla spalla di Ike, stando però attento a non beccare il punto cui era stato fasciato.
-Don Thousand? Ah, si. Mirko, mi avevi detto che me ne avresti parlato, prima o poi.-
Il mezzo bariano tirò un lungo sospiro.
-…Si. L’avevo detto. In poche parole: è un dio. Ma è stato sigillato in una gabbia moltissimi anni fa.-
-D-dagli…Astrali.- aggiunse Ike.
Mirko annuì.
-Si, esatto. Don Thousand fu imprigionato dagli astrali, una specie aliena che si può considerare l’esatto opposta di quella bariana. Ma Don Thousand, prima di venire rilegato in quella che è attualmente la sua prigione…-
-La…maledizione.- intervenne il bariano, ricevendo una risposta affermativa da parte di Mirko.
-La stessa che mi raccontava mia madre da piccola. Quella dei due innamorati e dei guardiani…Ma lei diceva che era stato un oracolo a pronunciarla, non lo stesso dio. E che era una profezia, non una maledizione.- disse Elanna.
Ike intervenne immediatamente: -L’oracolo…era…mia m-madre. Don Thousand…comunica-va…attraverso di lei…fino a quando…n-non è…morta. E quando un…oracolo muore…vuol dire che la profezia…si sta per…avverare. Solo che…si deve essere reso conto…che dalla sua prigione…le maledizione funzionavano al…c-contrario.-
-Ciò significa che la profezia che conosciamo noi, è i realtà il contrario della maledizione. I due guardiani dovrebbero morire, così come il terzo eroe e…la coppia che doveva riunirsi non avrebbe dovuto farlo, così come i due fratelli separati. Motivo per cui Zelda ti aveva fatto…ehm…ti aveva gettato in mare.-
-Però.- commentò Mirko, guardando Ike–Stai riacquisendo la facoltà del parlare.-
Il bariano non badò alla frase pronunciata dal biondo.
-Quindi: tu e questa fantomatica Zelda dovreste essere i neo promessi sposi.- riassunse Elanna. Ike annuì, per poi aggiungere:
-…S-sarà difficile…Don Thousand…mi ha…rubato…l’anima.-
La reazione di Mirko e di Elanna fu quasi la stessa: sgranarono gli occhi, mentre lei copriva la bocca con entrambe le mani. Fecero per parlare, ma un voce femminile interruppe qualsiasi loro frase.
-Ma sei immortale, o cosa? Pensavo di averti tolto di mezzo!- Mirko ed Elanna si girarono contemporaneamente, per avere davanti agli occhi una ragazza bionda dagli occhi eterocromi: uno turchese-azzurro, l’altro grigio. Entrambi sembravano emettere lampi. Ike non ebbe bisogno di voltasi per riconoscere quella voce
-Vai…via.- mormorò il bariano, stringendo i denti.
Zelda fece una smorfia indispettita. –Mi cacci così, tesoro?-
-S-scusa…- fece in finto tono dispiaciuto. -…Se vuoi che io ti mani a fanculo direttamente, devi semplicemente chiedere!-
Suonava come il ringhio di un cane. E gli occhi viola erano carichi di odio e rancore. Anche se per una sola frase…Ike sembrò essere riuscito a tornare a parlare normalmente.
-Tsk.- Zelda si limitò a sbuffare. Elanna, intanto, non era riuscita a star
In silenzio davanti a quella scena. Si era avvicinata alla bariana dai biondi capelli, per prenderla dalla maglia bianca che indossava.
-Senti, non so tu chi ti credi di essere, ma non entri in casa mia come se niente fosse e ti permetti di fare la stronzetta come ti pare e piacere. Tu non hai capito proprio niente se pensi di comandare le persone a bacchetta. E se così non t’ingozza, possiamo vedercela anche io e te in duello!-
Mirko e Ike avevano fissato con interesse fino a quel momento, quando il primo aveva esclamato: -Duello al femminile? Ci sto!-
Manco fosse lui a duellare.
-N-no…Elanna…lascia perdere.- balbettò invece Ike.
Ma era troppo tardi: la sfida ormai era stata lanciata.
-Accetto.- disse Zelda. –Iniziamo subito.-
-Quando vuoi, stronzetta-

 


Angolo in cui DarkFeli e Benjamin Drowned mi prendono per il culo:
O.o
DarkFeli: O.o
Ben: O.o
Ho aggiornato subito…non è fottutamente possibile.
DarkFeli: infatti. È un sogno, vero?
Ben: questo è il mio capitolo preferito. Ma solo perché vengo citato.
Grazie, Ben. Ti voglio bene anche io.
Coooomunque. Tipo: qualche giorno fa sono andata rileggermi la Creepypasta di Homicidial Liu (il fratello maggiore di Jeff The Killer) e ho pensato: “Cazzo! Ma Liu è identico a Luxor!- e ho pensato…e se usassi Liu come presta volto?
Liu: giuro…che se lo fai ti mando in casa mio fratello.
Come potete vedere, lui è perfettamente d’accordo, quindi…Vai Luxor/Liu!

 
  
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