Questa storia si è classificata
prima al contest “Arsenico e altri rimedi - il lato
oscuro dell'amore” indetto
da Liberty_ Fede.
Ha inoltre vinto il Premio Best Her (per
la lei più sentimentalmente spietata) e il Premio Arsenico (per la
storia che ha rispettato meglio il tema del
contest).
La
mostra delle atrocità
La luce accecante filtrava in fasci dagli scuri accostati, il
pulviscolo
ruotava nell’aria lentamente, creando vortici che catturavano lo
sguardo
tediato di Sirius.
Era tremendamente annoiato.
Quand’era tornato a casa per l’estate ed aveva saputo la novità,
aveva
creduto di impazzire: i suoi genitori non potevano aver trovato proprio
quel modo
per infliggergli l’ennesima tortura.
Aveva strepitato, era stato sarcastico e s’era reso assolutamente
insopportabile, scatenando liti così furiose che persino Regulus,
sempre
impassibile, gli aveva sibilato senza mezzi termini di finirla.
“Non è una cosa che riguarda te, fratello. Ti sembrerà strano,
ma il mondo
non ti gira attorno e i nostri genitori non passano il tempo cercando
nuovi
metodi per tormentarti, per quanto tu sia indubbiamente ingrato. Quindi
dacci
un taglio, ti prego.”
In effetti, Regulus era stato... grande. Ok, non gli aveva detto delle
cose
piacevoli, ma almeno aveva preso posizione. Sirius se n’era sentito
ammirato.
Era stato anche utile, sorprendentemente.
Sirius aveva accettato l’inevitabile: con lo zio Cygnus passato a
miglior vita
nemmeno un mese prima, sua madre sarebbe corsa ad aiutare la vedova del
fratello, zia Druella, per organizzare il matrimonio dell’adorata
primogenita.
Bellatrix.
Sembrava uno scherzo di pessimo gusto già dover passare l’estate a
Villa Black –
ch’era lontana miglia da qualsiasi centro abitato -, ma
sapere ch’avrebbe
assistito ai preparativi delle nozze di sua cugina con quel damerino
francese
rendeva la prospettiva insopportabile.
Tuttavia, era stato meno peggio di quanto si sarebbe aspettato.
Era arrivato nella tenuta da ormai tre settimane ed era riuscito a
interagire
con il parentado il meno possibile: sua madre e sua zia avevano una
lista
interminabile di faccende da sbrigare, che coinvolgevano quasi sempre
anche suo
padre; Regulus continuava ad essere un topo da biblioteca; di Andromeda
non si
poteva neanche pronunciare il nome; Narcissa si divideva tra il fare
compagnia
alla sorella e l’uscire con il fidanzato, quell’imbecille di Malfoy.
L’unico cruccio di Sirius era... la sposa.
Non gli piaceva sua cugina, non gli era mai piaciuta.
Era arrogante, crudele, altera. Quando lui era un bambino, non l’aveva
mai
calcolato, al contrario di Dromeda, ch’era sempre stata dolce, e
persino di
Narcissa, ch’aveva un’indole fredda, ma che non s’era mai dimenticata
di
regalargli qualche dolcetto.
Comunque, se negli anni precedenti s’erano ignorati vicendevolmente, da
quando
lui aveva cominciato Hogwarts ed era stato smistato a Grifondoro,
l’atteggiamento della cugina era mutato. Non che gli rivolgesse la
parola o lo
considerasse in maniera particolare, ma aveva preso a guardarlo in quel
modo
– come se lui fosse una sorta di fenomeno da circo: un mostro deforme,
più che
un lanciatore di coltelli – che Sirius sinceramente detestava.
In più, aveva sentito certe voci, sempre indistinte e poco chiare, che
parevano
indicare che le manie di Bellatrix per il sangue puro s’erano evolute
in
qualcosa di più... radicale.
Sirius sapeva benissimo a chi veniva associato il
nome di sua cugina da
qualche tempo, solo che preferiva ignorare la questione.
Aveva fin troppi problemi di cui occuparsi.
Il desiderio di lei, per citarne uno.
***
Sirius non sapeva com’era potuto accadere. O meglio, sapeva esattamente
quando,
come e perché era accaduto, solo
che ancora non se ne capacitava.
S’era sempre ritenuto diverso dai suoi coetanei – migliore.
Lui, a differenza dei suoi amici, non passava il tempo fantasticando su
qualche
ragazza. Era più maturo, molto più controllato. Elegante, nessuno
avrebbe mai
visto Sirius Black perdere la testa per un paio di occhioni.
Il suo orgoglio Grifondoro e la sua educazione creavano un connubio
splendido,
se si trattava di contegno.
Aveva davvero creduto d’essere immune al fascino femminile.
Questo prima di vedere Bellatrix quasi nuda.
Era stato del tutto casuale.
Sirius stava vagabondando per il secondo piano del maniero, cercando di
sfuggire al caldo soffocante che opprimeva il giardino, quando s’era
imbattuto
in quel curioso riverbero.
Un fascio di luce fioca, entro cui danzavano quegli strani bagliori, si
proiettava sul pavimento dalla porta schiusa di quella che, se ne rese
subito
conto, era la camera da letto di Bellatrix.
Sirius forse non sarebbe andato a dare un’occhiata, se non fosse stato
così
annoiato.
O forse l’avrebbe fatto ugualmente, sapendo che lì c’era lei.
S’era accostato piano all’uscio, stando attento a non fare rumore.
Proprio non
ci teneva a farsi scoprire dalla cugina mentre la spiava, era sicuro
che non
avrebbe avuto una bella reazione.
S’era sporto appena, curioso, ed era rimasto letteralmente pietrificato.
Bellatrix gli dava le spalle, rivolta verso la scrivania mentre pescava
da un
cofanetto istoriato diversi gioielli, posandoli sul legno per studiarli
meglio.
Sirius seguì per attimi interminabili le sue dita lunghe che sfioravano
piano
le pietre preziose, soltanto per non guardare tutto il resto.
Sua cugina non aveva addosso altro che un paio di mutandine di pizzo
nero.
Prima ancora che potesse dire di averlo deciso, i suoi occhi d’argento
si
ritrovarono a scivolare su quella carnagione priva di imperfezioni con
tanto
ardore che quasi si stupì che lei non se ne sentisse colpita.
La sua schiena pallida aveva delle forme perfette, aggraziate, sinuose,
in
armonia con le gambe lunghe e slanciate. Le spalle erano strette e
aguzze, i
capelli raccolti in una crocchia disordinata mostravano la curva
d’avorio del
collo, appena spezzata dalla collana di diamanti che portava e che,
colpita da
un raggio di sole, gettava bagliori dappertutto.
La biancheria creava un gioco di luci e ombre sulla sua pelle
candida.
Sirius cercò di non pensarci troppo, ma sentì il desiderio esplodere
con la
forza d’una valanga. Avrebbe voluto entrare nella stanza e sbattere
Bellatrix
al muro. Avrebbe voluto toccarla, stringerla, baciarla.
Avrebbe voluto non essere se stesso solo per poterla avere.
Era disgustato dalla propria persona, ma non riusciva a levarle gli
occhi di
dosso.
Era così assorto che non si rese conto che la cugina si stava spostando
per
guardarsi allo specchio. Quando capì cosa stava succedendo, era troppo
tardi.
Lei aveva scorto il suo riflesso e s’era girata di scatto. Lo stava
fissando
dritto in faccia, sorpresa.
Sirius non ricordava di aver mai corso tanto in vita sua.
***
Bellatrix l’aveva visto.
Non c’era modo di sfuggire all’ovvietà di quella considerazione: sua
cugina
l’aveva scoperto mentre la spiava.
Sirius non credeva di potersi sentire così umiliato e, soprattutto,
così
terrorizzato. Era sicuro che l’avrebbe fatto pentire amaramente
d’aver
rubato quello scorcio.
Tuttavia, dopo i primi minuti di panico, si rese conto di non riuscire
a
smettere di pensare a Bella.
Quella schiena chiara, quella nuca, il profilo del seno,
ch’aveva scorto di
sfuggita mentre scappava via...
Quella notte furono fantasie nient’affatto innocenti a tenerlo sveglio.
Il giorno seguente, Sirius sfoggiava un’espressione ancora più
indolente del
solito.
Sopracciglio scuro inarcato in una smorfia annoiata, labbra pallide
inclinate
all’ingiù, capelli corvini arruffati che gli carezzavano le spalle: non
fosse
stato per le occhiaie violacee, sarebbe stato il ritratto della
strafottenza.
Aveva deciso che niente di ciò che Bellatrix poteva dire o fare
l’avrebbe
turbato in qualche maniera. Se non voleva essere guardata, che
imparasse a
chiudere la porta.
La mattinata passò tranquilla, vuota. Di sua cugina nessuna traccia.
Forse, in fondo, non avrebbe menzionato la cosa. Se non l’aveva
cruciato sul
momento, era piuttosto probabile che non le importasse di ciò ch’era
successo.
Magari aveva una vena esibizionista.
O magari lui stava delirando.
Quando se la trovò davanti all’ora di pranzo, era completamente
impreparato.
Nel giro d’una notte, era passato dal considerarla “carina” al trovarla
assolutamente irresistibile. Mentre la guardava, non poté fare a meno
di
domandarsi com’avesse potuto non notare prima l’avvenenza di sua cugina.
Non era semplicemente bella, era qualcosa di più:
Bellatrix era una
bellezza oscura, imperiosa, invadente. Bellatrix era il genere di donna
che
calamitava su di sé l’attenzione di tutti i presenti soltanto
scrollando i
capelli.
Bellatrix attirava lo sguardo come la carcassa di un’auto distrutta sul
ciglio
della strada, come una casa incendiata che crollava in pezzi.
E lo sapeva.
Sirius capì che lei era perfettamente consapevole del proprio fascino,
mentre
gli rimandava un’occhiata maliziosa da sotto le ciglia, la bocca rossa
come un
lampone spaccato atteggiata a un sorrisetto di scherno.
Su Bellatrix, persino la bellezza era un’arma.
Sirius si sentiva la gola secca e la testa in fiamme, ma le rivolse
comunque un
ghigno sfacciato, un poco tirato.
Non avrebbe dovuto provocarla, ma non sopportava il miscuglio
devastante di
sensazioni che lo tormentavano alla sola vista della cugina.
La desiderava. Tanto, troppo, da perderci la testa.
Sirius non si capacitava d’essere attratto, e in maniera tanto
travolgente, da
una donna del genere. Era disgustato da se stesso.
Bella non era una brava persona. Era piena di pregiudizi, cattiva e
crudele.
Era amorale e priva di empatia. Era l’emblema di tutto ciò che lui
detestava.
Si stava per sposare. Era sua cugina.
Quante buone ragioni c’erano per lasciar perdere?
Lei gli rivolse un sorriso abbagliante.
“Sai, zia, Sirius ieri m’ha aiutato a scegliere il collier per la
cerimonia...
Il suo punto di vista è davvero interessante.”
Tutti si voltarono a fissarlo, ma lui non aveva occhi che per Bellatrix.
“I diamanti ti donano, cugina.”
***
Sirius s’era reso subito conto che Bellatrix non l’aveva umiliato
pubblicamente
soltanto perché era divertita.
Trovava spassoso che lui non riuscisse a levarle gli occhi di dosso,
era
evidente.
In effetti, era proprio così: se sua cugina era nella stanza,
l’attenzione di
Sirius non poteva gravitare altrove. Lei sorrideva
di maligna
soddisfazione.
Sirius provava davvero a non considerarla. Funzionava, per qualche ora.
Poi lei
inclinava il capo in un certo modo o s’accarezzava distratta un polso,
e tutti
i suoi tentativi andavano in fumo.
La notte era anche peggio: l’immagine di lei tra le sue braccia lo
teneva
sveglio, quando s’addormentava i suoi sogni erano popolati da grandi
occhi neri
e sorrisi spietati.
Nel giro di un’estate, Bellatrix era diventata la sua ossessione.
Forse sarebbe stato più facile se si fosse trattato solo di desiderio,
d’attrazione.
Forse in quel caso lui non si sarebbe sentito bruciare al pensiero di
lei che
sposava un altro.
Già, forse.
Li aveva visti una notte a pochi giorni dalla cerimonia. La luce della
luna
illuminava con chiarezza la veranda di Villa Black, rendeva argentina
la pelle
candida di Bellatrix.
Il volto di Rodolphus era in ombra, ma Sirius capì, dalla postura e dai
pugni
serrati, ch’era furibondo.
Lei, comunque, sembrava non notarlo. O forse non le importava.
Non era rivolta verso di lui, ma verso il giardino del maniero. La sua
espressione
era immancabilmente annoiata.
“Pretendo che tu mi porti rispetto, Bella.”
Lei non diede segno d’averlo sentito.
“Solo perché la nostra unione è stata... incoraggiata
dai nostri
genitori, non significa che non possiamo essere felici. Certo, ci
vorrebbe un
po’ di collaborazione da parte tua” il tono pacato s’inacidì, “Per
esempio,
scene come quella di stasera dovrebbero essere evita-”
“Non sai tenere testa a una donna, Lestrange?”
Bellatrix l’aveva interrotto, sprezzante.
Si voltò a fissarlo, in viso un sorriso disgustato. Indossava un abito
di seta
rossa molto elaborato e, a giudicare dall’abbigliamento altrettanto
elegante di
lui, erano appena rientrati da un ricevimento.
Rodolphus s’irrigidì.
“Non è questo il punto. Mi hai mancato di rispetto, come semp-”
“Dio, Lestrange, sei talmente noioso! Un po’ di sarcasmo non ha mai
ucciso
nessuno... e dovresti lavorare sull’autoironia. Ora vattene!”
Mentre si girava per rientrare in casa, lui l’afferrò.
Non l’aveva strattonata e sicuramente non le stava facendo male, ma a
Sirius
bastò quel gesto per esplodere.
Senza pensare affatto, uscì sul portico e afferrò Rodolphus per la
camicia,
sbattendolo contro la parete.
Non gli importava affatto di avere soltanto quindici anni, di star
aggredendo
il fidanzato di sua cugina, di sembrare un idiota rabbioso, voleva
soltanto
cancellare il ricordo di quelle mani sulla sua pelle.
“Non t’azzardare a toccarla!”
Lestrange era sconcertato.
“Sirius, smettila. Adesso. Vieni in casa.”
Bellatrix non si premurò nemmeno di scusarsi col proprio fidanzato,
prima di
sbattergli la porta in faccia.
Quando Sirius si voltò, lei era troppo vicina.
Lo baciò dritto sulla bocca.
“Non l’hai fatto per questo, forse?”
Perché Bella riusciva a far sembrare atroce anche
il gesto più nobile?
***
Sirius si contorse sulla sedia, cambiando posizione forse per la
centesima
volta.
L’angoscia gli serrava la gola e gli stringeva lo stomaco in una morsa,
non
riusciva a controllare i propri pensieri.
Vedeva Bellatrix nella luce lunare. Sentiva il calore delle sue labbra.
La
vedeva ancora con Lestrange – confusione, rabbia, odio,
disgusto, desiderio.
Ignorarla era stato doloroso quanto sognarla ogni notte.
Scosse il capo per scostarsi i capelli ondulati dagli occhi e si passò
un dito
dentro il colletto della camicia – sua madre gli aveva
rivolto un’occhiata
disgustata per la scelta del vestiario babbano.
Stava impazzendo.
Mancava poco meno di un’ora alla cerimonia quando Sirius scattò in
piedi,
dirigendosi a grandi passi verso Villa Black, bianca come una cripta
sotto il
sole del mattino.
Quando irruppe nella stanza, Bellatrix si stava rimirando in uno
specchio.
“Non ti sposare!”
L’aveva sbottato prima di perdere il coraggio, prima ancora di fermarsi
a
guardare quel volto dai lineamenti marcati, quelle spalle strette,
quella nuca
nuda velata di riccioli ribelli.
Prima di sentire quella risata così simile allo schiocco d’una frusta.
“Sei un ragazzino, Sirius.”
Bellatrix riusciva ad essere crudele con uno sguardo, lui lo sapeva, e
sapeva
anche che non avrebbe mai dovuto permetterle di aprire bocca.
L’avrebbe fatto a pezzi, Sirius ne ebbe la certezza
appena si spostò per
bloccarle la strada.
I grandi occhi scuri di sua cugina si sgranarono impercettibilmente,
quando si
rese conto di quello che lui stava cercando di fare.
Era atroce in quell’abito da sposa bianco ghiaccio,
le ciglia lunghe e
nere come pece, le labbra rosse e il capo crollato all’indietro mentre
scoppiava in una risata sfrenata.
Avrebbe dovuto sembrare pura, intoccabile, bellissima... e invece
faceva ardere
il sangue di Sirius di desiderio, fomentava quella vena di violenza che
da
sempre, disperatamente, lui cercava di nascondere.
Era il mostro, la megera, che aveva infestato tutti i suoi incubi di
bambino.
Oh, sapeva essere affascinante, quando voleva. L’aveva vista in azione
alle
feste, in società, davanti a tutta quella gente perbene
di cui non le
importava niente.
L’aveva guardata sorridere, sbattere le ciglia e ridere piano, in
maniera
musicale e niente affatto sferzante. L’aveva osservata fingere
e se ne
era sentito attratto ancora di più.
Tutto di lei urlava pericolo, menzogna, e forse era proprio quella la
seduzione
a cui Sirius non era in grado di resistere – il veleno dei
suoi occhi neri,
quella sua aria sfrontata, la mostra di tutte le sue atrocità.
Era terrorizzato dall’intensità del disgusto e dell’attrazione che
provava per
lei.
Deglutì a vuoto.
“Non ti sposare, Bella” le parole gli graffiavano la gola, s’odiava per
la
difficoltà che gli procurava pronunciarle, “Non sarai mai felice.”
S’aspettava che Bellatrix ridesse di nuovo, che lo schernisse per
quello
ch’avrebbe quasi sicuramente definito il suo sciocco idealismo,
invece
rimase in silenzio.
Si limitò a lanciargli un’occhiata fredda, impietosa, dura.
“Non ho mai cercato la felicità.”
E la mia felicità non saresti comunque tu.
Sirius capì che non c’era speranza alcuna, e perse completamente la
testa.
***
Le si avventò addosso, affondandole bruscamente le dita nelle braccia.
Probabilmente le fece male, ma Bellatrix scoppiò a ridere.
Non le importava che lui fosse molto più alto e più forte di lei, e
nemmeno
dello sguardo allucinato e dell’espressione disperata che gli
sfiguravano i
lineamenti.
Bellatrix non temeva nessuno.
“Sei soltanto un ragazzino, Sirius!” ripeté, derisoria.
Lui le arpionò il mento con rabbia e le bloccò il volto per baciarla –
o per
morderla, o per ferirla, o per fare qualsiasi cosa necessaria a ridurla
in
silenzio -, ma non raggiunse mai le sue labbra.
Uno schiaffo s’infranse sul suo zigomo, e più che un rifiuto sembrava
una
provocazione.
Sirius l’afferrò per un polso e la scaraventò sul letto, lei vi rovinò
sopra
come una bambola fatta di stracci, senza mai smettere di ridere.
La crocchia elegante si sfaldò, liberando ciocche corvine che
crollarono su
quegli occhi d’ossidiana che non conoscevano la pietà, che lo
deridevano anche
mentre le sgualciva la gonna, mentre lacerava la seta pregiata e le
scopriva le
gambe, con una violenza che lei trovava esilarante.
Sirius allungò le dita sulla pelle morbida del suo ginocchio, ma si
bloccò dopo
aver guadagnato pochi centimetri.
Era sbagliato, tutto sbagliato. Non avrebbe mai dovuto posare gli occhi
su di
lei, non avrebbe mai dovuto assecondare quelle fantasie perverse.
Soprattutto,
avrebbe dovuto smettere di toccarla, perché sapeva perfettamente che
lei glielo
stava permettendo solo per spregio verso il suo futuro marito.
Sirius sapeva sempre qual era la scelta giusta... solo che non gli
importava.
Fremendo di desiderio e di dolore, si slacciò la cintura e calciò via i
pantaloni, prima di crollare su di lei.
Bellatrix rideva, senza freni.
“Io ti disprezzo.”
La voce di lui era attutita contro la gola fredda di sua cugina, ma lei
lo udì.
“Tu mi desideri.”
Le iridi d’argento di Sirius si conficcarono in quelle di lei, mentre
si
ritraeva di scatto dall’incavo del suo collo. Soffocò un ringhio e
l’afferrò
per le cosce, graffiandola.
“Muori dalla voglia di farlo. E allora... fallo” lo istigò lei, l’ombra
di un
sorriso strafottente sulle labbra, “Se pensi di riuscirci.”
Niente che divertisse tanto Bellatrix poteva essere qualcosa di buono,
Sirius
lo sapeva, eppure non trovò la forza per ritrarsi da lei, né la volontà
d’infuriarsi, né il desiderio di smettere... solo il disperato bisogno
di
continuare, di sprofondare sempre più a fondo in tutti i suoi sbagli,
in quei
febbrili occhi neri.
Se doveva annegare in Bellatrix per amarla, l’avrebbe fatto.
Le strattonò via la biancheria, le mani che tremavano mentre
accarezzava
maldestro la sua pelle bianca – tutto quel candore in una
donna così piena d’odio,
non era ironico il Destino?
“Sbrigati, cucciolo, la marcia nuziale non può cominciare senza la
sposa!”
Il bisbiglio perfido di sua cugina si perse appena sotto il suo
orecchio
destro.
Le dita di Sirius si chiusero con rabbia attorno ai polsi esili di lei,
mentre
le affondava dentro in un’unica spinta rude.
La risata di Bella si spezzò di netto.
***
Era la prima volta
che Sirius stava con una donna e, era vero, non ne sapeva
molto, ma era sicuro che non dovesse essere così.
Non avrebbe dovuto
provare l’impulso di morderla fino a farla sanguinare, di
spingere per farle
male. Non
avrebbe dovuto soffrire per ogni bacio che
lei gli negava.
Dov’erano la
dolcezza, le tenerezze, il piacere condiviso? James aveva giurato
che era qualcosa di unico, un’euforia dei sensi... E allora perché
Sirius
sentiva di star andando in pezzi?
Era tutto sbagliato.
I fremiti d’estasi
che Sirius avvertiva a ondate si mescolavano all’orrore,
sentirla godere gli risultava insopportabile – il volto di Rodolphus
aleggiava dietro le sue palpebre serrate allo spasmo.
Avrebbe voluto
separarsi da lei e da quel suo corpo morbido che gli s’inarcava
addosso, invece si muoveva con sempre più violenza, stringendo i
riccioli
sfatti di sua cugina tra le nocche nel disperato tentativo di farle
sentire
almeno un briciolo del dolore che provava lui.
Ma Bellatrix non
sentiva niente.
Non le importava di niente.
Fu con un rantolo
nauseato che Sirius raggiunse l’orgasmo, nell’istante esatto
in cui la sentì sussultare e avvertì la sua bocca accaldata premere
contro il
profilo della sua mascella. Si voltò appena e la baciò con forza, certo
che
l’avrebbe respinto un’altra volta.
Lei non lo fece.
Si separò da Bella
con il respiro spezzato e la sensazione di star danzando
sull’orlo di un precipizio: era esaltante, ma sapeva che si sarebbe
sfracellato
al suolo, prima o poi –
era solo questione di tempo.
Dopo qualche secondo
infinito, sua cugina si sollevò dal letto sfatto, dandosi
un’occhiata distratta nello specchio.
Era un disastro: la
seta dell’abito da sposa era strappata in alcuni punti e
sgualcita in tutti gli altri, l’acconciatura era per metà disfatta e le
sue
labbra erano ancora gonfie e rosse in maniera tragicamente esplicita.
Sirius forse avrebbe
riso, in un’altra circostanza, in un’altra vita.
Con qualche tocco di
bacchetta, Bellatrix tornò presentabile. Ancora più bella
di prima, con quel sorriso soddisfatto che sembrava nascondere un
segreto –
che nascondeva un segreto, Sirius sentì i brividi artigliarlo al
pensiero.
“Non ti dirò ancora
di non sposarti, ma... ma non dovresti.”
Fu una sorpresa per
Sirius udire la propria voce piegata in un tono appena
implorante, disgustosamente debole.
Sapeva che lei
l’avrebbe trovato convulsamente divertente.
Invece Bellatrix si
voltò appena, splendida nel bianco iridescente della seta,
il viso circondato dalla nuvola di tulle del velo, gli occhi neri dalle
ciglia
lunghe accesi da una luce sconosciuta, selvaggia.
Così bella e così
pericolosa.
Lui arretrò
inconsapevolmente d’un passo.
“Sai, Sirius, adesso
sorridi proprio come me.”
Fu peggio di
centinaia di coltellate.
Bellatrix era radiosa
a fianco di suo marito, con un bouquet di rose bianche
tra le dita e impronte di baci rabbiosi lungo il profilo della nuca.
Sirius non riusciva a
toglierle gli occhi di dosso.
La odiava.
Gli tremavano le mani
– avrebbe
voluto ucciderla.
La odiava con tutto se stesso.
Gli tremavano le mani
– avrebbe
voluto soltanto stringerla.
E lei ancora
sorrideva.
NdA: Allora, cari lettori! Prima
di tutto vorrei dire che questa storia è stata
pensata come una raccolta di sette flash e non come una one-shot, ma
non mi
andava di pubblicarla in più capitoli perché le varie parti sono tutte
strettamente collegate.
Poi, permettetemi di spiegare alcuni punti secondo me dolenti:
- Non ho sottolineato di più il disgusto di Bella verso i traditori del
proprio
sangue perché ho immaginato la vicenda come precedente a diversi
eventi: ho
pensato che, prima di sposarsi, Bella non fosse ancora una vera e
propria
fanatica del sangue puro (né una Mangiamorte) e che non detestasse
ancora
Sirius, visto che, per il momento, la sua unica colpa è essere finito a
Grifondoro e fare il ribelle in casa; ho ritenuto più probabile che la
prospettiva di lei cambiasse dopo che Sirius viene diseredato e dopo
che
diventa un membro dell’Ordine, oltre che un Auror.
Insomma, ho voluto dare un tono più leggero alla storia: lui ha 15
anni, lei
sta per sposarsi, il resto del mondo ancora non li ha divisi. In un
certo
senso, lo trovo persino più crudele così: avrebbero potuto avere una
possibilità, non si erano ancora schierati su due fronti opposti; se
tra loro
non funziona in quel momento è perché non avrebbe mai potuto
funzionare. Forse
sacrificando il conflitto di ideali ho tolto un punto interessante che
riguarda
questa coppia, ma volevo essere un po’ innovativa!
- Per quanto riguarda il fatto che Bellatrix giochi con Sirius, invece,
è una
mia visione personale (come il fatto che lei sia piuttosto volubile).
Vi
spiego: lei ovviamente non ama Rodolphus (lo disprezza, in vero), si
accorge di
piacere al cugino e non può fare altro che provocarlo. Per il fatto che
finiscono a letto, ho immaginato che Bella fosse mossa dal divertimento
(i
Black sono tipi che si annoiano facilmente, si sarà capito!) e dal
fatto che è
disgustata dal suo futuro marito (è un bello spregio farsi un altro il
giorno
delle nozze…). In sintesi, il massimo che Bellatrix prova per Sirius è
attrazione fisica condita dall’interesse che può avere un gatto per un
topo.
- Ah, il titolo è tratto dall’omonimo romanzo di Ballard.
Bene, spero di aver chiarito i punti un po’ nebulosi di questo
esperimento!
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va!
Un bacio,
Mary