Anime & Manga > Soul Eater
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Autore: BlackPaperMoon    19/08/2014    8 recensioni
❝Ci sono momenti in cui ci troviamo a fare i conti col nostro io interiore, e a realizzare che, infondo, quella persona per cui ci sforziamo di mostrare tanta indifferenza ci ha rapito il cuore. ❞
"In tante cose io ti odio,
mi fa male stare con te.
Vorrei tenerti lontano,
dimenticarmi di chi sei.
Odio di te
il tuo sorriso vincitore,
quegli occhi indagatori
e il tuo modo di guardare."
-Nella mia testa io ti odio,
Ma il mio cuore è dalla tua parte.
Odio di te
quei capelli biondi da principessa,
quel sorriso così bello,
il tuo visino da bambolina.
Odio di te
i tuoi colori abbaglianti,
i tuoi modi di fare.
e che sei così bella e diversa.-
"-Odio di te
come si muove la tua bocca,
ciò che sento se mi tocchi,
ciò che dici quando parli.
Odio di te che non ti odio.
Nemmeno un po',
che mi piaci
e che non ne posso più.
Perché credo che ti amo
più di chiunque,
più che a qualsiasi cosa.
Io ti amo,
io ti amo, non ti odio.-"
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Crona, Maka Albarn, Sid, Soul Eater Evans | Coppie: Soul/Maka
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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 “Maka…”
 
Il nome della giovane meister riecheggiò nel corridoio, chiaro, limpido, cristallino, quasi riflettesse la personalità di colei che lo portava. Seduto sul freddo pavimento e intento a gustarsi una bibita al lime in lattina, Soul non osò nemmeno levare lo sguardo per incontrare gli occhi di lei, intento com’era a conservare la sua espressione neutra.
 
“Mh?”
 
La bionda, non lasciando trasparire un leggero fastidio per essere stata così ingiustamente disturbata, sollevò gli occhi dalla pagina del libro che teneva fra le mani e li posizionò sull’albino. Giaceva alla sua destra, cosa ci trovasse nel tenere il sedere poggiato sulle mattonelle ghiacciate Maka mai sarebbe riuscita a spiegarselo. Forse serviva semplicemente ad accentuare i suoi modi di fare e il suo portamento da fico. Lei continuava a trovare gli armadietti di metallo molto più comodi e versatili per mantenere la schiena eretta e per agevolare la lettura.
 
“Dì un po’…Cosa provi per Crona?”
 
Una domanda a bruciapelo. Come le ruote di un pneumatico che solcano il terreno senza ritegno e poi fanno ingolfare l’automobile per non essere stati prudenti come si deve, allo stesso modo quella domanda interruppe l’assordante silenzio, ricco solo dei loro taciti pensieri. Le stesse parole che regalarono alla meister un’espressione stizzita, sorpresa, e un rossore sulle gote che parlava per la sua bocca, trasudando imbarazzo. L’aria sembrò farsi pesante, e non era certo per colpa del sole ghignante che si divertiva a osservarli dalla finestra, inondandoli con la propria luce. Maka si schiarì la voce, tenendo il segno del proprio libro col dito indice incastonato tra le pagine. Una situazione alquanto inusuale, alquanto insolita. Esattamente come quella domanda, esalata dalla bocca di colui da cui mai nessuno si sarebbe aspettato un quesito simile.
 
“…Da quando ti interessa?”
 
Fu altrettanto tagliente la risposta. Al punto da costringere Soul a sollevare gli occhi cremisi verso di lei, a sua volta. A fissarla, senza lasciar trasparire niente dal suo sguardo. Pareva decidere per sé se far parlare o meno le sue iridi. Erano famosi, quei due, per i loro continui battibecchi, per le loro discussioni in cui eri combattuto su chi avesse ragione o meno, perché entrambe le tesi sostenute erano convincenti.
Il punto stava nel fatto, che entrambi un fardello di ragione l’avevano. Ma erano troppo orgogliosi per ammetterlo e darla vinta all’altro.
Occorreva dunque un’affermazione altrettanto brillante, che eguagliasse quella di Maka. Occorreva risponderla a tono come solamente lui sapeva fare.
 
“Ma infatti non mi interessa. Era solo un pretesto per rompere questo palloso silenzio.”
 
Non era questo il modo adatto, però. Ma Soul se ne accorgeva sempre in ritardo. Dava aria alla bocca prima ancora di aver riflettuto bene sul da farsi, e poi se ne pentiva. Ma era sempre troppo tardi per tornare indietro. Come in quel caso.
Stavolta, fu il rumore sordo del libro di Maka che si chiudeva, a fendere il silenzio.
 
“Bene.. Allora non ti interesserà nemmeno sapere la risposta.”
 
Un effimero istante in cui i pensieri non sono i soli a volare, taciti e silenziosi. La bionda voltò senza ritegno le spalle al suo partner, smuovendo di poco le codine bionde che per un attimo danzarono nel vento, e a falcate lente si diresse verso la fine del corridoio, fino a sparire completamente dalla sua visuale. Movimenti impercettibili, quasi impassibile accorgersi dei particolari, eppure a Soul rimanevano sempre in testa. Quel movimento, quel lento giramento di tacci, quei capelli che per un attimo parvero accarezzare l’aria, e il suo profumo che spariva e poco a poco, come lei,  man mano che si allontanava. Gli occhi dell’albino non trasparivano mai interesse per niente, ma l’interesse, in realtà, c’era. Sepolto sotto le rovine di un cuore incapace di amare, ma che era ancora vivo, stranamente. Forse perché qualcuno lo alimentava? Ma chi? E Perché? Tante domande inutili, nessuna risposta esaudiente. Forse Maka lo sapeva, lei sapeva sempre tutto. Ma come poteva una personalità così pungente e attraente capace di far impazzire il più figo della Shibusen, essere incastonata  nel corpo poco valorizzato di una secchiona saccente?
 
“Prima o poi darò di matto, lo so già. Non è per niente fico.”
 
Si disse tra se, cercando la sua sagoma ancora nell’oscurità del corridoio. Ma allora, perché quei passi continuavano a risuonarli nella mente, come se Maka stesse camminando nei suoi pensieri e non sul pavimento? Si chiese se il battito del suo cuore era lento e calmo come i suoi passi, quando gli aveva rivolto quella domanda. Si chiese se era così calma anche quando i loro sguardi si incrociavano, quando le loro distanze parevano sul punto di azzerarsi per un motivo o per un altro. E poi si chiese cosa gliene importasse di tutto questo, del suo battito cardiaco, di cosa provava, di Maka. Ma inconsciamente, già era a conoscenza della risposta.
 
-

“Soul-senpai!”
 
Ci risiamo. Non si poteva stare in santa pace nemmeno per cinque minuti. Qualcuno doveva per forza disturbare quei pensieri tormentati e incomprensibili, a cui nemmeno il più profondo dei silenzi riusciva a dare l’atmosfera adatta per riuscire a cavarne piede, per sconfiggerli, per rispondere alle domande del subconscio. Ma forse era meglio così, forse era meglio non trovare una risposta. In questo modo non si correva il rischio che la soluzione non gli piacesse o lo spingesse ancor più giù nel baratro della confusione.
 
“Che vuoi?”
 
Rispose in tono seccato alla ragazza dinnanzi a lui, tenendo lo sguardo basso e continuando a giocherellare con la latina di metallo. Pareva importargli di più di quel misero oggetto, che della persona che aveva di fronte. Ed effettivamente, era così. La studentessa dalla voce squillante si chinò leggermente col busto in avanti, quasi si stesse inchinando al cospetto dell’albino.
 
“La prego, la supplico…Mi faccia diventare la sua meister! Vorrei che lei diventasse il mio partner!”
 
Dalle labbra di Soul volò un sospiro di rassegnazione. Possibile che non si arrendessero mai? Non bastava ignorare le loro lettere, voltar loro le spalle quando si dichiaravano apertamente e andarsene, mostrare il più profondo e genuino disinteresse? Non capivano sul serio, o facevano finta di non capire? Beh, una cosa doveva riconoscergliela: avevano la testa dura e non si arrendevano mai. Per certi versi, questa era una caratteristica da esaltare. Ma non sarebbe mai stata testarda come Maka.  Nessuno avrebbe mai superato Maka.
 
“Eh… Stai parlando con la persona sbagliata.”
 
Solito copione. Soul si alzò immediatamente in piedi, abbandonando la lattina nel corridoio con noncuranza. Come se non fosse stato lui a lasciarla là. La giovane che aveva di fronte, prima che se ne andasse e la lasciasse come una rimbambita in mezzo al corridoio vuoto, lo afferrò per le spalle e lo spinse contro gli armadietti, fissandolo con una determinazione finta come la sanità mentale di ogni membro della Shibusen. Quando una persona prende la malsana decisione di sbatterti al muro per impedirti di fuggire, la presa dovrebbe essere come minimo salda e decisa. Dovresti controllare le tue emozioni in modo tale da farti prendere sul serio. Soul avvertiva le mani di lei tremare sulle sue spalle. Se un misero contatto fisico poteva causarle questa reazione, come poteva anche solo sperare di diventare la sua partner? Ridicola. Quando Maka lo sbatteva contro un muro per costringerlo ad ascoltarla, poiché un colpo di libro spacca cranio non era stato evidentemente sufficiente, non tremava mai. Lo teneva stretto saldamente poiché non gli passasse nemmeno nell’anticamera del cervello di scappare. E ti fissava con quegli occhi verdi che facevano fuoco e fiamme, fulmini e saette. Arrabbiati, irritati, truci. Certi sguardi che lanciava erano davvero capaci di bloccarti l’intero apparato circolatorio. Come accidenti ci riuscisse, Soul non ne aveva idea. Come facesse a restare così calma quando erano vicini, a non tremare quando per sbaglio si sfioravano, a mantenere il suo sguardo senza vacillare nemmeno un istante. Come fosse in grado di tenergli testa in quella maniera senza cedere mai.
 
“Ti consiglio di levarmi le mani di dosso, ragazzina. Prima che mi arrabbi sul serio.”
 
“Prima ascoltami!”
 
“Non ho nessuna intenzione di ascoltarti, ho cose nettamente più importanti da fare.”
 
“Ah si? E quali sarebbero? Andare a cercare Maka? Questa si che è un’attività emozionante!”
 
Lo sguardo di Soul si incattivì improvvisamente. Una ragazzina stolta e ingenua, così insignificante e inesperta al punto da cercare di fare la dura con lui e non riuscirci minimamente, nel misero tentativo di emulare Maka. Povera illusa, di Maka lei non aveva nulla. La luce negli occhi, la determinazione, la cattiveria con cui lo fissava. Non era degna nemmeno di allacciarle li stivali, come si permetteva anche solo di nominarla?
 
“Non sono affari tuoi, mi pare. Fatti da parte, levati.”
 
“No, stammi a sentire! Perché sei alle dipendenze di quella secchiona? È solo una bambina, a lei non importa niente di te! Non le interessa comprenderti, non le interessa quello che hai da dire, non le importa come ti senti. A lei importa solo sfruttarti per raggiungere i suoi obbiettivi, lo ha dimostrato più volte! Potresti avere molto di meglio, tutte le ragazze della scuola fanno la fila anche solo per poterti parlare! Allora… Perché lei? Perché proprio Maka? Che ha di tanto speciale da non poterla lasciare andare?”
 
Parole che colpiscono dritto al cuore, fendendo l’animo più di quanto la lama di qualsiasi arma sia in grado di fare. Forti e dolorose, poiché veritiere. Soul sapeva perfettamente che le cose stavano davvero in quel modo. A Maka non importava realmente di lui, o se anche gliene importava, non lo vedeva con gli occhi con cui Soul guardava lei. Dietro quel velo indifferente e schivo si celava ammirazione.
Dunque, perché proprio Maka?
La secchiona senzatette sfigata della scuola.
Tutti si chiedevano come mai uno come Soul avesse deciso di stare al suo fianco.
Soul stesso se lo domandava, talvolta.
Il giorno in cui Maka era piombata in quella sala buia in cui si stava dilettando a suonare, allo stesso modo ella era entrata nella sua vita: lentamente, incertamente, adagio adagio, un po’ per volta… E poi tutto insieme, assiduamente, come se non si potesse fare a meno che ciò accadesse. Lo capirono da uno sguardo che erano diversi, dai modi di fare, dal modo di vestirsi. Eppure, nessuno dei due si era sentito a disagio con l’altro. Aveva sempre avuto la malsana convinzione che a Maka piacesse il suo modo di suonare. Pur non comprendendo molto di musica, credeva davvero che adorasse la sua. Non l’aveva mai detto apertamente, ma lo si leggeva nell’insistenza che la bionda metteva in ogni richiesta di suonarle qualcosa. Soul non amava suonare in pubblico per colpa di un fantasma del suo passato, di uno scheletro nell’armadio di cui non parlava mai. Nemmeno a Maka aveva rivelato questo particolare di lui. Eppure, per lei avrebbe suonato tutti i brani del mondo. Per lei avrebbe fatto qualsiasi cosa. Vicino a lei, quel fantasma del passato s’assopiva improvvisamente, quasi sparisse. La vicinanza con lei aveva questo potere.
Allora tutti i suoi brani divennero colmi di sol, quella nota vi era ovunque possibile. Il “sol” era la nota perfetta per Maka, rispecchiava a pieno la sua personalità. Quel suono era perfetto per lei, diceva tutto di lei. E, guarda caso, era così simile al suo nome. Soul = Sol. Che fossero solo coincidenze? Scherzi del destino? Non importava minimamente. Perché come a Maka non era possibile accostare nessun’altra nota del pianoforte, allo stesso modo non era possibile accostare al suo fianco qualcuno diverso da lui.
Eppure, non lo mostrava. Non mostrava quanto tenesse a lei se non in rare occasioni. Quando litigavano, quando lo rimproverava, quando lo sgridava per qualcosa. Allora lì, indirettamente, lei esprimeva quando si preoccupasse per lui, quanto avesse paura che compisse azioni illecite, quanto le importava della sua salute, di lui. Ma Soul in questi atteggiamenti riusciva solo a percepire il fastidio che provava, perché secondo l’albino Maka lo detestava.
 
{Se potesse, si libererebbe di me. Se le persone si interessassero maggiormente a lei, se i ragazzi le andassero dietro, se avesse un briciolo di popolarità, se qualcuno le domandasse di essere il suo partner, mi abbandonerebbe.}
 
Ci aveva pensato spesso, e questo pensiero faceva male. Bruciava. Ma non perché la odiasse, la sua era solo paura. Paura di perdere qualcosa di così importante come lei, una delle poche cose belle accadute nella sua vita. Allora, come quel pensiero bruciava il suo animo, lui faceva lo stesso con tutte le lettere che aspiranti partner le scrivevano. Non voleva che qualcuno provasse ad avvicinarsi a lei, a portargliela via. Perché Maka era solo sua. Allora, in corridoio, quando qualcuno posava lo sguardo sulla bionda ecco che in automatico partiva l’occhiataccia truce di Soul.
 
{Non osare avvicinarti.}
 
Era diventato tremendamente possessivo, e tutto ciò senza che Maka fosse a conoscenza di niente. Questo talvolta lo preoccupava, ma cercava sempre di non pensarci più di tanto. Maka era diversa dalle altre. Aveva qualcosa di assolutamente unico. Nonostante non curasse minimamente il suo aspetto esteriore, riusciva ad attirare lo stesso la sua attenzione. Era strano come lottasse per mostrare disinteresse nei suoi confronti, ma come l’osservasse prestando la minima attenzione a tutto ciò che faceva. A ogni piccolo gesto che compiva, li conosceva tutti a memoria, gli aveva stampati bene in testa. Conosceva i suoi modi di fare alla perfezione.
Respirava piano, quasi avesse paura di fare rumore. Andava sempre a letto presto la sera, per svegliarsi in tempo per andare a scuola l’indomani. La sua pelle era chiara e pallida come l’alba del giorno, fresca come l’aria la sera. Se la si fissava troppo a lungo e intensamente, diveniva rossa come un peperone.
 
“C-che c’è? Perché mi fissi così? Ho qualcosa in faccia?”
 
Affermava corrugando la fronte e indicando con insistenza il suo viso completamente rosso. Allora Soul accennava un flebile sorriso. Era carina, quando si imbarazzava. Ma no, era carina sempre, lei. La voglia di dirle “Ti guardo perché sei tremendamente bella” era forte, non lo negava. Primo perché la reazione di Maka sarebbe stata tremendamente spassosa e avrebbe perfino potuto utilizzare una scusa, come quella che lo aveva detto solo per prenderla in giro. Secondo, perché lo pensava. Eccome se lo pensava.
Era fantastico osservarla mentre era assorta nei suoi pensieri, mentre leggeva. Aveva un’espressione indescrivibile, neutra, concentrata. Gli occhi verdi vuoti.
Si vestiva sempre allo stesso modo, svogliatamente, non metteva mai nulla che potesse attirare attenzione. Nemmeno un singolo particolare per farsi guardare. Niente. Solo vestiti larghi e sobri che non risaltavano affatto le sue forme, sempre se c’erano, e la facevano sembrare dritta come un tubo. Eppure, non negava che talvolta la voglia irrefrenabile di scoprire cosa ci fosse sotto quei vestiti l’avesse colto, al punto da desiderare di strapparglieli letteralmente di dosso e farla sua. Ogni volta che ci pensava faceva fatica a trattenere il sangue dal naso. C’era qualcosa di tremendamente sexy, in Maka. Specialmente quando si arrabbiava, quando gli teneva testa, quando riusciva a reggere il suo sguardo. Era difficile reprimere il desiderio di saltarle addosso.
Con la faccia perennemente pulita camminava per le strade di Death City, coi libri di scuola sotto braccio e quell’aria allegra che diceva “nessuno mi ha ancora rovinato la giornata!”
Le piaceva studiare, e non lo nascondeva. Anche se talvolta se ne vergognava, ma non doveva affatto. La sua intelligenza, le sue deduzioni, erano alcune delle cose che suscitavano ammirazione in lei.
E quando scrutava tutt’intorno a se con quegli occhi grandi, talvolta privi di quel velo che impediva agli altri di comprendere cosa ci fosse nella sua testa, divenivano talmente sinceri da poterci vedere dentro quello che pensava, quello che sognava. Talvolta Soul ci si vedeva riflesso, e allora l’incredulità lo costringeva a ricontrollare due volte. Ma lui era sempre lì. Nuotava nei suoi occhi.
Qualche volta faceva dei pensieri strani, che la portavano a sfiorarsi. L’albino non riusciva a leggere dentro i suoi occhi in quei casi, ma la sua espressione era totalmente diversa. Non capiva a cosa fosse dovuto quell’improvviso malessere, sapeva solo che non era per niente felice. Al punto da costringerla a rinchiudersi dentro la stanza, lasciando tutto il mondo fuori.
Soul non lo sapeva, ma Maka odiava il suo corpo. Ed era proprio per colpa delle sue prese in giro. Ma lui non lo faceva per male, lui la insultava per delle ragioni precise: non voleva che cambiasse, voleva che la sua autostima rimanesse bassa, voleva riuscire ad autoconvincersi di ciò che diceva. Ma nell’ultimo particolare, peccava sempre. Non ci riusciva mai. Continuava a pensare che fosse bella e irresistibile, proprio perché era così. Se Maka si fosse curata e qualcuno oltre a lui avesse notato che non era poi così male, gliel’avrebbero portata via. Allora, se riusciva a farle credere di essere quel tipo di ragazza che nessuno avrebbe mai trovato attraente, poteva essere sicuro di averla tutta per se. Se solo lui pensava che fosse attraente, sarebbe stata tutta sua. Usavano entrambi il modo sbagliato di dimostrarsi che ci tenevano.
Perché proprio Maka?
Perché Maka era inconsapevolmente sexy.
Perché Maka era l’unica in grado di tenergli testa.
Perché Maka aveva un sorriso capace di riscaldarti l’anima.
Perché Maka aveva due occhi stupendi.
Perché Maka aveva un profumo che ti penetrava nei polmoni e ti rimaneva increspato nelle narici la notte.
Perché Maka aveva un culo e due gambe che-! Emh… Saltiamo questo punto.
Perché Maka aveva il brutto vizio di camminare senza permesso nella mente di Soul.
Perché Maka rendeva tutto più semplice, perché vicino a lei ci si sentiva immediatamente bene.
Perché Maka era bella con le sue insicurezze, il suo orgoglio, i suoi pregi e difetti.
Perché Maka… Perché Maka…
 
“…Perché Maka è Maka.”
 
Rispose dopo una manciata di minuti trascorsi nel silenzio più assoluto, prima di scostare in malo modo le braccia della ragazza e liberarsi dalla sua presa. La lasciò così, con quell'espressione perplessa stampata sul volto a struggersi per non rientrare nelle grazie dell’albino. L’avesse conosciuto bene, avrebbe dovuto aspettarselo. A Soul delle ragazze non importava granché. Non le considerava minimamente. A meno che tu non ti chiamassi Maka. Allora le saresti interessata eccome, ma avrebbe finto il contrario.
Era tutto molto contorto.

-

 
“Sid-sensei… Da quanto tempo Maka è lì sotto?”
 
Il professore voltò il capo verso Soul, fissandolo con un’espressione indefinita. Oramai si erano abituatati tutti alla sua inespressività, da quando era morto, ma ciò non impediva a Soul di guardarlo con fare perplesso e un sopracciglio leggermente sollevato.
 
“Tre ore. Si dilunga sempre quando va a trovare Crona.”
 
{Cos’avranno di tanto importante da fare quei due là sotto un giorno me lo dovrà spiegare.}
 
L’albino voltò le spalle al professore, mormorando un semplice “grazie” in modo alquanto stizzito e irritato, prima di cominciare a dirigersi verso la fine del corridoio. Sid esalò un sospiro rassegnato, aveva notato benissimo la vena che pulsava sulla tempia di Soul, nonostante quest’ultimo avesse cercato di nascondere in tutti i modi il suo fastidio.
 
“Anche io da giovane ero geloso della mia partner, talvolta. Ero fatto così.”

-

 
“ANDIAMO AMICO, SU CON LA VITA!”
 
Black Star mollò una sonora pacca sulla schiena di Soul, gridando senza alcun ritegno e facendogli perdere il respiro per qualche secondo. Esuberante e instancabile come al solito, il turchino non pareva minimamente preoccupato della situazione in cui si trovava il buki. Non gli si poteva contestare però che, a suo modo, stesse cercando di fare l’amico. Ma per lui tutto ciò era incomprensibile. Per quanto si sforzasse, non riusciva a comprendere come Soul si sentisse. Capiva che fosse preoccupato per Maka, certo. Anche lui avrebbe fatto lo stesso per Tsubaki. Ma non leggeva in quella preoccupazione i sentimenti nascosti di Soul, e in questo modo non poteva aiutarlo davvero. Ora una domanda sorgeva spontanea, era lui troppo bravo a nascondere ciò che provava o Black Star troppo stupido per capire? Forse avrebbe dovuto scegliere Kid per confidarsi. O forse, semplicemente, non doveva confidarsi affatto. Era sempre meglio tenersi le cose per se.
 
“Black, piantala di urlare, per favore.”
 
“Quando sei preoccupato diventi noioso. Andiaaaamo, cosa pensi che facciano là sotto?”
 
“Ma che ne so. Ci va sempre da sola! Non mi chiede mai di accompagnarla. Non che mi interessi accompagnarla, ma almeno potrebbe chiedermelo! Nemmeno mi dice dove sta andando, è sempre così misteriosa. Potrebbe passare del tempo con Crona anche se ci fossi io con lei, mica lo mangio.”
 
Il viso di Black Star venne solcato all’improvviso da un sorrisetto compiaciuto, non appena l’albino esplose. Era ovvio che succedesse, quando ci si tiene tutto dentro a un certo punto le cose ti escono fuori dalla bocca anche senza che tu lo voglia. Il giovane meister si chinò e iniziò a punzecchiargli la guancia, fissandolo con aria complice e leggermente maliziosa.
 
“Qualcuno qui è geloooosooo!”
 
“CHE COSA?! IO GELOSO DI MAKA?! MA SMETTILA!!”
 
Schiaffeggiò la mano del suo amico, provocando un rumore sonoro che si propagò per tutto il corridoio e scostandola così dalla sua guancia, ormai rossa per l’imbarazzo. Non poteva permettersi di fare brutta figura con Black Star, il suo amico non doveva assolutamente pensare che avesse una cotta per Maka. Che ne sarebbe stato della sua reputazione da fico, altrimenti? Forse, era proprio qui che stava il problema. A Soul importava più cosa pensavano gli altri di lui, di ciò che l’avrebbe reso felice davvero. E lui sapeva bene che riuscire a conquistare l’unica ragazza che non pendeva dalle sue labbra l’avrebbe reso completo. Ma non l’avrebbe fatto solo per togliersi lo sfizio e poter dire di aver steso anche lei, no, non avrebbe mai potuto giocare coi sentimenti di Maka nemmeno volendo. Non sarebbe mai riuscito a farle del male. Se si fosse messo in testa di farla sua, l’avrebbe fatto perché lo voleva davvero. Si desidera sempre ciò che non si può avere, le mete difficili da raggiungere sono le più belle. E la bionda ha sempre rappresentato per lui un traguardo irraggiungibile. Ma prima o poi prenderà il coraggio a due mani e ribalterà la situazione.
…Forse.
Black Star continuò a ridacchiare alle sue spalle per il colorito che aveva assunto il suo viso, poi si asciugò quella lacrimuccia che aveva solcato la sua guancia per l’esagerata reazione suscitata dalla vista del suo amico imbarazzato. Non era uno spettacolo che si aveva il privilegio di vedere tutti i giorni. Come si poteva non infierire?
 
“Oh, andiamo! Non penserai mica che facciano ses-!”
 
“…NON DIRLO NEMMENO PER SCHERZO! MAKA NON E’ QUEL TIPO DI PERSONA. INSOMMA, LEI NON FA QUESTE COSE. VERO? NO. NON LA MAKA CHE CONOSCO IO. CON UN PESCE LESSO COME CRONA PO-!”
 
“Pff…AHAHAHAHAHAHAH AMICO SEI UNO SPASSO!! AHAHAHAHAHAHAH!!!”
 
E giù a ridere di nuovo come non mai. Bisognava ammetterlo, un Soul geloso era ancora più divertente di un Soul imbarazzato. L’unico che pareva non ridere, era proprio l’albino. In effetti non era poi così spassoso quando ad essere preso in giro eri tu. Chissà se anche Maka si sentiva così, quando lui si prendeva gioco di lei…
Maka, Maka e solo Maka. Possibile che non riuscisse a pensare ad altro?
 
“Piantala.”
 
Affermò unicamente, digrignando i denti aguzzi.
 
“Va bene, va bene! La smetto!”
 
Rispose Black Star, asciugandosi l’ennesima lacrimuccia sulla guancia.
 
“Piuttosto, fossi in te starei tranquillo. Nessuno dei due ha la minima idea di come sia fatto l’apparato sessuale dell’altro sesso, figurati se pensano a fare queste cose.”
 
“Pff, ha parlato il grande esperto.”
 
“Senti, fai silenzio. Fai tanto il figo, ma sono sicuro che nemmeno tu sai come è fatta una donna.”
 
“Con quel ‘nemmeno’ hai appena ammesso di non saperlo.”
 
“Non cambiare discorso.”
 
E in effetti, era così. Era tutta apparenza, Soul non aveva la minima idea di come fosse fatta una donna. Per questo reagiva così, quando Blair gli metteva senza ritegno le tette in faccia. La cosa grave era che immaginarsi Maka nuda o in biancheria, immagini che la sua mente molto malata e perversa gli regalava senza che lui lo chiedesse –e tra parentesi la cosa non pareva nemmeno dispiacergli-, lo faceva reagire in maniera oltre modo esagerata. Anche più di come reagiva di fronte ai “beni” di Blair. La cosa era preoccupante… Ma no, come poteva essere preoccupante provare una tremenda attrazione fisica nei confronti della propria meister, al punto da volerla sbattere al muro e denudarla senza ritegno?
Era del tutto normale.
…Prima di morire, l’avrebbe fatto senz’altro.
Magari se avesse scoperto di avere una malattia grave da cui non poteva uscire.
Così ci avrebbe pensato Maka a dargli il colpo di grazia.
 
“Mpf, figurati. Io sono abituato a vedere le donne nude.”
 
Affermò con fierezza la giovane falce, incrociando le braccia al petto e rivolgendo lo sguardo altrove. Ma quale abituato e abituato, se alla vista di Maka in short doveva fare uno sforzo enorme per trattenere l’ondata di sangue che era in procinto di sgorgargli dal naso.
 
“Certo certo… Mi stupisco di come non ti sia mai uscito sangue dal naso alla vista di Maka in pantaloncini all’ora di ginnastica, davvero ‘grande esperto’.”
 
Appunto.
 
“Hai rotto il cazzo. Vado a fare due passi.”
 
Irritato per il comportamento del suo amico, Soul infilò le mani in tasca e scese dalla cattedra abbandonata in mezzo al corridoio senza una ragione ben precisa. Gli girò in fretta le spalle e cominciò a dirigersi verso la fine del corridoio. Lui e Black andavano sempre d’accordo, ma non lo sopportava quando faceva così. Era irritante constatare che qualcuno avesse compreso come ti sentivi, e nonostante questo si divertisse a girare il dito nella piaga, specialmente se si trattava di un tuo caro amico. Come se la situazione in se non fosse già abbastanza difficile.
 
“Siii braaaavo! Vai dalla tua Makinaaa!”
 
Gli urlò dietro il turchino, accasciandosi sulla superfice legnosa della cattedra e reggendosi la pancia per le troppe risate. Ma che aveva, quel giorno? La capacità di leggergli nel pensiero? Soul sperò con tutto il cuore che cascasse sul pavimento e sbattesse la testa.
Tanto, dura com’era, non si sarebbe fatto nulla.
Certe volte avrebbe proprio voluto essere Maka.
…Non solo per vedere cos’avesse sotto la maglietta e la gonna –da bravo pervertito qual era-, ma anche perché, infondo, sbattere i libri in testa alla gente doveva essere utile, all’occorrenza.
 
-

Un colpo di nocche, un secondo, un terzo e un quarto. Riecheggiarono nei meandri desolati dei sotterranei della Shibusen, quasi fossero del tutto deserti. Quasi non ci fosse nessuno dentro quella cella. Soul cercò di mantenere la calma, respirando lentamente, come chi e sull’orlo di una crisi di nervi.
 
{Sta calmo, Soul. Non stanno facendo nulla. Sono solo la dentro che…Parlano amabilmente, si.
….ALLORA PERCHE’ NON SI SENTE NESSUN FOTTUTO RUMORE?!}
 
Niente, proprio non ci riusciva a stare tranquillo. E avrebbe sbottato definitivamente, già aveva portato la gamba indietro per dare un calcio alla porta e sfondarla, se non fosse che…
 
“…Chi è..?”
 
La voce pacata e bassa di Crona lo fece tornare immediatamente in se. Era più un sussurro che una risposta, ma almeno aveva pronunciato qualcosa.
 
“Crona! Sono Soul! Maka è con te?”
 
“…Soul? Si, Maka-chan è qui, ma…”
 
“Fammi entrare.”
 
Che senso aveva dirlo, se un minuto dopo già aveva dato quel famoso calcio alla porta ed era entrato da solo? Penetrò con irruenza nella stanza, guardandosi intorno. Fu allora che si trovò di fronte a un Crona esageratamente spaventato e una Maka seduta al suo fianco, furiosa come non mai. Si sentì immediatamente più sollevato. Tanti viaggi mentali per niente…
 
“Beh?! Ti sembra il modo di entrare in camera degli altri?!”
 
Maka non perse, come sempre, occasione di rimproverare il suo partner. Adagiò le proprie braccia sui suoi fianchi e lo fissò col solito sguardo truce, gonfiando le guance con stizza. Avrebbe tanto voluto saltarle addosso in quel momento, -come ogni volta che lo rimproverava con quel tono insopportabile-, ma si seppe contenere. Le era mancata così tanto, aveva avuto così tanta paura che stesse succedendo qualcosa tra quei due, che avrebbe anche potuto mettere da parte il suo orgoglio. Ma decise di non farlo. L’avrebbe persa. Non era il luogo ne momento adatto per sbatterla al muro e assaporare le sue labbra.
Quelle labbra.
Le osservava spesso quando si muovevano per sgridarlo, quando si incurvavano in un sorriso, in un’espressione annoiata. Le bramava, erano così invitanti. Come lei, in generale. Avrebbe tanto voluto poggiarci sopra le sue, nonostante non avesse la minima idea di come si dava un bacio. Magari, la passione e la voglia l’avrebbero guidato.
 
“Soul…? Sei tra noi?”
 
Mentre lui era rimasto imbambolato a fissare quei due buttati per terra ad un angolo del pavimento, la bionda si era sollevata in piedi e aveva cominciato a schioccare le dita di fronte al suo viso, per destarlo da chissà quale sonno. Il profumo inebriante della sua pelle lo pervase tutto a un tratto, e nel tentativo di sfuggire alla tentazione, si perse nei suoi occhi smeraldini. Così belli e profondi che sarebbe rimasto ore a fissarli. Erano a una distanza talmente minima, che Soul poteva sentire il suo respiro caldo finirgli sul collo. Eppure non era difficile. Gli sarebbe bastato piegarsi in avanti, afferrarla per la nuca e portarla maggiormente vicino a se, e….
Scosse la testa per allontanare quei pensieri, quella tentazione immonda. Come già detto, quello non era ne il posto ne il momento adatto per fare una cosa del genere.
 
“E non starmi così appiccicata. Ci sono, ci sono… Si può sapere che ci fate rinchiusi qui dentro da tre ore e mezzo?”
 
Istintivamente, si passò una mano fra i suoi capelli albini, quasi volesse aggiustarseli, socchiuse un occhio con fare perplesso e fissò da prima Maka, poi Crona. Stavolta voleva vederci chiaro. Cosa c’era di bello nel rinchiudersi per ore in una stanza semi buia ed isolarsi dal resto del mondo?
 
“Insegno a Crona a relazionarsi con gli altri. Altrimenti non vuole uscire di qui perché non sa come comportarsi. Ecco perché ci chiudiamo qua dentro.”
 
La biondina indicò il suo amico, che nel mentre si era rannicchiato in un angolo, impaurito per l’irruenza di Soul. Il ragazzo puntò lo sguardo su di lui e non poté fare a meno che scoppiare a ridere. Le reazioni di Crona erano sempre divertenti. Si dimenticò perfino che fino a qualche minuto prima si era preoccupato che quel ragazzo che adesso derideva gli portasse via Maka.
 
“Lo trovi divertente?!”
 
Sbottò ancora lei, irritata per il suo poco tatto.
 
“Andiamo a casa, Maka.”
 
Affermò lui per tutta risposta, afferrandola per una mano e cominciando a trascinarla fuori dalla stanza con un mezzo sorriso stampato sulle labbra. Non voleva stare lì dentro un minuto di più, voleva passare il resto del pomeriggio a battibeccare con lei. Voleva vederla infuriarsi per le sue battute stupide, voleva punzecchiarla un po’. Voleva semplicemente lei, solo che doveva capire bene come fare per averla.
 
“Cos-! Soul!”
 
“Ciao Crona!”
 
Lo salutò con un cenno della mano l’albino e sfoggiando un sorrisetto compiaciuto, come per dire ‘è mia, stronzo.’
Povero Crona, che colpa ne aveva lui, infondo? Non aveva nemmeno idea di ciò che stava accadendo…
 
“C-ciao Crona! Ci vediamo domani!”
 
Urlò Maka, prima che Soul si chiudesse la porta alle spalle.
 
“…Ciao ragazzi…”
 
Ricambiò lui con la solita voce cupa, amplificando maggiormente la stretta delle sue gambe contro il petto.

-
 
“Maka…CHOOOP!”
 
Il libro di Maka ricadde come da copione sulla testa dell’albino, facendolo spiaccicare contro il terreno.
 
“Ahi! Ma sei impazzita?! Mi hai fatto male!!”
 
Protestò lui, massaggiandosi il capo e cercando di alzarsi in piedi.
 
“Si può sapere che accidenti ti è saltato in mente?! Piombare in camera di Crona con così poco preavviso!”
 
Eccola lì. La Maka che perdeva le staffe, la Maka che gli faceva sempre le ramanzine, la Maka irritabile, quella dallo sguardo truce. La Maka che amava. Mentre continuava a massaggiarsi il capo, Soul la fissava attentamente con l’unico occhio che teneva aperto: perfettamente diritta, mani sui fianchi, fronte corrugata, sguardo incattivito. Lo faceva proprio impazzire, quando si comportava così. Istintivamente, si fiondò verso di lei, l’afferrò per le braccia e tempo cinque minuti già l’aveva inchiodata al muro. Presa forte e decisa, sguardo sicuro e determinato, ginocchio destro in mezzo alle gambe di lei. Non doveva tremare, nonostante la loro vicinanza fosse talmente minima da inebriare le sue narici col profumo della bionda, e da far avvertire a lei il respiro caldo e leggermente affannato di Soul sul collo. Maka lo fissava esterrefatta, sorpresa, perplessa, non capendo cosa stesse accadendo. Erano così vicini, e ciò la metteva in confusione, facendole perdere quella sicurezza che da sempre la caratterizzava. Pareva quasi che i ruoli si fossero invertiti, per una volta.
 
“Devi capire che tu sei mia e di nessun altro, chiaro?”
 
Gli uscì spontaneamente dalla bocca, mentre ancora la spogliava con lo sguardo. Altrettanto spontaneamente, la bionda divenne tutta rossa. Si chiesero entrambi se il battito cardiaco dell’altro fosse accelerato come il proprio, si chiesero entrambi come c’erano finiti in quella situazione, cosa gli avesse portati ad arrivare a tanto. Si chiesero se era il caso di aggravare il tutto, di rischiare, o di finirla lì, di troncarla sul nascere, come se niente fosse mai accaduto.
 
“C-C-Che cosa hai detto?!”
 
Biascicò Maka, non riuscendo a fare a meno di balbettare. Fu allora che Soul si rese conto che forse aveva scelto l’approccio sbagliato per farle capire cosa provasse per lei. E se avesse creato qualche casino, qualche incomprensione tra loro, l’avrebbe persa. Per sempre. Non poteva assolutamente permettere che ciò accadesse.
 
“Tu sei… La mia partner… E se sparisci per tempo immemore senza dirmi dove vai è ovvio che mi preoccupo. Cretina.”
 
Lentamente, le sue mani scivolarono lungo le braccia di Maka, abbandonandole a poco a poco. La lasciò andare così, per paura di lasciarla andare per davvero. Non riusciva ancora a trovare il coraggio per rischiare, il timore di perderla era troppo forte. La lasciò inchiodata a quel muro, a chiedersi cosa stesse accadendo di preciso. A lei, a Soul, a loro. Ma almeno era riuscito a farle capire che le importava di lei, che si preoccupava. Era già tanto, per l’orgoglio smisurato che si ritrovava. Soul indirizzò lo sguardo altrove, per non incrociare quello di Maka, in modo tale da non diventare più rosso di quanto già non fosse. Si sentiva stupido per aver compiuto quel gesto tanto sconsiderato. E meno male che tra i due l’impulsiva doveva essere Maka. La meister rimase a fissarlo in silenzio, le braccia penzolanti abbandonate lungo i fianchi, la bocca leggermente dischiusa e gli occhi vuoti, mentre il rossore che aveva invaso completamente il suo viso cercava di abbandonare la sua cute. Soul in quel momento le parve così vulnerabile, così impotente che avrebbe voluto incrociare le sue braccia intorno al suo corpo. Lo sapeva bene, come si sentiva in quel momento. Un sorrisetto dolcissimo solcò le sue labbra. Era stato bello sentirsi dire quella frase, per un attimo aveva sentito di appartenere a qualcuno, per un attimo si era sentita desiderata da qualcuno. E quel qualcuno, guarda caso, era proprio Soul.
 
“Anche tu sei mio.”
 
Bofonchiò di rimando, un sussurro quasi impercettibile, ma che alle orecchie dell’albino arrivò forte e chiaro. Al punto da farlo sussultare leggermente.
 
“Che hai detto scusa?!”
 
Domandò voltando di poco il capo verso di lei, chiedendo conferma, sperando di averci sentito bene. Ma la bionda scosse il capo, smuovendo le sue codine bionde in segno di disapprovazione. Figurarsi se si permetteva di dargli soddisfazione, il suo ego era già fin troppo grande per i suoi gusti, non serviva alimentarlo ulteriormente.
 
“Non ripeto le cose una seconda volta. E ora andiamo a casa.”
 
Affermò in tono soddisfatto la giovane meister, afferrandolo per una mano e cominciando a trascinarlo per tutto il corridoio. Soul sbuffò sonoramente, lasciando che la ragazza lo trasportasse senza opporre resistenza. Era sicuro di aver sentito bene, ma gli sarebbe piaciuto tanto che Maka ripetesse ciò che aveva detto. Non solo perché questo avrebbe accresciuto maggiormente la sua autostima, ma anche per avere un vero e proprio pretesto per saltarle addosso per davvero. Riusciva a rendergli sempre pan per focaccia, quell’odiosa senzatette. O forse… Poteva ancora avere il coltello dalla parte del manico.
 
“Ehi, Maka.”
 
“Mh? Che c’è adesso?”
 
“Ti amo.”
 
“….C-che hai detto?”
 
“Spiacente, non ripeto le cose una seconda volta.”
 
“IDIOTA!!”
 
Perché proprio Maka?
Perché Maka aveva il profumo più buono.
Perché Maka aveva il sorriso più bello.
Perché Maka aveva un corpo che urlava, nonostante quei vestiti scatti e casti non lo valorizzassero affatto.
Perché Maka aveva quello sguardo capace di farti sussultare.
Perché Maka aveva una voce che ti rimaneva in testa per tutto il giorno.
Perché Maka aveva un coraggio senza limiti.
Perché Maka aveva quei lunghi capelli biondi che svolazzavano nel vento.
Perché Maka aveva gli occhi di una tigre.
Perché Maka era Maka.
Semplicemente questo.
E un giorno Soul si sarebbe fatto forza,
Avrebbe preso il coraggio a due mani,
E l’avrebbe fatta sua.


 
  
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