Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: lunadelpassato    19/08/2014    6 recensioni
(seguito de La vergogna del sangue)
per il prequel: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2769398&i=1
Nessuno decide quando nascere.
Ma qualunque momento sia, stai certo che sarà sempre quello sbagliato.
Genere: Azione, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
- Questa storia fa parte della serie 'Le due facce della realtà'
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Pietà.




Aspettò la notte per compiere il suo omicidio. Sarà stato anche uno dei più fedeli e aggressivi generali della regina, ma non sarebbe mai riuscito ad uccidere quel fagotto tiepido che teneva tra le braccia sotto l’attenzione vigile della luce solare.
Perfino la luna quella notte sembrava essersi nascosta per non assistere all’infanticidio: al suo posto, il cielo coperto di nuvole rendeva l'aria carica di pioggia, togliendo anche la fioca luce naturale delle stelle.
-Non hai scelta- gli aveva intimato Elsa mentre ancora ansimava nel suo sangue, -o morirà il bambino, o morirai tu.
Aveva scelto la vita.
Appena l'ultimo aspirante suicida completò il suo salto nel vuoto, emerse dall'ombra della tenda, diretto verso l'unica entrata dell'accampamento. Bastarono poche parole alla vedetta di guardia
(Cristo, avrà sedici anni portati male)
e si ritrovò la strada libera. La reazione al buio pesto fu quella di stringersi addosso il fagotto di stracci, quasi come a proteggerne il contenuto; due giorni dopo, un attimo prima di diventare di ghiaccio, avrebbe trovato da ridere su quell'azione così istintiva e inutile.  Accese con la mano libera la lanterna che aveva avuto in dono dalla regina e, anche se riluttante, incominciò a camminare.
Camminò lento ma inevitabilmente diretto verso il ponte. Ad un tratto gli sembrò quasi che il fagotto si fosse mosso, ma dovette ricredersi quando ricordò che la regina aveva congelato il cervello dell'esserino mezz'ora dopo la nascita. Non era morto, ma mancava solo il colpo di grazia.
Attraversò la città deserta fidandosi solamente dalla luce proveniente dal fioco lume che teneva con la mano libera, e troppo presto arrivò nel luogo predisposto.
Davanti a lui, uno strapiombo mascherato dall'oscurità.
Questa volta fu certo di aver sentito il fagotto uggiolare piano. Con infinita delicatezza scostò il lembo di tessuto che ne copriva il visino; quel che vide gli sciolse il cuore.
-Come ha fatto? -mormorò in quella notte carica di umidità.
La testa del neonato era per metà ricoperta da un materiale trasparente e pericolosamente solido, e la pelle sottostante era pericolosamente pallida anche a luce di lanterna. L’altra pareva solo bagnata. Probabilmente il calore con cui l'aveva tenuto stretto a lui aveva contribuito a sciogliere il ghiaccio della parte bagnata, ma non era stato abbastanza da fare lo stesso con quella ancora congelata.
Trattenne un conato di vomito, conseguenza del pensiero che se fosse vissuto, quel bambino avrebbe per sempre avuto una paresi parziale al viso esposto troppo a lungo al freddo. Si concentrò invece sul vuoto davanti a lui. Richiuse velocemente il lembo di tessuto e sporse il fagotto sopra l'oblio, pronto a lasciare la presa.
-Così in fretta?
La voce fu così inaspettata che il generale strinse le dita attorno al bambino invece di scioglierle. L’istinto da spadaccino fu tale che nemmeno un secondo dopo aveva la lunga spada in mano, il fagotto dietro la schiena e (da parte dello sconosciuto) un coltello da caccia sotto la gola.
-Amico o nemico?
La voce del generale tremò lievemente al contatto freddo del metallo sotto il Pomo d'Adamo, ma fu solo per far credere all’altro di provare emozioni che invece non avvertiva. Appena lo sconosciuto abbassò la guardia, fece un giro completo su sé stesso e costrinse il suo sfidante a mollare il coltello e cadere in ginocchio sotto il suo peso. Tutto questo con il bambino dietro la schiena e la mano destra armata di spada.
-Dipende. - rispose lo sconosciuto.
Veloce come il lampo, si girò e contemporaneamente sfilò la spada lunga, che fino a quel momento era rimasta nascosta nella fondina, in una virata diretta al petto del generale. Solo che invece del petto trovò un'altra lama, di eguale fattura, che cozzò contro la sua provocando alcune scintille.
-Sei con la puttana o con Uberto?
Il generale non commentò. Si limitò a tenere la spada contro quella dell'avversario, spingendola lievemente in avanti. L’uomo davanti a lui chiuse la mascella di scatto. Dopo pochi secondi, dalla sua bocca uscirono tre parole:
-Dammi il fagotto.
Il tono dello sconosciuto non ammetteva repliche, ma lui aveva abbastanza sale in zucca da poter uccidere il bambino e liberarsi di quell'essere in una sola mossa. E poi…come si dice? Avere due piccioni con una fava.
-Se te lo darò dopo sarò costretto ad ucciderti.- incominciò ghignando quasi divertito. -Perché è questa la fine che il bambino deve fare.
L'altro lasciò cadere la spada per terra, alzò le braccia e, con uno sguardo altrettanto furbo, si allontanò di un passo.
-Parliamone insieme. Entrambi sappiamo che se tu mi fai cadere nel dirupo, posso prendere il bambino al volo quando sarà il suo turno, per poi  portarlo al mio Re; sai anche che accadrebbe lo stesso se tu lo facessi mentre lo tengo in braccio. E non provare a gettarlo mentre io sono ancora qui; te lo impedirei fino alla morte.
Il generale digrignò i denti, poi fece cadere la spada sopra quella del soldato. L'altro sogghignò.
-Nessuno resiste alla logica. Nemmeno chi si fa comandare da una puttana.
-Fottiti, traditore.
-Altrettanto.
 
Cinque Aren. Il principe di Arendelle ebbe salva la vita per cinque monete di bronzo.
Il soldato lo trasportò fino ad un manipolo di suoi simili. Al centro del gruppo si reggeva ,apparentemente nel nulla, una lampada ad olio che rendeva possibile la viabilità.
-Hai il bambino?- gli chiese il più anziano. Lui passò il fagotto all'uomo che aveva parlato.
L'uomo scostò un lembo di tessuto, osservò per qualche secondo e richiuse velocemente.
-Che cosa ne faremo, mio Re?
L'uomo cacciò in mano il fagotto alla persona che aveva parlato; un ragazzo che non avrebbe dovuto ancora conoscere la guerra e i suoi aspetti più terribili.
-Uccidilo. Un bambino col cervello congelato non mi serve.
Detto questo, si girò e trascinò con sé la lanterna, costringendo tutti i soldati a seguirlo.
Ma Saliente non era “tutti i soldati”. Diciassette anni compiuti una manciata di settimane prima, ma molta più umanità dei suoi compagni, faceva parte di quell'esiguo gruppo di uomini capace di mantenere coscienza del prezzo di una vita anche durante un'inutile carneficina come quella che si stava svolgendo ad Arendelle.
-Tranquillo piccolino, non ti ucciderò. -sussurrò diretto al fagotto. Come se l'avesse sentito, il piccolo si mosse.
Aspettò l'alba seduto su una roccia e, quando venne, continuò ad aspettare. Il bambino non sembrava lamentarsi del fatto che ormai erano ore che non mangiava, ma il soldato giunse alla conclusione che il piccolo non avesse tanto bisogno di nutrirsi, con metà cervello congelato.
Il carro venne anche quella volta. Il conduttore sussultò alla vista del soldato, ma accolse il bambino tra le sue braccia pelose in cambio di dieci Aren d'argento. Un prezzo quasi impagabile per Saliente.
Quindici minuti dopo, ripieno fino all'orlo del suo solito fetente carico, il carro partì.
-Ti auguro tutta la fortuna che posso. Ti servirà. -sussurrò il ragazzo al bambino che si allontanava velocemente dal campo, come purtroppo lui non poteva fare.
Il viaggio del fagotto durò tre ore. Bastò un solo vagito per essere sbattuto fuori dal carro con un sonoro calcio da parte dell'uomo che l'aveva comprato per dieci sporche monete d'argento.
Rimase lì, nel ciglio della strada, senza potersi muovere, ma solo piangere, per un tempo interminabile. Il piccolo stomaco della creaturina si agitava come un cavallo imbizzarrito e la nuova sensazione (la fame) che non aveva mai provato si impossessò dei  polmoni avidi di aria.
Anna sentì il pianto quando ancora era al mercato, impegnata a mendicare un tozzo di pane per mandarsi avanti la pancia almeno fino al giorno dopo. Aveva racimolato solo due Aren di ferro, ma appena sentì i vagiti corse verso il suono come se fosse inseguita da uno sciame d'api. Il suo primo e unico pensiero era stato: con un bambino farò più pena e mi daranno più soldi: mangerò di più.
Salvò il fagotto da un carro decisamente troppo grande per quella stradicciola polverosa, a cui rivolse una serie di termini poco fini che, due anni prima, nemmeno avrebbe creduto esistessero.
Il tessuto sudicio fu svolto per la terza volta. Anna dovette trattenere un conato di vomito alla vista di quello che si celava all'interno. Con questo bambino, altro che elemosina!  
Metà faccia del neonato era paralizzata in un'espressione quasi serena, come se dormisse. L'altra metà cercava invece di urlare disperatamente. La bocca del bambino era per metà chiusa, mentre dall'altra parte era spalancata quanto la pelle permettesse in grida atroci. Come se non bastasse, era anche deturpata da un vistoso labbro leporino*. Ormai il ghiaccio che prima gli intrappolava il volto  si era sciolto, ma quello che era entrato nei muscoli sarebbe rimasto per sempre.
Anna richiuse immediatamente il lembo di tessuto e con una finta espressione addolorata si avvicinò alla sua preda. Al rifiuto netto del ricco signore, la principessa sollevò il lembo che copriva la faccia orribile, con il laudo risultato di tre Aren d'argento e sei di bronzo.
-Io e te faremo una grande squadra.-disse rivolta al bambino facendo risuonare le monete nella mano. Si avvicinò ad una bancarella alimentare.
L'uomo corpulento la guardò avvicinarsi con aria innocente, e per dimostrare quanto ci era cascato ordinò al figlio: -Prepara l'arco e tieniti pronto.
Anna, dal canto suo, posò le monete appena racimolate sopra il bancone. Lo sguardo indagatore dell'uomo non calò.
-Voglio un pollo.- guardò il fagotto che aveva in mano. -E un bicchiere di latte per il marmocchio.
L'uomo prese le monete dal bancone senza levarle gli occhi di dosso. Era come se l'avesse già vista... si riscosse dai pensieri e continuò il suo lavoro. Verso il latte in un cartoccio grande quanto un bicchiere da tè, poi prese un pennuto da una gabbia che stava dietro di lui e dalla stessa direzione una mannaia acuminata.
-Gallina da uova?
Anna scosse la testa, e la mannaia calò nel collo dell'animale con un tondo sordo. Le spoglie finirono in uno straccio bisunto che un tempo era stato bianco, e la principessa lo prese sotto l'avambraccio.
-Grazie- sbottò prima di allontanarsi.
-Prego, Anna- disse l'uomo sorridendo. Per fortuna l'interessata non lo sentì.
Il figlio minore ripose l'arco e si avvicinò al padre, confuso.
-Conoscevi quella donna? -chiese incredulo.
-Prima che la guerra facesse il suo effetto nel cuore di Elsa di Arendelle lei era la principessa.
Il figlio non chiese più; il padre divenne di malumore e cominciò ad affilare la mannaia. Non parlava mai volentieri del motivo per cui era scappato dal suo regno natale.
Anna non si allontanò di molto; aprì di nuovo il fagotto, fece una smorfia nel vedere il lattante, ma almeno adesso aveva chiuso la bocca.
Che fosse un bene era una cosa molto dubbia, ma Anna non ci pensò più di tanto. Tirò su il piccolo e provò a farlo bere dal cartoccio. Ovviamente non ci riuscì.
Dopo due minuti di prove e la faccia del bambino che minacciava di scoppiare di nuovo in lacrime le venne un'idea stupenda. Talmente luminosa che si stupì di averla avuta.
Liberò un dito dalla presa del cartoccio, e con quello si scostò il tessuto dal seno destro; avvicinò il piccolo al capezzolo, e quando fu come doveva essere si premette il contenitore del latte nel petto e ne fece uscire un piccolo rivoletto. Questo scorse giù fino a trovare la bocca affamata del bambino, che a quel sapore incominciò a fare le cose che di solito fanno i lattanti.
Anna all'inizio rabbrividì alla strana sensazione, poi si abituò e rimase a guardare la parte di volto sano che sembrava quasi boccheggiare.
Quando il latte finì, lo mise in posizione orizzontale come aveva visto fare tante volte per la strada, aspettò che il bambino espurgasse l'aria che aveva ingerito e lo coricò, avvolgendolo nello straccio in cui era arrivato a lei. 
Passò il pomeriggio a racimolare altri soldi, per poi comprare di nuovo latte per il piccolo e un pezzo di pane nero per lei e guardare il sole tramontare sopra il tetto delle case, mentre incominciavano la loro ronda notturna i soliti uomini dallo sguardo macchiato di pensieri troppo vili per essere descritti.
 
 
*labbro leporino: malformazione facciale in cui il labbro superiore non è chiuso completamente (in pratica il bambino ha una specie di grosso taglio che attraversa il labbro fino alla narice)












Angolo Autrice
Ciao a tutti.
Per prima cosa vi assicuro di essere conscia del fatto che questa storia è... scialba, o perlomeno questa è la mia impressione.
Capirò quindi se sarete poco propensi ad arrivare fino alla fine. Se trovate passaggi poco chiari o punti in cui la lettura diventa difficoltosa, non esitate a farmene causa.
Ringrazio di nuovo tutti quelli che stanno dando prova del loro piacere nel leggere questa serie.
Ovviamente accetto consigli per qualsiasi cosa (dall'inserimento delle virgole ad un possibile accenno di trama) e saluto tutti coloro che verranno attratti in qualche modo da questa catena di one-shots.
Con affetto,
lunadelpassato.

POST PUBBLICAZIONE: Ho corretto la prima parte del testo che prima era quasi illegibile. Mi scuso per la schifezza che hanno dovuto sopportare i vostri occhi.








 
  
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