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Autore: Nina_99    20/08/2014    1 recensioni
Era una ragazza controcorrente, che trovava sempre soddisfazioni in ciò che faceva, il cui obiettivo era quello di trovare una sempre più ardua sfida da compiere, punto di partenza per trovare altri obiettivi. E poi, provava a far sempre esattamente tutto l’opposto di ciò che vedeva fare agl’altri, in poche parole. E ben le riusciva.
Una ragazza così, forse, non s’era mai vista; ma la cosa più spiazzante in questa questione –credo –era la consapevolezza di lei, l’intenzione di esser ciò che era.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed effettivamente non era molto bella.

Loro la conoscevano, è vero, nella più rozza e –oserei dire –più grezza delle sue vesti; e, sì, bella non la si poteva definire. Neanche, però, era sì tanto brutta quanto tale ne venisse definita. Fatto sta che quelle parole la ferirono. Forse, “ferirono” è una parola grossa. Lei, sempre così insensibile ed intelligente, anche nei confronti dei “suoi” insulti! Ma detti così no, non andava.

Lei aveva sempre saputo di non andare a genio a molti, e ne godeva; aveva sempre saputo che nessuno credeva veramente alle illazioni e alle maldicenze che, in tutta la sua vita, le erano state addossate: ma non questa. La sua volontà è sempre stata quella di sentirsi sopra i coglioni dei suoi conoscenti, di abitare le vie più ignote e meno nobili del rancore umano, segregato all’interno di ognuno, volente o nolente; eppure, d’un tratto, per la prima volta in vita sua, si era sentita offesa. Sensazione nuova.

Per cui, la collera l’afferrò violentemente. E, altrettanto violentemente, ella la scagliò contro di loro.

Loro, quegl’immaturi e stupidi ragazzini, ah, loro: quanto odio. Che esseri schifosamente inutili! –pensava. Lei era tra i più grandi di loro, lei! Lei, avrebbe dovuto esser d’una classe successiva, ma ne meritava due, o tre, perdio. Lei non meritava di condividere l’ossigeno lurido con loro. Lei era loro superiore, aveva escogitato anche parecchi criteri per dimostrarlo.

Innanzi tutto era più intelligente. Aveva una capacità di deduzione logica inespugnabile. Un lessico perennemente impeccabile, mai una sbavatura, mai una svista, mai un balbettio. Poi era decisamente anti-convenzionale. I suoi argomenti erano dotati di senno, guai se le fosse capitata una conversazione sulle scarpe, sul vestiario o sulle borse. Ragionava sul tutto e sul nulla in fusione; ragionava su tutto, Dio, tutto.

Perché fosse stata messa lì, nella vita cui adempiva, in tali condizioni, non lo sapeva. Però aveva sempre avuto un presentimento –un presagio, nel più intimo squarcio del cuore suo, qualora esso fosse mai stato –che un motivo vigesse imperterrito, che un re misterioso regnasse od ordinasse tutte quante le cose, una sorta di datore di lavoro anche agli avvenimenti più normali ed irrilevanti, apparentemente, che capitano nella vita di ognuno. Conoscere qualcuno andare a una festa subire un incidente, una malattia, una perdita, un lutto, un sorriso. Apparentemente, si badi bene, ed ella ciò ben sapeva: razionale osservatrice dei fatti, aveva, a lungo andare, imparato come da cosa nascesse cosa, un algoritmo infallibile. Era divenuta così esperta nel dedurre tale ordine naturale che quasi quasi –come se non lo sapesse –si stupiva dello stupore altrui, qualora quell’altro si fosse reso conto dell’evoluzione della cosa. Oltre al fatto che prevedeva, infallibile, gli eventi futuri. Tutto questo la inorgogliva. Per ciò, lei sapeva che nulla è caso. O forse, lo sperava. Forse, adoperava come alibi per difendere la Natura o, non sapeva neppur lei, come potevasi definire la madre d’ogni cosa; forse sì, un alibi materno, una giustificazione in nome di una vana realtà, realmente inutile e idiota, esattamente come la causa persa che ha creata. Forse le serviva semplicemente, tale motivazione, per andare avanti. No, non era un alibi, se lo sentiva. Aveva sempre ragione. Aveva, sempre, avuto ragione. E ciò non le aveva mai giovato. Cioè, fino ad allora.

Nonostante tutto, nonostante non lo meritasse (o forse sì?) era lì, adesso. No, ma non era una buona cosa. Questa condizione le andava stretta, era inadeguata, non le scendeva giù, no, non le andava per nulla bene. Categoricamente. Aveva sopportato fino allo stremo, ma, adesso, il limite vigente era, irrimediabilmente, sfidato.

Adesso, –pensava –adesso basta.
  
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