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Autore: alessandroago_94    20/08/2014    10 recensioni
Un Impero in decadenza, una grande guerra tra popoli, un ordine secolare che traballa e che sta per sparire per sempre. La vita costringe i personaggi del racconto a combattere, ad incontrarsi e scontrarsi tra loro, ad amarsi e ad odiarsi, in un mondo dove ormai non ci sono più regole e la vita non è poi qualcosa di così scontato e facile. Di fronte alla distruzione del loro mondo, alcuni soggetti, che vogliano o no, costretti dalla fame o dalla voglia di rivincita e gloria, combatteranno e cercheranno un ultimo appiglio per ripristinare l’Impero e per salvarlo dalle orde dei Popoli del gran re Fermei.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1 F.

CAPITOLO 1

 

 

 

 

Un’altra monotona giornata stava per concludersi nell’oasi di Sulamba, ultimo avamposto dell’Impero di Fortwar.

Il sole stava già per abbassarsi all’orizzonte quando il giovane soldato Tim andò a raggiungere il fortino militare situato al centro dell’oasi. Mentre camminava a passo spedito lungo la stradina sabbiosa che lo avrebbe condotto dai suoi compagni, il giovane era sempre più immerso nei suoi pensieri. Ora che erano mesi che aveva lasciato casa sua, situata proprio a Fortwar, la capitale dell’impero, a Tim mancava tantissimo la sua città e i suoi amici.

Fino a pochi mesi prima era un ragazzo svogliato, che aveva molti amici e gli piaceva girovagare per i sobborghi della capitale, osservando la vita della gente ordinaria che svolgeva le proprie mansioni quotidiane. Oppure faceva lunghe bevute con gli amici. Effettivamente, fu costretto a riconoscere che in quel periodo felice non si era mai preoccupato tanto della sua vita, della sua famiglia o dell’amore.

Poi tutto era cambiato nel giro di pochi giorni. La notizia che suo padre era morto, ucciso in una rissa in strada da un ubriacone, l’aveva distrutto, e con lui anche sua madre aveva sofferto un immenso dolore. Forse per questo si era ammalata ed era morta nel giro di qualche mese, depressa e magra come non mai. Inoltre, a dare a Tim il colpo di grazia, ci fu un amore triste, provato verso una ragazza di nome Ilse, che di lui non gliene importava proprio nulla, e che lo aveva costretto a demordere, e a ciò andava aggiunto lo stato di più totale indigenza in cui si era ritrovato subito dopo la morte di entrambi i genitori.

Era figlio unico, e non avendo più soldi o altri parenti disposti ad aiutarlo, si era visto costretto ad arruolarsi nell’esercito oramai in declino dell’Impero. E così si era ritrovato lì in quel luogo sperduto, dove ovunque attorno a lui la vita scorreva sempre regolare e con gli stessi ritmi.  Anche in quell’istante i soliti e scarsi venditori di oggetti pressoché inutili si affollavano davanti al fortino dei militari, cercando di guadagnare qualche soldo per tirare avanti in quel luogo ostile agli uomini.

L’oasi era l’avamposto imperiale più avanzato nel deserto infinito che svolgeva da confine con i Regni Ignoti. Regni dai quali mai nessuno era tornato e mai nessuno era giunto, ma tutti sapevano che al di là del deserto fino ad un certo periodo tutto pullulava di vita umana.

La legittimazione di ciò era la leggenda tramandata d’in generazione in generazione che narrava dei Signori della Guerra, validi guerrieri che avevano tentato già in passato di invadere l’allora nascente Impero, ma che erano stati spazzati via dagli imperatori fondatori di Fortwar.

Comunque, erano centinaia d’anni, se non migliaia, che non riaffiorava più nessuno da quella marea di sabbia rovente. Era passato talmente tanto tempo dalle ultime invasioni esterne e dalle guerre di consolidamento interne che lo stesso imperatore aveva di recente fatto capire che intendeva smilitarizzare il confine. Ovviamente per risparmiare denaro. Le casse imperiali non eran mai state più vuote di allora, lo sapevano tutti.

Tim era soltanto uno degli ultimi quaranta soldati a vivere e presidiare quel luogo angusto, con pochi civili ma pur sempre avidi e pronti ad ingannare il prossimo, per non parlare poi del caldo soffocante, terribile nemico di ogni giorno. Le poche abitazioni dell’oasi erano state costruite tutte a ridosso della piccola pozza d’acqua, che si trovava a fianco del fortino. Alcune palme offrivano un po’ d’ombra, che purtroppo alleviava ben poco le sofferenze dei militari, tra l’altro mal sopportati dai civili poiché bevevano e consumavano la maggioranza della già ben scarsa acqua della pozza.

In quel momento, Tim aveva quasi finito di percorrere il breve percorso che lo separava dalle logore e semidistrutte palizzate difensive del fortino. Notò con dispiacere che pensava troppo ultimamente, e che la causa di ciò doveva essere la vita monotona del militare di frontiera. Se avesse avuto i soldi per vivere una vita dignitosa non si sarebbe mai arruolato.

Improvvisamente, un grido fortissimo, deciso ma anche spaventato, squarciò la pesante calma dell’oasi e strappò bruscamente Tim dai suoi pensieri. Era stato Glen a urlare, un suo caro amico, anch’esso soldato, che aveva conosciuto proprio nell’oasi. L’aveva lasciato solo pochi minuti prima a finire il proprio turno di vigilanza a quelle che tutti chiamavano palizzate esterne di difesa, ma che in realtà non erano altro che pezzi di legno e mattoni spezzati buttati alla rinfusa a cercare di arginare le pretese che aveva la sabbia del deserto verso l’oasi. Tim si guardò rapidamente indietro e sentì che il grido d’allarme veniva ripetuto.

Molto scosso, sentì i suoi compagni gridare dall’interno del fortino, e poi li vide rapidamente riversarsi fuori. Tim riprese a tornare di corsa sui suoi passi, e in pochi attimi raggiunse il posto di guardia che aveva lasciato solo pochi istanti prima. Con un rapido sguardo constatò che tutto appariva a posto, e, leggermente infastidito, cercò il compagno con lo sguardo e lo vide poco più in là, mentre lo fissava con un volto pallido e tirato tipico di chi è molto spaventato. Tim lo fissò intensamente, ricambiandolo.

’’Che c’è, Glen?’’ chiese all’amico, con grande curiosità.

‘’Guarda’’, gli rispose l’amico che aveva lanciato l’allarme, indicando poi con una mano un punto indefinito nel deserto.

Intanto erano giunti sul luogo quasi tutti gli altri soldati e anche parecchi civili. E tutti guardarono il deserto, rimanendo sorpresi.

Calò improvvisamente un silenzio profondo. Il deserto, all’orizzonte pareva aver preso vita. Una nube di sabbia si sollevava verso il cielo, come quando si accingeva a crearsi una tempesta di vento.

Alcuni, più inesperti, iniziarono a bisbigliare tra loro, fintanto che uno più deciso degli altri si decise a parlare apertamente.

‘’E’ solo una tempesta di sabbia’’, disse un giovane soldato dalla retrovie, ridendo.

Tutti si girarono a guardarlo. Si trattava di Anthos, un ragazzo particolarmente stupido ed arrogante. A prendere la parola a quel punto fu l’anziano comandante del piccolo distaccamento dell’oasi, il vecchio John, che era appena giunto sul posto in modo molto silenzioso e discreto.

‘’Soldati, quello che vedete non è un fenomeno naturale, il cielo è terso e non si tratta di una tempesta’’ disse con la voce che trasudava stupore e spavento. ‘’Si tratta di un esercito, che tra poco arriverà fin qui’’ concluse l’uomo, pochi istanti dopo.

‘’Ma è impossibile’’, continuò Anthos, esprimendo un tacito dubbio comune. ‘’Sono secoli che nessuno sbuca da quel deserto, e di certo nessuno lo farà ora! Sarà sicuramente un distaccamento amico che viene fin qua da noi per fare un esercitazione’’.

La risposta del comandante John non si fece attendere. Il suo sguardo si fece talmente duro che persino Anthos impallidì e si zittì.

’’Basta soldato! Sono senza dubbio nemici, osservate meglio. Nessun contingente imperiale si trova in questa arida distesa senza vita, e in più costoro stanno viaggiando a dorso di cammello, come potete notare dal polverone che alzano, mentre i nostri cavalcano solo cavalli. Noi inoltre non attendiamo nessun distaccamento amico, e quindi dobbiamo armarci e prepararci a combattere in caso di necessità. Ora, chi non è già equipaggiato torni al forte e prenda le armi, e si ripresenti qui.

‘’Veloci, siete dei rammolliti vi voglio qui entro cinque minuti! Abbiamo poco tempo per prepararci prima che ci siano addosso’’, concluse in modo concitato il vecchio comandante, facendo smuovere ogni sottoposto.

I soldati iniziarono a correre alla rinfusa verso il fortino. Tim prese la sua spada e indossò rapidamente la sua corazza semplice e leggera per proteggere petto e schiena, allacciandosi poi anche un leggero elmetto. Vide alcuni compagni mentre afferravano le lance lunghe per i combattimenti a distanza.

Poi, senza guardarsi attorno, tornò rapidamente alla barricata. John contò rapidamente che ci fossero tutti e quaranta, per iniziare infine ad impartire ordini. Tim lanciò di sfuggita uno sguardo verso il deserto; ormai si potevano distinguere le sagome umane a dorso di resistenti cammelli.

‘’Avanti; i soldati che hanno le lance lunghe formino una prima linea e abbassino le punte di ferro di fronte a loro; i soldati senza lance si preparino a supportare l’urto che ci sarà tra non molto, tenendosi pronti a spingere in avanti i loro compagni per non farli ripiegare sotto la carica nemica! Perché quegli sconosciuti ci vogliono piombare addosso e falciare, lo vedo dalla velocità con cui si stanno muovendo’’, ruggì il comandante, dando i suoi ultimi ordini, iniziando poi a camminare tra i suoi uomini, sempre pronto a strattonarli e a riprenderli nel caso che qualcosa non gli andasse bene.

I soldati dopo pochi minuti erano pronti e ben disposti. Si erano sistemati di fronte alla barricata, poiché il comandante aveva preferito affrontare il nemico a viso aperto, ed in più le lance avrebbero potuto mietere maggiori vittime e rallentare la velocità nemica, mentre invece la debole barriera sarebbe stata distrutta in un batter d’occhio mettendo seriamente nei guai i soldati.

Il contingente imperiale era diviso in due file, da venti uomini ciascuna. Nella prima erano disposti venti soldati con le lance lunghe puntate verso il nemico, mentre la seconda fila impugnava solo la spada.

Era il primo combattimento vero per tutti, anche per il vecchio comandante, che continuava a impartire disciplina ai soldati.

I nemici iniziarono ben presto ad essere ben distinguibili. Indossavano corazze molto diverse da quelle di foggia imperiale, ed erano sorprendentemente belle e sgargianti e sfavillavano nella luce della sera.

Quando si avvicinarono ulteriormente, i soldati si compattarono. Sicuramente i nemici avrebbero continuato la loro folle corsa e avrebbero provato a sfondare le linee per disperderli.

Gli imperiali di John, nonostante la scarsa esperienza, sapevano bene che nel caso che i nemici fossero riusciti a sfondare le linee e a disperderli, sarebbe stata la fine per tutti loro. Tim smise di fissare i nemici per un attimo, deglutì e si volse verso i suoi compagni.

Non c’era sicurezza sui loro volti, solo paura, tanta paura. Poi, calò un silenzio teso prima dell’impatto.

Quando i cavalieri sconosciuti giunsero a pochi passi da Tim, il giovane poté sentire distintamente i rumori attutiti nella sabbia prodotti dalla folle corsa dei cammelli, mentre il rauco grido nemico di battaglia risuonava ovunque.

Tim sperò per un istante che i cammelli si spaventassero di fronte alle lance che venivano puntate loro contro, nella vana speranza che disarcionassero i nemici, ma in cuor suo sapeva che non sarebbe stato così facile e che non sarebbe successa una cosa del genere.

Il giovane soldato si trovava in seconda fila e poté vedere chiaramente il compagno davanti mentre si irrigidiva. E in un solo attimo fu tutto finito.

Il cammello lanciato al galoppo proprio di fronte a Tim si fermò. Ma proprio nel centro dello schieramento i cammelli non si fermarono e si gettarono sulle lance, e mentre gli animali della prima linea morirono infilzati, i quelli che si trovavano dietro di loro piombarono sui soldati di John, abbattendoli e distruggendo la valida formazione da battaglia degli imperiali. Divisi in due gruppi distinti, i soldati capirono che sarebbero morti. E allora iniziò la fuga.

 I compagni di Tim vacillarono, poi cercarono di fuggire, braccati dai nemici. Tim si trovò a fianco di Glen. Si compresero con uno solo sguardo e si misero spalla contro spalla ad affrontare tre nemici che li stavano inseguendo a piedi.

Dopo un attimo, il giovane soldato sentì un urlo di dolore, e vide Anthos a terra, ferito gravemente e poi disarmato da un nemico, anche se comunque riuscì a deviare un fendente e a ritirarsi, evitando la morte istantanea per un soffio. Poi, ovunque divamparono alte grida, questa volta esultanti, mentre un altro nemico sconosciuto e in tenuta colorata infilzava su una picca la testa del vecchio comandante John.

’’Siamo perduti, dobbiamo abbattere questi tre e poi scappare ‘’ disse a Glen.

 I tre nemici sconosciuti li affrontarono. Sembravano invincibili e incredibilmente sicuri.

Dopo qualche affondo Tim si mise sulla difensiva ma si rese conto ben presto che avrebbe potuto combattere ancora per poco, ed era già sfinito, fuori forma com’era, accorgendosi che stava per morire. Poi accadde l’imprevedibile.

Due frecce, a distanza di pochi secondi l’una dall’altra, trafissero i due avversari di Tim. Il giovane soldato si girò per vedere da dove provenivano, e riconobbe che era stato Anthos a scoccarle, mentre stava scagliando frecce alla rinfusa con un arco rubato ad un nemico, cercando di combattere fino alla morte. Un solo istante dopo fu trafitto da decine di frecce e il suo corpo rovinò a terra esanime.

Tim si volse a guardare Glen, che aveva perso di vista poco dopo il fortuito avvenimento. E lo ritrovò disteso a terra, trafitto da un nemico. Stava perdendo molto sangue dal ventre e molto presto sarebbe stato sopraffatto.

Il giovane soldato imperiale si guardò attorno, e vide che i suoi compagni giacevano tutti a terra, morti o feriti a morte, e ad aggravare ulteriormente la situazione stavano iniziando a scendere le tenebre notturne e gelide del deserto.

Approfittando del fatto che i nemici sembravano presi dai festeggiamenti e dal massacro dei feriti, disinteressandosi momentaneamente a lui, si nascose dietro la barricata e rapidamente raggiunse le prime case. I nemici stavano iniziando a sfondarne le porte per saccheggiarle.

Nascosto dietro un cespuglio spinoso, tolse un abito ad un nemico morto che giaceva li vicino e lo indossò. Doveva raggiungere il forte a tutti i costi.

Si armò di coraggio e iniziò a camminare a passo svelto tra i nemici. Essendosi camuffato, nessuno badava a lui, ed ogni nemico faceva i propri interessi saccheggiando le case e uccidendo i civili.

In pochi passi era al fortino, in cui nessuno per ora era entrato, ma Tim sapeva che di lì a poco sarebbe successo. Entrò dalla porta spalancata e si diresse dritto al luogo che solo i soldati del suo contingente conoscevano. Molto rapidamente percorse il breve corridoio interno, superò i dormitori comuni dei soldati e giunse di fronte alla porta della camera privata del comandante.

Con un forte spintone aprì la porta di legno ed entrò. La camera era quasi completamente spoglia e di ridotte dimensioni, e conteneva solo un letto, un comodino con una candela sopra, un mobiletto con un cassetto aperto e pieno di biancheria, ed infine uno strano armadio. Con grande fretta, Tim prese a cercare disperatamente quell’oggetto che aveva visto tante volte e che gli sarebbe stato utile nel caso fosse riuscito a fuggire dall’oasi senza essere ucciso.

Ed in fondo ad un cassetto, nascosto sotto la biancheria, Tim trovò quello che cercava.

Era il piccolo forziere dove il comandante conservava i soldi per la paga dei soldati, che distribuiva personalmente ogni mese e che gli venivano consegnati da un corriere imperiale. Il giovane soldato superstite constatò che la paga avrebbe dovuto essere effettuata tra due giorni, però c’era possibilità che nel piccolo forziere ci fosse qualche soldo. Lo sbatté con vigore, e dentro risuonò il suono classico del denaro sonante. Tim si sentì sollevato, udendo quel rumore.

In quel momento, riconobbe che non poteva far altro che nascondersi, poiché tra pochi istanti il fortino sarebbe stato pieno di nemici, che sicuramente avrebbero trascorso la gelida notte del deserto riposando al suo interno, dopo averlo saccheggiato.

Tim percosse con le mani la parete, non avendo molto tempo a disposizione, poi passò al pavimento, ma continuando a non trovare nulla. Eppure, ogni comandante nella propria camera aveva una via di fuga in modo da potersi salvare in casi di disperati attacchi al forte, in modo da poter avvisare gli altri imperiali del pericolo.

Tentando il tutto per tutto, si infilò sotto il letto, che era più rialzato del normale dalla pavimentazione. E fu lì che il legno risuonò.

Il giovane soldato spostò il letto incredibilmente leggero, aprì la botola e si infilò al suo interno. Appena in tempo, poiché ben presto le urla dei nemici ubriachi iniziarono a sentirsi ovunque, sopra di lui.

Tim abbassò la botola e la richiuse con un tonfo, non dopo aver cercato di rimettere il letto nella miglior posizione possibile e naturale, trovandosi proprio sotto la pavimentazione in legno della stanza del comandante.

Lì sotto era buio, l’aria era fresca ma non vedeva nulla. Sopra di lui sentì i passi di più uomini, poi dei tonfi, riconoscendo che i nemici stavano distruggendo tutta la mobilia in ricerca di soldi o cose da portare con sé. Poi, di lì a poco il frastuono cessò.

Tim si tastò le tasche delle brache che aveva sotto la veste colorata del nemico, ed estrasse un piccolo mozzicone di candela. La mise a terra, poi si ricordò che non aveva nulla per accenderla.

Con rabbia, pugnò a terra e si mise a sedere a pensare. Non sapeva neppure se lo spazio ignoto che lo circondava era ampio o ristretto, anche se pareva abbastanza spazioso. E non sapeva neppure che direzione prendere, per provare a tentare una folle fuga da quella situazione pericolosa.

Pian piano la sua mente si offuscò, perdendo lucidità. Il giovane soldato si accorse di ciò, ma non poté fare nulla contro il suo corpo che gli chiedeva riposo.

Volente o nolente, perse i sensi, cadendo in un sonno profondo e pieno di incubi, mentre il silenzio della notte del deserto veniva lacerato dalle urla degli invasori che festeggiavano la prima, anche se piccola, vittoria sul nemico.

 

 

Al suo risveglio, Tim si sentiva perso. Aveva il suo corpo indolenzito, e la testa gli doleva. Un lieve bruciore alla gamba destra gli fece notare che aveva una lieve ferita, e se la tastò con le mani.

 Il sangue si era già raggrumato e fortunatamente non era nulla di grave, solo un taglietto di striscio. Nel frattempo, il buio lo circondava; sopra di lui regnava un silenzio pesante, ma sapeva che i nemici erano ancora lì, anche se addormentati.

Doveva aver dormito un paio d’ore e fuori doveva essere notte fonda. Con la mano afferrò e si riprese il mozzicone di candela, rimettendosela in tasca, mentre intanto pensava a come uscire di lì. Dalla botola non poteva uscire, ma poteva procedere pian piano per trovare una via d’uscita, seguendo la galleria che partiva dall’ambiente in cui si trovava.

Con decisione, si tirò su e batté la testa. Imprecò e si abbassò leggermente, sperando di non aver fatto troppo baccano.

Proseguì a lungo per un tempo indefinito, seguendo la galleria tortuosa e urtando le friabili pareti del cunicolo che continuava ad aprirsi di fronte a sé.

Poi, all’improvviso, sentì un lieve alito d’aria fresca sfiorargli il volto, e capì che era sulla giusta strada e che mancava poco al suo obiettivo. Seguendo l’aria fresca si ritrovò pochi istanti dopo ad osservare la luna da un piccolo spazio nascosto tra rocce e cespugli spinosi.

Con un ultimo sforzo silenzioso, spostò le pietre che nascondevano l’ingresso della via di fuga del forte e si nascose tra i cespugli.

Si guardò attorno; era una bella nottata di luna piena, e poco distante da lui uno scorpione stava proseguendo la sua caccia notturna, mentre un cammello ancora imbrigliato restava sdraiato sulla sabbia poco distante, masticando placidamente un po’ di foraggio secco.

Tim riconobbe che si trovava abbastanza distante dal fortino e dalle povere casupole distrutte, che poteva ancora vedere chiaramente grazie alla luna. Attorno a lui, era tutto calmo.

Quando si sentì sicuro, uscì allo scoperto e decise di tentare la fortuna; si avvicinò al cammello, che nel frattempo continuava a restare a terra in attesa del suo padrone, probabilmente morto durante lo scontro di quella sera, oppure doveva essere riverso da qualche parte, ubriaco di quel poco vino contenuto negli scarni otri dei pochi abitanti dell’oasi. L’animale era molto mansueto, e fu subito pronto a muoversi quando Tim gli salì in groppa.

Nessuno, a parte lo scorpione a caccia di insetti, notò le due sagome che venivano rapidamente inghiottite dal deserto. Non le notarono neppure le due guardie nemiche che dovevano controllare l’oasi appena conquistata, che erano alticce e mezze addormentate in mezzo alle palme.

Tim ora sapeva dove doveva andare e cosa fare; era coraggioso e avrebbe fatto di tutto per salvare l’impero ed avvisare i suoi superiori del pericolo e dell’invasione di un nemico sconosciuto.

Era libero, aveva una cavalcatura e un po’ d’acqua, ed era ancora vivo e vegeto, e ciò era davvero un miracolo e una fortuna che non doveva sciupare.

Il giovane soldato imperiale superstite pensò che quella notte doveva avere gli dèi dalla sua parte, e si lasciò sfuggire un lieve sorriso mentre ormai era sufficientemente distante dal nemico, sentendosi già un po’ più al sicuro. Nonostante tutto, sfoggiò un sorriso nervoso, di quelli che si fanno per scaricare la tensione sopportata durante gli ultimi tragici eventi.

In quel momento si sentiva libero come non mai e pieno di sé, poiché sapeva che aveva una grande missione da portare a termine e che la vita di numerosi civili dipendeva da lui e dalla velocità con cui avrebbe avvisato gli altri fortini militari, mentre la luna piena gli illuminava la strada e lo osservava come solo una fiera compagna di viaggio poteva fare.

 

 

 

 

NOTA DELL’AUTORE

 

 

Ciao a tutti, e grazie per aver letto questo primo capitolo J

Questa è la prima storia in assoluto che ho scritto, e mi scuso già se troverete qualche piccolo errore o svista. Comunque, sto revisionando la storia.

Vi ringrazio se siete giunti fin qui, e spero abbiate voglia di proseguire la lettura e di seguire il nostro giovane protagonista nelle sue avventure. Avremo modo di conoscerlo meglio a breve J

Grazie ancora a tutti J

   
 
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