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Autore: Lost on Mars    20/08/2014    15 recensioni
Non si rimane adolescenti per tutta la vita, e Luke, a ventinove anni, non sa ancora se la cosa sia bene o male. Lui però adolescente non lo è più da tempo, anche se la sua vita da allora non è cambiata molto. Robert e Janet hanno solo cinque anni e sono gemelli. Sono i figli dei suoi due più cari amici e hanno la strana abitudine di chiamarlo “zio”. E a Luke piace passare del tempo con Robert e Janet perchè sono dei bambini davvero adorabili e perchè adora rispondere a tutte le loro domande. « Allora raccontaci la storia di come hai conosciuto mamma e papà » dice Robert, saltando sul divano. « E zio Calum, e zio Michael » si aggiunge la vocina della piccola Janet. Poi i due fratelli si guardano ed esclamano all'unisono: « Ce lo racconti? »
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Sequel ddella mia long "Time will heal". È consigliabile la lettura.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Tell them my name

Non è la prima volta che Thalia chiede a Luke di poter lasciare i gemelli a casa sua e di Calum, perchè lei e Ashton sono impegnati con il lavoro. Di solito i bambini sono a scuola, ma di sabato Luke ha il giorno libero e può stare in casa ad occuparsi di Robert e Janet, che a soli cinque anni sono già due tornadi con i capelli ricci e gli occhi verdi. Assomigliano entrambi ai propri genitori, anche se hanno il taglio degli occhi simile a quello di Thalia, allungato e non rotondeggiante. Solitamente, i bambini giocano i soffitta, oppure scendono le scale di corsa per chiedere a Luke qualcosa, come « Zio, ci insegni a suonare la chitarra? ». Nel periodo di Pasqua, la domanda più frequente è stata « Possiamo mangiare la cioccolata? ». E Luke aveva riso dicendo loro di sì, ma non troppa, altrimenti poi Thalia se la sarebbe presa con lui. Ovviamente, Luke non è un loro vero zio, ma da quando sono nati i gemelli, l'amicizia con Thalia e Ashton non è diminuita affatto, così i due bambini sono cresciuti con la costante presenza di Luke e Calum, e quella occasionale di Michael e Shailene, che qualche anno fa hanno deciso di girare il mondo e da un anno e mezzo si sono stabiliti definitivamente a Miami.
Così, un sabato mattina di Settembre, è Ashton a portare i bambini a casa di Luke. Janet rimane incollata al braccio del padre più del dovuto e lo saluta con un flebile « Ciao, papà », mentre Robert si è già fiondato in casa come un razzo.
Poi Ashton si rivolge a Luke « Thalia li viene a prendere verso le quattro ».
« Vedrò di cucinare qualcosa di decente allora, » scherza Luke. « Ciao, Ash ».
 Ashton lo saluta e Luke si richiude la porta alle spalle. Calum non rientrerà prima dell’una e sono appena le dieci, si chiede come farà a non farli stare davanti la TV per tre ore di fila, ma non ha nemmeno il tempo di pensarlo che i due gemelli sono già di fronte ai cartoni animati.
« Bambini, non vi pare un po' presto per stare davanti alla tv? » chiede loro, entrando in salotto.
« Ma tu non ci sgridi, zio, quindi possiamo vedere i cartoni » protesta Robert.
« E se facessimo qualcosa di divertente? » continua Luke, nella speranza di accendere il loro interesse. Luke ama i bambini, e considera Robert e Janet come i figli che non ha mai avuto, perchè una coppia non sposata non può adottare bambini, e lui e Calum gliel'hanno spiegato, all'assistente sociale, che secondo lo stato della California loro erano sposati, ma in Australia le carte firmate in America non contano molto.
« Cioè? » chiede Janet, distogliendo lo sguardo dallo schermo.
« Vi racconto una storia » dice Luke.
« Ma non è divertente! » protesta Robert.
« Ma non una storia normale, di quelle che già conoscete, vi racconto una storia vera, e la scegliete voi, che ne dite? » I due sembrano pensarci su per un attimo, poi Janet spegne entusiasta la tv e si getta in braccio a Luke.
« Allora raccontaci la storia di come hai conosciuto mamma e papà » dice Robert, saltando sul divano.
« E zio Calum, e zio Michael » si aggiunge la vocina della piccola Janet. Poi i due fratelli si guardano ed esclamano all'unisono: « Ce lo racconti? »
« Immagino di non potermi tirare indietro, a questo punto » sorride Luke, va a prendere il portatile nello studio e ritorna a sedersi sul divano, in mezzo ai due bambini. Ha tantissime foto salvate lì dentro, ha tutta la sua vita scritta in più di mille fotografie scattate in tutti quegli anni. Inizia dalla più vecchia, dalla prima foto che lui e Thalia avevano scattato insieme, seduti sulla veranda della sua vecchia casa. Quel giorno, lei aveva dei jeans scuri e una felpa blu, i capelli sciolti e gli occhi verdi e luminosi, mentre lui indossava i suoi soliti jeans neri strappati e una semplice maglietta  a maniche lunghe.
« Quella è la mamma da giovane? » chiede Robert, quasi sconcertato. Luke sorride.
« È proprio lei, ora vi racconto di come ci siamo conosciuti. Vostra madre non abitava a Sydney prima, ci si è trasferita quando aveva sedici anni. Io l’ho incontrata a scuola, questa foto risale a dopo circa due settimane che ci siamo conosciuti » inizia Luke. « Io ero a scuola, era solo un noiosissimo giorno, ma ci fu qualcosa di diverso, quella volta. La lezione iniziò con cinque minuti di ritardo e con la professoressa che annunciava alla classe l’arrivo di una nuova alunna. Ricordo ancora la prima impressione che ebbi di lei: era diversa da tutte le ragazze che mi circondavano. Abbastanza alta, capelli lisci e castani, due occhi verdi che il giorno dopo avevano già cambiato colore e delle converse bianche scarabocchiate. Thalia è sempre stata così... un po’ stravagante, e io ci feci amicizia proprio per quello. Passarono tre giorni prima che riuscissi a trovare il coraggio di parlarle. Stava cercando di aprire il suo armadietto, con scarsi risultati.
Allora mi avvicinai e le chiesi: “Serve una mano?”, lei si voltò di scatto e divenne paonazza in volto. Stava per rispondere quando l’armadietto si aprì finalmente.
“Ora non più” disse, accennando un sorriso.
“Non ti ho mai vista in giro, abiti nel quartiere?” le chiesi, nonostante sapessi che si era trasferita da poco, dato che ero in classe con lei.
Lei scosse la testa. “No, sono un po’ distante da qui, ma è la scuola più vicina. Prendo il 23 per arrivarci” mi rispose.
“Davvero? Anche io prendo quell’autobus!” esclamai, sistemandomi lo zaino in spalla.
“Comunque mi sono trasferita qualche giorno fa, ecco perché non mi hai mai visto” aggiunse, cominciando a camminare per i corridoi.
“Io sono Luke, Luke Hemmings. Tu?” le chiesi. Cercavo di essere gentile perché mi mancava avere degli amici. Avevo Calum e Michael, vero, ma erano solo loro due, alla fin fine.
“Thalia Reed” mi rispose, un po’ confusa. Forse si ricordava di avermi visto in classe dove era già stata presentata e quindi si stava chiedendo come mai le avessi fatto quella domanda.
Lei comunque aveva matematica e io spagnolo, quindi le nostre strade si divisero. La rividi sull’autobus e scoprii che abitava a due isolati da casa mia. Da quel giorno cominciammo a fare la strada insieme la mattina e ritornavamo sempre insieme. Io le parlavo dei miei amici e della band che cercavamo di tenere in piedi anche senza un batterista e lei mi parlava di come Sydney fosse molto più bella della Pennsylvania. Sapete, vostra madre viveva in America prima, ma quel posto non le era mai piaciuto tanto.
E così cominciammo a stare tutto il tempo insieme, studiavamo per le verifiche e la domenica mattina andavamo a correre. L’amicizia di Thalia è una delle cose migliori che mi siano mai capitate in tutta la vita. Lei era una ragazza fantastica, ed è ancora una donna meravigliosa.
Generalmente, la domenica mattina era il nostro momento preferito. Andavo a casa sua e la tiravo giù dal letto perché era una gran dormigliona, ma poi andavamo a correre e per chilometri ci dimenticavamo del tempo che scorreva veloce e parlavamo come se il mondo dovesse finire da un momento all’altro.
Era bellissimo parlare con lei: potevo dirle tutto quello che volevo perché sapevo che non mi avrebbe mai giudicato. E le ero grato per quello perché le persone non facevano altro. Comunque, lei mi ascoltava sempre e parlava raramente di sé, è una sua caratteristica che non ho mai appreso appieno. Credo sia dovuta alla sua bontà e gentilezza, al suo altruismo. Thalia aiutava sempre le persone e non chiedeva mai niente in cambio. Thalia aiutò me, aiutò vostro padre, Ashton, aiutò un sacco di persone. Siete fortunati ad avere una mamma così buona, sapete? »
« Ma la mamma a volte ci sgrida! » dice la piccola Janet.
« Lo fa per il vostro bene » spiega loro Luke, non ha mai pensato che un giorno avrebbe detto quella frase. La stessa che gli diceva suo fratello più grande, la stessa che le diceva sua madre quando suo padre lo sgridava per qualcosa di sbagliato.
« Continua a raccontarci, zio » dice Robert, infastidito dal commento della sorella.
« Pochi giorni prima che incontrasse Ashton, io e Thalia avevamo fatto un discorso serio, per una volta. Lei mi aveva chiesto cosa intendessi fare della mia vita una volta finita la scuola, e io ricordo di non averle saputo dare una risposta precisa, perché allora ancora non riuscivo ad immaginarmi proiettato nel futuro.
“Io voglio fare l’università e poi diventare qualcuno di importante, e tu Luke?” mi chiese, eravamo seduti su un muretto, appena fuori dal nostro bar preferito. Era appena iniziata la primavera e io avevo ingenuamente messo una maglietta a maniche corte, anche se faceva ancora piuttosto freddo.
“Non lo so” risposi.
“Ma come non lo sai? Tutti sogniamo sempre di essere qualcosa, anche se poi i nostri sogni cambiano col tempo,” iniziò lei. “Da piccola volevo diventare la prima Presidentessa donna degli Stati Uniti – e qui risi insieme a lei – poi, volevo diventare cantante, poi ancora veterinaria, alla fine ci siamo trasferiti e ora non lo so con esattezza, ma so che voglio essere qualcuno di importante.”
La guardai per un lungo momento e poi sospirai. “Be’, da piccolo volevo fare il calciatore, crescendo, ho capito di non avere coordinazione piede-occhio” dissi.
“Si dice mano-occhio, Luke” mi disse lei, dandomi un pugno amichevole sulla spalla. “E poi, lo vedi che volevi diventare qualcosa? Non è vero che non lo sai!”
“Ma non diventerò mai un calciatore, Thalia. Neanche ci gioco, a calcio” risi. ».
« Zio, infatti tu non fai il calciatore! » esclama quindi Robert « Però sarebbe bellissimo fare il calciatore ».
« Ma che dici, è meglio fare l’attrice! » dice Janet, incrociando le braccia.
« E poi, qualche giorno dopo, mamma ha incontrato papà » riprese Luke, riaccendendo la curiosità nei due bambini.
« Davvero? E come? » chiesero in coro.
« Era domenica. Eravamo andati a correre. Lei mi chiese di deviare per un parco, cosa che non avevamo mai fatto prima, quindi mi incuriosii. Mi disse che c’era di mezzo un ragazzo, e io già capii tutto. ». Luke sospira. Non può certo dire ai bambini i problemi che il padre aveva affrontato anni addietro, perciò si limitò a rimanere sul vago.
« Fu lì che Thalia incontrò Ashton, l’aveva incontrato il giorno prima, a dir la verità, ma quella domenica fu la prima volta che lo vidi io. Ammetto che all’inizio mi stava antipatico, ma poi siamo diventati grandi amici, soprattutto quando lui ha cominciato a fare le prove assieme a noi ».
« Zio, ma se suonavate, perché non siete diventati musicisti? » chiede Janet.
« Oh, lo abbiamo fatto, sai? Siamo diventati famosi, facevamo concerti in ogni paese. Poi siete arrivati voi due, e qualche anno fa i vostri genitori hanno capito che girare il mondo e avere dei figli è un po’ complicato » risponde Luke.
« E la mamma seguiva voi e papà in giro per il mondo? » chiese Robert.
« Certo, non si perdeva un concerto. A volte rimaneva qua a Sydney per stare con la sua famiglia, ma ha passato quasi tutto il tempo con noi, » dice ancora Luke. « Di sicuro non ve lo ricordate, ma quando eravate piccoli l’avete girato anche voi il mondo ».
E Robert scoppia a ridere, mentre a Janet quella storia sola non è bastata. « E adesso ci dici di come hai incontrato zio Michael? »
A Luke scappa un sorriso triste, perché anche la storia di Michael non può raccontarla per intero a due bambini come loro, però sospira e fa vedere loro un’altra foto sul computer: ci sono Luke e Michael che cercano di suonare una chitarra in due. Michael tiene le mani sui tasti e Luke sulle corde. Entrambi ridono e qui Michael ha i capelli tinti di verde.
« Questa foto risale a un sacco di anni dopo che io Michael ci siamo conosciuti, cioè a scuola. Lui è un anno più grande di me, quindi quando io frequentavo il primo anno di liceo, lui era già al secondo. All’inizio ci odiavamo. Mi ricordo ancora la prima volta che ci siamo parlati, sugli spalti del campetto da calcio della scuola. Gli sono andato involontariamente addosso, dato che stavo leggendo e non guardavo dove camminavo.
“Ma vuoi guardare dove vai?” mi urlò contro bruscamente, alzai lo sguardo dal mio libro e tutto quello che vidi era una ragazzo con la maglietta nera strappata, i capelli tinti e un sacco di catene attaccate ai passanti dei pantaloni.
“Uhm... scusa” risposi, sistemandomi lo zaino in spalla.
“Scusa? Hai rovesciato il mio pranzo per terra” esclamò ancora, abbastanza arrabbiato. A me non interessava niente del suo pranzo, anche se era vero che era andato a finire per terra, volevo solo finire il mio libro.
“Non l’ho fatto apposta,” ribattei, seccato. “Non ti ho visto.”
“Se guardassi dove vai, invece di leggere i tuoi libri come un secchioncello, magari...” mi punzecchiò.
“Se andassi a comprarti di nuovo il pranzo dato che la pausa è quasi finita, potresti arrivare a fine giornata senza morire di fame,” risposi.
“Solo perché stai leggendo un quale manuale di anatomia avanzata non puoi dirmi come funziona il mio stomaco.”
“Non è un manuale d’anatomia, cretino, è Harry Potter”.
E così dicendo, me ne andai dal campetto e rientrai a scuola, dato che l’ora di pausa stava effettivamente finendo. Dopo quell’episodio, Michael si divertì a rendermi la vita un po’ un inferno: prima mi canzonava per i corridoi e poi mi rovesciò un frullato sulla maglietta. Io volevo ucciderlo e lui voleva uccidere me, non era una bella cosa per un quindicenne e un sedicenne. Ma alla fine è venuto a sapere che io suonavo la chitarra, e che Calum, che all’epoca era il mio migliore amico, suonava il basso. Allora un giorno è venuto da me, a mensa.
“Senti, amico,” iniziò, e io lo guardai male perché noi due eravamo tutto, tranne che amici. “Che ne dici di vederci insieme all’altro ragazzo con cui giri sempre e di buttare giù una sorta di band?”
“Primo, io non sono tuo amico,” sbuffai. “E secondo, non abbiamo un batterista, quindi no.”
“Oh, e che ti frega del batterista? Esistono le percussioni preregistrate su internet, basta trovare il sito giusto.”
“Non suonerò con delle percussioni già registrate, non farò strada in questo modo” ribattei.
“La tua copia di ‘Harry Potter e il prigioniero di Azkaban’ dice diversamente, Hemmings” mi disse lui. Aggrottai le sopracciglia e mi chiesi cosa ci avessi mai scritto sopra, perché io non scrivevo mai sopra dei libri. Poi mi chiesi come facesse Michael ad aver letto il mio libro. Era quello che stavo leggendo al campetto, lo tirai fuori dallo zaino e lessi la prima pagina.
La mia scrittura quando avevo nove anni faceva veramente schifo, ma a matita, in un angolino, avevo scritto: ‘Da grande voglio fare delle canzoni a qualsiasi costo’.
Allora, io Michael e Calum cominciammo a suonare, a scrivere canzoni, e tutto con quelle maledette percussioni che trovavamo su internet ».
« Poi però papà è entrato nella band, giusto? » chiede Robert.
« Esatto, e allora avevamo delle percussioni vere e una batteria decente. Abbiamo cominciato a suonare ancora di più, a scrivere canzoni su canzoni, una volta ci hanno addirittura chiamati a fare un provino... »
« E vi hanno presto? » chiede Janet.
« Non in quell’occasione, ma nemmeno un anno dopo ci siamo ritrovati a fare concerti su concerti, ed è stato fantastico » risponde Luke.
« Io non ci credo che tu e zio Michael vi odiavate... » sbuffa Robert, allungandosi e facendo scorrere le foto « In tutte le foto ridete sempre! »
« Siamo diventati amici col tempo, Rob » sospira Luke.
« Ma questa è zia Shailene? » domanda Janet, indicando lo schermo del computer dove ora c’è una foto di Michael e Lene, due mesi dopo che lei aveva finito la scuola.
« È... diversa » osserva Robert.
Luke ride. Sì, era diversa. A diciannove anni Shailene era ancora bionda e non usciva di casa se non con il rossetto rosso sulle labbra, uno strato di matita nera attorno agli occhi e un cappellino grigio sopra i capelli disordinati. L’ultima volta che Luke ha visto Shailene e Michael è stato a Natale, qualche mese fa. Lei ora ha trent’anni, come Michael, i capelli neri e lisci, si veste come una donna d’affari – cosa che è –, non mette più tutto quel trucco pesante e odia qualsiasi cosa che comprenda anche il semplice tabacco. È così da quando si sono trasferiti in Florida, ovvero da quando la band si è ufficialmente sciolta, con il grande dispiacere dei fans, ma con il sorriso sulle labbra di Luke, Calum, Ashton e Michael. Il loro sogno si era realizzato e aveva continuato a realizzarsi per quasi dieci anni, e loro avevano mantenuto la grande amicizia che li ha sempre legati. A volte rifanno qualche concerto, risalgono di nuovo su uno dei tanti palchi e suonano ancora le canzoni che tanto tempo fa avevano fatto innamorare milioni di persone.
« E a zio Michael piaceva anche se lei era così diversa da com’è adesso? »
« Certo! Shailene e Michael sono... loro non potevano stare con nessun altro in particolare. Dovevano solo trovarsi e essere l’uno dell’altra. Non so se mi spiego ». Luke sospira. Certo che non si spiega, due bambini di cinque anni non posso ancora capirle, certe cose. Eppure, gli occhi verdi di Janet si illuminano.
« Sì! Come le favole. Come il principe che da il bacio del vero amore a Biancaneve per farla svegliare. Solo lui può farlo perché solo lui è il suo vero amore! » continua Janet, piena di entusiasmo. Luke sorride e annuisce lentamente: è così facile per i bambini figurarsi l’amore vero. Vorrebbe ritornare bambino per un po’, Luke, così può pensare tutto ciò che vuole in piena libertà.
« E il tuo vero amore chi è, zio? » domanda Robert, incuriosito dalla frase della sorella, dato che “Biancaneve e i sette nani” come cartone non gli è mai piaciuto tanto.
Luke lancia un rapido sguardo all’orologio, è quasi l’una e il tempo tra una storia e l’altra si è rincorso velocemente. Calum dovrebbe rientrare a momenti, e Luke non fa nemmeno in tempo a pensare alla risposta da dare ai bambini che delle chiavi s’infilano nella toppa della porta d’ingresso e questa si apre, rivelando un Calum con i capelli spettinati dal vento.
« Zio Cal! » esclama Janet, scendendo dal divano e prendendo la rincorsa verso Calum. Lei l’ha sempre considerato come un secondo papà, è molto affezionata a Calum come Robert è affezionato a Luke, ma solo perché Luke insegna a Robert a suonare e Calum vizia la piccola Janet come una principessa.
« Hey, piccola! » la saluta Calum, prendendola in braccio. « Come va? »
« Bene, zio Luke ci sta raccontando delle storie » dice la bambina.
Calum solleva le sopracciglia. « Davvero? » chiede, guardando Luke che sorride sotto i baffi.
« Sì! Le storie di come avete conosciuto mamma e papà » s’intromette Robert. Mettendosi in ginocchio sul divano.
Calum sorride e mette giù Janet, che ritorna a sedersi sul divano insieme al fratello. Calum si avvicina e lascia un bacio tenero sulle labbra di Luke.
Il biondo si alza in piedi. « Vado a preparare il pranzo, continui tu a raccontare? » gli chiede.
« Quale storia devo raccontare? » domanda quindi Calum, mettendosi sul divano.
« La nostra » dice semplicemente Luke, prima di sparire in cucina. Calum sorride e pensa che non ha la minima idea di come iniziare. La loro storia è talmente vasta che trova difficile trovare un punto da cui partire, poi nota gli sguardi curiosi dei due bambini, e si dice che qualsiasi punto d’inizio lui scelga, a loro andrà bene.
« Io e Luke ci conosciamo da quando ne ho memoria. Ricordo pochissimo della mia infanzia, ma nei miei primi ricordi lui c’è già. Siamo sempre stati legati da un’indissolubile amicizia, anzi, qualcosa di più forte dell’amicizia. Ho saputo definirla solo quando avevo diciotto anni. Ero una persona molto confusa e complicata, sapete?
Ero terrorizzato dal futuro. Finita la scuola, c’era sempre una grande domanda che mi impediva di vivere serenamente la mia libertà: cosa farò nella mia vita? All’epoca non ne avevo idea, ma crescendo ho capito che le cose non vengono da sé e bisogna sempre ricercarle un po’. Luke è stato una di quelle persone che mi ha aiutato a capirlo.
Prima noi due eravamo… migliori amici. Ci dicevamo tutti, dormivamo l’uno a casa dell’altro quando capitava di perdere la cognizione del tempo e di saltare addirittura la cena. Abbiamo sempre condiviso tutto, come due fratelli: stanza, vestiti, libri, talvolta anche scarpe. – Calum fa una risatina – E la cosa bella è che io non avevo mai pensato a Luke come una persona di cui innamorarsi. Io gli volevo bene, ma era più come un affetto fraterno. Gli volevo bene come vi volete bene vuoi due- »
« Ma tu ora gli vuoi bene come se ne vogliono mamma e papà, vero? » chiede Janet, un po’ preoccupata.
Calum ride. « Sì » poi sospira e riprende.
« Le cose sono iniziate a cambiare quando io avevo diciotto anni. Sapete, al tempo avevo una ragazza, come moltissime persone della mia età, ma non ero sicuro che mi piacesse. Stavo con lei e non so spiegarmi il motivo neppure oggi, credo che neanche a lei piacessi, e si vide quando fui scaricato senza pietà. Ma il fatto era che non mi importava. La cosa non mi toccò per niente, e la prima persona a cui lo dissi su proprio Luke… lui fu stranamente sollevato, e da una parte lo fui anche io, perché quella rottura, seppur insignificante, ha decretato un grande cambiamento della mia vita.
Grazie a quell’improvvisa libertà, a quel senso di non essere più vincolato a nessuno, capii che Luke aveva tanto da offrirmi, più di quanto potesse fare chiunque altro. Trovai il coraggio di fare un passo avanti solo per rabbia, per dimostrare a certe persone che lui non era sbagliato… perché nonostante tutto era il mio migliore amico, e io mi sentivo molto protettivo nei suoi confronti »
« Sbagliato in che senso, zio Cal? » chiede Janet.
E Calum viene colto alla sprovvista, perché non si è mai immaginato di dover spiegare una cosa così delicata ad una bambina di cinque anni, e cercare le parole giuste diventa a tratti difficile. Thalia e Ashton li avevano cresciuti seguendo la propria mentalità e personalità, per i due gemelli niente era sbagliato, perché non lo era per Thalia ed Ashton.
« Vedi, piccola, tempo fa, c’erano delle persone molto… cattive e maleducate, che avevano la brutta abitudine di pensare che certe persone non dovessero fare quello che facevano. Io e Luke ci davamo dei baci e loro dicevano che era sbagliato. Ma il fatto è che non lo è » inizia Calum, sospirando. « Tutti possiamo voler bene a chi vogliamo, bambini, nessuno può dirci se è giusto e sbagliato »
« Qualcuno lo ha mai detto a mamma e papà? » chiede Robert.
« No » risponde Calum.
« E perché a voi sì? »
« Perché dicono che è strano che un uomo voglia bene ad un altro uomo o che una donna voglia bene ad un’altra donna. Loro la pensano così e pensano male, perché non c’è assolutamente niente di strano. È giusto, se due persone si vogliono davvero bene »
« Infatti tu e zio Luke non siete strani » continua Robert.
« Lo so, campione, ma parecchia gente non riesce a capirlo. Ma a me basta che lo capiate voi »
« E come finisce la storia? » chiede Janet, cambiando argomento.
« La storia finisce bene. Io e Luke avevamo capito dopo diversi equivoci che non saremmo mai stati bene se non insieme. Noi due una volta avevamo detto di essere anime gemelle, di essere destinati a noi stessi, e se ci amiamo dopo tutti questi anni, allora deve essere vero »
« Quindi zio Luke è il tuo vero amore? Come il principe di Biancaneve? »
« Sì, lo è »
« E tu sei il suo vero amore? »
« Be’, lo spero » Calum ride con allegria, mentre qualche minuto dopo la voce di Luke annuncia a tutti che il pranzo è pronto.
Allora Calum e i bambini vanno in cucina, aiutano Luke ad apparecchiare, mentre Calum prende posto. Luke si siede accanto a lui e i due gemelli si siedono vicini, di fronte a loro. Luke ha cucinato dei deliziosi spaghetti al pomodoro, i preferiti di Robert, e Janet è così affamata che li finisce in cinque giganti forchettate. Ridono e scherzano, e qualche volta Luke stringe la mano di Calum, chiedendosi silenziosamente quanto debba essere bello mangiare e parlare insieme alla propria famiglia. E non si riferisce ai suoi fratelli e ai suoi genitori. Si chiede quanto possa essere bello, un giorno, parlare con Calum e con dei bambini, un giorno, discutere con loro delle giornate a scuola, dei compiti, degli amici. Quanto debba essere bello, se pur stancante, affrontare l’adolescenza insieme a loro, e aiutarli anche se non vogliono sentire ragioni, perché lui e Calum lo sanno: sanno quanto è difficile crescere e venire accettati dalla società che li circonda. Si chiede se mai riusciranno ad essere una vera famiglia, e Calum lo guarda, e gli risponde silenziosamente che sì, prima o poi ci riusciranno, e dimostreranno a tutti di essere i migliori genitori del mondo; dimostreranno a tutti che i loro bambini saranno cresciuti in modo impeccabile.
Dopo pranzo ritornano tutti sul divano, ad eccezione di Calum, che va di sopra a dormire perché alla otto riattacca all’ospedale e deve fare il turno di notte.
« Non ci hai finito di raccontare di zio Michael e zia Shailene » dice Robert, ricordando che Janet aveva interrotto tutto parlando di Biancaneve. Luke sorride.
« Come vi ho già detto, loro due sono perfetti l’uno per l’altra. Zia Shailene da giovane ha attraversato un grosso problema, ma zio Michael l’ha aiutata e ne sono usciti insieme. Dopo hanno ricominciato, e mentre Shailene finiva la scuola, Michael suonava con noi. Diventammo famosi e cominciammo a guadagnare sui dischi che vendevamo. Avevamo girato il mondo in un anno, e Michael tornò qui a riprendere Shailene e portarla in giro per il mondo assieme a noi. Continuammo a suonare in ogni città, lei e Thalia ci seguivano ovunque, divennero molto amiche e infatti è stata Shailene a farti da madrina, Janet ». La bambina sorride.
« E me, chi mi ha fatto da madrina? » dice Robert.
« Tu hai avuto un padrino, Rob, e sono stato io » risponde Luke, divertito.
« Davvero? »
« Non a caso porti il mio secondo nome. Thalia ha insistito per chiamarti così, tuo padre voleva chiamarti William… » sospira Luke, ricordando i giorni che Thalia e Ashton avevano passato a discutere per i nomi dei bambini.
« Robert è più bello » si intromette Janet, con aria di superiorità. Luke ricorda anche di come Thalia voleva che Janet si chiamasse Lilian, ma Ashton non aveva voluto. Lui aveva sempre detto che Lilian non sarebbe mai stata più di un ricordo. Era passato, e tale doveva rimanere.
« Stavo dicendo, » riprende Luke. « Michael e Shailene quando abbiamo sciolto la band si sono trasferiti in America, a Miami, che si trova in Florida. Dicevano che lì il tempo era così simile a quello di Sydney che avrebbero sentito poco la mancanza di casa, inoltre, Shailene aveva ricevuto in eredità da una prozia una grande quantità di terra, dove ora hanno dato vita ad un hotel sulla spiaggia. Sono molto felici adesso »
« Sai che la mamma ha detto che avremo un cuginetto? Fra sette mesi! » esclama Janet. E Luke sorride ancora. Ha saputo un mese fa che finalmente Shailene era incinta. Michael, quando gliel’aveva detto, era così eccitato di diventare padre che aveva cominciato a comprare mille cose, anche se non conosceva ancora il sesso del bambino, ma lui era fermamente convinto che fosse maschio. Luke aveva detto che se si fosse sbagliato, avrebbe sempre potuto regalarli a qualcuno, Michael gli aveva risposto che adesso mancavano solo lui e Calum, e che il modo per adottare un bambino sarebbero riusciti a trovarlo.
« Sì, lo so. Siete contenti? » chiede Luke. I due bambini annuiscono, mentre Robert lo prega di continuare la storia.
« Ogni tanto tornano qui a Sydney, per Natale o per il compleanno di qualcuno, quindi li vediamo piuttosto spesso, ma la verità è che ci mancano tantissimo. Sono nostri amici e ci siamo cresciuti insieme, nonostante i litigi, le arrabbiature e tutto il resto. Eravamo adolescenti, era normale, ma io e Michael, ad esempio, eravamo legati da un’amicizia fatta di sguardi, una vera, che era amicizia e basta. Una di quelle che, bastava guardarsi negli occhi per capire cosa ci fosse di sbagliato. E Shailene… con lei non sono mai stato legato da un’amicizia così, anche perché l’ho conosciuta solo quando lei ha incontrato Michael, ma grazie a lei ho imparato a non giudicare troppo in fretta le persone e a dare loro sempre una seconda possibilità. Mi ha insegnato ad essere una persona migliore »
« Sono finite? » chiede Janet delusa. Luke pensa: ha raccontato loro di Ashton e Thalia, di lui e Michael, di lui e Calum, di Michael e Shailene… cosa manca? Dopo un po’ viene colto da una sorta d’illuminazione. Manca Lilian, ecco cosa manca. Col tempo Ashton si era aperto anche con loro, con i suoi tre amici che ormai considerava la sua famiglia e i suoi fratelli, e aveva detto loro ogni singola cosa, ogni singola emozione, ogni piccola sensazione che aveva prima che tutto cambiasse e prima che Lilian morisse.
Guarda i due gemelli si chiede se può dirglielo, ma alla fine decide che anche loro hanno i diritto di sapere.
« In realtà, manca una persona. Una persona che voi non conoscete, che nessuno di noi ha mai conosciuto personalmente, tranne vostro padre » inizia.
« Chi è? Perché non la conosciamo? » chiede Robert.
« Tanto tempo fa, quando il papà ancora non conosceva la mamma, lui voleva bene ad un’altra ragazza. Questa ragazza si chiamava Lilian ed era molto dolce, simpatica, sempre con il sorriso sulle labbra e l’ottimismo che le sprizzava da tutti i pori. Aveva un solo problema: era malata, di una malattia molto brutta. Ma Ashton le voleva comunque bene e lei gliene voleva a lui. Si erano incontrati a scuola, quando avevano più o meno quindici anni.
Ashton camminava per i corridoi della scuola da solo, fischiettando tra sé e sé e dirigendosi verso il suo armadietto. Dopo aver posato i libri, decise di andare in mensa a pranzare. Entrò e vide che tutti i tavoli erano pieni. L’unico posto libero era accanto ad una ragazza minuta ed esile, con i capelli biondo cenere e il volto tempestato di lentiggini.
Le si avvicinò, dopo aver preso il vassoio e le chiese di mettersi seduto accanto a lei
“Posso?” le chiese, prima di accomodarsi.
La ragazza lo osservò e fece spallucce. Chi tace acconsente, pensò Ashton, allora si mise seduto.
“Perché ti sei seduto qui?” gli chiese la ragazza. Ashton sembrava molto confuso.
“Non posso?”
“È che nessuno si siede qui…” sospirò la ragazza. Ashton sorrise dolcemente e continuò a guardarla, a fissare ogni piccola lentiggine ed immaginare cosa stessero vedendo in quel momento i suoi occhi blu.
“Ho per caso del pomodoro sulla faccia?” domandò la ragazza. “Mi stai fissando”
Ashton scosse la testa. “Come ti chiami?”
“Lilian…” rispose timidamente la ragazza, continuando a mangiare le proprie polpette.
“Sei nella mia classe di francese” osservò Ashton.
“Non ti sei ancora presentato” gli fece notare lei, posando la forchetta sul tavolo.
“Io sono Ashton, e da oggi avrai qualcuno con cui pranzare” disse lui, orgoglioso. Quella ragazza timida lo affascinava e lo incuriosiva. L’aveva vista in classe e per i corridoi, ora che ci pensava, e si era sempre chiesto perché avesse quei tubicini nel naso e attorno alle orecchie e quello zaino che si trascinava sempre dietro.
“Grazie, ma… sto bene così, davvero. Non voglio farti pena” disse lei, sospirando.
“Perché dovresti farmi pena?” domandò Ashton, confuso.
“Non lo sai?” chiede sorpresa la ragazza, lasciando cadere le posate rumorosamente.
“Cosa dovrei sapere?” disse ancora Ashton. Non aveva idea di cosa stesse parlando Lilian, lei non le faceva pena, era solo una normalissima ragazza che pranzava da sola con due zaini e con dei tubicini collegati al corpo. Forse aveva qualche malattia, ma se riusciva a venire a scuola non era poi così grave, no?
“Niente, lascia stare. Sono felice di averti conosciuto, Ashton, ma adesso devo proprio andare” si scusò velocemente Lilian, finendo in fretta la sua ultima polpetta. Prese poi il vassoio e si alzò, cercando di portare quello, lo zaino e l’altra borsa che aveva le rotelle.
“Vuoi una mano?” le chiese Ashton, alzandosi istintivamente. Lei lo fulminò con lo sguardo.
“E dici ancora di non sapere cos’ho…” mormorò delusa la ragazza, poi girò i tacchi e versò il piatto di plastica sporco nel cestino, ripose il vassoio sul bancone della mensa e se ne andò, lasciando Ashton in piedi e con lo sguardo confuso.
I giorni passavano e Ashton continuava a pranzare assieme a Lilian. Al ballo di fine anno mancavano esattamente quattro mesi e lui era intenzionato ad andarci con lei, anche se riuscivano a malapena a tenere in piedi una conversazione che non finisse con le risposte confuse di Lilian e le domande inconcluse di Ashton. Ma passavano anche le settimane, e Ashton cominciava ad accompagnare Lilian alla fine dell’isolato, dove c’era sempre sua madre a prenderla con la macchina. Dopo un mese, la madre di Lilian salutava Ashton come un vecchio amico di famiglia e lo invitava a pranzo una domenica sì e una no. Passavano i mesi, e a distanza di quindici giorni dal ballo di fine anno, Ashton chiese finalmente a Lilian cosa fosse quello strano zaino che si portava sempre dietro.
“Una bombola d’ossigeno” rispose lei, pacata, come fosse una cosa assolutamente normale.
“E a che ti serve?” domandò ancora Ashton, con le mani in tasca e l’espressione confusa.
“A respirare, Ash. Vedi i tubicini di plastica? Sono collegati alla bombola e mi mandano aria, senza non riesco a respirare” rispose ancora Lilian, spiegandogli ogni cosa come farebbe una maestra ad un bambino. Con parole semplici e concise, per far arrivare direttamente il messaggio.
“E come mai?” Ashton era sempre stato un tipo curioso, e non riuscì a trattenere la propria curiosità nemmeno in quel momento.
“Io ho un tumore ai polmoni, Ashton. Ce l’ho da quando ho dodici anni, ormai ci sono abituata. Non lo sapevi? Tutti a scuola lo sanno, per questo mi evitano. Non vogliono stringere amicizia con una ragazza malata, tanto prima o poi morirò”
Ashton si fermò di colpo sul marciapiede. Mancava poco alla fine dell’isolato, ma lui non ce la faceva a lasciarla con sua madre, quel giorno.
“Sono stato completamente indelicato. Ti chiedo scusa…” mormorò lui, con lo sguardo rivolto a terra.
“Oh, non preoccuparti, sono abituata a raccontare la mia storia”. La voce di Lilian era squillante e piena di finta allegria.
“Questa non è la tua storia. È un resoconto medico, raccontami di te, della vera te. Di Lilian, delle tue passioni, dei tuoi sogni…” sospirò Ashton, per poi venire bruscamente interrotto dalla ragazza che gli camminava accanto.
“Non ho sogni, almeno non proiettati nel futuro. Tanto non riuscirò a realizzarli”
“Allora parlami dei tuoi piccoli sogni, dei tuoi desideri. Cosa vuoi che succeda domani, o tra una settimana?” chiese Ashton, ricominciando a camminare, ma con passo lento.
“Vorrei andare al ballo di fine anno. Mia mamma mi ha comprato un vestito color pesca l’anno scorso, ma non ho potuto partecipare al ballo perché quella sera ho avuto una ricaduta e siamo dovuti correre al pronto soccorso. Non sono cambiata molto da allora, mi va ancora bene.”
“Allora vuoi venire al ballo con me?” chiese Ashton. “Sono libero e ti voglio invitare da almeno due mesi”
Il volto di Lilian s’illuminò. Erano arrivati alla fine dell’isolato, la macchina della madre di lei era accostata al marciapiede. Lilian rivolse un rapido sguardo verso sua madre e poi guardò Ashton.
“Mi piacerebbe molto, Ash” mormorò, si alzò sulle punte e gli lasciò un bacio della guancia, poi salì in macchina e sfrecciò via.
Passarono anche quelle due settimane, Lilian e Ashton andarono al ballo insieme. Si divertirono, ballarono un po’, e passarono tutta la serata sull’erba del campo di rugby ad osservare le poche stelle che il cielo inquinato di Sydney offriva loro. Si promisero tante cose, come quella di rimanere assieme per sempre. » Luke fa un grande sospiro, non pensava che fosse così difficile. In occasione di quel silenzio, Robert ne approfitta per parlare.
« Ma zio, se papà voleva bene a Lilian, perché alla fine ha sposato la mamma? « Ma zio, se papà voleva bene a Lilian, perché alla fine ha sposato la mamma? » chiede curioso.
« Mamma e papà si amano, Rob, ecco perché » dice Janet.
« Ma si possono amare due persone? »
« Non contemporaneamente, Robert » risponde Luke. « Ma sì, possiamo innamorarci più volte nella vita, non ce lo vieta nessuno »
« E adesso Lilian dov’è? » chiede curiosa Janet. « Perché papà ha smesso di volerle bene? »
« Lilian aveva un brutta malattia, una sventura che capita a persone innocenti. Purtroppo non sempre si riesce a curarle. Adesso Lilian è su in cielo, forse è un angelo, perché era una persona davvero buona. E sta vegliando su tutti noi adesso, ci guarda da lassù e ci protegge anche se non ci conosce veramente, perché voleva bene a vostro padre e vostro padre vuole bene a tutti noi. Siamo la sua famiglia »
« È volata via prima che arrivasse la mamma? » chiede Robert.
« Sì, e papà era davvero triste. Poi però la mamma gli ha fatto ritornare il sorriso » risponde Luke.
« Quindi la mamma più che una principessa è un’eroina! » esclama Janet. « Perché in tutte le favole il cavaliere coraggioso salva la principessa, ma qui sembra che sia stata la mamma a salvare papà ».
« Questo chiedilo direttamente a lei, Janet » sorride Luke, accarezzandole piano i capelli castani. Lancia uno sguardo all’orologio, sono le quattro, il campanello suona.
Luke va ad aprire e Thalia gli regala un sorriso un po’ stanco. « Eccomi qui! » esclama, entrando in casa. « Dove sono le mie pesti? »
« Mamma! » esclamano all’unisono i due gemelli. Thalia si rannicchia sul pavimento e li abbraccia entrambi, dando loro un bacio sulla guancia. Luke li osserva con un sorriso sul volto.
« Su, andate a prendere il giacchetto » li esorta lei, e i due bambini corrono verso l’attaccapanni. Thalia si rialza in piedi e poi guarda Luke. « Grazie per avermeli tenuti, Lukey, il sabato non sappiamo mai come fare »
« Oh, figurati. Non hanno accesso nemmeno la TV » scherza lui. « E hanno mangiato i pomodori! »
Thalia lo guarda sconcertata. « Sul serio? E cosa avresti fatto per tenerli così buoni, eh? » gli chiede, incrociando le braccia al petto.
« Potrei avergli raccontato qualche storia… » risponde lui, vago.
« Robert è stato a sentire? Non sono mai riuscita a raccontargli una favola per intero, solo Janet le ascolta »
« Gli ho raccontato una storia vera » risponde Luke, ammiccando. Poi si dirige verso le scale, mentre i bambini tornano nell’ingresso.
E prima che Thalia possa fargli qualche altra domanda, Janet si mette a tirarla per un braccio. « Mamma, mamma! È vero che tu sei una supereroina che ha salvato papà? È vero? »
E Thalia scoppia semplicemente a ridere, per poi guardare Luke. « Oh, Lukey, non credevo che la storia della nostra adolescenza fosse poi così interessante » sospira, prende Robert per una mano e Janet per l’altra.
« Ci ha tenuti impegnati per ben sei ore »
« Hai mai pensato di scriverci un libro? Potresti mollare quel lavoro e buttarti nell’editoria »
« Lo pubblicherò sotto uno pseudonimo però, come ha fatto la Rowling. Userò il nome di una donna, così nessuno potrà risalire a me, che ne dici? Hai qualche nome da consigliarmi? »
« Perché non ti butti sui nomi francesi? »
« Uhm, che te ne pare di Marianne? »
« Nessuno risalirebbe mai a te, poco ma sicuro »
Luke e Thalia scoppiano a ridere, poi lei e i bambini lo salutano ed escono di casa, mentre Luke si ritrova relativamente da solo – dato che Calum sta dormendo come un ghiro, al piano di sopra – con un computer sul divano. Pensa alla battuta che ha appena fatto, e al discorso che tanti anni prima Thalia ha fatto sulle ambizioni. Luke non avrà una perfetta coordinazione mano-occhio, ma sa di non cavarsela poi così male, sulla tastiera.
Tentar non nuoce, così, dopo essersi seduto sul divano, prede il computer e apre un documento Word, di tanto in tanto da un’occhiata alle foto della sua vecchia vita: ne abbiamo passate così tante, pensa Luke, che avrò da scrivere per i prossimi dieci anni.
 
“Se un giorno avrete dei figli… quando guarderanno le fotografie, per favore, dite loro il mio nome”
 
 
Angolo di Marianne (o di Luke Hemmings...?)
Oddio l'ho fatto davvero. Finalmente sono tornata con questa fantomatica OS! Ci ho messo quasi due settimane, scusate, ma sono più di 7000 parole ed è stata impegnativa ^^"
Oh, perdonatemi la pazzia fatta alla fine, è giunto il momento di dirvi che in realtà io sono Luke Hemmings e parlo italiano (?), okay, la smetto di dire baggianate. Voi non avete idea di quanto sia diffcile, ora, scrivere questo spazio autrice. Sarà l'ultimo per quanto riguarda questi personaggi, l'ultima cosa che scriverò su di loro, è la fine, in poche parole.
Non voglio dirgli addio, per me sono come dei bambini e mi ci sono anche affezionata, ma prima o poi questo momento sarebbe arrivato e io devo affrontarlo con gioia e serenità: insomma, sono riuscita a portare a termine tutto ciò che avevo in mente!
E quindi questo è un addio a Thalia, Luke, Michael, Ashton, Calum e Shailene, ma anche ai piccoli Robert e Janet e al piccolo non ancora nato di Lene (che nome vi piacerebbe per lui/lei? Non ci ho mai pensato, quindi lascio a voi il potere di immaginarlo), però è un arrivederci a voi, a voi che mi avete seguita per tutta TWH e mi avete reso felicissima nel vedere che volevate a tutti i costi leggere questa OS. Un grazie a voi che magari la leggerete senza mai aver letto TWH, un grazie a chi mi ha sempre seguito in silenzio e un grazie a chi non ha il coraggio di scrivermi, magari per timidezza: ragazzi, la prima timida qui sono io e se volete dirmi qualsiasi cosa ditela! Non vi mordo. Fate come preferite, con una recensione, un messaggio privato, Facebook, o Ask  io vi risponderò volentieri ♥
Detto questo, sono stata più che felice d'aver scritto questa storia e voglio bene a tutti voi che mi avete seguita e mi avete sopportata.
Un bacione grande,
Marianne

 
   
 
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