In un bar c’era un ragazzo. Se ne stava seduto lì, con quell’aria persa e la mano a stringere una stilografica, come se stesse aspettando qualcuno o qualcosa. Ad un tratto posò la penna sulla carta bianca di fronte a sé, ma non la mosse. Era fermo, in quella posizione assorta, come se stesse pensando. Sulla pagina vuota ora c’era una macchia d’inchiostro nero che si allargava sempre più, ma lui non se ne curava, ancora sperduto.
Dicono che non bisogna scherzare con i sentimenti, ma quella volta lui non se la sentiva di essere serio, quindi lasciò che il foglio si imbrattasse e divenisse un poco più pieno di prima. Sembrava che quel ragazzo fosse con la testa tra le nuvole, ma in realtà stava solo sognando e - si sa - non bisogna ridestare chi sta dormendo, anche se con gli occhi aperti.
La malaugurata sorte volle che quell’attimo fosse interrotto da un incurante cameriere venuto lì a domandargli cosa volesse; quello lo squadrò un attimo, poi gli disse:«Niente, per ora. Ti ringrazio».
Che strana combinazione di parole. Ringraziare chi ti distrae? Buffo.
Passarono ore, ma il ragazzo era ancora su quel tavolino con la tovaglia color salmone, i tovagliolini di carta appallottolati in un angolo e un foglio con sopra una stilografica che perdeva grandi quantità di inchiostro. Tutto ciò non aveva alcun senso, eppure era l’ombra di un pensiero. Di un sogno.
Passarono ancora ore, e ad un tratto il giovane si alzò, come se si fosse appena ricordato di qualcosa d’importante da fare; lasciò lì il pezzo di carta macchiato.
In un bar c’era un ragazzo, ma adesso non vi era più e di lui restava solo l’impronta di un sogno su una pagina, relitto di un pomeriggio e di una stilografica.

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Note: è una storia assurda, senza un vero e proprio filo logico, scritta alle tre e mezza di notte. Un significato irrazionale questa flash in realtà ce l'avrebbe, ma non credo sinceramente che qualcuno potrebbe mai cogliere esattamente ciò che volevo dire, immaginate quindi un pensiero qualunque e passate due minuti di idiozia con me.