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Autore: BlackPaperMoon    21/08/2014    8 recensioni
Sono passati ben dieci anni da quando Death City ha finalmente raggiunto la pace, ma nonostante il tempo passato pare che non sia mutato niente. Soul e Maka continuano a vivere insieme, a battibeccare, a stuzzicarsi. A nascondere quanto si amino. Ma cosa accadrebbe se il lavoro di Maka e la sua ambizione a dare il massimo continuassero a mettersi in mezzo ai tentativi di Soul di farle capire cosa prova per lei?
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Maka Albarn, Soul Eater Evans | Coppie: Soul/Maka
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Erano ormai passati dieci anni da quando la Shibusen aveva portato la pace nel mondo, da quando aveva finalmente stipulato il patto di alleanza con le streghe, da quando Soul era diventato falce della morte grazie all'aiuto di Maka, da quando quei due erano riusciti a sconfiggere il Kishin anche col contributo prezioso dei propri compagni. Dieci lunghissimi anni.

Ora Maka aveva ventisei anni, insegnava alla Shibusen ed era divenuta uno dei fiori all'occhiello della scuola. Una delle meister più potenti della storia dell'istituto, come fu sua madre prima di lei.

Soul invece aveva ventott'anni, era diventato l'ultima falce della morte e aveva ottenuto l'onore e il prestigio che ne derivarono da questa carica. 

Fatto sta che quei due non si erano mai separati. Vivevano ancora insieme, nel solito appartamento di sempre, andavano ancora a scuola percorrendo la stessa strada che facevano da ragazzi, battibeccavano ancora come allora. Soul aveva scelto di restare al fianco di Maka, nonostante fosse diventato una falce della morte. Aveva scelto di continuare a vivere con lei e di non trasferirsi alla Shibusen. Aveva preferito lei, scelto lei.
Ancora.
Erano passati dieci anni, ma non erano riusciti a dirsi quanto si fossero amati in silenzio. Nonostante i vari cambiamenti, fondamentalmente non era cambiato nulla. 

« Soul, sei sempre il solito! Possibile che il tempo passi, ma tu non cresca mai?! Faremo tardi a scuola!! »

L'albino sbadigliò sonoramente, non preoccupandosi di portare la mano di fronte alle sue fauci ed esibendo il suo alito mattutino in tutto il suo splendore.

« Ancora cinque minuti, mammina. »

Bofonchiò poi per schernirla, voltandosi dalla parte opposta. La bionda, irritata, gli tirò via le coperte di dosso, scoprendo con grande sorpresa che era in boxer. Ciò costrinse Soul a girarsi a pancia in su e a guardarla con disappunto, mettendo in mostra il suo torace e peggiorando così la situazione. La bionda cercò di mantenete la calma, facendo appello al suo temperamento, al suo sangue freddo. Doveva guardarlo in faccia, i suoi pettorali non potevano parlare.
...E nemmeno gli addominali!

« Muoviti ad alzarti da letto, cretino. »

Biascicò a denti stretti, sforzandosi di apparire furiosa e fallendo miseramente a causa del rossore delle sue gote. L'albino accennò un sorrisetto compiaciuto, adottando una posizione piacente, che esibisse maggiormente il suo corpo scolpito per farla cadere ancor di più in tentazione. Era divertente stuzzicarla.

« Ma come, ti lamenti se ti guardo il culo e poi tu sei la prima a togliermi le coperte di dosso e a fissarmi i pettorali? Pervertita, dovresti vergognarti. »

Una vena cominciò a pulsare incessantemente sulla tempia di Maka, facendo comprendere a Soul che era il caso di darci un taglio, prima che lo facesse a fette. Nervoso e imbarazzo non erano un mix vincente, anzi erano piuttosto pericolosi insieme...Specialmente se ti chiamavi Maka Albarn.

« Se non la finisci, ti uccido con le mie stesse mani. ALZATI IMMEDIATAMENTE, PRIMA CHE TI AFFERRI PER LE ORECCHIE! »

Come mosso da una forza innata, Soul si sollevò in piedi. Tempo cinque minuti e già stava camminando verso il bagno, mogiamente, tra uno stiramento e l'altro. Ma era già qualcosa, per uno pigro come lui.

« Non guardarmi il fondoschiena. »

Esordì poi brillantemente, muovendo le anche in modo imbarazzante davanti alla porta del bagno, in procinto di entrarci. Maka serrò i pugni e cercò di darsi una calmata, per impedirsi di tirargli l'intera mensola addosso.

« Lavatelo piuttosto. Puzzi. »

Rispose altrettanto brillantemente la bionda, dirigendosi poi verso la cucina senza degnarlo di uno sguardo. In effetti, una leggera sbirciatina l'aveva data, e non era nemmeno la prima volta che si concedeva di farlo. Ma questo Soul non lo sapeva. O almeno così sperava. Sarebbe stato parecchio imbarazzante altrimenti.
Dieci lunghissimi anni. 
Eppure le cose non erano cambiate per niente. 

-

« Ho saputo che Maka sta scrivendo un libro. »

Esordì Tsubaki, poggiando la tazza da thè sul tavolo. Il silenzio che troneggiava nella Death Room, finalmente, venne così interrotto. 

« Già, dopo averne letti a vagonate e continuare a quantità industriali, ci si doveva aspettare che prima o poi ne avrebbe sfornato uno tutto suo. »

Fece notate a tutti Ox, prima di prendere un altro sorso del suo caffè.

« Soul, confermi? »

Domandò Kim in tono curioso, fissando l'albino con inesistenza. La giovane falce, con la schiena comodamente poggiata sullo schienale del divano e le braccia intrecciate dietro la testa a fargli da cuscino, non emise un fiato, disperdendo lo sguardo nel vuoto. Toccare quell'argomento, per lui, non era molto piacevole a dire il vero. Nel profondo del suo animo si avviluppava da giorni ormai un conflitto interiore non indifferente. Veder Maka felice e appagata per star finalmente realizzando qualcosa per lei molto importante lo faceva stare bene, ma vederla ammazzarsi di lavoro per riuscire nel suo intento lo faceva arrabbiare e preoccupare oltremodo. Ma ormai la conosceva, sapeva ogni cosa di lei e, nonostante fosse la maestra delle emozioni, lui era bravo a comprendere di che umore fosse. Di conseguenza, sapeva che se Maka sceglieva di fare qualcosa, ci si dedicava con tutta se stessa perché riuscisse il meglio possibile. Esagerava, decisamente. Ci metteva anima e corpo, letteralmente, al punto da rimanere sveglia fino a tarda notte perché presa dall'"ispirazione", come lei la chiamava. Poi però si svegliava presto per andare a scuola e lavorare, con due occhiaie violacee sotto gli occhioni verdi assonnati. 

« Le occhiaie sono sexy. »

Le ripeteva ogni santa volta Soul con un sorrisetto malizioso, quando lei piombava in cucina tra uno sbadiglio e l'altro, dopo aver fatto le ore piccole. In automatico, partiva l'occhiata truce di Maka, accentuata ovviamente da quelle orrende borse sotto gli occhi. 

« Piantala di prendermi in giro. »

Ma era la verità. Accidenti se lo era. Soul aveva sempre pensato che Maka fosse una bella ragazza, ma lo aveva rigorosamente tenuto nascosto. E anche lei, se vogliamo dirla tutta, aveva fatto altrettanto. Vivere con la paura costante che l'altro scoprisse i propri sentimenti era frustrante. Ma la posta in gioco era troppo alta. La risonanza sarebbe allora stata compromessa, e per forza di cose si sarebbero dovuti separare. Figurarsi se Maka, gelosa com'era, avrebbe potuto sopportare di vedere Soul con un'altra. Non che l'albino non fosse geloso di lei, sia chiaro. Semplicemente riusciva a tenerlo nascosto meglio di quanto faceva la bionda. Lo si leggeva tra le righe, quando si arrabbiava come una iena se Blair gli saltava addosso.
Scacciando via con enorme fatica quei pensieri pesanti e mettendo a tacere le vocine nella sua testa, Soul emise un sospiro rassegnato.
« Si, confermo. Ci lavora giorno e notte e la luce accesa mi disturba mentre dormo. »
Faceva tanto il duro, il “non me ne importa un fico secco”, ma si vedeva quanto fosse preoccupato. Nonostante la sua bocca dicesse una cosa, i suoi occhi ne dicevano un’altra. Ma nessuno si prendeva mai la briga di guardarlo negli occhi, di leggerci dentro, di capire a cosa pensasse.
Solo Maka lo faceva.
Solo Maka ci provava.
Ma lei era l’ultima persona che doveva leggere dentro la sua testa. Se l’avesse fatto, sarebbe annegata in mezzo a tutti quei pensieri perversi che Soul faceva su di lei. Non sarebbe stato per niente fico, chissà come avrebbe reagito. Ma, cosa peggiore, avrebbe capito che lui provava qualcosa per lei. Nemmeno questo sarebbe stato fico, affatto.
Alla risposta dell’albino, Kim sorrise, rimanendo nella sua ingenuità.
« Non vedo l’ora che lo pubblichi. Sono curiosa. »
 
-
 
« Maka! Maka! »

La voce giocosa e squillante di Thomas rimbombò per tutto il corridoio, seguita dai suoi passi pesanti, veloci e sgraziati. La bionda, intenta a recarsi in sala professori, arrestò bruscamente la sua camminata e si voltò di poco verso la fonte di quel suono. Il figlioletto di Marie e Stein le corse incontro, aggrappandosi al suo lungo mantello nero.

« Hai un minuto per me? Ti prego ti prego ti preeego! »
 
La supplicò quasi mettendosi in ginocchio, strattonando con foga la sua tunica. La ragazza decise allora di rimandare di qualche minuto la sua visita alla sala professori, addolcita dal comportamento del bambino. Si chinò arrivando alla sua altezza e posò delicatamente una mano tra i suoi capelli dorati, cercando di scorgere i suoi occhi dietro quegli enormi occhialoni da scienziato. I capelli della madre, gli occhi del padre.

« Dimmi tutto, Tommy. »

Il bambino esibì un sorrisetto soddisfatto, prese un profondo respiro e si preparò a recitare la sua domanda, che faceva più o meno così.

« Ma-chan, cos’è l’amore? »

La bionda sussultò leggermente. Possibile che a dieci anni nessuno si fosse preso la briga di spiegargli cosa fosse l’amore? Eppure aveva una madre che era sempre stata un’inguaribile romanticona. Ad ogni modo, il bimbo stava chiedendo alla persona sbagliata. Se c’era una persona meno adatta per parlare di questo sentimento, quella era senz’altro Maka.

« Ehi, perché questa domanda? Non sarai un po’ troppo piccolo per pensare alle ragazze? »

Lo schernì Maka, sperando così di uscire da quella situazione alquanto scomoda e aggrappandosi alla prima scusa che le passò per la testa. il bambino sbuffò sonoramente, spostandosi un ciuffo biondo di capelli dalla fronte ed esibendo una così le sue gote rossicce.

« Non cambiare discorso! »

Già Maka, cos’è l’amore?
Se l’era chiesto anche lei, diverse volte. Non aveva mai provato un sentimento simile, o almeno qualcosa che potesse vagamente somigliare a come veniva descritto questo sentimento nei suoi libri. Se ne sapeva qualcosa era solo per merito loro, infondo. Maka non sapeva cos’era l’amore. L’aveva solo immaginato. I suoi libri le avevano regalato solamente una misera idea di come potesse essere, un piccolo assaggio dei brividi e del batticuore che regalava. Ma come dovesse essere cadere vittima dell’amore, proprio non lo sapeva. Non riusciva a immaginarsi, innamorata. Con quell’espressione rincitrullita tatuata sul volto, ad esalare sospiri profondi e a pensare tutto il giorno all’amore della sua vita. No, decisamente non faceva per lei. E poi, a pensare a chi? Istintivamente, la sua mente materializzò l’immagine di Soul. Fu allora che comprese che i suoi pensieri stavano sconfinando eccessivamente nel proibito, per cui decise di metterli a tacere prima che fosse troppo tardi.

« Amore è… »

Provò ad iniziare il discorso, ma piombò nuovamente il silenzio tra loro. Ciò provocò un altro sbuffo da parte di Thomas, che per un attimo si era illuso di ottenere una risposta esaudiente. Si sa, i bambini sono molto impazienti.
Dunque, cos’era l’amore?
Nei suoi libri era descritto come il più forte dei sentimenti, il più vero, il più puro. Le venne quasi da ridere, nel pensarlo. Non esisteva l’amore. Era solo una misera illusione. Gli uomini tradivano le donne con la velocità con cui Black Star faceva fuori un intero buffet. Senza l’aiuto di Patty, precisiamo. Ma non voleva esibire il suo cinismo di fronte a un bambino di dieci anni, innocente, colmo di speranze.
Provò a pensarci bene.
Aveva mai provato amore?
Ecco, Soul tornava nuovamente tra i suoi pensieri.
Ma sì dai, anziché scostarlo via stavolta poteva provare ad analizzare più affondo. Provare a superare il confine.
Amore… Era litigare tutto il giorno per motivi stupidi.
Amore era provare una morbosa gelosia verso qualcosa che, teoricamente, non è nemmeno tuo.
Amore è far finta di essere indipendenti, mentre si dipende dalla persona che si ama quasi fosse uno stupefacente.
Amore è gridarsi contro mentre si desidera assiduamente di saltarsi addosso e fare pace.
Amore è cercare di odiare qualcuno perché lo si ama con tutto il cuore, ma non lo puoi avere.
Amore è fingere di odiarsi, di detestarsi, e invece amarsi. In silenzio.
Amore è Soul. Soul…Soul e unicamente Soul.

« …Vedi.. L’amore è quando due persone non possono fare a meno l’uno dell’altra. È quando metti da parte l’orgoglio per non litigare. Quando ti senti strano perché stai vicino a qualcuno. »

Classiche frasi fatte da romanzo. L’idea di amore che aveva Maka era tremendamente dissonante con quella dei suoi libri. Decisamente in contrasto.
Il bambino osservò la ragazza dal basso della sua statura, sollevando un sopracciglio.

« Cosa devo fare se mi piace una persona? »

Soffoca il sentimento, reprimilo. L’amore fa male, tremendamente male. Tu non avrai mai la forza per sopportare un dolore simile.

« Devi rubarle il cuore. »

Assurdo, come riusciva a pronunciare frasi che andavano contro ai suoi ideali, al suo profondo cinismo? Era proprio la maestra delle emozioni, tanto di cappello. Thomas sollevò l’indice verso l’alto e spalancò gli occhi, come colto da un’illuminazione.

« Ah! Devo fare come fa papà! Squarciare il petto con il bisturi e… »

Maka scoppiò in una risatina nervosa, interrompendo la perla di saggezza del bambino. Così divertente, ma anche così inquietante.

« Passi troppo tempo con tuo padre. »

Affermò, scompigliandogli ancora i capelli.

« Maka… »

« Si? »

« E tu? Tu provi amore? »

Quanta ingenuità, negli occhi di un bambino. Quanta voglia di scoprire il mondo, quanta speranza  e aspirazione. Quasi le dispiaceva che quando avrebbe aperto gli occhi, scoprendo come stavano realmente le cose, non avrebbe provato altro che profonda delusione. Ma non sono le delusioni, a farci crescere?
Guardate lei.
Guardate Maka.
È forte, intoccabile, infrangibile.
Una delusione l’ha resa così, l’ha fatta crescere.
Nessuno sa che non ha fatto altro che mutare il suo essere, costringendola a indossare una maschera perenne. Non è cambiato proprio niente. È tutta finzione, è tutto un continuo soffrire in silenzio.
E tu Maka, tu provi amore?
Quella domanda le rimbombò in testa, una, due, tra volte. L’immagine di Soul si fa sempre più vivida.
Si che provava amore. Ma non poteva dirlo. A nessuno. Che strazio enorme.

« E’ un segreto. »

Sussurrò ammiccando in direzione del bambino e portandosi un indice davanti alle labbra. Ma il piccolo scosse la testa energicamente con disappunto, aggiustandosi poi gli occhiali posti sul naso.

« Non si nascondono le emozioni. Fa male! »

Ah, quanto era vero.
Ah, quanto faceva male.
Ma lei, infondo, che poteva farci.
Gli sorrise dolcemente, col sorriso più falso del mondo, e fece scivolare la mano dai suoi capelli alla sua guancia, carezzandola. Poi lasciò che raggiungesse i suoi compagni per giocare.
Buffo, dedichi tutta la tua vita all’insegnamento e un giorno un bambino ti piomba addosso per caso e ti insegna la lezione più importante della tua vita.

-

« Blair, giocare a carte con te non è divertente. »

Sbuffò sonoramente l’albino, buttando le carte sul tavolo e cominciando a dondolarsi sulla sedia. La gatta scoppiò a ridere con gusto, esibendo le carte vincenti.

« Lo dici solo perché ti batto sempre, nya. »

« Per forza, lavori in un pub. Giochi a carte ogni sera, sei più allenata di me. Mh, non è che bari? »

La scrutò con attenzione, cercando di vedere se avesse nascosto qualche carta. Niente. Si doveva rassegnare al fatto che per giocare a poker fosse negato? Beh, di certo contro Maka avrebbe vinto di sicuro. L’idea che ci fosse qualcuno più incapace di lui lo rasserenava. Decise che l’avrebbe sfidata non appena si fosse decisa ad uscire dalla doccia.
Che il libro andasse a farsi fottere.
Era tre ore chiusa in quel bagno.

« Giochiamo a scopa? »

Chiese la gatta col suo solito tono a cantilena, muovendo energicamente la coda e sperando in una risposta positiva. Soul sospirò rassegnato, sapeva già come si sarebbe conclusa la partita.

« Uff, e scopa sia. »

« Cos’è che volete fare, voi due?! »

La voce stizzita di Maka penetrò nel salone e nelle orecchie dei due. Lei stessa entrò nella sala, posizionandosi di fronte a Blair e alle spalle di Soul. A giudicare dalla sua affermazione azzardata, pareva aver capito male le loro intenzioni. Molto male. Ciò non poté fare a meno di provocare la risata divertita dell’albino.
Che carina, era gelosa.
Come sempre, del resto.
Però Soul stranamente quel giorno non aveva voglia di stuzzicarla e di litigare con lei.
Se l’avesse fatto, era certo che si sarebbe chiusa in camera a scrivere il suo libro, ignorando palesemente il resto del mondo. L’avrebbe fatto a prescindere, ma se lui le avesse dato motivo di isolarsi l’avrebbe fatto più volentieri. E lui voleva convincerla a giocare a carte. A passare il pomeriggio con lui e Blair. A prenderla in giro perché non vinceva.
Voleva stare un pomeriggio con lei.
Che il libro andasse a farsi fottere, parte seconda.

« Penso tu abbia capito male, senzatett-! »

Oh, porca miseria.
Per poco non gli venne un crampo alla mascella, per ciò che si materializzò dinnanzi ai suoi occhi una volta ch’ebbe girato il capo verso di lei.
Oh, porca troia.
Reprimi il sangue dal naso.
Senzatette un accidente.
E quelle curve dove le teneva nascoste?
Che ne era della Maka dritta come un tubo e piatta come una tavola da surf?
Non doveva fargli questi scherzetti improvvisi.
No, il suo cuore non avrebbe retto.
Dannatissimi vestiti larghi che non la valorizzavano per niente.
Doveva smetterla di metterseli e iniziare ad andare in giro vestita stretta.
Molto, mooolto stretta.
O forse no.
No, era meglio che continuasse a vestirsi come sempre, altrimenti a qualcun altro sarebbe venuta la voglia di saltarle addosso.
Davanti ai suoi occhi, comparve la visione più celestiale di tutte. Una Maka arrabbiata, dallo sguardo truce, le braccia incrociate sotto il petto, i capelli grondanti, il corpo ancora bagnato e quell’unico, misero, cortissimo asciugamano a coprirle il corpo. A strizzarlo, più che altro, stretto com’era. Un mix perfetto, non c’è che dire.

« …E’ il mio compleanno? »

Commentò, non staccandole gli occhi di dosso e sfoggiando il solito sorrisetto malizioso. In effetti, quell’asciugamano aveva messo le sue curve in risalto meglio di come qualsiasi vestito fosse stato in grado di fare. Si dovette sedere sulle proprie mani per reprimere l’istinto irrefrenabile di strapparglielo di dosso. Maka storse il naso, corrugando ancora di più la fronte.

« Spiritoso. È che per andare dal bagno alla mia stanza devo passare per forza per il salotto e voi eravate qui. Mi sono dimenticata i vestiti puliti sul letto. »

Cercò di giustificarsi, quasi volesse maledirsi mentalmente per la svista. Ma a Soul pareva non dispiacere per niente quella visuale.

« Dovresti farlo più spesso. Anzi, se ci tieni alla tua incolumità, potresti non uscire dal bagno in questo modo? Diventa sempre più difficile reprimere gli ormoni. »

Sibilò, sforzandosi di vedere attraverso il suo asciugamano quasi avesse la vista a raggi laser, con pochi risultati ovviamente. La bionda sbuffò, visibilmente seccata, mentre le sue guance assumevano il solito colore rossastro di quando si imbarazzava.

« Ma smettila. Viviamo assieme da più di dieci anni, se avessi voluto farmi qualcosa l’avresti già fatto. »

Disse per tutta risposta, cominciando a camminare verso il corridoio dove si celava la sua stanza, e portandosi inconsapevolmente Soul dietro. La seguiva attentamente, anche se la sua attenzione era mirata maggiormente a osservarle il fondoschiena rimbalzare leggermente ad ogni suo passo, e che per quanto era stretto quel coso di stoffa ne si poteva scorgere facilmente il movimento.

« Potrei rimediare subito, iniziando da ora. »

Sussurrò, incrementando il rossore delle gote di Maka e ricevendo come risposta una sonora porta in faccia. Impegnato com’era a guardarle il didietro non si era accorto nemmeno che erano arrivati fino alla sua stanza…

« Stai lontano da me. »

Sibilò unicamente, al sicuro dentro la sua cameretta. Beh, se lo era meritato, infondo. Ogni volta che si riprometteva di non stuzzicarla, finiva col fare di peggio. La cosa che lo infastidiva maggiormente e che, preso com’era dall’osservare quelle curve che raramente aveva il privilegio di vedere, non le aveva chiesto di giocare a carte. E alla fine era finita col chiudersi nella sua stanza a scrivere quello stupido libro.
Ah, non era per niente fico.
“Amore è provare una tremenda attrazione fisica, ma reprimere con fatica e impegno gli ormoni.”
Maka decise che l’avrebbe aggiunto alla lista dell’idea strampalata che si stava facendo dell’amore.
 
-

« Maka, dai basta lavorare. Vai a dormire. »

La luce del monitor del pc era l’unico fanale nel buio pesto della sua stanza. Illuminava il viso pallido, gli occhi stanchi, i capelli disordinati. L’unico rumore udibile erano i tasti della tastiera, pigiati con forza e dedizione. Impegno, l’unica parola possibile da associare a quest’immagine. L’immagine di una Maka che lotta contro il sonno a colpi di caffè e sbadigli, l’immagine di una Maka determinata a finire il proprio lavoro.

« Finisco questo capitolo e vado, promesso. »

Voce rotta dalla stanchezza, dalla scarsa lucidità mentale, di cui quel poco che ne restava veniva impegnato per mettere insieme vocaboli sullo schermo del computer. Soul emise un sospiro rassegnato. La sua preoccupazione era alle stelle. Sembrava una drogata in astinenza, conciata in quel modo. Uno straccio. Soul non poteva sopportare quella visuale.

« Dici sempre così, poi ne scrivi altri cinque e a letto non ci vai comunque. Se continui con questo ritmo, ti ammalerai.»

La rimproverò, posizionandole il plaid sopra le spalle apprensivamente, per poi dirigersi verso la cucina. Pareva quasi che i ruoli si fossero invertiti. Ma quella volta era deciso al cento per cento a farla andare a dormire presto. Presto poi, era quasi l’una… Ma sempre meglio dell’ora in cui si ritirava solitamente. Lei e la sua cocciutaggine. Lei e il suo impegnarsi in tutto quello che faceva. Lei e quelle sue occhiaie viola che lo facevano preoccupare.
Lei, lei… Lei.
Lei e basta.
Maledetta Maka.

« AHI!»

«COSA C’E’?! CHE HAI FATTO?! »

Urlò preoccupato, penetrando con irruenza nella stanza con in mano l’intero kit di pronto soccorso. Forse stava leggermente esagerando anche lui… Si spostò freneticamente vicino a lei, la delicatezza di un elefante, cominciando ad osservarla assiduamente, per comprendere cosa c’era che non andava. La bionda rese visibile il proprio polso, al centro della quale giaceva un piccolo graffietto sanguinante.

« Mi sono tagliata con la carta degli appunti... »

Mugolò lamentosamente, gonfiando un poco le guance. Che carina, sembrava quasi una bambina che si era fatta la bua quando faceva così. Dopo aver esibito un flebile sorriso intenerito, frugò un poco nella cassetta del pronto soccorso.

« Ti sta bene. Te l’ho detto che i libri nuocciono gravemente alla salute. »

Affermò scherzosamente, spalmando un po’ di pomata sulla ferita, per darle sollievo e disinfettarla.
Ma quali libri e libri. Era lei a nuocere, in tutti i sensi. Alla sua salute e alla sua sanità mentale. Ancora nella sua mente scorrevano le immagini di quel corpo avvolto solo dall’asciugamano. Mai l’avesse fatto a presentarsi di fronte a lui in quel modo. Era forse impazzita? Gli uomini erano come animali, bestie, quando si trattava di ormoni non ci capivano più niente. Diventavano pazzi, appunto. E forse, tra i due, il vero pazzo era lui. Era pazzo di Maka. Del suo corpo, del suo carattere, di lei. E la visuale di quel pomeriggio non aveva fatto altro che incrementare la sua voglia di farla sua.
Ora, in quello stesso istante.
Non era Maka a sembrare una drogata in astinenza.
No, Maka era la droga. Maka era stupefacente. E Soul aveva la netta sensazione che non si sarebbe mai stancato di farne uso.

« Esagerato, è solo un graffietto.. »

Replicò a bassa voce.

« Basta lavorare, Maka. »
Intonò col classico timbro vocale di chi non ammetteva obiezioni, posando delicatamente un cerotto sulla ferita.

« Ma io… »

« Ho detto basta.»

Bum. Bastò un istante. Un briciolo di irruenza. Il monitor si chiuse con un tonfo e l’unica fonte di luce andò a mancare, facendo cadere Maka nel profondo buio della sua stanza. Cercò di guardarsi intorno, ma non vide niente. Aveva chiuso perfino le finestre per fare meno luce possibile, così da non disturbare Soul. A proposito, dov’era andato a finire? Improvvisamente, la sua mano si posò delicatamente sul viso della bionda, quasi per risponderla a quella tacita domanda. Lui era lì, vicino a lei. Poteva sentire il calore che emanava il suo corpo. I battiti del suo cuore accelerarono improvvisamente e si sentì come se fosse tornata ad essere la Maka sedicenne. Quella che si imbarazzava per uno sfioramento di mani accaduto per sbaglio, ma con maestria lo celava agli occhi di tutti. L’indice dell’albino accarezzò il suo labbro inferiore, facendola sussultare leggermente. Improvvisamente, li vide. Li distinse in mezzo al buio. Quegli occhi cremisi, inondati di desiderio. Bramavano lei.
Soul era lì.
La distanza diveniva sempre più minima.
Il suo respiro caldo si insinuò sotto il suo collo, accarezzandolo. Assurdo che qualcosa capace di emanare un tepore tale da contribuire allo scioglimento dei ghiacciai le facesse venire i brividi. Un bacio sul collo, esitante, timoroso, la portò a mordersi il labbro interiore. Il suo collo non era mai stato profanato in alcun modo. Il suo corpo non era mai stato profanato in alcun modo. Maka era pura, Maka era nuova. Un prodotto ancora nella confezione, un fumetto da collezione senza nemmeno una piega. E ciò non faceva altro che rendere tutto ancora più eccitante. Seguì un altro bacio, meno incerto, più deciso, poi un altro, un altro ancora…Fino ad arrivare a sbranarle letteralmente il collo. La bionda gli si rannicchiò voracemente addosso, aggrappandosi ai suoi capelli albini per sopportare quella dolcissima tortura. Ansimava. Che carina. Già aveva il fiatone e ancora non avevano fatto niente.
Soul era lì.
La distanza ormai non esisteva più.
E finalmente….
Eccole, le sue labbra.
Calde, morbide, s’intrecciarono a quelle di Maka. Era un bacio impacciato, nessuno dei due aveva la minima idea di come si facesse. Il che era assurdo, vista la loro età. Ma avevano desiderato talmente tanto quel momento, da far credere a entrambi che quello fosse il modo giusto per baciarsi. Non importava se non era così che si faceva.
Oh, era così bello.
Loro due, lì, insieme. Finalmente. La bocca di Maka si dischiuse leggermente, come ad invitare la lingua di Soul ad entrare. E quel muscolo si insinuò inserto fra i suoi denti, cercando quella della sua compagna. Si trovarono, s’intrecciarono. Era umido, ma per niente disgustoso. Anzi. Avrebbero potuto continuare per ore. Era adorabile il modo in cui Maka ispirava ed espirava aria col naso sul viso dell’albino. Il suo respiro era lento, a tratti interrotto, le moriva in gola. Le mani di Soul si insinuarono in mazzo ai suoi capelli biondi, intrecciandosi tra essi. Erano morbidi, setosi. Emanavano un profumo buonissimo. La bionda insinuò invece le proprie sotto la maglietta dell’albino, andando a cingergli le spalle. Il modo in cui i polpastrelli delle sue mani gli accarezzavano la pelle della schiena lo faceva letteralmente impazzire. Se intensificava il bacio, allora, le sue unghie gli graffiavano leggermente la pelle e lui non capiva letteralmente più nulla. Fu allora che Soul decise che la sedia dietro la scrivania non era poi un posto così comodo. I suoi palmi si spostarono rapidamente, scivolando lungo il collo della bionda, attraversando la spina dorsale e regalandole un brivido freddo.
Il corpo di Maka era caldo.
Il corpo di Maka era morbido.
Il corpo di Maka l’aveva chiamato silenziosamente da una vita e lui aveva finto di non sentire.
Ma ora era lì. Era pronto. L’avrebbe fatto finalmente suo.
Dovette fare uno sforzo immane per costringersi ad interrompere quel contatto col suo corpo appena sopra il fondoschiena, e riprenderlo più in basso, afferrandole le cosce. Non voleva spaventarla, voleva andarci piano. Era già tanto che stesse finalmente accadendo. Sollevandole entrambe le gambe, la prese di peso in braccio, senza staccarsi dalle sue labbra. Fosse per lui avrebbe anche potuto non prendere mai fiato.
Morire d’asfissia. Sarebbe stata la morte più bella del mondo. Perfino passare a miglior vita sembrava invitante, se lo si faceva avvinghiato a Maka.
Maka, Maka e solo Maka.
In testa aveva solo lei, i suoi movimenti, il suo corpo, le sue labbra.
Era totalmente andato. La fece ricadere dolcemente lungo il suo letto a una sola piazza, e la ragazza ci si coricò sopra. L’albino non ci mise molto a fiondarsi nuovamente addosso a lei, posizionandosi a quattro zampe. L’imbarazzo stava ormai diminuendo, la voglia andava a aumentando. Le mani di Maka volarono delicatamente verso la sua maglietta, sfilandogliela di dosso. Stava iniziando a reagire, a non essere più succube delle sue torture. Stava iniziando anche lei a torturarlo. Era piacevolmente ingiusto. Bisognava bilanciare le cose. Così Soul pensò bene di cominciare a sbottonarle la camicetta. Piano, un bottone alla volta. Ma vedendo che non gli arrivavano libri di nessun genere addosso, completò l’opera.
Che il libro andasse a farsi fottere, parte terza.
Si poteva, essere gelosi di uno stupido manoscritto? Ma sì, infondo Maka preferiva da sempre dare più attenzione ai suoi libri, che a lui. Li aveva sempre visti come una minaccia, un ostacolo tra loro. Era per questo che sovente la costringeva ad uscire, a passare del tempo all’aria aperta. Lontano dai libri.
E Maka? Lei nutriva gelosie stupide?
Ovvio, oltre a quella per Blair… E a qualunque altra ragazza sul pianeta terra che provasse ad avvicinarsi a Soul, la bionda era gelosa della musica. Soul amava la musica. Più di quanto amasse lei.
Maka non amava la musica.
Non ci aveva mai capito niente su quell’argomento.
Una cosa era certa, amava la SUA, di musica.
Perché era sua. Solo per questo.
Mani che si stringono avidamente ai fianchi quasi inesistenti, bramando più carne.
Più carne.
Quelle creste iliache non troppo evidenti avevano un nonsoché di sexy. Soul ci passò sopra la mano, per poi scendere verso la schiena. Maka sollevò leggermente il busto, come ad incitare quella mano a continuare la discesa. Gli accarezzò delicatamente la natica destra da sopra la gonnella e lei di rimando gli lasciò un morso avido sulle labbra. Non capì più niente. La mano si insinuò con forza sotto la sua gonna, afferrando a mano piena la chiappa tonda. La ragazza emise un leggero gemito, ma non accennò a volerlo fermare. Lasciò che facesse, mentre lei continuava a passargli le mani fra i capelli. Che tortura. Che dolcissima tortura.

« Sei morbida… »

Le sussurrò maliziosamente in un orecchio, per poi riprendere a torturarle il collo, regalandole un altro palpeggio. Piano, delicatamente. Era quasi rilassante. I polpastrelli della ragazza accarezzarono la possente schiena dell’albino, fino ad arrivare all’elastico dei suoi boxer. La tentazione la prese alla sprovvista, così da convincere una delle sue mani ad infiltrarsi la dentro.

« Anche tu non scherzi. »

Commentò, facendolo ridacchiare.

« Ma tu guarda che pervertita. Non l’avrei mai detto.»

« Da che pulpito! »

« Sta zitta e baciami.»

E giù, a baciarsi, a toccarsi e a sfiorarsi di nuovo, sempre con maggiore voglia e passione. Un desiderio celato per così tanto tempo, esplodere finalmente, libero da qualsiasi costrizione. Le mani di Soul –che nel frattempo erano diventate due, una per natica- abbandonarono a fatica e a malincuore il fondoschiena di Maka, cominciando a salirle lungo il ventre. Piatto, completamente piatto. Ma la sopra la situazione non rimaneva immutata, come lui aveva pensato per tanto tempo. Non che avesse un seno enorme, questo era certo. Ma c’era. Eccome se c’era. Avrà avuto una seconda, probabilmente. Il reggiseno che indossava non ne esaltava per niente la forma tonda, altrimenti le avrebbe notate prima. Ora sapeva cosa regalarle per il compleanno. Il suo seno era talmente sodo che anche senza reggiseno sarebbe rimasto al suo posto. L’idea non faceva altro che fargli girare maggiormente la testa. Lentamente, la mano penetrò sotto il pizzo della biancheria, afferrandolo a mano piena.
C’era, eccome se c’era.
Un grazioso, tenero, piccolo seno.
Mentre era intento ad accarezzarlo, a palparlo delicatamente, la bionda cominciò a torturarle il collo.
L’albino dovette ammettere che non era poi tanto piacevole, quando succedeva a lui. Si sentiva quasi sottomesso al piacere. Piacere che Maka gli arrecava. Era completamente perso. Perso di lei. Sospiri continui, geniti, respiri pesanti, mani che bramano il contatto con la pelle, baci sul petto e in altri luoghi proibiti.
Una dolce, dolcissima tortura.
E andò avanti così per molto, moltissimo tempo, finché al ragazzo non venne la brillante idea di portare il suo organo tattile a un livello superiore. Le scivolò sotto il reggiseno, attraversando nuovamente il ventre piatto, fino a raggiungere il lembo della gonna. Dal momento in cui la sua mano s’insinuò prepotentemente all’interno della sottana, posandosi sopra i suoi slip umidicci e venendo invasa da un insolito tepore, Maka prese la solenne decisione di torturargli il petto. Quegli addominali scolpiti su cui aveva tanto bramato di posare le sue mani. Ma nello stesso istanti in cui allungò la mano per raggiungerli, il polpastrello del suo dito sfiorò qualcosa.
Quella cosa.
Quell’orrenda cicatrice.
Come rovinare un momento bello, un momento che avevi vissuto solo nelle tue remote fantasie? Con un brutto ricordo. Quella cicatrice aveva da sempre questo potere, su Maka.
Era colpa sua se quel giorno si era ferito. Non era stata abbastanza forte per proteggerlo. Erano passati molti anni da quel giorno, e il tempo in teoria dovrebbe curare le ferite. Ma quello non era il caso. Quella ferita era un solco perenne. Sempre lì, pronta a ricordarle quanto in realtà fosse debole. Quanto facesse schifo.

{Non sei altro che un’inconcludente. Non riesci ad essere all’altezza delle situazioni nemmeno ora che sei cresciuta. Continua ad essere tutto uguale a prima… Eh, Maka? Continui a dipendere da lui, continui ad essere alla sua mercé. Se un giorno decidesse di andarsene, moriresti. Sei solo una bambina che pende dalle labbra di un uomo. Un uomo che non merita nemmeno, tra l’altro. Guarda, guarda questo profondo solco nel suo petto. È colpa tua. Se fossi stata più forte, non sarebbe successo. Non sei stata nemmeno in grado di finire il libro che da sempre sognavi di pubblicare. Metti da parte tutto per Soul. Tutto e meno importante di Soul. Soul viene prima di tutto e di tutti. Allora.. Perché non riesci a meritartelo?}
 
« I-io… »

Un sussurro, rotto, quasi fosse sul punto di piangere. Beh, gli occhi lucidi c’erano tutti. Un abbassamento repentino del capo, la perdita improvvisa di ogni entusiasmo. I sensi di colpa avevano il potere di renderla arrendevole di fronte alla realtà. E Soul se ne accorse subito, immediatamente. Era chiaro, palese.

« Maka…? »

« Soul, basta… »

Sussurrò timidamente, cercando di coprirsi per la vergogna, come se si fosse appena accorta di essere semi nuda. Ma non era certo per questo si sentiva turbata.

« Che hai..? Come mai hai cambiato idea? Pensavo..»

La delusione, negli occhi, nel tono di voce dell’albino, era evidente. Al punto che Maka si sentì quasi in colpa.
Ancora.
Non voleva rivelare le vere ragioni che l’avevano spinta a spegnersi improvvisamente. Non voleva mostrarsi debole ai suoi occhi. Non lo sopportava.

« Soul, devo finire il libro entro domani.. L’ho promesso, me lo sono ricordata ora… »

« Aaah, tu e il tuo accidenti di libro, Maka! »

Sbatté fortemente il pugno contro il materasso, di fianco a Maka, alla sua sinistra. Arrabbiato, deluso. Si sentiva addirittura stupido. Per un attimo si era illuso di averla travolta con la sua passione, di averle fatto dimenticare dell’esistenza del lavoro. Di averle fatto pensare unicamente a lui. A loro. Esattamente come era successo a lui. Illuso, ecco cos’era. Repentinamente, sollevò le sue membra da sopra il letto, lasciandola sdraiata lì col torace scoperto. La mano di Maka si allungò in un riflesso involontario, cercando di afferrarlo.
Voleva raggiungerlo, ma non poteva.
Si sentiva uno schifo.

« Lavoro, lavoro e sempre lavoro! Sai cosa, Maka? Hai ragione tu, non è cambiato niente! Continui a mettere il tuo dovere prima di me. Continui a mettere qualsiasi cosa prima di me. Come dieci anni fa. Mi sono stufato, basta. »

« Soul… »

« Ho detto basta! »

La porta venne sbattuta fragorosamente, quello fu il segnale decisivo che l’albino aveva lasciato la stanza. Già Maka sentiva nostalgia del calore del suo corpo, delle sue mani su di lei. Si sentiva ridicola.
Aveva rovinato tutto, di nuovo.
Inutile, qualsiasi cosa facesse era destinata a fallire sempre.
A fare la cosa sbagliata.
E a compromettere ogni singolo momento di felicità che le veniva regalato.
Aveva un dono innato, per questo. Riusciva sempre a rendersi infelice da sola. Ad arrecarsi dolore da se.
In quella tacita stanza buia, rimasero solo lei, le sue mani che si riagganciavano la camicetta, le lacrime, i singhiozzi, il senso di colpa a divorarla in un sol boccone e il vago ricordo del piacere.
Un piacere che non sarebbe più tornato.
E, ancora una volta, la colpa era sua.
 
-
 
« SOOOOOOOOUUUUL! »

La voce di Black Star riecheggiò nelle orecchie dell’albino come il più fastidioso dei rumori. Mai una volta che riuscisse a stare per i fatti suoi.

« Che vuoi? »

Rispose in tono seccato, ancora visibilmente irritato per ciò che era accaduto la scorsa notte. Non riusciva ad accettare il fatto che l’avesse rifiutato, messo da parte per il suo lavoro. Per l’ennesima volta. Accidenti, che aveva la sua professione che lui non aveva? Cosa le dava che lui non poteva darle?
Lavorare era faticoso, frustrante, logorante.
Eppure lei l’aveva preferito a una notte con lui.
Perché?
Perché non era riuscito a farla sua, nemmeno mettendo da parte l’orgoglio?
Forse Maka non lo amava.
Allora perché gli aveva permesso di invadere totalmente il suo corpo?
Più ci pensava, più non riusciva a cavarne piede.
Più ci pensava, più gli venivano in mente le sue mani, il suo tocco delicato, i suoi occhi, i suoi sospiri, le sue labbra, il suo corpo.
Lei.
Dannata Maka.
Era proprio vero che nuoceva gravemente. Alla salute e alla sanità mentale.
Ma cosa poteva saperne Black Star, di ciò che era successo? Ingenuamente, gli corse incontro esibendo uno dei suoi luminosi sorrisi. Sollevò poi il libro che teneva in mano, rendendolo visibile agli occhi di Soul. Insolito per il turchino portarsi dietro un manoscritto.

« Che ci fai qui? È un’ora che ti cerco. Siamo tutti nella Death Room a congratularci con Maka, ha stampato la prima coppia del suo libro. È ufficiale, l’ha pubblicato! »

Sei entusiasta, Maka?
Tutti che ti stanno intorno, tutti che si congratulano con te.
La tua fame di calore umano è diminuita adesso?
Non hai più bisogno di Soul, ore che hai realizzato il tuo obbiettivo, vero?
Ora, finalmente, hai la fama. Ora, finalmente, la gente si accorgerà di te. Non sarai più invisibile. Ci sei riuscita, finalmente. Ma Soul dove sarà, quando lo cercherai?

« Non mi interessa. Non ho nessuna intenzione di trattenermi a scuola più del dovuto solo per farle le congratulazioni. »

Rispose unicamente, volava veleno dai suoi vocaboli.
Che delusione assurda.
Voltò poi le spalle all’amico, cominciando a dirigersi verso il portone d’entrata della scuola, con la precisa intenzione di tornarsene a casa. Black Star lo fissò allontanarsi piuttosto perplesso, con il libro di Maka ancora in mano. Conosceva Soul, i suoi modi di fare da fico, il suo orgoglio, ma non pensava arrivasse a tanto. La bionda ci sarebbe rimasta certamente male.

« Capisco che non è importante come una delle mie vittorie, ma si parla della tua partner, accidenti! Leggi almeno quello che ha scritto nell’introduz-! »

« Black, non me ne frega niente di quello che fa Maka. Non me ne mai importato niente, perché dovrebbe iniziare a importarmi adesso? »

Mentì spudoratamente, smuovendo la mano su e giù con nonchalance. Si sa, quando si è feriti non ci si risparmia con le parole. E Maka l’aveva ferito molto.
Moltissimo.
Troppo.
 
-
 
« …Soul? »

Timorosa, la voce di Maka invase il salone, cercando di richiamare l’attenzione dell’albino, di spalle rispetto a lei. Ma lui, seduto di fronte al tavolino, la testa poggiata alla sua mano come se senza il supporto di quest’ultima cadesse, non rispose. Ciò portò la bionda a sospirare. Era ancora arrabbiato con lei.

« Soul, non puoi tenermi il muso per sempre.»

Affermò, cercando quasi di autoconvincere se stessa, più che ad invogliare lui.

« Lasciami in pace.»

Sibilò l’albino per tutta risposta. Ma Maka non era certo il tipo di persona che si arrendeva così facilmente. A falcate veloci, raggiunse lo schienale della sedia su cui giaceva il suo partner. Sfoderando una forza inaudita, voltò la sedia verso di lei, in modo da poter incrociare il suo sguardo. Lo fissò intensamente negli occhi, la fronte leggermente corrugata, le braccia a bloccarlo per le spalle. Ma Soul non la degnò nemmeno di uno sguardo, tenendolo puntato sul pavimento.

«Guardami. »

Niente, nemmeno un sospiro. Visibilmente irritata, gli sollevò il viso, costringendolo a incontrare i suoi occhi. Aveva due borse profondissime sotto gli occhi. Era il ritratto della stanchezza.

« Soul, guardami. Ti ho detto di guardarmi. »

Si lasciò andare a un flebile sorriso. L’atteggiamento di Maka non aiutava per niente. Quando prendeva posizione in questo modo, era semplicemente irresistibile. Una vera e propria tentazione.

« Hai due occhiaie che fanno spavento. Che vuoi, avanti…»

Si degnò di risponderla, sollevando gli occhi cremisi e puntandoli su di lei. La meister gli porse il suo libro. Non era un gesto che diceva “se vuoi puoi prenderlo”, era un gesto che diceva “prendilo”. Non era un invito, era un’imposizione.

« Leggi la prima pagina.»

« Maka…»

« Ho detto: leggi la prima pagina.»

Soul si lasciò andare a un sospiro, afferrando il libro della sua partner e iniziando a sfogliarlo, ubbidiente. Eccola lì, la prima pagina. Ciò che lesse lo lasciò interdetto, con un’espressione sorpresa tatuata sul viso.

 
“A Soul, la persona più insopportabile del pianeta terra.
A Soul, che mi fa sempre arrabbiare, impazzire, dare di matto.
A Soul, che a volte vorrei uccidere con le mie mani.
A Soul, che mi ha insegnato ad essere forte.
A Soul, che mi ha protetta da ogni male esistente possibile.
A Soul, che inconsciamente mi ha fatto capire cos’è l’amore.
A Soul, che mi ha fatto capire come si ama una persona.
A Soul, che è il mio partner nel lavoro, ma che vorrei occupasse questa carica anche nella mia vita.
A Soul che io amo, da impazzire, ma non ho mai avuto il coraggio d dirglielo.
A Soul, che io metterei sempre al primo posto.
A Soul, che il primo posto l’ha sempre avuto, lo ha ora, e continuerà ad averlo. Per sempre.”
Non riusciva a crederci. Aveva messo da parte l’orgoglio…Per lui? Aveva ammesso di amarlo pubblicamente? Chiunque avrebbe potuto leggere il suo libro. Chiunque. Dunque, avrebbero saputo tutti che lei lo amava. Era un po’ come dire “ti amo così tanto che vorrei gridarlo al mondo”.
E lei l’aveva fatto. Davvero.
Ti amo così tanto che lo scrivo sul mio libro, e lo leggerà tutto il mondo. Tutti sapranno che ti amo.”
La ragazza fissò il pavimento, spostandosi una ciocca dei suoi biondi capelli dietro le orecchie, visibilmente nervosa e imbarazzata. L’albino chiuse il libro e lo tenne in mano, agitandolo lentamente e trasparendo finto disinteresse dal suo atteggiamento.

« Ora capisci perché avevo fretta di finirlo..? »

Si giustificò la giovane meister, torturandosi li braccio per l’ansia.

« Mi hai dedicato il tuo libro…»

Sibilò con noncuranza, al punto che la bionda pensò realmente di non averlo impressionato affatto con quel gesto. Occorreva fare di più. Occorreva abbassare le barriere. Completamente.

« Ovvio, testone. A chi avrei dovuto dedicarlo? A mio padre? »

« Ti amo, Maka Albarn. Occhiaie violacee comprese.»

Non ci fu bisogno di altre parole, di altri gesti, di altro. Tutto il resto divenne superfluo. Le labbra di Soul si posarono su quelle di Maka, facendola dapprima sussultare per la sorpresa, ma portandola poi a farla ricambiare quel gesto, socchiudendo gli occhi e godendoselo affondo.
Qualche minuto dopo, perfino i vestiti divennero solamente un dettaglio.
Superflui, come il resto del mondo.
Non esisteva più niente.
Solo lei, lui, e i loro corpi.

“Titolo: Tutta un’altra idea di amore.
Autrice: Maka Albarn.
C’erano una volta un ragazzo e una ragazza che si amavano, ma non sapevano come dirselo…”
  
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