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Autore: H A N A K O    22/08/2014    2 recensioni
Da anni, il paese del fuoco e quello del buio sono in guerra. La seconda grande guerra non era bastata a placare il loro odio. Ladri del paese del buio saccheggiavano i villaggi al confine del paese del fuoco, era così da sempre. I quattro ragazzi non sapevano il motivo del trasferimento del loro amico, ma speravano di rivederlo.
Genere: Azione, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Saaalve!!!! Sono ritornata!! Vi propongo una storia a capitoli, ho iniziato a scriverla qualche settimana fa, e ora vi presento il primo capitolo. No ha niente a che fare con il mondo dei Gaze, è tutta fantasia. Ma ciancio allle bande (se si scrive così...), vi lascio alla lettura! Fatemi sapere cosa ne pensate. Sono ben accetti suggerimenti e consigli. :) Adesso vado, ciao.




Era passato un anno dalla seconda grande guerra che aveva sconvolto il paese e i paesi confinanti.
Si erano stretti dei patti di pace, i governi erano stanchi delle guerre e dei cittadini che chiedevano una tregua, per seppellire i morti e salutarli. Era un periodo di pace e prosperità, i villaggi erano in pace fra loro, come con i paesi confinanti. E in uno di questi villaggi, c’è un ragazzino. E’ sulla riva del fiume e pesca. E’ seduto su uno scoglio da ore, ma al suo amo non è ancora abboccato niente. Aveva quasi perso le speranza quando una voce gli fece distogliere la concentrazione dal corso del fiume.
– Ruki!! – il giovane si girò, spostando i suo occhi verso la persona che lo chiamava. Un ragazzo biondo gli stava correndo incontro, urlando ai quattro venti il suo nome. – Ruki! Ruki! – arrivò da lui con il fiatone, si buttò affianco a lui facendo respiri rapidi. – Ecco dov’eri, ti stiamo cercando tutti. –
− Non ho voglia di giocare, non con voi. –
− Ma cosa stai dicendo? Perché? −
− Finisco sempre per essere quello che subisce e a me non va più. Giocate voi, io preferisco pescare. – distolse lo sguardo dal biondo e lo riposò sulla corrente del fiume, dove i pesci non abboccavano.
− Non è vero smettila di fare la femminuccia e vieni a giocare. – lo prese per il braccio, per incitarlo ad andare con lui, il piccolo pescatore oppose resistenza. Tolse bruscamente la mano dell’amico e si allontanò bruscamente da lui. La canna da pesca rimbalzò sullo scoglio con un suono acuto finendo nell’acqua.
− HO DETTO CHE NON VENGO CON TE! NON VOGLIO GIOCARE CON VOI! Non venirmi più a cercare, non voglio più avere a che fare con voi! Mai più!! – urlò a squarcia gola il più piccolo, le labbra increspate dalla rabbia. La sua voce aveva fatto eco fra gli alberi vicino al fiume, si era espanso e perso nell’aria.
− Ma Ruki…. −
− Vattene! Non voglio più vedervi. E’ stato bello giocare con voi, ma è il momento di dividerci. Addio. – a passi lunghi si allontanò,quasi corse,  prese il vicino sentiero per tornare a casa. Lasciò il biondo vicino al letto del fiume, gli uccellini cinguettavano più del solito. Dopo poco tempo, il biondo si avviò verso il centro della città, per andare dai suoi amici per dirgli che il loro piccolo amico gli aveva abbandonati. Gli altri, tre ragazzini allegri sempre col sorriso sulla faccia, non accettarono la decisione del più giovane, ma si rassegnarono, se si metteva un’idea in testa era difficile fargli cambiare idea. Con gli anni che passarono si dimenticarono di lui. Il ragazzino pescatore lasciò la città per trasferirsi un un’altro paese, il paese del buio. Da anni, il paese del fuoco e quello del buio sono in guerra. La seconda grande guerra non era bastata a placare il loro odio. Ladri del paese del buio saccheggiavano i villaggi al confine del paese del fuoco, era così da sempre. I quattro ragazzi non sapevano il motivo del trasferimento improvviso del loro amico, ma speravano di rivederlo.
 
Passarono nove anni. I cinque ragazzi crescevano bene, erano all’ultimo anno dell’accademia ninja. Dopodiché, sarebbero  diventati dei ninja a tutti gli effetti.
Erano le primi luci del giorno, e il biondo non aveva chiuso gli occhi tutta la notte; stava per iniziare il primo giorno dell’ultimo anno ed era agitato. Si rigirava continuamente sotto le lenzuola verdi. La luce del sole passava allegra attraverso la finestra aperte. Decise di alzarsi, il letto iniziava a diventare scomodo, uscì dalla stanza si diresse in cucina dove si versò un bicchiere d’acqua gelida. Mancano cinque ore all’apertura della scuola, ma Reita non riusciva a calmarsi. Si avvicinò alla finestra dove le colline gli riempirono lo sguardo, l’aria fresca iniziò a calmarlo. Rimase a fissare il panorama per parecchio tempo prima di decidere di ritornare a dormire. Si ristese sotto le lenzuola e riprese a dormire. La sveglia non era impostata.
 
−Reita! Reita! – Una voce femminile arrivò alle sue orecchie svegliandolo dal suo sonno. –Reita farai tardi, alzati la colazione è pronta! – Aprì lentamente gli occhi, vedeva sfocato ma le lancette dell’orologio erano abbastanza nitide, ci mise un po’ per capire che era in ritardo. Uscì di corsa dal letto e corse a prepararsi, fregandosene delle urla isteriche di sua madre. Ingurgitò di corsa la colazione e corse fuori casa alla velocità della luce. Corse a più non posso e per poco non travolse Uruha, che stava tranquillamente uscendo dal negozio della madre. – Reita, dove corri? – Il biondo si fermò sentendo la voce dell’amico.
−Uruha cosa fai li tranquillo, siamo in ritardo! Dobbiamo correre! – Non aveva smesso di muoversi, saltellava sul posto per tenere il ritmo.
− Ma cosa dici? Siamo in anticipo di parecchio. – Reita si fermò appoggiando entrambi i piedi per terra.
−Ah si? −
− Certo. – Si voltò verso il dentro del negozio – Mamma io vado, ci vediamo più tardi. – Dal dentro si sentì la voce della madre – Va bene. –
− Andiamo? – Camminarono insieme a  passo tranquillo. Percorsero la via principale fino alla casa di Aoi, bussarono alla porta e aspettarono.
La porta si aprì poco dopo, la madre di Aoi fece capolino sulla soglia. –Sì chi è? –
− Salve signora sono Uruha, Aoi è pronto? −
− Oh ciao, si è svegliato da poco. Prego entrate. – I due ragazzi entrarono, si accomodarono sulle sedie in legno della cucina, gli zaini di entrambi erano sulle loro cosce. – Adesso vado a chiamare Aoi, fate come se foste a casa vostra. – Fece un caldo sorriso e mise sul tavolo un vassoio pieno di biscotti al cioccolato e si allontanò. I due si guardarono per una frazione di secondo negli occhi prima di azzannare i biscotti.
− Mmmh, che buoni! – commentò il biondo con la bocca piena, aveva le briciole intorno alla bocca.
− Reita manda giù prima di parlare, mi arrivano le tue briciole addosso! – Si tolse gli sputi dell’amico di dosso. 
− Scusa, è che sono troppo buoni! – Uruha controllò l’orologio appeso sul muro, mancavano venti minuti all’apertura.
− Se non ci sbrighiamo faremo tardi. – Fu il commento secco di Uruha, che con sguardo severo guardò Reita.
− Uff, non lo sopporto quello quando ci fa aspettare. – Sbuffò il biondo pulendosi la bocca dalle briciole.
− Non offenderlo, dobbiamo anche passare a prender Kai. −
− Tranquillo, ci siamo messi d’accorso di incontrarci a scuola. Sapevamo che Aoi era lento. – Fece un sorriso divertito.  Prima che Uruha potesse tirargli un calcio in una gamba comparve Aoi.
− Ciao ragazzi, sono in anticipo vero? –Abbracciò entrambi in un unico abbraccio.
− Ritardo mostruoso direi. – Pronunciò sarcastico il biondo.
− Si lo so, non sapevo cosa mettere. – I due ignorarono il commento dell’amico e, finalmente, si incamminarono verso la scuola, non prima di aver ringraziato la madre di Aoi per la colazione extra.
Per tutto il tragitto digerirono l’abbondante colazione a base di biscotti al cioccolato.
− Facciamo a gara a chi arriva prima? – Propose Aoi allegro.
− Ci sto, l’ultimo che arriva fa l’amo per i pesci. –Decretò Uruha partendo a correre per primo. Gli altri due, colti alla sprovvista, presero a correre dietro all’amico.
Arrivarono a destinazione cinque minuti prima del’apertura. Kai era seduto su una delle panchine disponibile che scrutava un libro. Arrivarono a bomba davanti all’amico che si spaventò appena guardandogli con gli occhi spalancati.
−KAIIIIII!!!! – Urlò Uruha che, per primo, gli mise le braccia intorno al collo. Quasi lo soffocò, il libro cadde a terra chiudendosi. Gli altri due arrivarono con la lingua di fuori e il fiatone. Non riuscivano a parlare, salutarono Kai a fatica.
− Uruha non stringere così forte, per poco non mi soffocavi. – Disse Kai raccogliendo il libro.
−Scusa ma avevo troppa voglia di vederti. – Reita e Aoi ripresero fiato.
Il cancello si aprì e gli studenti dell’accademia ninja entrarono, scorrendo per i corridoio come pesci in un fiume. Trovarono facilmente la loro aula e imboccarono l’entrata. I banchi erano da tre posti, si sedettero vicini, Uruha era in mezzo e Kai nel banco davanti vicino al muro. Il primo giorno era iniziato.
−Benvenuti a tutti, questo è il quinto e ultimo anno dell’accademia ninja. Quelli di voi che usciranno da qui, saranno ufficialmente dei veri ninja. – Le ore passavano veloci, e i ragazzi facevano scorrere rapidamente le loro penne sui fogli dei loro quaderni. Arrivò anche l’ora della ricreazione. Il professore se ne andò lasciando posto a un altro che era in leggero ritardo. Rimasero seduti lasciando che gli altri uscissero riempiendo i corridoi.
− Mi fa male la mano, ho scritto troppo. –Si lamentò Uruha mentre lasciava cadere la biro sul banco. – Quel… professore detta troppo velocemente. – Non si ricordava il nome del professore, per lui era troppo difficile.
− Se hai le mani molli non è colpa mia. – Commentò secco Reita, Uruha si limitò a sbuffare.
− Voi cosa credete stia facendo Ruki in questo momento? – Domandò Kai, gettando tristezza sui quattro.
− Non lo so, ma qualsiasi cosa stia facendo, non mi interessa. – Aoi fece un respiro profondo, Uruha abbassò lo guardo e così fece anche Reita. – Voglio dire, se né andato da un giorno all’altro, ci ha abbandonato. Non mi importa di quello che fa. – Aoi si alzò di scatto e si avvicinò alla finestra aprendola un po’, gli altri lo fissavano, prese una sigaretta dal pacchetto di sigarette riposto nella tasca dei pantaloni rosso scuro e la accese, soffiò il fumo fuori dalla finestra.
− Aoi cosa fai? Non si può fumare a scuola! – Cercò di rimproverarlo Kai ma fu inutile, Aoi non lo ascoltava.
Ruki se nera andato all’improvviso dalle loro vite, senza dare nessuna spiegazione. Si era trasferito nel loro paese nemico senza dare nessuna spiegazione. Non li aveva nemmeno salutati, il mattino dopo già non c’era più, la sua amata canna da pesca era immobile sul suo letto abbandonato. Da quando se nera andato, non ridevano più come prima, le giornate sembravano ingrigite.
− Nessuno sa il motivo della sua partenza, ma quando sarò un vero ninja andrò nel paese dell’ombra per chiedergli il motivo della mia partenza. −
− Reita ma cosa dici? Non puoi andare là, oltre a essere pericoloso è vietato. Lo sai cosa più succederti?! – Uruha quasi strillò, aveva sbattuto un pugno sul tavolo.
− Certo che lo so, ma visto che è un nostro amico ho intenzione di andarlo a prendere. – Guardò serio Uruha – Prima gli chiederò il motivo della sua partenza e poi lo riporterò qui. Di peso se necessario. – Il tono di Reita era serio e scontroso. Era l’unico dei quattro a tenere di più a Ruki, era affezionato.
− Ti uccideranno senza pietà. −
− Kai lo so, ma ho un obbiettivo, voglio riportarlo qui, voglio ritornare a quando eravamo piccoli, quando giocavamo insieme. – Confessò Reita abbassando la testa.
− Lo so, ma se andiamo là ci sono poche speranze di tornare indietro. Sono ninja senza pietà, non hanno problemi a uccidere qualcuno. Non hanno pietà neanche se devono uccidere un bambino, sono spietati. −
− Uruha lo so! Li combattiamo da anni, ma là c’è un mio amico e non ho intenzione di abbandonarlo. −
I primi studenti rientrarono in classe, Aoi gettò la sigaretta fuori dalla finestra e la richiuse tornando a sedersi. Le lezioni ripresero, fra di loro ci fu silenzio, non si guardarono nemmeno.
Sulla strada del ritorno le bocche erano mute.  Solo Kai non aveva voglia di cucire.
− Ragazzi, perché non andiamo al fiume? Magari riusciamo a pescare qualche pesce. – Al castano si illuminò la lampadina.
− Adesso che mi ricordo, stamattina avevamo fatto una scommessa. L’ultimo arrivato avrebbe fatto l’amo per i pesci, chi è stato l’ultimo? −
− Tu? – Cercò di ironizzare Aoi.
− No sei stato tu, io sono secondo. – Gli comunicò Reita sorridendo.
−COSA? Io sono l’ultimo? Ma non posso fare da amo! – Sbraitò.
− Certo che puoi, ma la tua punizione sarà eseguita domani, oggi devo preparare l’amo. −
− Dovrà essere grande. – Scherzarono Reita e Uruha.
− Uff, non ho altra scelta. – Sbuffò il moro afflitto.
Ognuno tornò a casa propria, Uruha preparò l’amo con cura, una scommessa è una scommessa ed era stato Aoi a proporla.
 
Reita si affacciò dalla finestra, non c’erano nuvole e la luna era ben visibile e luminosa. Tirava il leggero vento fresco, gli scompigliava appena i capelli. Con un ultimo sguardo alla luna prima di andare a dormire, giurò di diventare forte e di andare a salvare Ruki; anche se questo significava morte certa.
 
Poco lontano dalla città, dei ninja sconosciuti erano appostati dietro i tronchi degli alberi. Erano in sette, fra di loro un ninja più basso, dell’altezza di un bambino, era la punta di diamante della formazione.
Con velocità, si mossero verso il centro della città, avevano un obiettivo.
Correvano veloci sui tetti, i loro passi non facevano rumore.
Il loro obbiettivo era creare scompiglio nella città, trovare un colpevole.
Una volta commesso il crimine, uscirono silenziosamente dalla finestra e sparirono.
Il mattino dopo, i ninja guardiani trovarono il cadavere freddo.
   
 
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