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Autore: Yahohel    23/08/2014    3 recensioni
Il Dottore mangia larve velenose ed è costretto a tornare bambino per ventiquattr'ore. Sarà compito di Rose prendersi cura di lui.
“Buona fortuna Rose” disse il Dottore mentre cominciava a illuminarsi “Da quello che mi ricordo, ero un bambino piuttosto pestifero” sorrise, mentre l’intero Tardis veniva invaso di luce e la ragazza fu costretta a chiudere gli occhi.
[baby!Doctor][Rose/Ten]
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 10, Rose Tyler
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quinto Capitolo (Epilogo)
Rose si svegliò spaesata il mattino dopo, chiedendosi perché quello che aveva sopra la testa non fosse il suo solito soffitto rosa ma quello blu con le stelline fosforescenti – si illuminano al buio! – del Dottore.
Non ci mise molto a ricordare le precedenti ventiquattr’ore e appena ebbe realizzato quanto era successo si girò in cerca del bimbo quasi sicuramente tornato adulto, stupendosi – ma poi neanche tanto – di non trovarlo al suo fianco.
Probabilmente il Dottore si era svegliato da tempo, magari appena ritrasformato, e non aveva più sentito il bisogno di dormire. Si strofinò pesantemente gli occhi nel tentativo di svegliarsi completamente, ritirando le mani meno coperte di trucco del solito, grazie al bagno del giorno prima.
Si alzò e in quel momento era esattamente come tutte le mattine, uno zombie biondo in cerca di un caffè. Voleva cercare il Dottore, ma la sua colazione non poteva aspettare. Aveva bisogno di forze e capacità mentali per affrontare l’imbarazzo di aver dormito abbracciata a un Signore del Tempo millenario in boxer e maglietta. E grazie al cielo che la sera prima glieli aveva messi, altrimenti di caffè se ne sarebbe dovuti fare due. E andare in giro con un sacchetto del pane in testa per il resto della vita.
Ovviamente il motto “Possa la fortuna essere sempre dalla vostra parte” non funzionava per i tributi e neanche per lei, perché non appena ebbe varcato la soglia della cucina, sempre con passo e sguardo zombieggiante si intende, si ritrovò il Dottore davanti. La cosa positiva era che la mano non impegnata ad appoggiarsi allo stipite reggeva una tazzina di caffè. Rosa, quindi sua.
La cosa negativa – perché non ci sono mai solo cose positive – era che il suo sguardo vagava dal suddetto stipite a un punto indefinito sopra la spalla di lei.
In sintesi la scena era uno di quei classici film in cui lui la ignora e lei mette su uno sguardo da cucciolo ferito capace di commuovere i sassi ma che non lo smuove di un millimetro. Ovviamente questo particolare dettaglio venne smontato quando Rose, con una spallata entrò in cucina trangugiando il suo caffè, biascicando un grazie e lasciando l’altro a guardare fuori la porta per qualche secondo prima di uscire definitivamente e chiudersela alle spalle.
*
Non era un bel momento per Rose. Dopo il caffè si era raggomitolata sopra lo sgabello in cucina, ancora nel suo pigiama rosa, e non si era mossa di un millimetro. Non sapeva neanche perché stesse così, dopotutto di cose imbarazzanti con il Dottore ne erano successe, ma dopo una risata e qualche spintone tutto si era risolto. E ora lei stava lì, immobile, senza neanche sapere il perché.
Neanche a dire “Oh mio Dio, mi sono svegliata con un Signore del Tempo nudo ed eccitato al fianco!”
Nada. Era sola.
Chissà se anche il Dottore ha l’alzabandiera mattutina.
“Rose, che razza di pensieri!”, si rimproverò con la voce di Jackie, abbastanza divertita.
Ehm, sì. Come stava dicendo, era sola. Forse era proprio questo a renderla così nervosa. Perché non era neanche più imbarazzo quello che provava, ma nervosismo e ansia, perché il Dottore, da quando le aveva sorriso sotto la cupola di vetro ventiquattro ore prima, non le aveva più rivolto la parola.
Neanche uno sguardo se è per questo, figurarsi un sorriso o un buongiorno Rose, come stai dopo avermi fatto da babysitter per un giorno intero?
Era frustrante.
Meritava come minimo di sapere cosa avesse fatto di male per ricevere in cambio tutta quella indifferenza. Il Dottore non era mai indifferente nei suoi confronti. Non lo era mai stato, neanche nella sua versione precedente, più seria, vendicativa e tenebrosa, di ritorno dalla Grande Guerra del Tempo. Verso di lei aveva sempre un sorriso, da un orecchio all’altro. Ridacchiò. Le mancavano le sue orecchie.
Non poteva sopportare questo suo comportamento, non dopo tutto quello che aveva fatto per lui, non dopo tutto il tempo passato insieme in cui si erano avvicinati, avevano viaggiato, scoperto mondi nuovi e pericolosi per poi tornare sempre in quel luogo sicuro che era il Tardis.
Si alzò.
Non gli avrebbe permesso di fare il bimbo incompreso perciò, senza preoccuparsi della sua mise, si diresse verso la Sala Comandi.
Varcata la soglia la sua determinazione cominciò a vacillare. Dopotutto anche gli alieni millenari hanno i loro momenti no, non doveva per forza essere colpa sua, si disse.
Il Dottore però era chino sulla console, e se si era accorto del suo ingresso non aveva dato cenno di volerla salutare.
Rose si avvicinò, pronta a strattonarlo e farsi dire cosa non andasse – perché qualcosa non andava – quando notò lo sguardo dell’altro puntato sul pulsante blu che lei aveva premuto il giorno prima per ringiovanirlo.
Mistero risolto, il Dottore ricordava tutto e gliene diede conferma alzando gli occhi – finalmente – su di lei, triste e imbarazzato. Mortificato, forse, di essersi fatto vedere così debole.
“Che hai?” sussurrò Rose, perdendo tutta la sua baldanza.
“Spero di non averti causato troppi problemi” rispose l’altro distogliendo lo sguardo, alzando appena gli angoli della bocca.
“Potrei anche essere dimagrita” fece lei con tono scherzoso, cercando di incrociare di nuovo il suo sguardo.
Anche lui sorrise. “Mi sorprende tu non sia impazzita”.
“Ho visto di peggio, tranquillo” gli fece l’occhiolino, ridendo con la lingua tra i denti.
Si appoggiarono alla console sospirando, e sembrava che tutto fosse tornato come doveva essere.
Finché il Dottore non si voltò verso di lei, con lo stesso sguardo di prima.
“Io…” cominciò incerto “Nessun umano mi ha mai visto così” disse distogliendo nuovamente gli occhi.
Bingo. Rose quasi si stupì di averci preso prima, abituata alle mille sorprese del Signore del Tempo. Ma a quanto pareva per alcune cose era molto umano.
Per questo, si comportò come se quello che aveva davanti non fosse un essere con una conoscenza grande quanto l’Universo, ma come se fosse tornato ad essere il bimbo della sera prima spaventato dagli incubi.
“John” bisbigliò dolcemente, provocandogli un sussulto, prima di abbracciarlo.
L’altro non ci mise molto a sciogliersi, senza pianti da bimbo, ma solo con un lungo sospiro appagato, come se quella stretta fosse tutto quello di cui aveva bisogno.
*
“ROSE! DOVE DIAMINE E’ FINITO TUTTO IL SAPONE?”
Il Dottore usci di corsa dal bagno, tutto bagnato e senza il solito accappatoio con i cacciaviti sonici.
“Quel maledetto bambino mi ha finito il sapone!” sbraitò offeso, dimenticando che il bambino in questione era lui.
Le cose in poco tempo erano ritornate alla normalità, con viaggi folli intorno a mondi ancora più folli in compagnia di gente folle, ma mai quanto il Dottore. Il suo folle Dottore.
Erano appena rientrati da una chiamata da Nuova New York – Faccia di Boe aveva voglia di una chiacchierata – e ovviamente erano rimasti prigionieri di nonricordoqualespecie ma qualche colpo di cacciavite sonico, la parlantina del Dottore e una buona dose di fortuna avevano permesso loro di uscirne sani e salvi, coperti solo dalla solita cascata di muco spaziale. Chissà perché tutti i mostri quando esplodono – ma anche se restano in vita eh – lanciano sbobba giallo-verde-arcobaleno ovunque.
Qualunque fosse il motivo, c’era anche la possibilità fosse semplicemente per rovinargli i vestiti e costringerli a lavarsi con la spugnetta per togliere il nero alle pentole.
Il Dottore, invece, sembrava muco-repellente, passava ore in bagno ma solo per il piacere di stare immerso nell’acqua calda.
Quando avrai viaggiato a lungo come me, Rose, capirai che l’importante è rilassarsi, le aveva detto una volta, con il tono di Miyagi a Daniel-san. Lei aveva inarcato un sopracciglio, osservandolo versarsi una generosa dose di shampoo alla camomilla sui capelli arruffati.
Certo.
Avrebbe anche potuto crederci, se non fosse che, appena uscito dalla vasca, il Dottore tornava ad essere una trottola impazzita, incapace di prestare attenzione a qualcosa per più di due secondi perché Oh, Rose, c’è così tanto che voglio mostrarti!
Lei aveva imparato a spegnere il cervello e ad assimilare solo le informazioni fondamentali, nascoste chissà dove tra le mille parole che il Signore del Tempo sputava fuori ogni minuto, per questo ignorò tutti gli starnazzi dell’altro sulla soglia del bagno, prestando attenzione solo all’enorme pozza d’acqua che si allargava sul pavimento del corridoio.
“Se pensi che io asciughi tutto questo casino ti sbagli di grosso” ridacchiò alzando lo sguardo sul colpevole e arrossendo di colpo.
“PERCHE’ DIAMINE SEI NUDO?” strillò.
L’altro di tutta risposta abbassò lo sguardo sul proprio corpo, come accorgendosi in quel momento di non avere neanche un asciugamano a coprire il suo cacciavite sonico, per poi guardare Rose con un sorrisino divertito “Ieri non ti sei posta tanti problemi nel farti il bagno con me”.
Rose arrossì ancora di più. “Avevi sette anni!”
“Devo ringiovanire di nuovo per avere l’onore di un bagno con Rose Tyler?” sorrise. “Andiamo, il tuo costume è ancora di là”.
*
Il bagno era stato divertente come quello con John, soprattutto quando Rose aveva ripescato un costume da fargli indossare, tra schizzi e risate come nei film ma, ora che la vasca era vuota e loro si stavano asciugando, un po’ di imbarazzo ricominciava a venir fuori.
Il corpo del Dottore era caldo, anche nell’acqua fresca, ricordò.
Lasciò l’asciugamano, avviandosi verso la sua camera per vestirsi, cercando di scacciare il rossore.
*
Quando il Dottore entrò in cucina, di nuovo nel suo completo, la trovò lì con due tazze di thè e il cappello della Footlocker tra le mani, mentre lo osservava pensierosa.
Si avvicinò e lo prese, facendole alzare lo sguardo, per poi calcarglielo bene in testa.
Sorrise.
“Sai, abbiamo viaggiato tanto” cominciò “abbiamo tanto muco intergalattico che potrei modificare il motore e risparmiare sui costi della benzina” ridacchiò, ben sapendo che la sua piccola non andava a benzina.
“Potremmo fermarci qui per un po’” Rose alzò gli occhi, interrogativa.
“Sì, sai il Tardis ha tante stanze” sorrise di nuovo, spostandole il ciuffo da davanti agli occhi “potremmo provare a vederle tutte” propose.
“Ci sono quelle pericolose?” chiese la ragazza speranzosa.
Il Dottore si illuminò.
“Puoi giurarci”.
 
 
Fin. Note dell’Autrice:
Ciao a tutti! So che è imperdonabile la mia assenza per 394 mesi (?) ma so che se vi dicessi di aver coltivato la mia vita sociale non mi credereste, perciò smetto di dire minchiate e parlo del capitolo :3 L’ho scritto l’altroieri e ho deciso di unirlo all’epilogo perché di norma non mi piace allungare il brodo più del necessario e il capitolo in sé era piuttosto corto. Dato che l’epilogo rischiava di diventare più lungo del capitolo stesso ho tagliato la testa al toro e ora abbiamo qualcosa più corto di un capitolo ma più lunga di un epilogo XD YEEE (?)
Ora proprio perché siamo alla fine sarei curiosa di conoscere i vostri pareri, sempre se non mi avete abbandonato ritenendomi la persona più inaffidabile del mondo quale sono :c
Credo sia chiaro un po’ a tutti che questa non è una vera fine, mi sono lasciata la strada aperta per un possibile seguito che potrebbe o meno esserci, ma spero che come conclusione di questa fanfiction non vi abbia deluso la mia scelta di rimanere sul rating verde e lasciare le cose un po’ in sospeso tra Rose e il Dottore. Nella mia testa era nata come una cosa tutta fluff, ammoreh e cuori e così doveva finire :3
Questa è la prima ff che porto a termine e ne sono davvero fiera, a voi i commenti :)
Baci,
 
 
L.
   
 
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