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Autore: Ron_Man94    18/09/2008    5 recensioni
Questo Racconto Epico narra di Medea. La principessa/maga protagonista di molti miti greci e della tragedia di Euripide. La storia di una donna, che per amore lascia il suo universo, e che viene abbandonata dal suo amore, Giasone, padre dei suoi figli. Ma Medea sa come vendicarsi . . .
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ecco a voi il secondo capitolo di Fuoco e Sangue.

Non posso dire ecco a voi l`attesissimo capitolo, dato che ho ricevuto solo due recensioni. Penso che possiate fare di meglio. Ma qui come uno scrive qualcosa che non riguardi Harry Potter non viene nemmeno considerato?

Comunque, per fortuna, i commenti sono tutti belli:

A SakiJune: Grazie, cercherò di evitare le frasi statiche, sono contentissimo che ti sia piaciuto il finale, è anche il mio pezzo preferito.

A Lily_Snape: Mi hai reso felicissimo con la tua recensione. Sono entusiasta di averti entusiasmato!! Scusa il gioco di parole!! Grazie!!!

 

 

L`uomo avanzava velocemente verso Medea.

 

Era alto e robusto. Aveva i capelli castani e gli occhi di un verde che Medea associò a quello che assumeva il mare nei giorni di vento.

 

“Chi sei?”Le chiese, con un accento straniero, che la ragazza non aveva mai sentito.

 

“Io sono di queste terre, tu invece sei straniero”rispose “Quindi ritengo più giusto che sia io a chiederti il tuo nome, e la tua provenienza”.

 

Il giovane fu colpito dalla freddezza delle parole di Medea.

 

“Il mio nome è Giasone” disse “E sono Acheo, precisamente di Corinto”.

 

“Provieni da una terra lontana, che nessuno tranne me conosce, qui a Ea”.

 

“Siete forse una sacerdotessa?” le domandò Giasone.

 

“Io sono una maga, mi chiamano Medea, e sono la figlia del re”.

 

“Tu, una maga?” chiese l`Acheo, incredulo.

 

“Osi forse dubitare dei miei poteri?” esclamò la principessa, con una voce potentissima.

 

“No, no, per carità!” si difese lui.

 

Medea sorrise “Immagino che tu sia qui per il vello d`oro, mi sbaglio?”.

 

“Non ti sbagli”.

 

Il vello d`oro, l`oggetto custodito nella grotta protetta dal drago, i resti del formidabile ariete d`oro, disceso nella Colchide molti anni addietro.

 

“E pensi di saper sconfiggere quella bestia da solo?” domandò, con una risata sarcastica.

 

“Non sapevo che fosse così imponente” convenne Giasone, osservando attentamente la fiera “Ma, se sei una strega, potresti aiutarmi tu”.

 

“Io?”sibilò Medea, adirata “Pensi che io voglia aiutarti a rubare il simbolo della mia patria, il simbolo di mio padre, il figlio del sole?”.

“Non saprei” Giasone era intimidito dalla facilità con cui Medea perdeva le staffe “Ma se mi cerchi, mi trovi nella valle fra le due colline gemelle, con i miei uomini, gli Argonauti”.

 

Detto questo, se ne andò, senza fare tanti convenevoli.

 

Medea tornò a casa confusa, quell`uomo l`affascinava, era stata incantata dalla sua bellezza e dall`ingenuità che dimostrava. Ma non poteva tradire la patria, non poteva.

 

Trascorse una notte insonne.

 

Era confusa, che cosa doveva fare?

 

All`alba aveva trovato una soluzione.

 

Si recò dal fratello Absirto, che dormiva sonni tranquilli, e lo riscosse “Vieni con me” gli disse.

 

“Dove?”chiese lui, ancora intontito dal sonno.

 

“Ti prego, vieni con me”insistette, senza volergli rivelare il luogo dove si voleva recare.

 

I due salirono su un carro e Medea disse al fratello di recarsi nella valle fra le due colline gemelle.

 

Lì trovarono la banda degli Achei.

 

Giasone venne incontro ai principi e chiese “Volete aiutarmi?”.

Medea annuì, imbarazzata.

 

Absirto guidò gli Argonauti fino alla foresta e, quando furono vicino al drago, Medea ordinò al fratello di tenerli fermi.

 

Lei avanzò di qualche metro, e il drago sbuffò una colonna di fumo nero.

 

La maga distese le mani e disse “Stai tranquillo. Nessuno qui vuol farti del male, sta tranquillo”.

 

L`animale parve tranquillizzarsi per qualche secondo, ma poi cominciò a emettere versi preoccupanti, in un crescendo pauroso, fino a quando non urlò un grido che fece venire la pelle d`oca a tutti.

 

Sbatté con vigore una zampa a terra e gettò dalle enormi fauci una terribile fiamma, grande quanto il drago stesso.

 

Medea fece appena in tempo ad aprire le braccia, formando una sfera di protezione accanto a sé, che fu colpita dal fuoco.

 

La forza delle fiamme scaraventò Medea e tutta la sfera a dieci metri d`altezza, avvolgendola in un turbine rosso.

 

La donna stava facendo una fatica terribile, il fuco intorno a lei era troppo forte, presto avrebbe distrutto la protezione e l`avrebbero bruciata.

 

Perdeva energia.

Si sentiva sempre più debole. Vedeva solamente le fiamme, era no intorno a lei, e ancora aveva il proprio sangue sulle mani.

 

Non si può tornare indietro.

 

La fiamma cessò, cominciava la caduta verso il suolo.

 

Non si può tornare indietro.

 

Si sarebbe schiantata al suolo, doveva frenare la velocità con cui stava andando giu.

 

Con l`ultimo grammo di energia che aveva in corpo, pronunciò la formula e si appoggiò delicatamente al suolo, perdendo i sensi.

 

Giasone la guardò, impietrito. Il drago l`avrebbe uccisa.

 

Non poteva morire. Non solo per il vello.

Lui l`amava.

 

Da quando si erano incontrati la sera prima, lui era stregato dal suo fascino.

 

Le corse incontro, le sollevò la testa e la baciò.

 

Medea si sentì improvvisamente rinvigorire.

 

Rinvenne giusto in tempo per accorgersi che il drago stava per sputare ancora le sue fiamme.

 

Si distaccò in fretta da Giasone, e creò un`invisibile barriera di protezione, che bloccò il fuoco mortale.

 

Ora si sentiva più forte, sentiva che sarebbe stata in grado di calmare il drago.

 

Distese nuovamente le braccia “Ora calmati” gli disse “Non c`è motivo di arrabbiarsi così”.

 

La bestia assunse un`espressione quasi umana.

 

Medea capì che l`incantesimo stava funzionando “Perché, perché essere così crudeli per difendere una semplice pelle di capra. Abbassati, fatti accarezzare”,

 

Il drago le porse docilmente il muso.

 

“Bravo”disse lei, accarezzando le sue durissime e gelide spire “Sono molti anni, ormai, che vegli giorno e notte, ora ti meriti del riposo. Dormi, dormi . . .”.

     

I giganteschi occhi si chiusero, e la fiera iniziò ad emettere un respiro regolare.

 

Medea guardò dietro di sé “Absirto, Giasone”disse “Venite”.

 

I due uomini accorsero, ed insieme alla maga entrarono nella cavità della roccia, lasciata scoperta dal drago.

 

All`interno vi era una luce abbagliante, che scaturiva dall`oggetto al centro della sala.

 

“Il vello d`oro!” disse Giasone, incantato.

 

“Lascia fare a me” disse Medea, mentre slegava i nodi che tenevano i resti dell`ariete legati a una croce di legno.

 

Diede il vello ad Absirto, e velocemente si recarono ai cavalli.

 

Appena uscirono dalla foresta, Gli Argonauti e i due principi di Ea si ritrovarono di fronte al re, con i suoi cavalieri.

 

Mentre scappavano, tutti i fuggiaschi maledivano la loro sfortuna.

 

Mentre Medea osservava il fratello, che faceva correre come dei matti i cavalli che trainavano il carro, scorse con la coda dell`occhio una scure, ed un dubbio la invase.

 

Poteva fare una cosa del genere? Sarebbe stato orribile.

 

Lei però era una donna capace di molte cose, non una di quelle che si tirano sempre indietro, per salvarsi e per fuggire con Giasone avrebbe fatto questo, o anche peggio.

 

“Fermate i cavalli!!” gridò.

 

Gli Argonauti si fermarono, e guardarono la ragazza con un`aria curiosa ma anche seccata.

 

Senza dire una parola, Medea prese la scure, e con un movimento energico, freddo e rapido, la conficcò nel petto di Absirto, che morì con un rantolo.

 

“Ma che accidenti fai?”chiese Giasone, inorridito.

La maga lo guardò, severa “Ti salvo la vita, ingrato!”.

 

Colpì di nuovo il corpo con la scure insanguinata, e lo tagliò in numerosi pezzi.

 

Si accorse di avere il sangue di suo fratello, cioè il suo sangue, sulle mani.

Ma non era a quell`omicidio che si riferiva la visione, Medea sapeva con certezza che avrebbe fatto molto di peggio.

 

Senza dar segno di ribrezzo o di essersi un minimo inorridita, prese la testa del povero Absirto e la lanciò dietro al gruppo degli Argonauti.

 

“Lasciando i vari pezzi del cadavere lungo il cammino” spiegò “Mio padre ed il suo esercitosi fermeranno a raccoglierli, per dargli una degna sepoltura, e ci lasceranno tanto tempo per raggiungere la nave”.

 

Così, nell`arco di dieci minuti, arrivarono alla spiaggia, dove la nave Argo era ormeggiata, nel suo lucente splendore.

 

“Allora vieni con noi?” chiese Giasone, che ora guidava il carro di Medea, a cui aveva attaccato il suo stallone.

 

“Non mi sembra di avere alternativa, dato che l`esercito di mio padre ci sta inseguendo per ucciderci” rispose lei, mentre entravano nella bassa acqua costiera, per raggiungere la nave senza bagnarsi.

 

“Ma dovremo abbandonare i cavalli!” si lamentò un Argonauta, giunto sotto la nave.

 

“Hai qualche alternativa, per caso?” chiese Giasone, ironico e con fare da capo.

 

“Io sì” disse Medea, e, con un movimento del dito indice, creò un`ampia passerella, che dal parapetto dell`Argo, giungeva fino ai piedi degli animali.

 

“Per Ares” commentò un altro degli uomini “Ma tu hai davvero dei poteri fenomenali”.

 

Medea lo fissò con gli occhi neri ardenti di fiamme “E ti stupisce un incantesimo banale come questo, dopo che ho fatto addormentare un DRAGO?”.

 

Il ragazzo non rispose.

 

I cavalli salirono e furono mollati gli ormeggi.

 

Proprio mentre la nave stava prendendo il largo, arrivò l`esercito di Eete.

 

Vedendolo, Medea andò a poppa, per guardarlo un`ultima volta, e il re non poté far altro che osservare la figlia sparire, allontanarsi a grande velocità verso il tramonto.

 

 

                              

  
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