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Autore: ferao    23/08/2014    11 recensioni
- Che storia volete?
Era una specificazione superflua: c'era sempre e solo una fiaba che i piccoli volevano sentirsi raccontare, una che, per motivi sconosciuti, preferivano a tutte le altre; Percy tuttavia lo domandava sempre. Per lui era un piacere sentirsela chiedere, proprio come per i gemelli era un piacere chiederla.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: George, e, Fred, Weasley, Percy, Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Saaaalve!
Ormai mi faccio viva a secoli alterni, ma so che a voi non dispiace. Dispiace a me, invece, perché ho tante di quelle robe in sospeso che mi duole accantonarle per inezie come l'università, il lavoro e la cosiddetta vita sociale. E vabbè.
Torno con questa scemenza scritta in pochissimo tempo (e si vede) e dedicata alla mia adorata Moon Lady, che oggi compie gli anni e che si merita tanto tanto bene. Ella ha già letto questa ff, ma ho deciso comunque di pubblicarla perché... Non so, mi piace? Mi ci sono affezionata? Qualcosa del genere.
La storia in sé non merita grosse spiegazioni, è una sciocchezzuola: dovete solo sapere che "Il mago e il Pentolone salterino" è una delle "Fiabe di Beda il Bardo", contenuta nel volume omonimo di JKR. Moon sa perché ho scelto proprio quella. Parlando invece dell'IC dei personaggi, nel leggere dovrete tenere conto che abbiamo prima dei bambini e poi dei papà, per cui, se la caratterizzazione non vi torna al 100%, è perché dovete considerare il normale sviluppo dei personaggi nell'arco della loro vita.
Bon, tutto qui. Come al solito, siate più che pronti a tirar fuori critiche e dubbi, io non aspetto altro!
Grazie mille,
Fera




Fare le voci

 
Alla mia Andre,
con tutto il cuore.
(E anche un polmone, va'.)




Quella sera cantavano i grilli.
Sentiva il loro suono provenire dalla finestra, attraverso la stretta apertura che lasciava tutte le notti. Percy amava addormentarsi così, con un leggero refolo d'aria sul viso e, quando il tempo era sereno, il suono dei grilli di campagna. Anche quella sera, il frinire delicato e ritmico lo stava cullando e portando, poco alla volta, nel mondo dei sogni; gli occhi si facevano piacevolmente pesanti, le membra si rilassavano, la stanza e i grilli sparivano in lontananza...
- Percy? 
Sulle prime Percy non udì affatto. Si riscosse solo al secondo o terzo richiamo, al che aprì gli occhi e si girò: i visetti di Fred e George lo osservavano dal bordo del letto, vispi come non mai.
- È ora di dormire, - bisbigliò subito Percy. Non era la prima volta che i gemellini, cinque anni compiuti da pochi mesi, venivano a svegliarlo in piena notte; e lui, che di anni doveva compierne sette, non ne era mai molto felice.
Ignorando quanto detto dal fratello maggiore, George replicò: - Papà non ci ha raccontato la storia.
- Ce l'ha raccontata, la storia. C'ero anch'io.
- Ma non ha fatto le voci. - Fred si grattò un orecchio. - Ce la racconti di nuovo, Percy?
Anche quella non era una novità, per cui quella richiesta non sorprese il bambino più grande. Si tirò su e si mise a sedere, trovandosi così più in alto rispetto ai fratellini. 
- Chiedetelo a Bill o a Charlie - propose.
- Loro non fanno le voci, tu sì. Ce la racconti, Perce?
Come faceva sempre quando gli chiedevano qualcosa, Percy finse di pensarci su. Gli piaceva vedere i visi dei suoi fratelli riempirsi di aspettativa e speranza. - Va bene, - disse infine, e a quella risposta Fred e George sorrisero mettendo in mostra tutti i dentini.
Sgattaiolarono tutti e tre nel buio del corridoio, diretti alla cameretta dei gemelli. Una volta giunti lì, Percy prese un fiammifero, accese un moccolo di candela e lo sistemò su un comodino, prima di sedersi a gambe incrociate su uno dei lettini. Aspettò che Fred e George si fossero disposti davanti a lui, poi formulò la domanda di rito.
- Che storia volete?
Era una specificazione superflua: c'era sempre e solo una fiaba che i piccoli volevano sentirsi raccontare, una che, per motivi sconosciuti, preferivano a tutte le altre; Percy tuttavia lo domandava sempre. Per lui era un piacere sentirsela chiedere, proprio come per i gemelli era un piacere chiederla.
- Il Pentolone Salterino! - risposero infatti in coro, eccitati, e Percy fece un gran sorriso prima di incominciare, la voce improvvisamente meno infantile e più sicura.
- C'era una volta un vecchio mago gentile, che adoperava la magia con generosità...    
Recitava la fiaba a memoria, senza mai sbagliare o cambiare le parole. La mamma aveva insegnato a Percy a leggere quando aveva cinque anni, e da quel momento il piccolo aveva sfogliato e risfogliato il vecchio volume delle "Fiabe di Beda il Bardo" fin quasi a consumarlo. La storia del Mago e il Pentolone Salterino era anche la sua preferita, perciò la conosceva meglio delle altre ed era in grado di raccontarla ai fratelli molto meglio di quanto potessero fare Bill o Charlie, i quali confondevano fatti e personaggi o invertivano l'ordine delle vicende.
Quello che però Fred e George amavano davvero, e che li spingeva ad andare in piena notte da Percy per chiedergli la storia, era il fatto che lui sapesse fare "le voci". In generale Percy non era un fratello molto divertente, quando giocava voleva sempre comandare e i gemelli si stufavano presto di stare in sua compagnia, ma quando raccontava le storie si metteva a interpretare ciascun personaggio in maniera diversa, dando una voce e una serie di gesti a ognuno. Il Pentolone Salterino gli riusciva particolarmente bene, perché il suo modo di fare "clang clang clang" era esilarante e Fred e George non smettevano di imitarlo.
Anche quella sera, i piccoli si rotolarono dalle risate mentre Percy, saltellando sul letto, interpretava il Pentolone e il suo "clang clang clang". E persino dopo, quando la storia fu finita e Percy ebbe lasciato la cameretta per tornare nella propria, si potevano sentire le vocine dei gemelli ripetere "clang clang clang" allo sfinimento.
Percy non era un fratello molto divertente, ma sapeva fare le voci e questo bastava. Anche a lui bastava, pensò mentre si lasciava cullare dal refolo d'aria e dal canto dei grilli verso il mondo dei sogni.


L'inverno quell'anno era particolarmente rigido, anche se nessuno dei parenti e amici di Percy sembrava accorgersene. Lui invece se ne accorgeva eccome: freddoloso sin dall'infanzia, avrebbe tanto voluto che quei giorni gelidi finissero al più presto. Quella sera, poi, non aveva potuto nemmeno usare la Metropolvere per tornare a casa - il camino risultava occupato, segno che Audrey lo stava usando per chiacchierare con qualcuno - per cui aveva dovuto percorrere qualche metro a piedi fuori dal Ministero per trovare un posto sicuro da cui Smaterializzarsi, e quel breve contatto con l'aria tagliente di gennaio lo aveva messo di malumore.
Questo si dissipò rapidamente quando sua moglie gli andò incontro con un gran sorriso, ma ritornò non appena la donna aprì bocca.
- Ho appena parlato con George, ha chiesto di te. Dice che è urgente.
Percy sospirò, un po' seccato. - Conosco le urgenze di mio fratello.
- Credo che stavolta sia diverso. Freddie ha la febbre. Niente di grave, - aggiunse subito, vedendo il marito accigliato per la preoccupazione, - ma George vorrebbe che andassi da lui.
- Adesso?
Audrey annuì. Percy sbuffò, poi scrollò le spalle e si diresse verso il camino. Perlomeno, quella volta non sarebbe dovuto uscire al freddo.
La casa di George non era molto grande, ma molto comoda: lui e sua moglie ci avevano abitato bene da prima che nascesse Freddie, e ora che Angelina era di nuovo incinta stavano pensando di allargarla per far posto al nuovo venuto. Uscendo dal camino, Percy si ritrovò subito di fronte a suo fratello, che lo salutò gentilmente.
- Ciao, Perce. Scusa se ti ho chiamato a quest'ora.
- Nessun problema. - Il viso di George era sorridente ma tirato dalla stanchezza, quindi Percy pensò che fosse meglio per entrambi arrivare subito al dunque. - Audrey mi ha detto che è urgente.
George non rispose, si limitò ad annuire e a condurlo in una stanza vicina, dove il piccolo Freddie era disteso sul letto. La madre lo aveva ben imbacuccato nelle coperte, misura forse superflua perché la fronte del piccolo era madida di sudore.
- Stamattina la febbre era più alta, - disse George, mentre Percy si chinava sul bambino e lo salutava con una carezza, - e domani sera sarà di certo scomparsa, ma ora sta così male che non riesce nemmeno a dormire.
- Mi dispiace. - Continuò a passare la mano tra i ricci di Freddie. - Anche a Molly era successo, quando aveva tre anni. Un febbrone improvviso, e...
- Ho pensato che forse potevi aiutarmi.
La mano di Percy si fermò. L'uomo guardò George con espressione sorpresa. I loro rapporti non si erano del tutto riaggiustati dopo la guerra, come del resto quelli tra Percy e il resto della famiglia, perciò una richiesta simile suonava assai strana.
- Io? - chiese. - Come?
- Beh, la sera Fred vuole sempre sentire una storia, prima di addormentarsi. Stavolta vorrei che gliela raccontassi tu.
- Perché, tu non...
In quel momento Freddie aprì gli occhietti e fissò lo zio. - È vero che fai le voci? - chiese con la sua vocina flebile.
Sulle prime Percy non capì, poi l'eco lontana di una memoria ormai rimossa gli affiorò alla mente. Sgranò gli occhi e si voltò di nuovo verso George, il cui sorriso si era allargato. Fu proprio questo a rendere tutto chiaro a Percy: per un luminoso istante rivide suo fratello da bambino, con la camicia da notte troppo larga, che insieme a Fred gli chiedeva di raccontargli una fiaba e ripeteva "clang clang clang" all'infinito, come se non esistesse nulla di più divertente al mondo.
Anche in quel momento, Fred e George volevano una storia, e la volevano da lui e da nessun altro.
Non riusciva a capire se la sensazione che aveva nel petto, provocata da quel ricordo inaspettato, fosse di tristezza o di gioia; in ogni caso, Percy prese una sedia lì accanto e si sedette vicino a Freddie, occhi negli occhi. Il piccolo somigliava in tutto alla madre, eppure l'aspettativa dipinta sul suo volto era la stessa dei due vispi gemelli di tanti anni prima.
- Che storia vuoi, Freddie?
Conosceva già la risposta, ma lo domandò lo stesso. Anche se erano passati più di venti anni, era bello per lui sentirselo chiedere.
- Il Pentolone Salterino - disse il piccolo malato, abbozzando un sorriso. Percy ricambiò, e non appena George si fu seduto sul bordo del lettino iniziò a raccontare. Per Fred, per George e anche un po' per se stesso, per il tempo lontano in cui tutto era in ordine e bastava un "clang clang clang" per sentirsi bene.
- C'era una volta un vecchio mago gentile, che adoperava la magia con generosità...
 


 
   
 
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