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Autore: alip16    25/08/2014    2 recensioni
"La copertina era scura, in pelle, con il titolo che si vedeva a malapena, Rachel soffiò sulla superficie e ci passò la mano per pulirla leggermente, così da leggere meglio.
“Libro delle Ombre” sussurrò mentre lo aprì e un black-out colpì la casa, facendola rimanere senza elettricità."
[Crossover Glee + Charmed (Streghe)]
Genere: Azione, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Jessie St. James, Nuovo personaggio, Rachel Berry, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Sebastian, Jessie/Rachel
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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“Tu...tu qui?” chiese sorpreso alla ragazza sulla porta.
Sembrava davvero arrabbiata, o offesa, accarezzava la gatta di casa che faceva le fusa tra le sue braccia, beatificandosi di tutte quelle attenzioni.
“Sai Anderson” gli rispose fissandolo cupa, “si salutano gli amici quando si decide di lasciare lo stato”.
Era decisamente arrabbiata e decisamente offesa. Tanto che Blaine sentì un forte dolore allo stomaco. Era qualcosa di molto familiare. Senso di colpa.
La gatta continuava a fare le fusa nelle sue braccia, finché non sentì la voce del suo padrone arrivare dalla sala da pranzo. Alzò le orecchie e con un balzo atterrò agile sulle quattro zampe, per corrergli incontro.
Alla porta, Blaine, era ancora sotto lo sguardo accusatorio di quella ragazza, che in un attimo impercettibile addolcì l'espressione e si buttò al collo dell'amico, subito ricambiata.
“Sei un'idiota! Perché non mi hai detto che partivi?” chiese non mollandolo un attimo. “Almeno un saluto potevi anche farlo.”

Vennero subito raggiunti da Rachel e Jessie, seguito a vista dalla gatta, entrambi avevano uno sguardo incuriosito e confuso.
La straniera si staccò dall'abbraccio di Blaine, e sorrise ad entrambi. Si spostò una ciocca che l'era ricaduta sul viso, allungò la mano e sorrise in direzione di Jessie, lasciando Rachel a bocca aperta e con un lampo di gelosia facilmente notabile negli occhi.

“Ragazzi, questa è Ariel. È una mia amica direttamente da Los Angeles. Potrei anche dire che senza di lei non so dove sarei a questo punto.” sorrise gentilmente, ma non aggiunse altro.
“Ariel?” chiese il ragazzo mentre le strinse la mano. “Come..” aggiunse Rachel subito dopo, “come la Sirenetta?”. Erano entrambi senza parole. Davanti a loro una ragazza, Ariel, dai capelli rossi e con gli occhi azzurri, li stava fissando consapevole dei loro pensieri.
Sospirò e borbottò qualcosa a bassa voce.

“Avanti” sospirò di nuovo con aria meno seccata, ma rassegnata. “Fatelo pure. Prego” fece un segno con la mano.
I due guardarono prima Blaine che fece un cenno con la testa e poi si guardarono, quasi a comunicare telepaticamente e si misero a ridere. Blaine sorrise, la sua amica non era cambiata di una virgola. Ricordò con nostalgia il giorno in cui si presentarono e gli disse le stesse identiche parole, solo che lui non rise, anzi, aveva trovato la cosa alquanto carina.
Come dal nulla, delle risate fragorose riempirono la grande villa. Era prevedibile dopotutto, era una scena quasi surreale, mancava la pinna e potevano benissimo essere stati trasportati nel “magico mondo Disney”, un pensiero che fece tremare un pochino Rachel e la fece smettere di ridere a crepapelle. Con tutto quello che stava succedendo nella loro vita, era comunque impossibile una cosa del genere pensò, o meglio, sperò. Dopotutto le fiabe sono solo fiabe, non esiste un universo alternativo, cercò di tranquillizzarsi.
“Lo so, lo so” disse la ragazza “mia madre aveva un'ottimo senso dell'umorismo.”

Al finire di tutte quelle risate, quando la calma riprese il suo posto, tutti e quattro i ragazzi si ritrovarono in salotto, a chiacchierare tranquillamente davanti ad una tazza di tè. Ariel raccontò episodi esilaranti, per non dire imbarazzanti, della vita californiana.
“Ti ricordi quella volta, che siamo riusciti ad intrufolarci a quel party di beneficenza? Quella sì che è stata fortuna!”.Blaine annuì con il capo e appoggiò la tazza sul proprio piattino, visibilmente elettrizzato.
“Dovevate vederla! Mentre, del tutto incapace, cercava di flirtare con l'addetto alla sicurezza all'entrata secondaria! Era così pessima che ho dovuto fingere un attacco allergico e attirare l'attenzione su di me per farla entrare!” sorrise ricordando la scena, come fosse un film.
“Dai! Non ero così malaccio! Alla fine ci è andata bene dato che ti hanno portato nella piccola infermeria che si trovava proprio in quell'edificio!”, sorseggiò lentamente il suo tè e aggiunse sorridendo maliziosamente, “poi se non sbaglio, tutto il flirtare di questo mondo non mi avrebbe mai portata da nessuna parte, visto che a fine serata vi ho ritrovati a risucchiarvi le gole in quella stessa infermeria!”.
A tutti gli altri, non si sa bene come, andò di traverso il tè.
“Prego?” chiese Rachel confusa e si girò verso Blaine “È vero?”
Blaine si schiarì la gola e con il viso tutto rosso provò a biascicare qualche parola. “Sì, no, insomma...passiamo oltre?” sorrise platealmente provocando ancora una volta le risate di tutti. La serata passò senza problemi, tra risate, ricordi e qualche battibecco tra cugini, che Ariel e Jessie si godettero come fosse uno spettacolo di cabaret.

Dopo cena, mentre Rachel e Jessie erano in camera a “provare una nuova canzone”, Ariel e Blaine si ritrovarono in salotto, a conversare del più e del meno, di come si trovasse il ragazzo di nuovo a casa e ricordando vecchie avventure che li videro protagonisti.
“Alla fine stai meglio di quel che credessi” disse Ariel dal nulla, con un'espressione incredibilmente seria.
Blaine, spalancò gli occhi e la guardò confuso “e questo cosa vorrebbe dire?” le chiese.
“Vorrebbe dire che te ne sei andato in fretta e furia senza dire niente a nessuno. Sai, mi sono preoccupata un sacco. Credevo ti fosse successo di tutto, non sapevo nemmeno come comunicare con te, dato che al telefono il tuo numero risulta inattivo.”
Il ragazzo la ascoltò con gli occhi lucidi, mai avrebbe creduto di trovare un'amica del genere. Le sorrise mentre lei continuava a dirgli di quanto fosse stato idiota a sparire così nel nulla, le sorrise quando gli disse che gli amici non si lasciano così, e le sorrise quando la ramanzina finì.
“Perché stai sorridendo ora? Ti ho appena dato dell'idiota!” sorrise anche lei, contenta di averlo comunque trovato. Dopo i primi minuti di rabbia, si era calmata e aveva pensato dove potesse essere, senza telefono e con tutte le sue cose. Alla fine non era stato troppo difficile capirlo.
“Comunque non mi hai detto perché te ne sei andato, so che quella non era la vita che avevi sognato per te, ma non credevo volessi tornare nella tua vecchia casa, o in quella della tua, permettimi di dirtelo, non così insopportabile cugina.
Blaine si concentrò, doveva dire qualcosa, ma non tutto. Di sicuro non poteva dirle di essere il prescelto e di avere poteri magici o cose del genere. Come minimo, Ariel avrebbe pensato che avesse cominciato a drogarsi. Scelse con cura le parole da dire, cercando di non farle capire che c'era dell'altro.
“In un certo senso è proprio per questo. Non era la vita che avevo sognato per me e di certo non una che desideravo. Era tutto..” si corresse subito, quando i suoi occhi incrociarono quelli della ragazza, “.. quasi tutto sbagliato. Ci siamo trovati in situazioni incredibili ed imbarazzanti, abbiamo condiviso momenti divertenti, ma anche momenti neri. E ne sono grato, tu eri... sei, una persona incredibile, ma...” abbassò lo sguardo, non poteva reggere quegli occhi così calmi e pieni di vita tristi per colpa sua, “... ma non era la vita che volevo per me, non era giusto. Così, mentre tu eri fuori per lavoro e io passavo i giorni più bui che avessi mai attraversato, ho preso questa decisione. E ovviamente avrei tanto voluto salutarti, ma non sapevo cosa dirti senza che tu pensassi che la tua amicizia non contasse nulla per me, o qualcosa del genere, perché tu sai che non è così. È solo.. è solo che era diventato tutto troppo da sopportare, i paparazzi, gli articoli del tutto inventati, fan, persone che mi odiano senza un perché. Avevo dimenticato chi fossi veramente finché la chiamata di Rachel non mi ha portato alla realtà e ho deciso di tornare a casa.” aveva detto tutto senza fermarsi per un secondo, nemmeno per respirare, mentre l'amica lo ascoltava con attenzione. “E poi sono tornato qua, in questo posto, che racchiude tutti i momenti più belli della mia infanzia, circondato dalle cose e dalle persone che amo di più, sentendomi a casa. Avrei voluto chiamarti appena arrivato, ma ero troppo imbarazzato e mi sentivo tremendamente in colpa. Dopotutto sei la mia migliore amica”.
Ariel ridacchiò, “Non pensare di salvarti così!” e sospirò, poi si chinò leggermente verso il suo amico e lo abbracciò “Sai che non resisto quando fai gli occhi da cucciolo! Per farti perdonare dovrai fare la mia lavanderia per i prossimi tre mesi!E pulirai anche la mia stanza!” ridacchiò.
Blaine rise “non cambierai mai...affare fatto!” ed incrociarono i mignoli, in segno di promessa.

Di sopra, nella stanza da letto, le cose non andavano altrettanto bene per Rachel, che cercava di zittire la voce nella sua testa che le diceva che non era giusto mentire così alla persona che amava, che a stare con lei, Jessie correva un grande pericolo. E quasi ci riusciva, poi lo guardava negli occhi e le veniva istintivamente da piangere, ma Blaine aveva ragione. Doveva concentrarsi ed imparare tutto quello che poteva su quel nuovo mondo fatto di magia ed assurdi mostri che arrivavano da chissà dove, in quel modo avrebbe potuto proteggere Jessie per sempre, doveva solo sforzarsi un po' di più e tutto sarebbe andato a posto.
“Rachel?” sentì una voce in lontananza “Rachel mi stai ascoltando?” chiese il ragazzo preoccupato. “Che ne dici della mia idea?”.
La ragazza cercò di balbettare qualcosa, non aveva ascoltato una sola parola di quello che le aveva detto e non sapeva assolutamente a cosa si stesse riferendo. Aveva un velo di lacrime che le offuscava leggermente la vista e il sorriso più forzato mai visto, probabilmente. E pensare che era un'attrice, avrebbe dovuto controllare le sue emozioni, ma quando era intorno a Jessie, sembrava perdere questa capacità. Almeno quando erano loro due da soli, quando l'ambiente diventava così intimo e importante ed ogni parola riusciva ad avere un peso tutto suo, anche quando ridevano e scherzavano come bambini per delle sciocchezze. Come avrebbe potuto nascondere una cosa così grande così a lungo. Doveva impegnarsi di più. A mentire. A mantenere il controllo. Doveva anche imparare in fretta ad usare la sua magia, doveva imparare a fare in fretta ad eliminare i demoni che d'ora in poi si sarebbero catapultati inesorabilmente nella sua vita. Doveva imparare in fretta a distaccarsi e a mentire all'amore della sua vita. Doveva imparare in fretta a diventare due persone diverse.
“Hey” si avvicinò in fretta Jessie, prendendo il mento della ragazza tra l'indice e il pollice, costringendola a guardarlo negli occhi, “è successo qualcosa? Stai bene?” chiese preoccupato.
La ragazza sorrise, o almeno le sembrò di farlo, e appoggiò la propria mano su quella del ragazzo, era un gesto così naturale e intimo che per un centesimo di secondo le fece cambiare idea e la convinse a raccontargli tutto, ma un centesimo di secondo non era sufficiente per una cosa del genere. Doveva rilassarsi, doveva ignorare tutte quelle emozioni negative e concentrarsi sul suo amore. Quello sarebbe bastato a darle la forza per qualsiasi cosa.
“Non è niente” lo tranquillizzò, “troppe cose in troppi pochi giorni. Probabilmente sono leggermente sopraffatta.” In qualche modo, era riuscita a raccontargli la verità, o almeno una parte. Si staccò dal ragazzo e cercò la sua spazzola preferita nello scatolone appoggiato sul pavimento appena fuori dal bagno, si mise davanti allo specchio e cominciò a pettinarsi i capelli. “Allora, sentiamo questa grande idea”, sorrise all'immagine riflessa del ragazzo.
Jessie le sorrise e si sedette sul letto, ammirando la chioma folta della ragazza. Una cascata color cioccolato scendeva morbida lungo la sua schiena e scintillava rispecchiando le luci della stanza lasciando dietro di sé una scia dolce e delicata.
“Ok, visto che lo chiedi,” la ragazza lo guardava curiosa dallo specchio, notando come i suoi occhi chiari brillassero intensi, nonostante fosse solo un'immagine riflessa “ho deciso di comprare il P3!”
Rachel spalancò in simultanea sia gli occhi che la bocca “Tu cosa?” gridò girandosi di scatto, lanciando la spazzola chissà dove. Iniziò a blaterare cose a caso davvero preoccupata “Come, 'hai deciso'?! E non mi dici nulla? Sono decisioni importanti queste! E poi non hai letto tutti gli articoli relativi al pub? In questi anni nessun compratore si è mai tenuto quel posto per più di un mese! Alcuni hanno addirittura lasciato il paese! Cosa ti è venuto in mente? Non voglio traslocare ancora! Pensa allo stress! Pensa alle cose da rimettere negli scatoloni! Non sono pronta! E non voglio lasciare questa villa in mano a Blaine! Si trasformerebbe in...in...in non so cosa!” gridava e respirava affannosamente, senza sentire cosa stesse dicendo in realtà. Il suo cervello correva come un treno ad alta velocità e non era ben sicura di dire parole reali o se stesse semplicemente facendo versi strani.
Jessie si avvicinò di corsa e prese la sua ragazza per le spalle “Respira Rach, respira!” e aspettò qualche secondo, mentre lei riprendeva una colorazione che non fosse rosso pomodoro, “Pensaci, è un'idea magnifica! Ho visto l'annuncio sul giornale e ho chiamato per fare un'offerta. A quanto pare sono stato l'unico.” Rachel alzò entrambe le sopracciglia “E questo non ti ha detto niente?” ma Jessie nemmeno l'ascolto e continuò “È perfetto! Se non erro quel posto è appartenuto alla tua famiglia per molti anni e sono convinto che è proprio per questo che nessun altro sia riuscito a tenerlo. In più ti dirò, sono davvero curioso di vedere quel posto e scoprire il perché di tutti quegli incidenti!”. Rachel si fermò a pensare. Effettivamente quel posto era appartenuto alla sua famiglia per decenni, quindi molto probabilmente tutti i casi misteriosi che giravano intorno al club non erano di natura umana. Sospirò. “Okay” pensò che probabilmente fosse venuto il momento di cominciare la sua carriera da strega, anche se la cosa la spaventava non poco. Doveva assolutamente studiare un po' il libro delle ombre e allenarsi a controllare meglio il suo potere. E doveva farlo anche Blaine, ne andava della vita di entrambi. Chissà cosa ne pensava Blaine di tutta questa storia, specialmente ora che era arrivata la sua amica dalla California.
A pensare a tutte queste cose le era venuto mal di testa e una sgradevolissima sensazione stava nascendole alla bocca dello stomaco. In realtà avrebbe solo voluto mettersi a letto, sotto le coperte con Jessie al suo fianco, sperando che l'indomani mattina, appena sveglia si sarebbe resa conto che era stato tutto un sogno e la sua vita sarebbe continuata normalmente.
“Okay?” chiese Jessie sorridendo in conferma. La ragazza gli sorrise, per nulla convincente e lui semplicemente l'abbracciò, stretta, cullandola con i battiti del suo cuore. Lui sapeva che qualcosa non andava, ma sentiva che quello non fosse il momento giusto per fare domande e, senza dire una parola la condusse a letto, la sua missione era quella di farla rilassare e starle vicino come meglio poteva. E quando Jessie St. James si metteva in testa una cosa, nulla gli faceva cambiare idea.

L'indomani mattina, Rachel si svegliò sola nel letto e sfruttando quel momento decise di andare in soffitta a sfogliare il Libro delle Ombre, cercando di incanalare l'aura di positività che Jessie le aveva dato la notte prima.
Con grande stupore, in soffitta trovò il cugino chino sul libro, con un cristallo in mano e la mappa della città sul tavolino di fronte. Alzò le sopracciglia e spalancò gli occhi. “Cosa stai facendo?” gli chiese curiosa, cercando di capire a cosa servissero tutte quelle cose.
Blaine alzò il capo, sorrise e appoggiò il cristallo sul tavolo con la cartina. “Buongiorno anche a te, cugina” sorrise “Sto cercando di capire come utilizzare questo cristallo come localizzatore o gps, ma non so perché, non ce la sto facendo. Vuoi provare?” Rachel sorrise di rimando, sollevata di non essere l'unica a voler capire di più della situazione e dei poteri. La ragazza rispose con un cenno, si avvicinò al tavolo e prese il cristallo in mano. Si mise di fronte alla mappa e girò lo sguardo verso il cugino, “E ora?” chiese impaziente. “Ora devi concentrarti su qualcuno che vuoi rintracciare e incanalare i tuoi poteri verso la punta del cristallo, qualsiasi cosa voglia dire...” disse leggendo una pagina del libro, cercando di capire cosa volessero dire quelle due righe.
“Umm” rispose Rachel “...proviamo”, chiuse gli occhi e provò a concentrarsi al massimo delle sue possibilità, ma non successe nulla. Li riaprì, delusa, e fissò quella cartina. Sbuffò. Blaine la guardò dispiaciuto, era certo che la cugina avesse tutte le carte in regola per riuscirci, durante quella prova aveva avvertito in qualche modo tutta la determinazione che aveva impiegato per cercare di muover quel cristallo. Mancava qualcosa, ma non capiva cosa. Mancava una scintilla che andava da Rachel al cristallo stesso. “Ok” le disse “Ora riprovaci, ma non concentrarti troppo nella tua testa, senti il potere scorrere dentro di te”, lei lo guardò seria e annuì. Richiuse gli occhi, cercando di avvertire il flusso di potere dentro di lei. Ad un certo punto, sentì come una scintilla andare dalle sue dita, alla catenina che reggeva il ciondolo, che cominciò ad oscillare. Cercò di non perdere quel momento. “Ottimo, ottimo” gridò Blaine, “Ora immagina la persona come se fosse davanti a te, visualizzala come se fosse qui ora... Non mollare!” la incitò.
Dopo qualche secondo, il cristallo cominciò a dondolare, ricoprendo tutta la mappa, in lungo e in largo, finché ad un certo punto, il cerchio si fece molto più ristretto. La punta era stata attirata verso un punto preciso come fosse attaccato ad una calamita.
Rachel strizzò gli occhi e impiegò qualche secondo ad aprirli, spaventata dall'esito del tentativo.

“Umm” disse Blaine pensieroso, “...chiunque tu stia cercando si trova a Broadway road”, sorrise alzando il capo. La ragazza aprì prima un occhio per accertarsi che il cugino non la stesse prendendo in giro, guardò in direzione della mano che teneva la catenina e vedendo che effettivamente era riuscita nell'intento, aprì anche l'altro. Tirò un sospiro di sollievo e sorrise in direzione del cugino. Ce l'aveva fatta, era effettivamente riuscita ad attivare quel GPS sovrannaturale.
“Wow, ce l'hai fatta! Questo è uno dei primi incantesimi indicati nel libro come 'di base'! Dobbiamo allenarci a padronarli a dovere, non si sa mai quando potrebbero venirci utili!” esclamò il ragazzo sfogliando le pagine del vecchio libro.

Più le sfogliava e più si meravigliava, cose che non avrebbe nemmeno mai immaginato gli stavano passando davanti agli occhi e lui non si capacitava nemmeno di come si fosse trovato in quella delicata situazione, in prima linea a rischiare la vita per qualcosa di più grande. In un certo senso la cosa lo eccitava in modo quasi assurdo, ma al contempo lo spaventava a morte. Non era un gioco, o uno scherzo, in cui bastava cambiare città per scappare. Ormai ci era dentro fino al collo, e volente o nolente non avrebbe fatto marcia indietro.
La cosa che lo preoccupava maggiormente, era di riuscire a conciliare la sua vita da mortale con quella da strega, e ovviamente del problema che affliggeva Rachel. Si chiedeva cos'avrebbe fatto al posto suo, avrebbe rischiato tutto dicendo la verità, o avrebbe rischiato tutto tenendosela per se'. Questo gli fece pensare che effettivamente ora era anche lui nella stessa posizione, forse non così scomoda, ma comunque adesso aveva qualcuno alla quale sarebbe valsa la pena raccontare tutto. Era qualcuno più prezioso di un'amante e più vicino di un amico, o almeno lui così pensava.

“Ragazzi!” una voce femminile che proveniva dal piano di sotto lo riportò al mondo reale, “siete in casa? C'è nessuno?”
Blaine e Rachel si guardarono allarmati e la ragazza gli fece segno con le braccia, ma anche con tutto il viso, di andare di sotto e fermarla prima che arrivasse in soffitta e lui, con un cenno del capo, seguì le direttive mollando le cose che aveva in mano e si precipitò da basso.
“Ariel!” gridò correndo, “sono in camera mia!”. Corse a tutto fiato per il corridoio e una volta arrivato in stanza si lanciò in malo modo sul letto e afferrò il libricino che teneva sul comodino appena in tempo, perché qualche secondo dopo, una chioma rossa sbucò dalla porta.

“B! Ti sembra il momento di leggere? Con una città intera da scoprire?” lo rimproverò.
Blaine, storse il naso. “Ti ho detto mille volte di non chiamarmi così, sai che non mi piace per niente!”. La ragazza ridacchiò. “Ok Blaine, scusa Blaine, non lo faccio più Blaine.” E avviandosi verso il salotto aggiunse un'altra cosa inaspettata “Ah, Blaine, quando hai finito di far finta di leggere quel libro mi raggiungi in sala da pranzo che ho comprato una cosa? Ci sono alcune tradizioni che vanno portate avanti anche qua!”.
Blaine guardò sbigottito in direzione della porta e subito dopo posò di nuovo gli occhi sul suo libro non notando nulla di strano. Riguardò la porta e ritornò al libro, poi come a leggergli nella mente, dal piano di sotto l'amica gli urlò di guardare bene le parole. Come aveva fatto ad essere così stupido, come aveva potuto aprire il libro al contrario. Si maledì mentalmente e ricordandosi della loro tradizione preferita raggiunse Ariel in sala da pranzo, dove avrebbe in qualche modo, provato a farsi perdonare.

Non appena scese l'ultimo gradino, notò subito nell'aria un buonissimo odore di torta e affrettando il passo, prese subito posto intorno al grande tavolo dove Ariel, decisamente di ottimo umore, aveva disposto una grande fetta di torta coperta di fragole e panna. Blaine la guardava meravigliato, come fosse la prima volta, e senza farselo dire due volte iniziò a mangiare la sua metà.
Questa loro tradizione, era decisamente la loro preferita e aveva origine direttamente dal loro primo incontro.

Era un giorno di pioggia e Blaine, musicista di strada appena approdato a LA, era rimasto senza un soldo. Il suo stomaco brontolava già da qualche ora e grazie a quel tempaccio gli era molto difficile guadagnare qualche spicciolo dai passanti in quei giorni; quindi riuscì a passare la giornata solo grazie ad un caffè che qualche buona anima gli aveva offerto, con la speranza che l'indomani sarebbe stato migliore. Però, ovviamente, la pioggia non aveva dato segno di smettere e anzi, quasi a volerlo schernire di più, era addirittura aumentata, portando la gente a non passare in quella via quasi per nulla.
Ad un certo punto però, una sconosciuta dagli occhi color dell'oceano, si abbassò e gli sorrise, coprendo entrambi con il suo ombrello a pois bianco e nero. “Ti va una fetta di torta?” gli chiese “Ho sentito che qua vicino hanno aperto una nuova pasticceria e muoio dalla voglia di provare le loro torte, voglio scoprire se sono davvero le più buone della città o è solo falsa pubblicità!”
Blaine non seppe mai dire a parole la felicità provata in quel momento, sentiva che non sarebbe mai riuscito a ricambiare quel gesto. In pratica, quella sconosciuta gli aveva salvato la vita.
Da quel momento in poi, iniziarono ad uscire insieme, o per meglio dire, iniziarono ad incontrarsi sempre più spesso per strada e nelle piazze dove il ragazzo cantava, finché un giorno, Ariel arrivò contenta e soddisfatta dicendogli semplicemente “Ho parlato di te ad un mio amico e ha detto che vuole conoscerti.” Praticamente, per la seconda volta nel giro di un paio di mesi Ariel, la non più sconosciuta, gli aveva salvato l'esistenza. Nemmeno a dirlo, la scintilla scoccò tra lui e l'amico, e la famosa scalata sociale di Blaine cominciò in quel momento. Non sapeva se chiamarlo destino o coincidenza, fatto sta che non avrebbe mai dimenticato quello che la ragazza fece per lui così tanti anni fa in quella strada bagnata.

“Blaine?” chiese d'un tratto la ragazza, “tutto bene?”
Il ragazzo sorrise “certo, perché lo chiedi?”
“Non fare quella faccia da cane bastonato allora! Non è il caso davanti a questa delizia!”
Il tono della ragazza era rimproverante, ma al tempo stesso preoccupato. Sapeva bene che l'amico le stesse nascondendo qualcosa, solo che questa volta era difficile dire cosa, si conoscevano bene l'un l'altro, ma per queste cose erano troppo uguali. Erano troppo preoccupati di non dare alcun peso alla persona di fronte a loro e nascondevano sempre il loro disagio o le loro maggiori preoccupazioni. Anche se, nel caso di Blaine lui riusciva a dissimulare abbastanza bene ciò che provava, Ariel al contrario, era davvero limpida. Nonostante la sua espressione calma, si poteva capire se qualcosa era andato storto, almeno così era per lui, lo sentiva sempre. Però c'era qualcosa in lei che non aveva mai trovato in nessuno, non sapeva bene cosa, ma accanto a lei si sentiva al sicuro.
Risero insieme. Non che fosse una battuta molto divertente, ma erano entrambi rilassati e stavano dividendo una fetta di torta, niente poteva andare storto.
Niente a parte un grosso scoppio proveniente dal piano di sopra. I due ragazzi si guardarono allarmati e dal piano di sopra la voce di Rachel arrivò forte e chiara.
“Ehm, Blaine?! Potresti venire su a darmi una mano? Un..un.. vaso... sì... un vaso è caduto e si è rotto in mille pezzi!” sembrava piuttosto allarmata e frettolosa. Se quello fosse stato un “allarme demone in casa”, sarebbe stato davvero palese se non fosse che al sovrannaturale non ci crede nessuno.
“Va pure, tanto io esco ora. Devo trovare una piscina senza troppi bambini!” rise.
Blaine la salutò e si precipitò in soffitta, dove prima aveva lasciato la cugina.

La scena che gli si era parata davanti, sarebbe stata alquanto bizzarra prima, ma ora non troppo. Adesso era quasi giornaliera.
Rachel, davanti a lui, teneva in mano tre boccette dai colori squillanti, piene di liquido fino al bordo e intanto stava cercando di evitare sfere di energie.
“Non sarebbe meglio creare uno scudo come l'altra volta?” le chiese rotolando in avanti con più agilità possibile.
“In teoria sì! In pratica è più facile a dirsi che a farsi! È stato uno sforzo grandissimo e non sono nemmeno tanto sicura di come abbia fatto!”
“Oh, perfetto!” rispose sarcastico il ragazzo. “E che mi dici di te? Cerca di utilizzare il suo potere o almeno di deviare la traiettoria di quelle cose!!”
“Sai che non sono ancora capace di usare i miei poteri a comando!” urlò schivando una successione quasi infinita di palle di energia, “poi ci vuole un sacco di forza emotiva per farlo e io sono già distrutto così!” sbuffò.
“Beh, qualcosa dobbiamo inventarcela, se no qua finiamo arrostiti!” replicò la ragazza. “Non sono fiale quelle che hai in mano?” puntualizzò Blaine, “serviranno a qualcosa!”
“Non ne ho idea! Erano già qui, pensavo le avessi fatte tu!” rispose confusa.
“Beh, ci pensiamo dopo! Ora lanciale a quel mostro, sono stanco di saltare a destra e sinistra!”
“Ok! Spero di non saltare in aria anche io, però! O la casa.”. Non fece in tempo a finire la frase che il mostro attaccò la sua gamba destra e lei inciampò. Nella caduta, una delle tre boccette, le scivolò di mano e cadde per terra, rompendosi in mille pezzi. “No, no, no, no! Non può essere vero! Ora cosa facciamo?” gridò a se' stessa.
“Prova a lanciare le altre, magari qualcosa succede!” le suggerì Blaine. Lei annuì, e con tutta la forza che aveva, lanciò le due bottigliette. Non successe nulla. Magari facevano parte di un set, e senza la terza non avrebbero funzionato. La ragazza guardò Blaine negli occhi in cerca di una risposta, ma quello che trovò fu terrore, seguito da un aggrottamento di sopracciglia e da uno sguardo risolutivo.
Lui la guardò, “Ok Rach, è il momento di concentrarti al massimo delle tue possibilità, devi riuscire a creare una boccetta tale e quale a quella andata distrutta, so che è difficile, ma hai visto anche tu che se ti concentri nel modo giusto, riesci a fare quello che devi. Non pensare di essere qua. Pensa di essere altrove, libera la tua mente. Riempi la testa con immagini felici e tranquille, io sono qua e mi occuperò del resto, ok?”
“Ok, ma come facciamo per quello che c'era dentro?” chiese preoccupata.
“Ascolta, devi concentrarti sulla bottiglietta che avevi in mano, ok? Non ad una copia. Devi concentrarti sull'essenza della fialetta che avevi in mano prima, non cercare di duplicarla. Cerca di fare la proiezione astrale di quella.”
“Ok! ho capito, almeno credo... Ci provo!” rispose alquanto titubante.
Il mostro di tutta risposta fece un verso e caricò una sfera proprio contro la ragazza, che senza accorgersene era diventata il suo bersaglio. Lanciò la palla di energia, che però si fermò fluttuante in aria, Blaine, dall'altra parte con una mano protesa in avanti l'aveva intercettata.
“Fai presto!” urlò alla cugina “non credo di poter resistere ancora molto!”
“Ci sono quasi, solo un altro po'!”
A sorpresa, il demone fece un sorriso maligno e staccò una mano per creare un'altra sfera di eguale potenza. Blaine sapeva che mai avrebbe potuto vincere contro un avversario del genere e nel momento stesso in cui egli lanciò la palla di energia chiuse istintivamente gli occhi. Li riaprì quasi subito, convinto di essere ormai nell'aldilà, ma quello che trovò, fu il demone con le mani sul collo, come se stesse soffocando e cercasse aria. Lo guardò confuso e si guardò intorno in cerca della causa. Ovviamente in soffitta non c'era nessun altro, ma lui poteva percepire chiaramente il potere di qualcuno molto vicino. Non sapeva se fosse per i suoi poteri da empatico o se semplicemente quel qualcuno era davvero potente. Si girò verso la cugina, determinato a restare in vita.
“Rach?” la chiamò.
“Ci sono, ci sono... ecco!” un flusso di energia passò per le mani della ragazza, che grazie ad un ultimo sforzo, riuscì ad evocare l'ultima fialetta. “Ce l'ho... ce l'ho davvero fatta!” sorrise.
“Ottimo! Che ne dici di controllare se funziona ora?” le disse indicando il demone. Rachel annuì e nel momento in cui si girò verso di lui, quell'essere si liberò della propria presa al collo, nuovamente capace di respirare normalmente. Purtroppo per lui, si accorse troppo tardi della fialetta, ma curiosamente prima di dissolversi in una nube di fumo grigio, sorrise.
“C'è mancato poco” esclamò Rachel ad un confuso Blaine.
“E quello cos'era?”
“Quello cosa?” chiese curiosa la ragazza. “Quel sorriso. E poi l'unica cosa che ho percepito alla sua morte è stata... pace.”
“Sei certo che non hai sentito quello che provavi tu?”
“Ti assicuro che in quel momento ho provato tutto meno che pace!” rise.
“Non pensarci, pensa invece che abbiamo sconfitto un'altra minaccia! Siamo imbattibili!”.
Mentre scendevano le scale per andare verso il salotto, Blaine non disse una parola. Era immerso nei suoi dubbi e nei suoi pensieri. Era sicuro che non fosse stato merito loro, qualcuno li aveva certamente aiutati: le fialette pronte in soffitta, il demone che stava soffocando... Non erano di certo coincidenze, ma anche a cercare di investigare un pochino, questi erano indizi troppo vaghi, sarebbe potuto essere qualsiasi cosa. Tra l'altro, la cugina non se n'era minimamente accorta, troppo concentrata sulla ricreazione della boccetta. Forse chiunque fosse, aveva fatto apposta a farsi percepire da lui, forse stava cercando di comunicare qualcosa. Stava decisamente diventando paranoico.
Rise schernendo se' stesso, pensando che forse sarebbe stato meglio rilassarsi. Dopotutto i poteri, specialmente i suoi, scaturiscono dalle emozioni, quindi era essenziale che Blaine stesse il più calmo e concentrato possibile.
Con la testa immersa nei suoi pensieri, non riuscì a finire l'ultima porzione di scale, perché sbatté contro qualcosa, o per meglio dire, qualcuno.
“Wooo, Rach, avvisa quando ti stoppi così all'improvviso!”
Non ricevendo risposta, guardò in direzione della cugina, che aveva un'espressione tutto meno che calma. Guardò anche lui nella stessa direzione e spalancò gli occhi sorpreso.

“Bene, bene... cos'abbiamo qui? I super cugini!”
Davanti a Blaine c'era un ragazzo, più o meno della sua età. Era longilineo, molto più alto di lui, e aveva gli occhi più verdi che avesse mai visto. Era in piedi di fronte a loro, davanti all'entrata e li guardava con un sorriso beffardo che avrebbe tanto voluto levargli di dosso con ogni mezzo.
In qualche modo però, sentiva che non fosse la prima volta che quello sguardo si posasse su di lui. Era familiare, una sensazione strana alla bocca dello stomaco. Si sforzò di ricordare, ma era come se la sua mente fosse annebbiata, come se in quel momento non riuscì a concentrarsi abbastanza sui suoi ricordi. Ma era sicuro di aver già provato qualcosa di simile, nella realtà o forse in un sogno.
Rachel lo guardò seria e scontrosa, un braccio proteso in avanti, per proteggere Blaine o bloccarlo dal fare qualche stupidaggine.
“Chi sei? Cosa vuoi da noi?” chiese in direzione dello sconosciuto.
“Chi sono io?” rise maligno. “Sono qualcuno molto interessato al vostro potere.”
“Questo cosa vorrebbe dire?” chiese Rachel confusa.
“Vedete, voi possedete qualcosa di prezioso e molto raro. In origine, il potere che condividete, era diviso in tre prescelte. Le vostre prozie possedevano quello che veniva chiamato “Il Potere del Trio”, nulla poteva reggere il suo confronto. Ogni essere magico sapeva bene gli effetti della magia della vostra famiglia. Però, è con la vostra generazione che si è arrivati a qualcuno di tanto potente capace di usufruire metà della sua essenza, infatti ora bastate solo voi due per incanalare tutta la sua potenza. In molti stanno cercando di capirne il motivo, maghi, druidi, stregoni, sibille. Ognuno sta facendo il possibile per riuscire a carpire il vostro segreto.”
I due ragazzi si erano persi in un mare di parole che per loro non avevano significato. Erano confusi e spaventati. In caso fossero davvero così potenti come quel ragazzo aveva detto e se così tanti esseri li stavano studiando come delle cavie, significava che la loro vita sarebbe stata costantemente alla mercé di ogni creatura. Significava che non avrebbero mai potuto vivere delle vite tranquille e serene.
“Te compreso?” chiese Blaine.
“Me compreso, Blaine” rispose tranquillamente, mentre l'altro spalancò gli occhi per la sorpresa, non si era presentato eppure sapeva il suo nome. “Anche se probabilmente, la causa è che nel corso delle generazioni, ci sono stati degli avvenimenti che mai nessuno avrebbe creduto possibile prima. Il matrimonio tra un umano e un angelo bianco, o un demone e un umano, fino ad arrivare ad un mezzo angelo bianco e un mezzo angelo nero. Vedete, nelle vostre vene scorre così tanto potere derivante dal vostro corredo genetico che è un miracolo che voi riusciate a contenerlo. Ma tutto questo sfugge a chi non è predisposto a capire qualcosa come l'amore o la famiglia. Un demone non potrà mai pensare ad una soluzione del genere. Continueranno a cercare sperando di trovare la fonte di questa grande energia.”
“Un demone? Quindi tu cosa sei?”
“Oh, Blaine. Sono così tante cose che non me lo ricordo nemmeno più!”
“Perché ci stai raccontando tutte queste cose?” parlò finalmente la ragazza. “Vedi Rachel, quando il gioco è troppo semplice mi annoio subito” spostò lo sguardo su Blaine e sorrise ancora malizioso “e ho come l'impressione che mi divertirò un mondo con voi due.”
“Se stai cercando di spaventarci non sta funzionando granché. L'hai detto tu stesso che il nostro potere è molto più forte. Sono sicura che, chiunque tu sia, non rischieresti invano la pelle solo per giocare un po'.”
“Ho detto che è un gioco divertente, non che non sia importante. E poi, potete avere tutto il potere di questa terra, ma se non sapete come usarlo, non serve a niente. E al contrario vostro, io so bene come usarlo.”
“Che... cosa vorrebbe dire questo?” chiese la ragazza innervosita. “Blaine, non ascolt- Blaine?”
Si girò verso il cugino che sembrava perso nel vuoto. Aveva lo sguardo fisso, era leggermente rosso in viso ed era come pietrificato. Non rispose alla ragazza, gli sembrava di avere il cuore in gola e la testa gli pulsava come se la stessero prendendo a martellate. Si girò verso quello strano ragazzo.
“Lo sento” disse senza nemmeno rendersene conto. “Sento tutto”.
Scese lentamente le poche scale che mancavano alla fine e percorse lo spazio che li divideva quasi in punta di piedi. Sentiva chiaramente quell'emozione, ne era attratto come una calamita, non aveva mai sentito nulla del genere. Un pozzo senza fondo, un buco nero. Ecco dove gli sembrava di essere. Era circondato da pensieri, ricordi, tutti indecifrabili. Non ne conosceva e non ne comprendeva il significato, riusciva solo a distinguerne i colori o il calore. Non sentiva più il suo corpo, era come camminare nel cielo o fluttuare in un sogno, dove non c'è nulla di fisico e tutto è fragile come una bolla di sapone. Era immerso in un colore caldo e acceso, un tepore piacevole che lo attraversava e sembrava abbracciarlo serenamente, ma un attimo dopo tutto quel calore svanì e al suo posto lo attraversò la sensazione peggiore che avesse mai avuto. Aveva freddo, si sentiva solo ed era tutto buio. Sentiva il panico e il dolore crescergli dentro fino ad esplodere in una rabbia quasi accecante, era come se si fosse impossessata di lui, come se tutto quello di cui fosse composto fosse ira pura. Ma anche questo finì quasi subito e il tutto lasciò spazio ad un vuoto incolmabile, come se qualcosa si fosse rotto e tutto ne fosse stato risucchiato senza pietà. Era rimasto il nulla, solo Blaine e l'eco di una voce che non riusciva a distinguere.
Tutto svanì presto, come se fosse stato rinchiuso da qualche parte, e presto si ritrovò nella realtà a pochi centimetri dal viso di quel ragazzo. Così vicino che poteva contare le ciglia che incorniciavano gli occhi verdi. Così verdi che gli sembravano quasi infiniti.
Blaine uscì da quella specie di trance, aprì gli occhi il più possibile e li richiuse subito, per poi riaprirli ancora, poco a poco il mondo tornò nitido e gli oggetti ripresero le loro forme.
“Cosa staresti facendo? È il tuo modo strano di flirtare con uno sconosciuto?” gli chiese scherzoso.
Blaine spalancò gli occhi e fece un balzo indietro.
“Cosa...cosa è successo?” chiese allarmato, girandosi verso la cugina.
“Dimmelo tu! Sei tu quello che fa cose strane!” rispose Rachel guardandolo preoccupata.
“Io davvero, non ne ho idea” si rigirò, cercando di capire se lo sconosciuto ne sapesse qualcosa in più. Ovviamente non era così, perché l'espressione sul suo viso era molto più preoccupata della sua. Era di sicuro uno dei momenti più strani di tutta la sua vita.
“Oh beh, direi che per oggi possa bastare” esclamò il ragazzo. Blaine era certo che lui sapesse molto di più di quello che desse a vedere e che ci fosse qualcosa di strano in lui, qualcosa che stonava con il resto.
Lo guardò uscire dalla porta come se niente fosse, come se fosse una cosa totalmente normale per lui, come se fosse abituato. Blaine fece automaticamente qualche passo in avanti, cercando di seguirlo, non solo con lo sguardo, ma con tutto il corpo.
“Blaine, cosa stai facendo?” sentì da lontano Rachel chiamarlo e chiedergli qualcosa che non gli arrivò mai alle orecchie. Il suo unico obiettivo era quella figura alta che gli dava le spalle e che si stava allontanando abbastanza velocemente. Si accorse del fatto che lo stesse seguendo improvvisamente e si fermò, quasi a dirsi da solo che era una scemata, ma qualcosa doveva pur farla.
“Aspetta” cercò di gridare. In realtà la voce gli era uscita come un sibilo, troppo debole per essere sentita. O almeno così credette, perché l'altro si fermò subito e si girò. L'aveva sentito.
“Come ti chiami? Tu sai chi siamo noi, ma noi non sappiamo chi sei tu. Non è... non è giusto. Dimmi il tuo nome.” chiese quasi pregandolo.
Vide quella figura tornare indietro sui suoi passi e per una frazione di secondo ebbe paura di essere incenerito lì sul posto, ma a sua sorpresa davanti a se' vide comparire un braccio, pronto per una stretta di mano.
“Blaine Anderson, io sono Sebastian Smythe.”
Era certo che quel momento sarebbe rimasto dentro alla sua testa per sempre.

“Ecco, ora, vorresti gentilmente spiegarmi cosa è successo in questi ultimi minuti?” Rachel chiese in un tono quasi supplicante, era davvero confusa. Non era certa fosse accaduto tutto realmente, era scettica al solo ricordo. Aveva avuto informazioni sulla sua famiglia certo, ma non sapeva come doveva prendere il fatto che alcuni si erano sposati con demoni, angeli neri e forze del male. Non capiva cosa fosse lecito e cosa no. C'erano regole o era tutto dettato dal caso. Tra quanti anni nascerà un'essere in grado di incanalare da solo tutta la magia che già si era divisa in due. Sarà una forza del bene o un'emissario del male. Queste domande ovviamente non potevano trovare risposta, ma in cuor suo Rachel non poteva fare a meno di porsele. E questo, aggravava ancora di più la sua posizione, aggiungeva problemi a quello più grande, ovvero il suo rapporto con Jessie. Sentiva che il momento di prendere una decisione era incredibilmente vicino, ma ancora non riusciva a pensare lucidamente, ancora non aveva il coraggio di compierla.
Sbuffò, a se' stessa, a Blaine, alla situazione, al vento, e sospirò.
“Almeno oggi abbiamo capito che il tuo potere, si sta sviluppando molto in fretta! Sei stato grande contro quel demone in soffitta!”
“A proposito di quello... Sono sicuro che qualcuno ci abbia aiutati. In quale altro modo spiegheresti la comparsa casuale delle fiale con le pozioni? O il fatto che il demone stesse soffocando nonostante non ci fosse niente e nessuno di strano?”
“Il demone...affogando?” chiese realizzando tutto.
“Sì insomma, non deve essere male se ci ha aiutati, no? Chiunque sia sta dalla nostra parte, giusto?”
“Sbagliato!” rispose la ragazza quasi bacchettandolo con la voce. “Magari c'è un motivo dietro a tutto ciò, non dobbiamo dare per scontato che qualcuno ci aiuti senza volere niente in cambio, o che sia automaticamente dalla nostra parte. Dobbiamo stare attenti, perché in questo momento là fuori c'è qualcuno che sa di noi, e non sappiamo minimamente chi possa essere.”

Nel frattempo, appena fuori dalla villa, l'indecifrabile Sebastian fece un incontro inaspettato.
“Rossa?” esclamò sorpreso.
“Spaghetto!” lo salutò.
“Quindi sei stata tu ad aiutarli! Credevo avessimo un accordo!” la guardò nei suoi limpidi occhi azzurri.
“Lo abbiamo. Solo che... Sei pronto a rischiare tutto per loro due? Dopotutto non sanno ancora bene come controllare il loro potere.”
“Dici così ma tu hai già deciso, vero? Mi stai mettendo alla prova? Poi sei tu quella che deve imparare a controllare meglio il proprio potere, o sbaglio Ariel?” sembrava che stesse parlando in tono aggressivo e sarcastico, ma la ragazza sapeva bene cosa intendesse dire.
“Devo solo allenare un po' la resistenza, era davvero un energumeno e a differenza di altre specie non era fatto per la maggior parte d'acqua! Cercare di farlo affogare si è rivelato più difficile del previsto, ma alla fine è andato tutto bene. I loro poteri stanno aumentando sempre più!”
“Vero. E arriverà il giorno in cui questo ci sarà molto utile.” sorrise malizioso.
Ariel rise. “Dì un po' Spaghetto, non ti sarai preso una cotta?”
“Ti sembro per caso una tredicenne?”
“Ogni tanto sì!” lo punzecchiò. “Ora scusami, ma c'è qualcuno che mi sta aspettando là dentro. Fatti vivo, ma non troppo”.
Sebastian le fece un cenno col capo e svanì in un luccichio nero, mentre la ragazza sorridendo tornò a casa trovando un Blaine più agitato del solito, proprio come una tredicenne alle prese con una cotta colossale.



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YAAAH!! Eccoci qua con questo terzo capitolo!! Devo dire che mi sono divertita un sacco a scriverlo!! 
Abbiamo due nuovi personaggi! E che personaggi!!
Finalmente è comparso Sebbu, che ovviamente deve farsi riconoscere se no non è lui! Approfondimenti e flashback nel prossimo capitolo! (sono già a buon punto ohoh)
E nel prossimo capitolo avrà anche posto nel bannerino ^o^
E veniamo ad Ariel, la mia Ariel. Mi è piaciuto un sacco scrivere di lei e darle finalmente un po' di carattere!! Nei prossimi capitoli si capirà qualcosina in più su e avremo altri flashback sulla vita sua e di Blaine a Los Angeles. Ci si può fidare o no di lei? Siete curiosi di sapere chi sia (o cosa sia), che poteri abbia e come conosce Sebastian? Se è buona o cattiva?
Che sta succedendo? 
Rachel vuoterà mai il sacco al povero Jessie che è all'oscuro di tutto?
Alla prossima!!! Aspetto i vostri pareri come sempre (plsssss) e vi lascio la mia pagina per domande, insulti e quant altro haha!
Lov'ya
ali

 

   
 
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