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Autore: scandros    06/08/2003    7 recensioni
La speranza di un amore é sempre viva dentro di noi e prima o poi questo sentimento ti travolge come un'onda. Holly e Patty lo sanno!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 9

 

 

La strada della speranza

 

 

 

Era fermo lì, a guardare oltre quei vetri che si affacciavano sul cortile dell’ospedale. Era incredibile come a quell’ora del mattino ci fosse tanto movimento in una struttura sanitaria. Vedeva medici e paramedici camminare in un andirivieni continuo da un reparto all’altro, pazienti passeggiare e visitatori correre qua e là in cerca del loro degente. Vide una ragazza incamminarsi lungo il viale. Pensò alla sua Patty, alla telefonata che c’era stata tra di loro, a quello che le aveva detto. Guardò il cielo terso e limpido dopo la pioggia copiosa del giorno prima. Sospirò. Sua figlia, non più una bambina a cui badare, ma una donna indipendente che aveva trascorso una notte d’amore con il ragazzo che amava.

Sorrise pensando a Holly, a quello che ricordava essere un ragazzino imbranato che rincorreva quasi spasmodicamente una sfera bianca e nera. E lei, la sua piccola Patty, che lo inseguiva ovunque lui andasse per il solo piacere di stargli accanto, di poter vivere quella sua amicizia che adesso era sfociata in un meraviglioso amore.

L’aveva rincorsa per mezzo mondo pur di raggiungerla. Come avrebbe potuto obiettare di fronte alla sincerità di sua figlia e al coraggio di Holly? Il loro rapporto era esemplare: stavano cercando di coronare un sogno che da anni perseguivano. Aveva mille voci in testa. Erano diventati un uomo e una donna che desideravano solo la felicità reciproca.

Prese il suo portafoglio e ne estrasse una fotografia.

Sarah. Sorrise ancora una volta nel ricordo della prima moglie. L’aveva fatto anche lui. L’aveva conosciuta a Parigi e se ne era subito innamorato. Era tornato da lei dopo qualche mese per chiederle di sposarlo.

- Sarah. Sai, ancora ti penso. Non l’ho mai detto a Patty per non farla sentire sola. Tanto meno a Alison con la quale vivo serenamente. Non ti ho mai dimenticata, tu lo sai. E quando per lavoro, in questi anni, mi sono recato a Parigi, sono andato sempre lì. Ho salito la gradinata di Montmartre che conduce alla chiesa del Sacre Coeur e mi sono affacciato alla ringhiera. E’ lì che ti ho vista la prima volta. E’ lì che mi sono innamorato di te e che ti ho chiesto come mia sposa. Sai Sarah, Patty ti somiglia ogni giorno di più. A volte scambio la sua irruenza con la tua evanescenza. Sta vivendo un sogno d’amore. Come potrei impedirglielo? Non mi sento di farle prediche o paternali. Di fronte alla necessità ha abbandonato tutto per correre in mio aiuto. Ha vinto lei anche questa volta. Tu le hai donato il carisma e la volontà per prefiggersi e realizzare i suoi desideri.

- Alison non sta bene. Abbiamo concepito un figlio che forse non nascerà. Mi dispiace per Alison, soprattutto. Sarebbe la seconda volta, non è giusto che non riesca a realizzare il suo desiderio di maternità. Mi dispiace per me stesso, perché avere un altro figlio, mi emoziona come la prima volta. E sono preoccupato per Patty e per il rapporto che ha con Alison. Lei non ti sostituirà mai con nessuno, fosse anche la migliore donna del mondo. Vive ancora nel tuo ricordo, e non posso impedirglielo. Tuttavia, mi rendo conto che Alison non ha mai fatto nulla per costruire un rapporto con lei. Dati i miei impegni, fino ad ora non ho mai trascorso tanto tempo con loro e mi rendo conto di aver trascurato fin troppo la famiglia. Ma adesso desidero recuperare il tempo perduto, per Patty e per il bambino che nascerà. - pensò riponendo la fotografia nel portafoglio. Una lacrima gli solcò il viso.

Sentì aprire la porta della stanza in cui riposava Alison e vide la dottoressa uscire con una cartella tra le mani. La fermò per avere dei ragguagli sulla situazione e fu sollevato quando le disse che aveva trascorso la notte in maniera tranquilla e che era ottimista.

Rincuorato, George entrò nella camera avvicinandosi al letto della moglie.

- Ciao tesoro. Sai, la dottoressa mi ha appena detto che le tue condizioni stanno migliorando e che è ottimista anche per la gravidanza. -

- Per fortuna, non ce la faccio più a stare in questo letto. -

- Devi aver pazienza. Devi farlo per te stessa e per il bambino. -

- Sai George, lo desidero talmente tanto, questo figlio, che sto male al solo pensiero di perderlo. -

- Non devi avere certi pensieri. Devi essere più positiva e vedrai che andrà tutto bene. -

- Lo spero. -. Calò il silenzio tra i due. George stava cercando le parole più idonee per parlarle di Patty e del loro rapporto. Non sapeva da che punto cominciare e sperava in particolar modo di non far agitare la moglie.

- Come sta? - chiese lei all’improvviso cogliendolo di sorpresa.

- Ieri sera è andata via molto dispiaciuta e rammaricata. L’ho sentita stamattina e mi è sembrata più rilassata, seppur afflitta. -

- Ho sentito quello che ti ha detto ieri sera, in corridoio. -

- Era sconfortata. E non posso biasimarla. E’ saltata sul primo aereo per raggiungerci, abbandonando il ragazzo di cui è innamorata e che per vederla ha fatto un viaggio lunghissimo. Quando è arrivata, in preda alla disperazione non mi sono neanche preoccupato di come stesse. Poi lo scontro con te. Perché non riuscite ad avere un buon rapporto Alison? Vorrei capire il perché di tanto astio da parte tua nei suoi confronti. -. Non parlò, si limitò a chiudere gli occhi quasi in senso di assenso.

- Non perché si tratta di mia figlia, ma a me sembra che sia una ragazza abbastanza diligente, senza pensieri strani per a testa. -

- Che vuole andare a studiare negli Stati Uniti, che non vuole seguire gli studi che le hai consigliato, che si dispera per un ragazzo che magari non la pensa, che se ne va in giro per il mondo correndo dietro un pallone….direi che è perfetta. - ironizzò cercando di dipingere agli occhi del marito un quadro poco piacevole di Patty.

- Alison, è un’adolescente e come tale ha dei sogni, dei desideri. Mi ha detto che non andrà negli Stati Uniti, che resterà qui a Barcellona. Forse è anche giusto che segua gli studi che più le aggradano. Deve costruire il suo futuro. E per quanto riguarda Holly, non avendo avuto la possibilità di incontrarla a Parigi, è saltato sul primo aereo per raggiungerla qui a Barcellona. . -

- Che romantico. - rispose sarcastica con un’espressione di stizza. - E’ tua figlia e per quanto mi riguarda, se a te sta bene, può fare quello che vuole. -

- Non è questo il ragionamento da fare. Siamo una famiglia, che finalmente vivrà come tale. Cerchiamo di equilibrare i nostri comportamenti, i nostri caratteri. Tutti quanti, anche tu Alison. Tu non hai mai avuto diciassette anni? Non hai mai provato simili emozioni, l’amore contrastato verso un ragazzo, i sogni di un futuro roseo? -

- Da quando sei diventato così giovanile da riuscire ad immedesimarti nei pensieri di un’adolescente? - gli chiese riferendosi a Patty.

- Cerco solo di avere una quadro chiaro della situazione. Patty da un lato e tu dall’altro. Siete la mia famiglia, Alison e non posso permettervi di continuare ad avere un simile rapporto. E’ insano per entrambe. -

- Io non ho avuto il tempo di essere adolescente. Vuoi sapere perché mi comporto così con Patty? Perché in lei rivedo mia sorella. Si chiamava Patricia, proprio come lei. Non ci crederai George, quando mi facesti conoscere Patty, non credevo ai miei occhi. Un tuffo nel passato. Non solo il nome, ma anche il carattere somigliava tanto a quello di mia sorella. Man mano che tua figlia cresceva, che seguiva i suoi sogni, i suoi ideali, l’amore per Holly, mi ricordava sempre di più la mia Patricia. Se ho fatto ostruzionismo, se mi sono opposta a tante cose, se ho sempre avuto un rapporto freddo con lei, è stato unicamente per paura di ricadere nello stesso baratro in cui scivolai alla morte di Patricia. -. George guardava la moglie, dai cui occhi chiusi, scendevano lentamente delle lacrime.

- Accadde tutto un giorno. Era una ragazza innamorata della vita, adorava stare con gli amici, sognava di laurearsi e di fare il medico. Andò in gita con degli amici in un campeggio vicino il monte Fuji. Era notte quando udimmo squillare il telefono. Sentì mia madre urlare, papà correre da lei, ed io sobbalzai nel letto pronunciando il suo nome. Giocando con gli amici, cadde in burrone e quando i soccorsi la raggiunsero, non poterono che constatarne il decesso. -.

- Mi dispiace, io non lo sapevo. -

- Per tre anni mi sono sottoposta alle sedute di uno psichiatra. Non riuscivo a convincermi che lei non c’era più, la mia sorellina. Aveva solo un anno in meno, ma per me era sempre stata la mia migliore amica, l’unica che riusciva a farmi sorridere. Sono sempre stata un po’ malinconica, mentre Patricia era l’immagine della voglia di vivere. Due poli opposti che si attraevano a vicenda. Avevo bisogno di lei, della sua costante presenza al mio fianco e invece, mi ha abbandonata mentre giocava con gli amici. -

- E’ per questo che tratti così Patty? Per evitare di soffrire ancora? -

- Sì. Sono così simili che temo possa accadere il peggio. E’ un incubo del quale non mi sono mai liberata. Quando tu non c’eri perché eri fuori per lavoro, cercavo di dissuaderla dal fare determinate cose, per esempio frequentare il club di calcio che poco si addice ad una ragazza. Non volevo che a causa di un gioco, potesse succedere ancora. Ma tua figlia è testarda e quando si prefigge qualcosa, fa di tutto per realizzarlo. Patty è sempre stata affezionata ai suoi amici, per non parlare di Holly. Proprio come lo era mia sorella: lei viveva per gli altri.

- Anche se può sembrare assurdo, ho sempre invidiato Patty. Dopo la partenza di Holly, lei ha continuato a seguire i ragazzi e a vivere nel sogno del suo amore e in cuor mio sapevo che anche lui la ricambiava, le scriveva e le telefonava e a lei erano sufficienti quei pochi momenti per andare in estasi. Ogni giorno si è dedicata alle sue attività con passione e scrupolosità, e nella stessa maniera si è dedicata allo studio. La partenza di Holyl l’ha solo rinforzata. George, l’idea che possa succedere ancora mi terrorizza. -

- Perché? Per te stessa o per il bene di Patty? - gli chiese seccamente.

- Forse sono egoista, perdonami George, ma non voglio soffrire ancora. -

- Alison, ognuno di noi deve vivere la vita per come viene, cercando di non forzare gli eventi. Quello che è successo a tua sorella era scritto nel destino, doveva avvenire comunque. Avresti potuto far rinascere quel sentimento che avevi per tua sorella: il destino ti ha fatto incontrare me e la mia Patty. Non ci hai pensato? Ti aveva dato un’altra opportunità, per poter tornare a sorridere a Patty. Perché non sfrutti questa possibilità, perché non cercate di diventare amiche? -

- A cosa servirebbe? Lei mi odia. - rispose buttando lì quella frase a sua difesa.

- Sai benissimo che non è vero. Patty non è capace di provare odio per qualcuno. E’ una ragazza innamorata della vita come lo era tua sorella. Gli amici le sono sempre stati accanto e tu non puoi impedirle di frequentarli. E’ cresciuta senza sua madre e non potevi essere tu a privarla di un altro affetto. Soprattutto quello di Holly. Sono talmente innamorati che scommetto sarebbero disposti ad affrontare le fiamme dell’inferno l’uno per l’altra. Tra l’altro, penso che tu le debba un minimo di riconoscenza. - sentenziò avvicinandosi alla porta. Alison aveva compreso e in cuor suo sapeva che le parole del marito erano sincere e che rispecchiavano la mera verità.

- Lei ti ha aiutata nonostante il tuo diniego e sta venendo qui per sostituirmi. Io non penso che una ragazza cattiva agirebbe così. Se non vuoi farlo per me o per te stessa, fallo per il bambino e per tua sorella: ricostruisci con lei un rapporto vero. Non penso che a Patty dispiacerebbe avere una madre. - concluse sorridendole. Alison richiuse gli occhi e sospirò.

- Non sarà facile: abbagliata dal mio egoismo non mi sono mai preoccupata di avere un rapporto con lei. Sarà un’impresa…farmi perdonare da lei. -

- E’ una ragazza molto buona e comprensiva. Parlale col cuore e vedrai che capirà. - concluse congedandosi dalla moglie.

George uscì soddisfatto dalla stanza, non solo per le condizioni di Alison, ma soprattutto per quel chiarimento che c’era stato tra loro. Alison non aveva negato di aver avuto dei comportamenti poco piacevoli e aveva quindi sostenuto la difesa di Patty. Era orgoglioso di sua figlia, che nonostante la sua costante lontananza, si era sempre comportata in maniera degna di nota.

 

La vide arrivare con al fianco un ragazzo alto e dal fisico atletico. Si tenevano per mano, era una stretta così salda che nulla li avrebbe potuti dividere se non loro stessi. Non era la ragazza stremata e disperata della sera prima. Era una giovane donna piacevolmente innamorata e alquanto serena.

- Buongiorno signor Gatsby. - disse Holly allungando la mano verso quella di George. Era rimasto allibito nel vederlo. Sebbene il suo volto non fosse cambiato, in tre anni, il suo corpo sembrava essersi trasformato. Lo guardò negli occhi quasi a volersi sincerare che non avesse fatto alcun torto alla figlia. Lei lo guardava con espressione quieta e con un sorriso lieve accennato sulle labbra rosse. Holly ricambiò lo sguardo della sua ragazza e i suoi occhi parvero sorridere a quella dolce creatura che amava tanto.

- Ciao Holly. Bentornato. - rispose George spezzando quel momentaneo idillio.

- Grazie. Come sta sua moglie? - gli chiese con cortesia seppur imbarazzato da quel primo incontro.

- Adesso sta un po’ meglio. Se tutto va bene, - disse guardando la figlia, - dovrà rimanere qui per due mesi. Se riuscirà a mantenere la gravidanza in buone condizioni, tra due mesi partorirà. -

- Mi fa piacere che stia meglio. -

- Grazie Holly. Come stai? - chiese alla figlia. Impulsivamente strinse con forza la mano di Holly. Cercava il suo appoggio morale, la sua protezione. George se ne avvide e intese che oramai nel cuore della figlia c’era solo il giovane talento giapponese.

- Va meglio. E tu? Ti vedo stanco! - asserì disegnando i tratti del suo volto, stanco e con la barba visibilmente incolta di due giorni.

- Ho visto giorni migliori. -

- Va a casa a riposare. Ci sono io! - gli disse staccandosi da Holly e sorridendogli. La sua espressione era pacata e serafica. Il cambiamento rispetto al giorno prima era evidente.

- Non ti preoccupare papà. Resisterò alla tentazione di litigare con Alison. - gli rispose ironicamente cercando di sdrammatizzare la situazione.

- Grazie Patty. -.

Si avvicinò alla camera di Alison e la scrutò dal vetro. Sospirò, poi posò una mano sulla maniglia della porta e la girò entrando nella stanza.

- Grazie Holly! - gli disse George sorprendendolo.

- E per cosa? - chiese ingenuamente.

- Per quello che hai fatto per Patty. -

- Non ha bisogno di ringraziarmi. L’ho fatto perché lo desideravo con tutto me stesso. -

- Non farla soffrire, Holly. -

- Farei soffrire anche me stesso. Desideriamo solo essere felici. - gli disse sorridente e sincero. La sua espressione era energica e rilassante al tempo stesso. Quel ragazzo aveva qualcosa di speciale ed era per questo che sua figlia se ne era innamorata. Il cellulare di Holly squillò interrompendo quella conversazione.

- Ciao Roberto. Dove ti trovi? - chiese al grande campione brasiliano.

- Sono all’aeroporto. Holly, prendo un taxi e ci vediamo direttamente allo stadio. La squadra si sta allenando per un importante impegno che hanno mercoledì. Anche i dirigenti sono allo stadio, li ho sentiti poco fa. Sei sicuro di fare la scelta giusta? -

- Non sono mai stato così sicuro. -

- Al cuor non si comanda! - rispose Roberto in tono quasi arrendevole. - Il Real Madrid pagherebbe di più per averti. -

- Roberto, ho deciso di restare a Barcellona! - esclamò con tono deciso. George comprese il motivo per il quale Patty non si sarebbe recata negli Stati Uniti. Non era per far contento lui ed Alison ma unicamente perché Holly sarebbe rimasto in quella città. Indipendentemente dalla motivazione, tirò un sospiro di sollievo sapendo che Patty non sarebbe partita.

- Ne riparliamo prima di incontrare la dirigenza. - gli disse cercando di dissuaderlo.

- Come vuoi, anche se io ho deciso. Ci vediamo tra un po’. - aggiunse chiudendo la comunicazione. Guardò il padre di Patty.

- Resti a Barcellona? - gli chiese senza attendere che fosse il calciatore a parlare per primo.

- Sì. Quando ero in Brasile ho ricevuto due offerte. Una dal Barcellona e l’altra dal Real Madrid. Quando ho saputo che Patty…voi, vi eravate trasferiti qui, ho deciso che sarei rimasto in Cataluna. -. George gli sorrise.

- E’ ammirevole la vostra capacità di decisione. Basta un evento a farvi cambiare completamente opinione e decisione. -

- Basta seguire il cuore, come direbbe Patty. Ed io ne convengo. Il Barcellona è un ottimo club a livello europeo. Preferisco restare qui, così potrò stare insieme a Patty. - rispose sicuro.

- Penso che ne sarà felice. -. Holly annuì e George comprese che evidentemente ne avevano già parlato. Un pensiero lo assalì! Patty gli aveva detto che ben presto sarebbe andata via. Ora comprendeva che probabilmente sarebbe andata a vivere con lui. Impallidì.

- Posso salutare sua moglie? - chiese Holly riportandolo alla realtà.

- Ehm…ah sì, certo. - borbottò ancora in preda a quei pensieri. Holly si distaccò da lui e si affacciò alla stanza di Alison. Figlia e matrigna erano l’una di fronte all’altra. Nessuna delle due parlava.

- Salve signora Gatsby. Come sta? - chiese cordialmente sorprendendo anche Patty.

- Ciao Oliver. Sono stata meglio, grazie. - rispose gelida.

- Mi spiace. Patty io devo allontanarmi. Ti chiamo quando finisco con Roberto e la dirigenza. Tra l’altro, devo trovare un alloggio per stasera e domani e chiamare mia madre. -. Lei gli sorrise compiaciuta e quasi divertita dal suo daffare.

- In bocca al lupo e fammi sapere com’è andata. -

- Sicuro. - rispose ricambiando il tenero sorriso.

- Se non sai dove andare a dormire, puoi restare da noi! - esclamò Alison sorprendendo i due ragazzi. Patty si voltò verso di lei. Non aveva preparato la camera della figliastra, eppure invitava il suo fidanzato a pernottare nella stessa casa. Cosa stava architettando? Era una maniera per metterla a disagio e si era ravveduta dei suoi comportamenti? Holly guardò Patty ancora attonita da quello che Alison aveva appena detto..

- La ringrazio signora. Accetto volentieri. Allora, a dopo. - aggiunse uscendo dalla stanza.

- Io vado a casa, così mi riposo un po’. - disse George sopraggiunto dietro il campioncino.

- Papà, per favore, ieri pomeriggio ho lasciato i miei bagagli in accettazione. Potresti prenderli? -

- Certo cara. Alison, scusami, ma ho proprio bisogno di un po’ di riposo. -

- Non preoccuparti caro, c’è Patty con me! - esclamò confondendo ancora di più la ragazza che a questo punto non sapeva più cosa pensare. Holly e George scomparvero dalla stanza e un profondo silenzio calò tra le due. Non c’era l’aria elettrizzata e tagliente del giorno prima: stranamente non avvertiva la sua ostilità. Quella stanza era priva di finestre che si affacciavano all’esterno. Si sentiva reclusa. Aveva bisogno di respirare, di allontanarsi da Alison perché non comprendeva il suo comportamento. Aveva paura di quello che non riusciva a capire, le sembrava un peso insormontabile da poter sostenere da sola. Holly era andato via e lei era lì, alle strette.

Forse era quello che voleva suo padre: uno scontro diretto tra loro che le avrebbe messe a confronto.

- Hai bisogno di qualcosa? -. Le parole vennero fuori da sole. Sentì le labbra inumidirsi e riaffiorare il suo autocontrollo.

- No grazie. Perché non ti siedi? - le chiese indicando con lo sguardo la sedia accanto al suo letto. Patty chiuse gli occhi cercando di riacquistare le energie momentaneamente perse.

- Cosa sta succedendo? - chiese non resistendo più a quella che pensava essere una stupida farsa.

- Nulla, perché? -

- Non capisco dove sia finito il tuo atteggiamento alquanto astioso, avverso e ostile nei miei confronti! - rispose fulminandola con gli occhi. Alison strinse le lenzuola nei pugni. Temeva quella ragazza. L’aveva confessato a George e a se stessa.

- Fino a qualche ora fa non vedevi l’ora che andassi via dalla tua vista e adesso mi inviti a sedermi? - continuò non ottenendo risposta.

- Perdona il mio scetticismo ma non posso fare a meno di pensare che si tratti di un qualcosa ordito alle mie spalle. Vado in quella che dovrebbe essere la mia casa e trovo la mia stanza ancora a soqquadro e poi inviti Holly a pernottare da noi? -

- Calmati, non ho intenzione di litigare o creare altri dissidi. Siamo abbastanza mature per deporre le armi e cercare di convivere pacificamente. -. Patty era ancora più esterrefatta. Si chiedeva quale portentoso medicinale le avessero somministrato.

- Cosa vuoi dire? -

- So di non essermi comportata nella maniera più idonea, ma credimi, non è mai stato nelle mie intenzioni ferirti o crearti dei disagi. Il mio è stato solo ed esclusivamente un atteggiamento assunto come autodifesa. -

- Fammi capire bene: mi hai trattata con indifferenza, ostilità e forse anche avversione, solo ed esclusivamente per difenderti? - domandò circospetta e cauta cercando di creare la propria difesa nell’eventualità di un’accusa.

- Sì. -

- Ah sì? Mi sembra un comportamento un po’ strano, il tuo? -

- Hai ragione. - rispose abbassando le palpebre. - Mi dispiace. -

- Cos’è questa? La giornata internazionale dell’ammissione di colpe? - chiese sarcastica.

- Sto cercando di spiegarti il motivo di tanti comportamenti. Non si tratta di una giustificazione nei tuoi confronti, solo di una spiegazione. Non sono mai stata molto loquace e allegra, neanche durante l’adolescenza e la perdita di mia sorella, la persona a cui tenevo di più nella mia vita, mi ha immalinconita, avvilita e incupita maggiormente. Lei è morta mentre giocava con degli amici. Aveva la tua età, il tuo carattere, il tuo entusiasmo, l’amore per la vita e per gli altri: si chiamava Patricia. -. Quelle parole risuonarono risolute nella stanza. Nella sua mente ancora echeggiava quel nome, il suo stesso nome.

- Il mio non volere che tu frequentassi gli amici, che viaggiassi con loro, è sempre derivato da quel brutto ricordo. Lei è morta così. Durante una gita con gli amici, è caduta in un burrone. Ho sofferto tanto, non ho mai dimenticato, e non volevo che quei tristi ricordi riemergessero nella mia mente. -. Il suo tono era rilassato, non artefatto da oscuri pensieri. Stava raccontando la verità, quella parte del suo passato che per tanto tempo aveva represso in fondo al cuore e alla mente nella speranza che potesse cancellarlo per sempre.

- Mi…dispiace. Io non lo sapevo. - esclamò fievolmente sentitamente scossa da quella confessione e sentendosi mortificata per quello che aveva pensato e detto su di lei.

- Sono io a doverti delle scuse. Ti ho sempre invidiata Patty. Tu crescevi e anche se non c’era tua madre, se io non ti amavo come una figlia, se tuo padre era lontano per lavoro, tu non ti scoraggiavi mai, cercavi sempre una maniera per andare avanti. Esattamente come lei. Mi sono sempre sentita più debole rispetto a te. La tua amicizia per quei ragazzi, l’amore per Holly: sentimenti che sono cresciuti dentro di te e per i quali hai dato tanto. Io non sono mai stata capace di amare qualcuno come te. Mentre tu crescevi, io rimpiangevo la mia mancata giovinezza. La mia Patricia era tornata. La vedevo in te. Ha ragione tuo padre. Se solo io avessi voluto, ti avrei potuto amare come amavo lei e l’avrei fatta rivivere. -. Le lacrime le rigavano il volto silenziosamente. Patty la guardò con la vista annebbiata. Non pensava che quella donna fredda e distaccata, potesse nutrire dei sentimenti profondi e che la vita l’avesse messa così a dura prova! Aveva sentito affiorare dentro di se il sentimento della rabbia e dell’ira perché a causa di Alison la sua vita aveva subito dei cambiamenti drastici, aveva rischiato di perdere Holly. Invece era davvero una donna sola, che aveva bisogno di qualcuno con cui parlare, a cui aprire il cuore e la mente per poter esprimere liberamente i pensieri.

- Anch’io ti devo delle scuse. Non ho mai fatto nulla per capirti e mi sono dedicata solo a me stessa e ai miei amici. -

- Forse…dovremmo provare a recuperare il tempo perduto. - le disse guardandola e accennando un lieve sorriso. Era bella Alison, di una bellezza diversa da quella di sua madre, ma pur sempre una donna affascinante. Senza distogliere lo sguardo da lei, si accomodò alla sedia sistemata vicino il letto e istintivamente afferrò la sua mano tra le sue.

- Avete deciso il nome del mio fratellino? -

- Non ancora. Lo faremo insieme, tutti e tre, anzi, tutti e quattro. Adesso c’è anche Holly! - esclamò facendola arrossire. - Tuo padre mi ha detto che ha attraversato mezzo mondo per venire da te. Allora avevo proprio torto su di lui. -

- Beh, evidentemente sì. E’ vero, dal Brasile alla Francia e poi qui in Spagna. -

- Come in un film. Siete sorprendenti. Cos’ hai provato? -

- A cosa ti riferisci? - le chiese cercando di districarsi al meglio tra domande imbarazzanti e supposizioni scomode e spinose che Alison avrebbe potuto farle.

- Ti avrà pur detto qualcosa, o dato un bacio o un atto di amore, no? Non sarà venuto da così lontano per rimanere sempre il solito timido, incapace in amore! -

- Alison! E’ un po’ imbarazzante. E’ successo tutto così in fretta. Comunque è vero, ho provato delle forti emozioni ieri. Ero così affitta per averlo abbandonato alla fine della partita, senza neppure gioire con lui della vittoria, che sono andata all’aeroporto in preda alla disperazione. Proprio mentre mi stavo imbarcando, l’ho visto dietro di me, che mi inseguiva. Voleva me, Alison. Prima di partire per la Francia mi telefonò e mi disse che…che mi voleva bene. - le disse facendo leva sul suo coraggio. Le era difficile parlare così apertamente dei suoi sentimenti, soprattutto con Alison. Ma non aveva paura. Per quanto difficile, stava provando un senso di sollievo nel rivelarle i suoi sogni e le sue emozioni.

- Non immaginavo quanto vere fossero le sue parole. Pensavo fosse il desiderio di riabbracciare una vecchia cara amica, seppur consapevole dei miei sentimenti. Mi sbagliavo. Mi sono sempre sbagliata sui sentimenti che lui provava per me, non ho mai capito quello che realmente provava per me, fino a quando…non l’ho visto in aeroporto. L’ho sentito urlare il mio nome mentre mi imbarcavo. Non penso di essermi sentita mai così male come ieri. - disse chiudendo gli occhi. Un viaggio dentro se stessa, nel suo cuore, tra i suoi ricordi più vivi e recenti, quelli che l’avevano portata a vivere una giornata disperatamente straordinaria. Riprese fiato cercando di riorganizzare in un attimo i pensieri che vorticosamente viaggiavano nella sua mente.

- Lui era lì, a pochi passi da me. Finalmente lo vedevo dopo tre anni e non potevo corrergli incontro, abbracciarlo…sentirmi sua. Stavo solcando il portellone dell’aereo quando ho udito ancora la sua voce. Mi sono voltata e lui era in bilico sul corridoio mobile appena ritirato. Mi ha gridato che mi amava. Un ultimo, disperato gesto di amore. Proprio come tre anni fa. Prima di partire, rischiando di perdere l’aereo per il Brasile, lui corse da me per abbracciarmi un’ultima volta. Sento ancora su di me la brezza di quella primavera, il calore del suo abbraccio, le sue parole di affetto. -. Alison l’ascoltava mentre sognante descriveva le sue sensazioni cullate quasi da una magica melodia. Dov’era lei quando erano accadute tutte quelle vicende? La sua disperazione nell’abbandonare il ragazzo che le gridava di amarla. Cosa aveva potuto provare in quel momento? Una prostrazione infinita, una sensazione di vuoto e di nulla, l’incapacità di vedere il proprio futuro, di poter ancora sognare o vivere la quotidianità con serenità. Lo stesso perdimento in cui era caduta lei alla morte di Patricia, la sofferenza, la solitudine, l’ombra del buio che pian piano prendeva forma dentro di se.

- …e poi, quando sono tornata a casa ieri sera, priva di forze e privata del dono più grande che il Signore mi abbia fatto, del mio Holly, nel momento più sconfortante della mia vita, l’ho visto seduto lì, sui gradini del portone, sotto la pioggia: mi aspettava. Era venuto da Parigi solo per me. Mi ha fatta sentire importante, unica. Lo amo ancora di più di prima e non lo lascerò mai. Ho bisogno di Holly come dell’aria che respiro, ho bisogno di farmi percorrere dai brividi che un suo sguardo mi può provocare. Lui è parte di me, e se non ci fosse, sarebbe come se non esistessi io. Non smetterei mai di parlare di lui, di come gioca a calcio, della sua amicizia, del suo calore, ma in particolare dell’amore profondo che prova per me. Mi emoziona parlarne, ma mi rendo conto che il sentimento che provo per lui è così appassionante, è come un’onda di amore che ti travolge e che di volta in volta ti vivifica, ti risolleva e ti spinge ad amare ancora di più. Sono consapevole di dipendere dall’amore che sento per lui e ne sono felice. -. Alison la guardò senza proferire parola. Non avrebbe potuto dire nulla. Una confessione fatta tutta d’un fiato, recitata come se si trovasse sul più grande palcoscenico teatrale. Ancora una volta l’aveva stupita. Seppur imbarazzata, ma senza timore, le aveva parlato dei loro sentimenti descrivendoli con pathos impari, parole dettate dal cuore, proferite da una voce carezzevole, innamorata di una vita che d’ora in avanti le avrebbe riservato solo gioie. Sorrise alla giovane figlia e si accarezzò il ventre cercando di sentire la creatura che man mano cresceva dentro di se. Aveva ragione George. Non avrebbe potuto desiderare una figlia migliore e lei non aveva alcun diritto di proferire sul loro amore. Intuì che la notte aveva sigillato quel grande sentimento ma decise che non le avrebbe domandato nulla. Doveva aver fiducia in lei perché potesse dargliene a sua volta. Le sorrise. Capì che quella stella era tornata a brillare, a rifulgere in alto nel cielo e che con il suo calore avrebbe riscaldato i cuori della loro famiglia e illuminato il loro futuro.

 

 

 

Barcellona, sei anni dopo

- Dai Amy corri o arriveremo in ritardo! - la incitò Julian afferrandola per mano.

- Odio questi tacchi. Perché non ho indossato delle scarpe più comode. -

- Forza, siamo quasi arrivati. E’ impensabile che una delle testimoni arrivi in ritardo. -

- Scherzi? Mai quanto Jenny e Philip. Con quel pancione sfido che Jenny possa arrivare in tempo. -

- Sono sicuro che sono già lì. - le disse ironizzando sulle frasi della moglie. Finalmente arrivarono al sagrato della chiesa dove un rigoroso servizio d’ordine chiese loro di esibire l’invito. Julian afferrò per mano Amy e corsero verso l’altare. Le navate erano gremite di invitati ci cui parte volti conosciuti di ex e nuovi compagni di squadra. Videro Philip e Jenny chiacchierare vicino l’altare con Bruce e Evelyn.

- Finalmente siete arrivati! - esclamò Jenny seduta al banco dei testimoni.

- Amy aveva un problema con le sue scarpe. -

- Avete finito di prendermi in giro? -. I sei amici risero divertiti e si scambiarono battute ironiche per rasserenare l’atmosfera.

- Holly dov’è? - chiese Julian a Bruce e Philip.

- E’ con Tom e Benji. Nervosissimo. Sta scavando una trincea nella sacrestia della chiesa. -

- Ho idea che qualcuno dovrà andarli a chiamare perché la sposa sta arrivando. - disse Evelyn guardando verso l’entrata.

 

All’intonare della marcia nuziale e al lento incedere della sposa lungo il tappeto rosso, la funzione ebbe inizio. Lui la guardava come se si trattasse di una creatura nuova, quasi aliena, a lui sconosciuta. Invece era lei, la ragazza che anni prima aveva scoperto di amare, colei di cui non riusciva più a fare a meno, il cui solo parlare sembrava accarezzargli il cuore e la mente. Avvolta nel lungo abito di un color oro tenue continuava a camminare dolcemente fin quando George Gatsby non la consegnò al suo braccio. Sorrisero alla piccola Sarah, la sorellina nata sette anni prima. Le sollevò il velo facendolo ricadere sulle spalle scoperte e la guardò intensamente. I loro occhi brillavano di una luce tanto intensa da poter abbagliare tutti i presenti, i loro sorrisi erano sinonimi di dolcezza, amicizia, sentimenti, amore indefinito. La baciò sulla guancia, la prese per mano e si voltarono verso il prete per dare inizio alla celebrazione.

 

- Adesso che siete marito e moglie, se volete, potete esprimere i vostri sentimenti, qui dinanzi a tutti coloro che amorevolmente vi hanno accompagnato nel loro cammino. - disse loro il prete alzando le mani in segno di benedizione. Si voltarono l’uno di fronte all’altra e si presero per mano. I cuori palpitavano all’unisono e i loro occhi brillavano della stessa luce intensa, l’uno per l’altra.

- Sembra quasi irreale, un sogno dal quale non volersi risvegliare mai più. Eri qui accanto a me ancora prima che io nascessi. Tu, il mio primo pensiero il mattino e l’ultimo della sera. Tante volte ti ho chiesto scusa per non aver sempre compreso i tuoi sentimenti, per aver anteposto altro all’amore che ho per te. Ma quando ho scoperto che dentro di me stava nascendo questo meraviglioso sentimento, di amarti, ho provato un indefinibile calore, una sensazione meravigliosa. E ancora una volta tu eri accanto a me, a regalarmi il tuo cuore, il tuo affetto, la tua amicizia, a condividere ogni momento di questa mia meravigliosa vita. Anche se può sembrare retorico, credimi, amore mio, sono le parole più sincere e vero che il mio cuore può esprimere: ti amo e ti amerò per sempre. - le disse emozionato. Patty non distoglieva gli occhi da quel ragazzo che sette anni prima le aveva detto che l’amava.

- Io…Holly, amore mio, tante volte, quando tu eri lontano, mi affacciavo alla finestra della mia stanza e speravo di vederti passare, aspettarmi sul ponte come sempre…tale era la solitudine che provavo, l’assenza di te…e così durante quei lunghi pomeriggi, quando sola tornavo a casa, speravo di poter incontrare il mio capitano che dolcemente, silenziosamente, si è sempre preso cura di me. Per ogni singolo attimo della mia umile vita, dal giorno in cui l’ho scoperto, non ho mai smesso di amarti e la tua lontananza ha solo rafforzato i miei sentimenti verso di te. Sei ricomparso nella mia vita in un momento in cui il buio era più vicino della luce, in cui lo sconforto e la disperazione avevano offuscato ogni speranza alimentando i rimorsi e il rancore. Come un raggio di sole sei arrivato tu, che hai aiutato un bocciolo a fiorire, un’adolescente a diventare donna. Holly io ti appartengo, tu sei parte di me ed io parte di te, un unico pensiero che ci accarezza, una sola anima che vive per vivere il nostro grande amore. -. L’aveva ascoltata attentamente e non aveva potuto fare a meno di commuoversi. Gli occhi erano annebbiati dalla vista. Le prese il volto tra le mani e la guardò attentamente, disegnando le morbide, semplici linee di quell’ovale nobile e gentile. I suoi occhi scuri rifulgevano e le labbra rosse coperte da un velo lucido, parevano sussurrare parole d’amore.

La baciò con passione e la strinse a se sigillando quel momento che indelebile sarebbe rimasto nei loro cuori e in quelli di quanti erano stati testimoni della loro semplice storia d’amore.

  
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