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Autore: Luna92    27/08/2014    1 recensioni
"Tonks socchiuse gli occhi e lo scrutò, cercando di individuare in lui un qualcosa che - ne era certa - le stava sfuggendo. Aveva gli occhi grigi, eppure tutt’altro che vuoti. Sembrava che in essi galleggiasse una viva scintilla, di quelle che solitamente notava nelle rare persone brillanti che esistevano nella sua cerchia di conoscenti. E anche quella, la scintilla, era così incomprensibilmente incompatibile con il suo viso sciatto e pallido. Non riusciva a capacitarsene."
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Salve a tutti! Sono tornata dopo 8 lunghi anni a postare qualcosa su questo sito, che ai tempi frequentavo assiduamente nella categoria "Harry Potter". Mi ci sono nuovamente imbattuta per caso qualche giorno fa, l'avevo quasi dimenticato, e dopo aver letto le mie orripilanti vecchie fan fiction (scritte dalla mano di una mocciosa 14enne, chiedo venia a chi venisse la triste idea di andarsele a leggere), e compensando rileggendo le belle Tonks/Lupin di altri validi autori che avevo impostato tra i preferiti, mi è venuta la voglia di provare di nuovo a scrivere. Il risultato è la seguente Tonks/Lupin (che se non si era capito sono i miei personaggi preferiti), ovviamente nulla di che, anzi sono sicura che quando la rileggerò tra qualche anno avrò la stessa sensazione di vomito che ho avuto rileggendo quelle di cui vi parlavo prima. Ma ci ho provato. Fatemi sapere se vi piace, in modo da sentirmi incoraggiata nell'eventuale proseguimento della storia (si non vi garantisco che la finirò, sono -ahimè- incapace a portare a termine qualsiasi tipo di progetto). Buona lettura! 

Baci, Luna.

NB. Ho cambiato il titolo della storia, invertendolo col nome del primo capitolo. Ragionando sul seguito, ho pensato che fosse più adatto.

Dietro gli occhi

 

***

1

Indecifrabile

La voce rauca e bruta di Malocchio che col suo solito garbo mi annuncia che “Voldemort è tornato”, così di punto in bianco, neanche mi stesse comunicando l’entrata di un nuovo giocatore nei Tornados,  non fa che martellarmi la testa. “l’Ordine della fenice torna in azione, e tu ne farai parte”. Ma ceeerto. Sono un Auror addestrata, addestrata da lui, il miglior cacciatore di maghi oscuri in circolazione. Perché allora mi sto cacando sotto?

Era la prima volta di Tonks a Grimmauld Place. Pensava, seduta su una poltrona di fronte al camino spento della cucina, dopo la riunione dei soci dell’Ordine. E scriveva. Proprio lei: così chiassosa e burlona, talvolta sentiva il bisogno di ordinare i suoi pensieri, chiassosi e martellanti come lei. E quello era davvero un caso urgente. Prese a fissare ancora una volta il vuoto della carta da parati verde tetro, che incorniciava il camino spento di fronte al quale era seduta, sollevando lo sguardo dal suo taccuino ingiallito e appiccicoso, probabilmente della marmellata delle sue solite scorpacciate notturne. Non le sembrava vero trovarsi nella casa dei Black, suoi avi. La ripugnava stare seduta lì, sentiva un’innaturale tensione negativa nell’aria, come se quel posto emanasse malvagità dalle pareti. Come se i suoi pensieri avessero attirato forse l’unica persona con cui li aveva in comune, essa entrò dalla porta cigolante proprio in quel momento. Sussultò, tesa. Sirius Black, il cugino pluriricercato, lì per la prima volta  faccia a faccia davanti a lei. Lo aveva visto a distanza durante la riunione, durante la quale aveva cercato di studiarlo un po’ dai duri lineamenti del viso. La incuriosiva l’idea di conoscerlo. Scosse la testa, come per riprendersi da uno stato non tipicamente suo, quello riflessivo.

« Ah! »  esclamò allegra « Tu devi essere Sirius ».

« E tu devi essere Ninfadora » rispose Sirius, lasciandosi cadere sulla poltrona frontale « Adoravo Andromeda ».

« Il cui post-partum fu deleterio ai fini della scelta di un nome decente per la sua unica figlia » proseguì ghignando; « Ergo, ti consiglio di chiamarmi Tonks »

« Anche se a quanto dicono avrei la facoltà di incenerirti in un secondo lasciando intero solo un dito, tenterò di seguire ugualmente il tuo consiglio ».

Rise, sollevata: sentì subito un’istintiva e inaspettata sintonia. Come se tutti gli anni passati a credere erroneamente che fosse nient’altro che l’ultimo degli stronzi maledetti dei Black non fossero mai esistiti.

«Quindi.. a quanto pare non sei una merda trucida famiglie» disse dandogli una pacca sul braccio, un po’ più forte di quanto ne avesse intenzione « Scusami » proseguì distrattamente, come se picchiare la gente fosse per lei ordinaria amministrazione « Sai, mi fa piacere che esista un altro consanguineo controsangue ».

« Controsangue » ripetè Sirius in una risata rauca, massaggiandosi la parte colpita « Ebbene si… era ora che lo capiste brutti figli di puttana » disse ridendo mestamente, quasi sottovoce.

 « Questo perché solo tu sei in grado di farti fregare da un topo ». Remus Lupin fece capolino da un angolo nascosto dell’enorme stanza. Tonks lo aveva distrattamente notato durante la riunione del pomeriggio. Lo osservò mentre si avvicinava a passi lenti: non si aspettava che un uomo dall’aspetto pallido e trasandato potesse uscir fuori quella voce, pacata e profonda: se l’era figurata debole e balbettante. Era fissata con le corrispondenze tra aspetto, modi di fare e carattere.

« Dov’eri nascosto, maledetto? » rispose l’amico, con una punta di ironico astio.

« Lì dietro, in attesa di un agguato. Ho fame » disse serissimo. «Sai, sono un lupo mannaro» aggiunse rivolto a Tonks, con un tono enfatico che le sembrò volesse sott’intendere “sono brutto e cattivo, levati dalle palle”

«E tu saresti…?» chiese curiosa.

« Remus Lupin » proferì gentilmente. « Molto lieto. Ninfadora, giusto? »

« Tonks. Piacere mio »

« Cos’ha Ninfadora che non va? »

« Fa schifo »  

« Non sono d’accordo »

Tonks socchiuse gli occhi e lo scrutò, cercando di individuare in lui un qualcosa che - ne era certa - le stava sfuggendo. Aveva gli occhi grigi, eppure tutt’altro che vuoti. Sembrava che in essi galleggiasse una viva scintilla, di quelle che solitamente notava nelle rare persone brillanti che esistevano nella sua cerchia di conoscenti. E anche quella, la scintilla, era così incomprensibilmente incompatibile con il suo viso sciatto e pallido. Non riusciva a capacitarsene.

« La tua voce non corrisponde al tuo aspetto »

« Dici? » rispose accigliato.

« E neanche i tuoi occhi. Hai gli occhi e la voce di qualcuno che dovrebbe essere tutt’altro che malaticcio e trasandato »

« Sono malaticcio e trasandato? » chiese senza ottenere risposta: solo l’espressione ancora dubbiosa di Tonks che continuava irritantemente a studiarlo « Lo sono Sirius? »

« Cosa? » rispose Sirius, che nel frattempo era entrato in una specie di trance. « Si fai pena» disse in uno sbadiglio, riordinando mentalmente quel poco che aveva colto dal battibecco.  «Amici » annunciò solennemente, balzando dalla poltrona « temo sia giunta l’ora di ricongiungermi all’agognato materasso. Or dunque vi saluto. » e si diresse alla porta.

Lo seguirono entrambi con lo sguardo, mormorando un distratto « Ciao » in sincrono. Remus, sedutosi al posto di Sirius, uscì dalla tasca un vecchio libro e prese a leggere. Tonks, di fronte, riprese il suo studio: la infastidiva profondamente non capire al volo le persone che aveva di fronte. Si era sempre vantata di possedere questa dote, difficilmente riusciva a sentirsi presa in giro, eppure quell’espressione da “quellochenoncicolpa” (come diceva nonna Tonks) le dava questa vaga sensazione.

« Sei davvero un lupo mannaro? »

« Così pare » rispose senza alzare lo sguardo dal libro.

« Come funziona? » insistè, con un tono sempre più da terzo grado.

« Dunque » disse Remus accigliandosi « Hai presente cosa succede a voi donne una volta al mese? »

« Beh? »

« Stessa cosa »

« Cioè perdi sangue dal dindino e rompi i maroni alla gente? »

« Non proprio. Ma il concetto di mostro è quello » disse tirando un mezzo sorriso, ripetendo mentalmente la parola “dindino”, chiedendosi se l’avesse sentita seriamente. « La differenza è che la mia condizione dura solo una notte, la vostra per una settimana intera. Durante la quale nulla vi trattiene dall’andare in giro a frantumare i cosiddetti. »

Lei lo fissò serissima per un secondo. Strinse gli occhi così tanto che sembrava volesse farli inghiottire dal cranio. Dopo di ché afferrò con nonchalance un cuscino e glielo lanciò in testa, rilassando lo sguardo, come se avesse trovato una soluzione definitiva alla sua frustrazione. Lui rimase immobile.

« Perché? »

« Perché si »

« Ok » e riprese a leggere.

« A quanto pare hai avuto parecchio a che fare con donne rompi maroni» chiese ancora Tonks, mangiucchiandosi l’unghia del pollice e continuando a fissarlo, stavolta con occhi più rilassati, spumeggianti.

Lui aggrottò lo sguardo, spostando leggermente la direzione degli occhi.

« Presumo di si »

« L’ultima? »

« E’ seduta di fronte a me »

Tonks alzò le sopracciglia quasi all’attaccatura dei capelli.

« Non ci sono più cuscini »

« E’ una specie di gioco in cui per ogni volta che dico qualcosa che non ti piace vengo punito con una cuscinata? »

« Hai colto »

« E se per ogni domanda sconveniente che mi fai ti lanciassi un libro? »

« Non vale. Il libro fa male »

« Perfetto. Fine del gioco allora. Punto d’incontro trovato »

« Sei palloso »

« Affatto »

« Allora rispondi alla mia domanda »

« Quale domanda? »

« Quella sulle donne »

« Sono un lupo, le donne mi stanno alla larga »

« Io non ti sto stando alla larga »

« Pensa un po’, che fortuna »      

Fecero silenzio per un paio di minuti.  Lui con la medesima espressione impassibile, lei con un enorme punto interrogativo gallegiante sopra la sua testa.

« Ho paura » disse all'improvviso Tonks, usando un tono curiosamente tranquillo, come se volesse annunciare un semplice dato di fatto, e non un reale stato d’animo.

« Di me? » rispose perplesso l’altro, ancora una volta abbozzando quello sguardo ambiguo.

« No. Di questo »

Remus alzò la testa, e per la prima volta la fissò dritto negli occhi, come se avesse scoperto qualcosa di nuovo. E fu come se quel velo impenetrabile che impediva a Tonks di decifrare ciò che si nascondeva dietro le pupille, si fosse spostato un attimo. Era uno sguardo serio, fermo. Lei lo ricambiava con la stessa serietà e fermezza, unita alla bizzarra tranquillità bambina che era solita utilizzare nei contesti più assurdi.

« Anche io » e riposò gli occhi sul vecchio libro.

Da lì condivisero lo stesso silenzio per ore, un silenzio non imbarazzato, ma rilassato, rassegnato alla nuova vita nella quale si erano trovati entrambi catapultati così velocemente, che sapevano bene avrebbero condiviso da lì a chissà quale tempo.

  
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