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Autore: HeartBreath    27/08/2014    4 recensioni
[Spin-off della fanfiction "Who did you call a fag?!"]
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“Poi arrivò un ragazzo, a lavorare con noi. E lui... non so bene perché né da dove gli fosse venuto fuori di farlo, ma decise di mandare in frantumi la mia vita del cazzo e ricostruirmela da capo”
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Who did you call a fag?!'
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Ebbene, miei cari, SI'. L'ho fatto sul serio *fuochi d'artificio e coriandoli* *sìvvabbé*
Ad un anno di distanza dalla pubblicazione della mia prima long Frerard (e Adommy) soprannominata "Fag", non so da dove mi è arrivata l'idea di un piccolo spin-off. Ovviamente a chi non avesse letto la storia in questione, sconsiglio di leggere quanto segue u___u

Sto torturando da settimane la povera LondonRiver16 parlandole di una "piccola sorpresa" che avrei pubblicato presto (a mia discolpa, pensavo di impiegarci meno tempo), e adesso la sto torturando perché mi sta aspettando per andare a fare colazione. Ma la faccia che farà leggendo di questa one-shot varrà tutta la pena di entrambe *o almeno la mia*
Ammetto che è stato strano scrivere di questa doppia coppia a distanza di un anno, dopo aver iniziato a raccontare in separata sede di altre storie Frerard e di un'Adommy indipendente... ma è stato anche stupendo tornare indietro.
























 

Coming Out Party







"Continuo a pensare che sia una pessima idea"

Notai di sfuggita Frank gettare gli occhi al cielo: afferrò il colletto della mia camicia come fosse la sua risposta. Neanche l'avesse chiamato, in sincronia il suo complice spinse la mia schiena.

"Muoviti e sta' zitto" gracchiò Lambert, proponendomi lo spintone che mi fece destabilizzare abbastanza da convincere le mie gambe a compiere l'ultimo passo. Ovvio che dovesse essere lui il secondino designato che mi avrebbe impedito di girare i tacchi e mollare tutti lì: gli altri due davanti a me, nemmeno messi ne avrebbero formato uno, di Gerard Way.

In prima linea, Tommy Joe si accingeva ad allungare l'indice in direzione del campanello di quella casa beige e cremisi. Il suo modo di sistemarsi il ciuffo biondo davanti al viso aveva un che di nervoso, eppure sembrava l'unico perfettamente tranquillo. D'altronde, il suo compito era stato solo farci invitare in quella casa e guidare fino a lì, non aveva dovuto sopportare e reagire ai miei tentativi di defilarmi dalla serata.

"E' una festa, non un'esecuzione" sbuffò Frank.

"Non è che me l'abbiate messa esattamente così..."

Avvertii Adam tendere il braccio e piazzarmi il palmo aperto della mano tra le scapole. "E' una festa fatta apposta per te, questo dovrebbe essere un incentivo, non un motivo per tagliare la corda"

“In realtà, l'idea mi inquieta abbastanza”

“Gerard Way è a disagio all'idea di avere tutti gli occhi puntati su di sé?”. Anche senza voltarmi, riuscii chiaramente a sentire un malizioso ghigno accendersi sul suo viso, il suo solito.

“Fosse stato un party in onore della band, ovviamente no. A proposito, perché Mikey e Ray non sono qui?”

“Niente etero stasera” recitò Tommy Joe come un passo della Bibbia, suonando nuovamente il campanello – si sentiva il rimbombo della musica attraverso la porta, evidentemente abbastanza alta da coprire il suono. “Questo posto, almeno per stanotte, è un santuario di accettazione e comprensione”

“In altre parole: un ritiro per froci” ridacchiò Adam. Tra una battuta ironica e l'altra, d'un tratto mi avvolse le spalle con le braccia, così da permettere alle mani di arrivare ai bottoni della camicia, chiusa completamente. Slacciò i primi tre bottoni. “E scopriti, dannazione! Nessuno ti stuprerà stasera”

Frank si voltò di nuovo verso di me e, puntando gli occhi castani sul mio torace semi-denudato, prese a torturarsi il labbro inferiore con i denti. “Fossi in te non ci scommetterei dei soldi, Adam...”

Non ero sicuro se arrossire o fremere – eppure Frank sapeva di non doversi mordere il labbro se non nella privacy della mia stanza, a meno di non voler provocare inopportune reazioni in me. Forse lo voleva, in effetti.

Al terzo richiamo del campanello, finalmente si sentì lo scatto della porta. Apparve sulla soglia un ragazzo dalla testa completamente priva di capelli, le orecchie ricoperte di anelli e brillanti, due bicipiti enormi che facevano capolino da una canottiera bianca e un sorriso tutto per Tommy.

“TJ!” cantilenò, tirandolo in trappola in un affettuoso abbraccio. “E' passata una vita intera! Non ti vedo da quella volta, tre anni fa, quand-”

Tommy Joe si schiarì la gola, allusivo. “Ti avevo detto che avrei portato il mio ragazzo, ricordi?”

“Giusto. E dove sarebbe questo favoloso Adam?”

La mano dell'interpellato sbucò da dietro le mie spalle. “Sono qui”

Frank gli fece segno di avvicinarsi e, con un sorriso genuino, mi prese la mano. Sapeva che non sarei scappato via: in fondo, aveva fiducia nella mia maturità - molto, molto in fondo.

"Beh, TJ non ti rende giustizia” cantilenò il padrone di casa, per poi scrutare i volti di noialtri rimasti indietro. “Siete tutti i benvenuti. Immagino che il novellino sia il moretto con l'aria smarrita”

Frank ridacchiò dello scherno dello sconosciuto e del velo di rossore che io cercai di nascondere. Tenendo la mia mano stretta, avanzò verso la porta e si presentò. “Io sono Frank, lui è Gerard”

“E io sono Tiger, molto piacere. Entrate in casa, vediamo di far sentire questo orsacchiotto a suo agio”

I miei occhi crollarono fino a finire sui lacci delle scarpe comprate il giorno prima. “Con questa frase mi sono giocato ogni possibilità che accada” mormorai, così a bassa voce che probabilmente solo Frank riuscì a sentirmi.

Il mio ragazzo ridacchiò di nuovo, conducendomi in quella casa piena di musica, caos e omosessualità.

Tiger ci invitò a qualcosa circa il sentirci a casa nostra, lanciò un'ultima occhiata dall'origine ambigua a Tommy Joe e si dileguò per dare retta agli altri invitati.

“Quindi, cos'è che è successo tre anni fa?” sentii sibilare Adam alla tempia del biondo, facendolo arrossire violentemente.

“E' stato prima che avessimo un rapporto stabile”

Rise del tentativo di Tommy di camuffare l'imbarazzo. Gli scompigliò i capelli e si infilò nel vivo della festa, lasciando Frank al suo destino di guardia carceraria e me al mio di prigioniero di guerra.


 


 


 

Mi risultò difficile distinguere gli invitati normali da quelli come me, quelli a cui era veramente dedicata la festa. Dovunque posassi lo sguardo, vedevo volti rilassati, divertiti, sballati dall'alcol e chissà cos'altro. Nessuno sembrava imbarazzato o a disagio, nessuno aveva addosso l'espressione del sottoscritto. Se non ci fosse stata la mano di Frank lì, attaccata alla mia, probabilmente sarei uscito di testa e mi sarei rintanato nel primo sgabuzzino disponibile.

“Respira, Gee” mi disse Frank quando quel giro panoramico della casa ci portò al tavolo delle vivande. “Te l'ho detto, ci siamo passati tutti. Io sono stato trascinato ad una festa così non più di un anno fa”

Già. In un tentativo di tranquillizzarmi, me ne aveva parlato tanto della sera in cui certi amici del negozio di musica l'avevano introdotto al Coming Out Party. Mi disse di aver accettato di sua volontà, eppure di essersi sentito come scoperto arrivato alla festa, vulnerabile in modo terrorizzante di fronte a dei perfetti sconosciuti. Party di quel genere erano organizzati appositamente per persone che ancora stavano intraprendendo la “via dell'accettazione di sé stessi”, come aveva detto anche Tommy.

Sapevo anch'io che alcuni imparano a conoscersi già sicuri della propria sessualità, da piccoli. Altri, lo scoprono, e da quel momento convivere con sé stessi non sempre è semplice. Quelle feste erano per chi si svegliava la mattina con questo desiderio nuovo di zecca di avere qualcuno accanto, per chi era appena uscito da un matrimonio usato come copertura in tanti anni, per chi non riusciva a dirlo ai genitori, per chi aveva sempre pensato che fosse sbagliato prima di scoprirlo nella propria anima. Per chi si alzava ogni mattina dovendo fingere di non essere innamorato di qualcuno che non ricambiava.

Questo era stato il motivo che aveva spinto Frank ad andare al Coming Out Party, tempo addietro: io. Aveva bisogno di sfogarsi e scrollarsi di dosso i problemi, e in quell'ambiente aveva persino trovato modo di parlarne – parlare di me, del migliore amico per cui aveva perso la testa.

Ora tutto era diverso a pensarci, Frank era tornato in quell'ambiente con me al suo fianco, agitato probabilmente quanto lui in quella prima sera. E questo, in tutta onestà, era l'unica cosa capace di farmi sentire un po' meglio: sapere che, se ero lì, significava che il mio Honey era felice.

Agguantai una manciata di patatine da una delle ciotole e le divorai avidamente – fame nervosa, tipica di me. “Sicuramente anche durante il Nazismo qualcuno avrà detto 'Dai, ammazza l'ebreo, ci siamo passati tutti'”

Frank alzò gli occhi al cielo. “Sei fortunato ad essere carino: così impossibile, ti avrei mollato tempo fa”

Con un risolino complice, ingoiai e allungai le mani fino ad agguantare i suoi fianchi. “Ma davvero?”

Quella, come molte delle nostre frecciatine, si chiuse con un bacio, soffice, dal gusto dolce e crudelmente breve – per qualche motivo a me incomprensibile, Frank era imbarazzato dalle manifestazioni pubbliche di affetto. Che palle.

“Sai di nachos” soffiò il chitarrista sulle mie labbra.

“Ah sì? Assaggia meglio”

Provai a riavvicinarmi, ma le mani di Frank finirono prontamente sul mio petto. Non interruppe il bacio, ma quando sembrò iniziare ad avvertire un silenzioso imbarazzo arrossargli le gote, si allontanò da me e si leccò le labbra ad occhi bassi.

“Manca qualcuno?”. Ad interromperci, qualcuno vociò sulla soglia del salone: il padrone di casa.

Mi accigliai, ma tacqui – non sapendo a chi o a cosa si stesse riferendo.

“Manca qualcuno, ci siamo tutti?”

Gli invitati intorno a me si guardarono reciprocamente, ma nessuno ebbe nulla da dire, nessuno di loro conoscenza mancava all'appello. A quel punto Tiger lanciò un urlo nelle stanze circostanti per far riunire tutti in salotto, quindi vidi spuntare Tommy Joe e Adam dal corridoio.

Sembrò entrare in scena una ragazza che prima non avevo notato, accanto a Tiger: prese la parola senza chiedere il permesso a nessun direttore di scena. “So che, chi non è mai stato in feste come queste, avrà l'impressione di essere finito in un bar mitzhvah o una setta satanica”

Echeggiò una risata generale, che più silenziosamente condivisi anch'io: aveva fottutamente ragione.

Incrociando le braccia, osservai la ragazza: era una bella gara su cosa primeggiasse in numero intorno alla sua testa, se piercing o dread. Se un implicito obiettivo della serata era smentire stereotipi sulle lesbiche, lei aveva perso in partenza.

Lei continuò, passando uno ad uno i volti dei presenti. “Immagino che questo sia lo stesso discorso della divisione tra bar comuni e bar gay: finché esisterà uno, esisterà anche l'altro. Per questo abbiamo organizzato questo party sulla base di tutti i precedenti: alcuni di voi, forse per la prima volta, da domani parteciperanno a feste in cui potrebbero essere additati e fissati se proveranno a tenere la mano di un altro ragazzo o un'altra ragazza. E noi – noi che, quando ci siamo passati, eravamo da soli – vogliamo aiutarvi a rompere il ghiaccio con voi stessi, ad accettarvi completamente e incondizionatamente – perché, se non lo fate voi, non avrete speranza che lo facciano gli altri. Diciamo che è una specie di Gay Pride, solo con più alcol e senza parate”

Altre risate, stavolta più tranquille, mi arrivarono all'orecchio. E la ragazza usava quel suono di assenso come carburante per la propria convinzione: più gente sorrideva, più lo faceva lei.

“Cerco di spiegare meglio cosa accadrà in questa serata. Per tutti noi l'omosessualità è una caratteristica interessante e degna di dibattito quanto il colore degli occhi o la targa dell'auto. Ma stasera – e solo per stasera – sarà qualcosa di più. Stasera parlerete di voi, di questo lato del vostro essere, di come lo vivete e lo vivevate. Sarà come una sorta di sfogo. E da domani sarete liberi di tornare a considerare la cosa una targa d'auto”

Deglutii. Speravo che questo dettaglio – parlare – fosse parte del Coming Out Party a cui aveva partecipato Frank. Non una parte standard.

Aiuto.

“Chi è il primo?” chiese Tiger, con un tono infantilmente emozionato che lo fece sembrare un animatore per bambini. “Andiamo, potete anche parlare con un drink in mano, da ubriachi si è più sinceri!”

Come se avessi accettato l'invito a sbronzarmi, dal tavolo di vivande alle mie spalle afferrai una birra già aperta e pronta per essere scolata. Se davvero dovevo raccontare i fatti miei a degli estranei, tanto valeva riempirmi di quanto più alcol possibile prima.

Due tizi spinsero una donna verso il centro della stanza, tra le loro risate e le imprecazioni sibilate di lei. Una volta trovatasi sotto i riflettori di quel salotto, con almeno una cinquantina di sguardi puntati su di lei, la donna scoppiò in una risata che cercò di coprire con una mano sulle labbra.

“Cosa devo dire?” chiese con divertita disperazione a Tiger e alla ragazza con i rasta.

“Quello che vuoi!” cinguettò il padrone di casa. “Raccontaci chi sei. Come hai scoperto di amare le donne, come l'hanno presa i tuoi cari, se sei uscita allo scoperto – io inizierei col dirci il tuo nome, comunque”

Ridendo ancora per l'imbarazzo, lei abbassò lo sguardo un istante e poi parlò. “Ciao, mi chiamo Meredith. E, vi prego, non partire con un coro di 'Ciao Meredith' o mi sembrerà di essere finita tra gli alcolisti anonimi”

Scoprii i denti in un mezzo sorriso. In fondo, forse non ero l'unico a disagio.

“Allora, uhm... Non ho mai pensato di poter essere lesbica. Non mi piaceva nemmeno, la parola 'lesbica'. Anzi, forse non mi piace tutt'ora. Diciamo che non mi piacciono le etichette e chiudiamola qui, il che è uno dei motivi per cui – onestamente – non volevo venirci a questa serata”. Volse un altro sguardo verso Tiger in segno di scuse. “Ma al momento sto vivendo così tanti cambiamenti, che forse ho pensato potesse essere una sorta di ancora per me, un'occasione per fare il punto della situazione”

Strinsi le labbra ascoltando quelle parole, e sentii subito il bisogno di incollarle alla bottiglia che avevo tra le dita. Mi chiesi se non avessi pensato anch'io una cosa del genere prima di dare quel “Sì” a Frank. In effetti, erano cambiate diverse cose nelle ultime settimane, anche se erano cambiamenti nati uno ad uno dalla mia relazione con lui. Ma forse il punto era proprio questo: non era stata la mia vita a mutare, semplicemente Frank l'aveva riempita interamente, facendole acquistare il senso che inconsciamente avevo sempre cercato. Alla fine, la grande novità era essenzialmente la possibilità di andare a vivere insieme.

“Abbiamo già vissuto insieme, in camere d'albergo, pullman, camper” aveva detto Frank.

“E praticamente già vivi da me, dormi qui una notte sì e l'altra pure, lasci in giro la tua robaccia...” avevo detto io.

All'alba di quella sera, non ricordavo neanche da chi fosse nata la proposta. Avevamo entrambi buone argomentazioni per farlo, eravamo d'accordo. Sapevamo di essere capaci di non scannarci vivendo sotto lo stesso tetto – a patto che io non lasciassi a lui tutti i lavori di casa e che lui non mi disturbasse mentre disegnavo. Sapevamo di amarci. Cos'altro serviva?

Meredith aveva continuato a parlare, ma immerso in quelle domande, per un momento o due mi ero distratto. “Mi sono sposata quando avevo ventiquattro anni, appena – povera me - quindici anni fa. Lui era – ed è tutt'ora – un uomo stupendo, così pieno di premure, così gentile... C'eravamo sposati come fanno molti: dopo diversi anni di convivenza e il piacere di aver creato una routine insieme, una vita. Eravamo felici, condividevamo molto ma non tutto – come dire, uhm, io ero ancora me stessa anche nel matrimonio. Scoprimmo di non poter avere figli e nemmeno questo scalfì la nostra serenità. Mi sentivo al sicuro quando ero con lui, mi sentivo al sicuro all'idea di tornare a casa da qualcuno che – sapevo – mi avrebbe sempre voluto bene”. Si morse il labbro, ormai totalmente persa nei propri ricordi. “C'era una donna. Era la sua migliore amica da quando andavano alle medie, una specie di punto di riferimento. Mi raccontava spesso di lei: Ellen, un'artista di Los Angeles che cercava di farsi un nome. Mi disse che lei aveva una paura folle dell'aereo, e tra quello, i pochi soldi di lei e il poco tempo dato dal lavoro di lui, non si erano visti per molto tempo. Poi le venne commissionato un dipinto a Los Angeles, per questo fu costretta a prendere uno di quei treni che attraversano l'America e venne a trovare mio marito.

“Fui subito gelosa di lei. Avevo davanti questa donna così bella, intraprendente, bizzarra, affabile, che si rivolgeva a mio marito come se fosse il suo... La loro sintonia era tanto evidente da farmi male. E la cosa più irritante era che lei mi trovava sinceramente simpatica. Decise che saremmo state grandi amiche circa dieci minuti dopo avermi conosciuta, ignorando quanto la sua presenza – anzi, la sua esistenza – mi mandasse fuori di testa. Ma col tempo, qualcosa in me cambiò. Pur non volendo ammetterlo, pur cercando di sopprimere quello che pensavo... anche a me piaceva lei. Era dannatamente facile trovarla simpatica, esserle amica. Forse arrivai addirittura ad odiarmi per non essere capace di odiare lei”. S'interruppe un istante e guardò un punto preciso ma indistinto davanti a sé. “Restò a New York per settimane, molte settimane, per completare il dipinto commissionatole. Non so dire quando o come accadde, fatto sta che un giorno mi accorsi che nei nostri sguardi era cambiato qualcosa.

“Quando il suo lavoro in città finì e lei finse di avere altro di cui occuparsi per restare, in altri tempi avrei pensato che fosse per mio marito. Ma quando ce lo annunciò, per qualche motivo fui immediatamente sicura che lo stesse facendo per me. Non ero mai stata tanto presuntuosa né tanto convinta di qualcosa.

“Il giorno seguente accadde... Ci fu un bacio, ci fu qualcosa di più, e soprattutto ci furono parole. Parole di una lingua che non conoscevo, parole nuove e strane sentite da una donna e dette ad una donna. Parole esclusivamente nostre, che nessun altro avrebbe mai capito. Non c'era bisogno di dire 'Ti amo' – non ce ne fu mai veramente bisogno.

“Non so come trovai il coraggio di farlo. Non so con che cuore, non sono neanche sicura di aver pensato a qualcosa... ma da lì a poco lasciai mio marito. Gli dissi cos'era successo, e nella sua espressione sconvolta vidi lo specchio di quello che era il mio stesso parere a riguardo: era una pazzia. Ma non ero mai stata tanto sicura di fare la cosa giusta in tutta la mia vita. Mai.

“Partii con Ellen senza neanche ricordarmi di chiederle dove diavolo mi stesse portando. Dio, accadde tutto così in fretta... Fu come rinascere dalle mie stesse ceneri, rivoltare la mia vita completamente”

Rapito da quell'assurdo racconto, quasi non mi accorsi della figura che stava avanzando verso Meredith come se fosse stata chiamata: lei aveva teso un braccio alle proprie spalle, e qualcuno stava rispondendo. Fu così che la mano di un'altra donna si unì alla sua.

“Siamo tornate a Los Angeles da cinque mesi, e... è ancora un po' complicato abituarsi. Ho un nuovo lavoro, una nuova casa, una nuova compagna, un nuovo modo di vedere tutto” sospirò Meredith, senza mai – mai – smettere di sorridere. “Sto cercando la mia stabilità in tutti questi cambiamenti, ma... ma so di star facendo la cosa giusta”

Se solo avessi sentito qualcun altro farlo, sarei scoppiato in un applauso. Rimasi fermo a fissare quelle due anime gemelle, chiedendomi se io e Frank irradiassimo la stessa luce agli occhi degli altri. Una volta Mikey aveva biascicato qualcosa sul nostro particolare modo di guardarci, uno sguardo reciproco che esisteva da molto prima del nostro primo bacio. Non avevo capito granché di quel suo discorso – mio fratello non era mai stato bravo con le parole -, ma per qualche motivo mi aveva reso fiero che si notasse quanto io e lui fossimo felici anche solo di un contatto visivo.

“E' stata una storia fantastica, Meredith” concluse Tiger, ispirato come un critico d'arte davanti ad un quadro di Monet. “Ed è fantastica perché è vera, autentica, speciale”

Sorrisi, non so nemmeno dopo quante volte che l'avevo già fatto durante tutta la scena.

“Chi è il prossimo?”

Il mio sorriso si spense all'istante, come se si fosse rivolto direttamente e unicamente a me.

“Avanti, avete visto com'è facile? Fatevi conoscere!”

“Gee, vai” mormorò Frank accanto a me.

Lo fulminai, più che altro perché quel mormorio non era stato emesso a voce particolarmente bassa.

Infatti Tiger incrociò i nostri sguardi. “Sei Gerard, vero?”

Naturalmente Frank l'aveva fatto apposta.

Mi morsi il labbro a sangue, ma pur spremendomi le meningi, non trovai un modo per defilarmi da quella situazione.

Presi un lungo respiro a labbra serrate, dilatando le narici. E avanzai. Sentivo gli occhi di Frank seguirmi e incoraggiarmi. Pregai perché bastassero.

Impalato in mezzo a quella stanza, non riuscii a fare altro che stringere più forte la birra tra le dita. Quando mi leccai le labbra per inumidirle, mi resi conto di avere la gola arida, quindi presi un sorso molto, molto generoso.

“Ehm... ciao. Il mio nome è Gerard. E... e non ho idea di cosa dovrei dire” risi nervosamente, ma mi sentii meglio sentendo altre risate unirsi dal pubblico. Strano da parte mia l'ansia da palcoscenico.

“Non c'è niente di particolare o semplicemente significativo che vorresti condividere riguardo alla tua sessualità?” intervenne Tiger. “Sono benaccetti anche annunci di appuntamenti al buio, se stai cercando qualcuno con cui divertirti”

Imbarazzato e forse anche un po' rosso in viso oramai, risi ancora. “Oh no, ce l'ho già un ragazzo...”

“E come l'hai conosciuto?” mi chiese a bruciapelo la ragazza che faceva da spalla a Tiger. Dal modo in cui mi guardò e si rivolse a me, mi sentii come ad una delle interviste via satellite dei My Chemical Romance.

“E' il mio migliore amico da... da anni, ormai. Siamo nella stessa band”

“So chi sei, amico, e sappi che dopo pretendo un autografo”. Mi arrivò una voce da uno dei divani di pelle del salotto e, quando incrociai lo sguardo del ragazzo che aveva quasi urlato per farsi notare da me, scoppiai a ridere.

Sorridente, Tiger intervenne: “E come hai scoperto di provare qualcosa per lui?”

Non so perché, ma me ne resi conto solo in quel momento:

“Ah. Sì, in effetti quella è una storia interessante” ammisi, spostando il peso da un piede all'altro. “Io... ero quel che sono oggi, il frontman di una band e un uomo incapace di vedere al di là del suo naso. Lavoravo con i miei più cari amici e mio fratello, facevo ciò che amavo – cantavo –, scopavo abbastanza spesso per essere uno che si sposta continuamente a causa del lavoro... e credevo che questo fosse tutto ciò che avrei mai potuto desiderare. Credevo di essere completo”. Feci una pausa, presi un altro sorso di birra e mi godetti per qualche istante quel sapore amarognolo sulla lingua. “Poi arrivò un ragazzo, a lavorare con noi. E lui... non so bene perché né da dove gli fosse venuto fuori di farlo, ma decise di mandare in frantumi la mia vita del cazzo e ricostruirmela da capo”

Sentii familiari risatine arrivarmi all'orecchio, e così fui sicuro su dove puntare. Mi voltai e indicai, con la mano occupata dalla birra, i due piccioncini adagiati ad un muro, spalla contro spalla. O meglio, non indicai entrambi: indicai Adam.

“Lui” scandii. “Eccolo lì - saluta Lambert, fatti vedere. Adam Lambert guardò me, la mia band e il mio migliore amico Frank, per meno di due giorni e questo bastò a convincerlo che io e Frank fossimo follemente innamorati”

Adam sorrise complice in mezzo ad una folla che sentiva quella storia per la prima volta. Nemmeno io riuscivo a non sorridere, schernendo entrambi per qualcosa, a ripensarci, di così semplice eppure strano.

Il silenzio regnava nella sala. Sul palco immaginario, sotto l'occhio di bue, solo Gerard Way. Il fatto che tutti sembrassero pendere già dalle mie labbra, mi diede più sicurezza. Fu come puntare il microfono sul pubblico e far urlare il ritornello di una canzone ad un intero stadio.

“E sapete che c'è?” feci. “Aveva fottutamente ragione”

Versi di approvazione, e ancora qualche risata.

“Io ho sempre provato qualcosa per il mio migliore amico” mi ritrovai a mormorare a voce più bassa, e istintivamente il mio sguardo andò su Frank, sorridente in un angolo. “Solo che non ne avevo idea, fino a tre mesi fa”

Lasciai che i secondi passassero, fissando i suoi occhi. Annegai in quel colore incerto di muschio, corteccia e miele, fino a perdere la strada del ritorno. Chissà, magari Mikey aveva ragione riguardo al nostro modo di guardarci.

“Alla luce di ciò” ricominciai a parlare, ricordandomi improvvisamente dei presenti. “questo ragazzino sbucato fuori dal nulla decise che fosse ora per me di rendermene conto. Lui e Frank misero su un teatrino piuttosto elaborato, fatto apposta per me. Volevano strapparmi alla mia illusione, fingendo di avere una sorta di flirt per farmi ingelosire”

Scorsi di sfuggita l'espressione di Tommy Joe. Non era amareggiato – non lo era più da molto tempo -, ma mi volli assicurare ugualmente che non gli desse fastidio sentirne parlare. D'altronde, lui era quello più innocente, normale e meno sadico lì in mezzo.

“Lo so, tutto questo fa così serie televisiva anni novanta” ridacchiai. “e non avete ancora sentito nulla. Nei suoi maligni piani, non solo Adam è riuscito a farmi impazzire di gelosia, ma anche a farmi quasi rovinare la relazione col suo ragazzo – che di tutto questo non sapeva assolutamente nulla -, farmi quasi rompere ogni rapporto con Frank... e a farmi ubriacare fino a finire in ospedale”

Qualcuno – compresi i protagonisti della mia storia – si mise a ridere ancora, qualcun altro sgranò gli occhi sbalordito.

“Già. Finii in ospedale per aver bevuto troppo, a stomaco vuoto e con una salute non esattamente invidiabile, e non ho remore a dare tutta la colpa ad Adam”. Lo guardai di nuovo, e sollevai la bottiglia di birra in segno di riconoscenza. “Ma senza tutto quel casino da lui creato, adesso non sarei qui con Frank, col ragazzo di cui sono innamorato”

“E dov'è questo fantastico ragazzo, Gerard?” cinguettò commossa la tipa con i dread.

Mi voltai, incontrando ancora il suo sguardo. Gli tesi la mano, come aveva fatto Meredith con Ellen. E Frank, guardandosi intorno con un velo di imbarazzo, mi raggiunse. Gli avvolsi le spalle col braccio, mentre il suo mi cingeva la vita e l'altra mano si adagiava sul mio petto.

“Neanche io ho mai pensato di poter essere gay. Non mi sono mai piaciuti i ragazzi, non ho mai sentito nulla né al livello fisico né emotivo guardando un altro uomo. A me non interessano gli uomini, a me interessa quest'uomo e basta”

Un boato di “Aww” riempì la stanza e Frank, ancora di più in imbarazzo, nascose il viso nella mia spalla. Lo sentivo sorridere come se il suo sorriso fosse il mio.

Dopo una manciata di secondi di silenzio, fece capolino la voce di Lambert.

“Bacio! Bacio! Bacio!”

Risi, non so esattamente per cosa, mentre tutti gli invitati si univano a lui nello scandire quella parola.

“Oh, Dio...” soffiò Frank contro la mia spalla, a voce bassa. Eppure Adam sapeva che lui odiava baciare qualcuno in pubblico. Stava ancora sorridendo, lo sapevo, ma quando alzò la testa vidi nei suoi occhi una sorta di preghiera. Mi stava incitando a trovare una scusa per non farlo.

Dischiusi le labbra, senza sapere cosa fare o dire.

“Bacio! Bacio!” continuavano a scandire i presenti.

Così mi strinsi nelle spalle e – lo ammetto – godetti un po' nel disagio del ragazzo che mi aveva spinto a parlare di me davanti a cinquanta sconosciuti.

“Spiacente, Honey. Dovresti saperlo che è il pubblico ad avere l'ultima parola” mormorai sotto le voci degli altri.

Mi allungai su di lui, stringendo la presa sulle sue spalle per non farlo fuggire. La mano libera gli afferrò la nuca, e non ci fu più possibilità per lui di ribellarsi. Posai le labbra sulle sue, ancora un poco aperte. Le nostre bocche aderirono perfettamente, come facevano sempre, come se fossero state create appositamente per unirsi tra loro. In meno tempo di quanto mi aspettassi, lo convinsi a lasciarmi libero spazio tra le sue labbra - senza forza, semplicemente ricordandogli quanto gli piacessero le languide carezze della mia lingua. Dalla sua gola al mio palato, arrivò infatti un mugolio di approvazione, che probabilmente lo fece solo vergognare di più di quella scena. Ma ormai era fatta, mi stava baciando davanti a decine di sguardi.

Come faceva sempre, dopo qualche istante irrigidì la schiena in segno di nervosismo: di solito era il segnale che mi faceva capire, in modo garbato, che avrei dovuto fermarmi. Ma stavolta non lo feci, stavolta il gioco era condotto da me perché era il nostro pubblico a volerlo – e, soprattutto, lo volevo ardentemente io. Continuai a baciarlo, ad esplorare la sua bocca e sapevo che, nonostante l'imbarazzo, Frank si stava lentamente sciogliendo nelle mie mani.

Solo quando smise di ribellarsi – sì, solo allora – mi separai. Trovai sotto il mio viso un Frank ansimante e completamente rosso in viso. Ridacchiai per prenderlo in giro, pur non potendo vantare un fiato meno corto.

“Prima o poi riuscirai a farlo su un palcoscenico” sibilai, malizioso.

“Puoi scordatelo. Non accadrà mai


 


 


 

“Allora, Adam: obbligo o verità?”

Lambert si mise comodo sul tappeto, incrociando le gambe come un bambino – non fosse stato per la Heineken appena stappata tra le mani -, e si morse il labbro pensando a quale delle due possibilità scegliere.

“Verità” disse infine.

Ero già abbastanza ubriaco da non ricordare esattamente come fossimo finiti a giocare a obbligo o verità. Poco dopo il termine di quel bizzarro confessionale, tutti erano tornati a farsi i fatti propri, e io e Frank eravamo stati trascinati a sederci in cerchio assieme ad altre sette persone. Era complicato giocare senza sapere il nome di tutti – specie se un principio di sbronza annebbiava la memoria come nel mio caso -, ma avevo visto diversi individui risolvere con un “Tu. Sì, tu con la maglia rossa: obbligo o verità?”.

Tiger sorrise malizioso ad Adam come se fossero amici da sempre e non si trattasse del ragazzo attualmente fidanzato con una sua vecchia tresca. “Okay. Racconta della più divertente performance sessuale messa su insieme a Tommy Joe”

Il mio sguardo, come quello di molti lì in cerchio, scattò su Tommy, improvvisamente rosso fino alla punta dei capelli piombati. Spalancò la bocca, come una verginella vergognosa.

“Tiger!”

“Va bene, fammi pensare...”

Sentendolo raccogliere la sfida senza farsi problemi, il povero Tommy Joe fulminò il ragazzo. Magari il pudore di Frank davanti agli altri era esagerato, ma l'imbarazzo nel sentire il proprio compagno sbandierare episodi della loro vita sessuale era più che lecito.

Conoscendo Adam Lambert, era probabile che si trattasse di una vendetta verso Tommy e l'averlo portato ad una festa organizzata da un'ex scopata.

“Va bene, ce l'ho: di quella notte vado particolarmente fiero” annunciò Adam tutto entusiasta.

Scorsi il pomo d'Adamo percorrere la sottile gola di Tommy Joe. La sua attenzione, come la mia e quella di ogni partecipante al gioco, era su Lambert adesso.

“Allora, sono le 2:00 di notte. Io e la mia band stiamo viaggiando in pullman verso una cittadina del nord della Francia, dove mi aspetta un'esibizione il giorno seguente-”

“Oh, cazzo...” sospirò Tommy facendo crollare la testa tra le mani. Con tutta evidenza, aveva capito di quale episodio Adam stesse parlando.

Il ragazzo ridacchiò perfido e continuò il suo racconto. “Sulla strada, in mezzo al più assoluto niente, il pullman ci abbandona. Si ferma di colpo e non si capisce come farlo ripartire. Il conducente si rassegna e ci guida in un paese sperduto dove avremmo – con un po' di fortuna – trovato un posto per dormire e un meccanico l'indomani. E indovinate un po'? Gli unici letti che troviamo sono quelli dell'albergo di un convento”

Mi sorpresi a ridere. Non stentavo ad immaginare il disagio di un branco di suore, dinnanzi ad un'eccentrica checca come Adam Lambert.

“Ed è lì che succede. Io e TJ ci divertiamo insieme da diverso tempo ormai, quindi me la svigno fuori dalla mia stanza per bussare alla sua porta. Sono sopra di lui sul suo letto, Tommy a petto nudo e con ben poche remore a farsi prendere da me...”. Lanciò un'occhiata carica di allusività e scherno a Tommy Joe, il quale rispose fulminandolo ancora. “quando mi sfilo la cintura e gli lego i polsi alla spalliera di ferro del letto. Se riuscite a visualizzare la scena: io a cavalcioni su questo ragazzo stupendo, legato e inerme... che lentamente alzo lo sguardo al crocifisso sopra le nostre teste” disse, e nel farlo mimò la scena volgendo gli occhi celesti verso l'alto. “Ammicco al caritatevole Signore che mi ha permesso di avere tutta quella fantastica carne tutta per me, e mi piego a baciare un altro giovanotto sulle labbra sotto i Suoi divini occhi”

Scoppiai a ridere, e ancora una volta non fui l'unico.

“E scendo con la bocca lungo il suo corpo fino ad aprirgli i pantaloni con i denti. Mi scopo quel bel culetto tutta la notte, in un convento pieno di suore convinte che andrò all'Inferno solo per aver pensato ad un uomo in quel modo!”

Volsi di nuovo lo sguardo a Tommy Joe, trovandolo a sorridere e scuotere la testa con teatralità. Probabilmente avrebbe voluto arrabbiarsi per quell'osceno – nonché blasfemo – racconto, ma sembrava irrimediabilmente ammaliato dal suo ragazzo. Non era mai stato difficile vedere nella sua espressione ciò che provava per Adam, una descrizione scandita parola per parola da quegli occhi nocciola. Forse a volte lo detestava – non l'avrei biasimato -, ma era fin troppo evidente quanto lo amasse.

Io, da parte mia, continuai a ridere per un bel po' visualizzando l'ipotetica immagine di strepiti e fioretti disperati di una suora se li avesse sorpresi a scopare, quella notte.

Non ricordavo di potermi ubriacare così velocemente. Oppure forse mi stavo solo divertendo più di quanto potessi credere possibile.

Il gioco continuò tra sfide assurde, rivelazioni imbarazzanti, risate, altri drink – non solo mio, lo giuro. Finché la bottiglia non finì nelle mani di Tommy Joe.

Con un movimento sciolto del polso ossuto, il biondo fece roteare la bottiglia al centro del cerchio. Questa girò, girò, girò...

E si fermò su di me.

“Oddio” risi, sentendo l'ebrezza della birra rendermi impossibile non farlo.

Oddio. Oddio, fece eco la mia testa, facendomi ridere di più per l'incapacità di controllare i miei pensieri.

Tommy batté le mani come un bambino, guardandomi perverso. “Sei pronto, Gee?”

“Vai e colpisci, TJ: scelgo obbligo, tanto so che hai sempre desiderato limonare con me!”

Vidi di sfuggita Adam colpirmi in pieno con un'occhiataccia delle sue, ma non me ne curai. Più bevevo, meno le conseguenze della mia lingua lunga mi preoccupavano.

“Mi consideri così prevedibile? Io avevo in mente qualcosa di meglio, ad essere sincero...”

“Okay, spara”

Il sorriso di Tommy Joe si allargò. La sua audacia sembrò doversi ricaricare, quando nascose per un istante lo sguardo dietro il ciuffo platino. Poi, dal nulla, lo disse.

“Ti sfido a baciare Adam”

Io e Lambert ci guardammo di nuovo, stavolta ad occhi sgranati.

“Eh?” fu l'unica cosa che fu capace di dire lui. Io, di mio, ero completamente ammutolito.

“Avete sentito benissimo. Voglio un bacio vero – e voi sapete cosa intendo per 'vero' – tra i due protagonisti delle mie fantasie degli ultimi quattro anni”

Avrei dovuto immaginare che mi avrebbe usato per vendicarsi della vendetta che a sua volta Adam aveva compiuto per- okay, ero decisamente ubriaco.

Accanto a me, Frank coprì un'oscena risata con la mano davanti al viso. Cercai di fare appello alla sua possessività:

“E tu non dici nulla?”

Ma lui alzò le spalle, facendo a gara con Tommy Joe sul sorriso più indecente. “Mi è stata dedicata una serenata sconcia da Adam al compleanno di tua madre, non mi ingelosisco per un bacio”

Né lui né Tommy sembravano prenderla sul personale, per loro era solo un gioco. Dunque non restava che considerarlo anche noi come tale.

“Okay” sospirai, alzandomi sulle ginocchia. “Porta il tuo culo qui, passivella”

Adam ridacchiò, porse al suo ragazzo la birra lasciata a metà e si sollevò anche lui sulle gambe. “Non sperarci, non ti lascio stare sopra”

Mi sporsi verso di lui, barcollando un po' per la poca stabilità che l'alcol mi donava. “Torna a dirmelo quando ti saranno caduti tutti i denti da latte”

“Attento, Way: ti stai affidando alla mia bocca, e questi denti da latte mordono”

“Non vedi come tremo di paura?” soffiai ad un palmo dalle sue labbra, un istante prima di afferrare la sua nuca e spingerla verso di me.

Lui non si oppose a quel contatto, non si ritirò nemmeno per istinto. Anzi, mi premette il viso addosso quasi fino a farmi male. Sembrò prenderla sin da subito come una sorta di gara, come se sul serio dovessimo finire a scopare per ripicca da un momento all'altro e giocarci la parte dell'attivo.

Non avrei mai fatto sesso con Adam, in nessun caso. Non c'entrava nulla che fossi impegnato o che lo fosse lui, mai nella vita ci sarei andato a letto perché no. Nemmeno sotto tortura l'avrei ammesso, ma lo consideravo un ragazzo apposto – insomma non male, insomma... attraente. Eppure, qualcosa nel suo carattere, nel mio, nel nostro rapporto, in quel modo di fare che aveva, mi faceva pensare “No, mai”.

E poi sì, tutto sommato era una specie di amico per me, ormai. Una specie.

Adam sembrò urlarmi di saltare inutili convenevoli, quando la punta della sua lingua raggiunse il mio labbro inferiore. Stavolta fui io a raccogliere l'invito, e schiusi le labbra.

Il sapore che sentii non fu molto diverso dal mio: malto, con una decisa punta di menta forte. La sua lingua si muoveva in modo esperto, ma la mia reazione fu solo una risatina che mi risalì la gola e che gli arrivò sicuramente. Risi come di un quindicenne che cerca di tenere le dita piegate nel modo in cui le vede alla tv, quando maneggia una sigaretta per la prima volta. Lambert ci si stava impegnando in quel bacio, voleva essere il maschio alfa e quasi ci stava sudando per ottenere ciò che voleva.

Rilassai le spalle, e sollevai la mano poggiata a terra per sostenermi – facendo così affidamento solo sulle ginocchia – e portai anche quella al viso del ragazzo. Lo forzai a rallentare il ritmo, tenendogli la testa salda e muovendo le labbra in modo meno frenetico. Se pensava di poter essere lui a condurre le danze...

La mia lingua prese a fare contorni sulle sue labbra fanciullesche, le quali aspettarono che si insinuasse di nuovo tra loro. Improvvisamente era diventato paziente, sembrava aver capito. O almeno era quello che pensai, prima che i suoi denti mi mordessero la lingua. Non abbastanza da ferirmi. Abbastanza da farmi incazzare.

Mi avventai nuovamente sulla sua avida bocca, sentendo l'umidore che la mia lingua aveva lasciato un attimo fa. Gli accarezzai il palato, prima velocemente, poi con più lentezza, poi di nuovo svelto. Lo sentivo tentare di starmi dietro nei miei movimenti, ma ormai avevo fatto passare lo spavaldo quindicenne dalla prima sigaretta al primo tiro di marijuana, al primo bong, tutto nel giro di sei secondi.

“Oddio, sto per farmi una sega in pubblico”. La voce di Tommy Joe mi arrivò come uno schiocco di dita davanti agli occhi. Fece scappare una risata a entrambi, e questo per qualche motivo ci riportò alla realtà.

I miei occhi si aprirono, e mi resi conto che anche i suoi erano stati di nuovo catapultati indietro, fuori dall'arena di combattimento. Ci guardammo per diversi secondi, per poi scoppiare a ridere di nuovo.

Una delle mie mani andò a spettinargli i capelli perfettamente modellati dal gel, e ovviamente la sua risata si trasformò in un'imprecazione.

“Mai fare questo genere di cose con dei pantaloni attillati” lo schernii mentre lui correva in soccorso della sua chioma da leoncino bruno. Non avevo bisogno di guardare in basso per sapere che gli era piaciuto, era sufficiente ascoltare l'affanno nel suo respiro.

“Okay, Gerard, tocca a te girare la bottiglia”

“Oh no”. Arrivando a contraddire Tiger, alle mie spalle mi sentii afferrare dalla mano di Frank. Mi costrinse ad alzarmi tirandomi per il braccio, e neanche mi diede il tempo di trovare stabilità per trascinarmi via da quella piccola folla. “Continuate pure voi, lui viene con me”

Chissà se qualcuno avrebbe voluto ribattere sull'infrazione delle regole del gioco: Frank non gliene diede il tempo. Continuò a tirarmi attraversando diverse stanze, senza guardare nessuno negli occhi né preoccuparsi di dirmi una parola. Ebbi persino la sensazione che fosse arrabbiato con me.

Finii per essere sbattuto – si fa per dire, improbabile che Frank avesse abbastanza forza per farlo – contro una porta. L'ebrezza era capace di darmi capogiri anche per quei minimi movimenti.

“Entra” disse, col tono di chi non l'avrebbe ripetuto una seconda volta.

Per quasi un minuto buono restai lì, fermo e accigliato, chiedendomi cosa intendesse. Poi mi resi conto che mi aveva condotto alla porta di un sottoscala. Uno sgabuzzino.

“Sissignore” ridacchiai, infilandomi in quel piccolo e buio spazio. Non mi preoccupai nemmeno che qualcuno potesse vederci, ma conoscendo Frank, sicuramente l'aveva già fatto lui.

Quando mi seguì, chiuse la porta e tutto ciò che riuscii a vedere fu il suo profilo reso visibile dalla grata. Ancora in preda al capogiro, poggiai la schiena al primo muro che incontrai dietro di me.

“E' fico qui, sembra la prima stanza di Harry Potter”

“Direi che hai bevuto abbastanza per stasera”

“Sei arrabbiato?” indagai.

“No”

“Sei arrabbiato”

“No, Gerard”

“Allora cos'hai?”

Le mie mani viaggiarono per conto proprio, arrivando ad afferrare i fianchi di Frank, magri ma straordinariamente piacevoli al tatto. Lui, di risposta, poggiò entrambe le sue mani sul mio torace, quasi a volersi assicurare che non andassi da nessuna parte.

“Sono eccitato. E geloso. Ed eccitato”

Anche senza avere chiara la sua espressione, potevo immaginarla dal tono capriccioso nella sua voce. Incredibile come riuscisse ad stuzzicarmi e intenerirmi allo stesso tempo, quando metteva su quella scenetta.

“Avevi detto che non ti saresti ingelosito per un bacio”

“E' così... Cioè, era quello che credevo prima che lo facessi” sospirò.

Sarebbe sembrata vagamente una discussione, se le nostre mani intanto non avessero iniziato ad esplorare il corpo dell'altro - sì, sentivo chiara e forte la sua eccitazione dal modo in cui mi stava accarezzando...

“E poi non volevo fare la figura del fidanzato palloso quando persino a Tommy andava bene permettervi quel bacio”

“Per Tommy era una fantasia, Frank”

“Lo so, ma io sarei geloso anche vedendoti baciare Brad Pitt...”

Ridacchiai, portando una mano alla sua guancia. “E come mai sei eccitato, allora?”

Lo sentii respirare profondamente, e d'un tratto le sue braccia mi avvolsero i fianchi. “Perché eravate arrapanti”

“Spero che te lo sia goduto appieno, perché non esiste che una cosa del genere si ripeta”

Le sue mani, svelte, si infilarono a tradimento nelle tasche posteriori dei miei jeans. “Che ne dici se passo a godermi qualcos'altro, adesso?”

Prima che potessi pensare di dire qualcosa, le sue labbra mi attaccarono nella più allettante dichiarazione di guerra che alcun libro di storia avesse mai conosciuto.

“Cosa? Qui?” balbettai, sentendo i miei sistemi di difesa farsi sempre più cedevoli. “E se qualcuno entrasse? Se gli venisse in mente di giocare a sette minuti in Paradiso? Tu impazzisci se ti do un bacio davanti agli amici...”

Frank diede un deciso strattone al colletto della mia camicia, prima di prendere a sbottonarla con estrema lentezza. Naturalmente, intanto, aveva ricominciato a baciarmi.

“Tu sei mio” mi sussurrò a fior di labbra. “Ho bisogno di sentirti mio. Il resto può fottersi”

Risi, per la milionesima volta in quella stramba serata, e accettai quel che stava per accadere come avevo fatto per tutto il resto.

“Ti amo”

“Però non urlare, tutto sommato preferirei che nessuno ci sentisse”

“Sai, iniziano a piacermi queste feste”

















Okay, spero abbiate apprezzato questo salto nel passato *nostalgia ç___ç* e spero che vogliate farmi sapere cosa ne pensate!
E' il momento di confessarlo: è vero, mea culpa, ho sempre shippato un pochino Adam e Gerard *OTP che penso chiamerò Lambay, che sembra il nome di un manga anni '90*, MA ADAM AMA TOMMY E GERARD AMA FRANK NON INSEGUITEMI CON TORCE E FORCONI T-T
Meglio che vada, prima che questa tipa qui mi collassi dalla fame -_-"""
Vi lascio la mia pagina di Facebook nel caso vi andasse di farci un salto! :D
Vi amo tanto, fandom Fre-dommy (?!?)


V

  
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