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Autore: chocobanana_    27/08/2014    2 recensioni
[HiroMasa/Altre Pair][Arancione][Angst/Avventura/Romantico][Yaoi][AU][Tematiche delicate/Violenza]
Dal prologo:
I piedi di entrambi si muovevano velocemente sul terreno, mentre alzavano parecchia polvere.
Per un secondo, un solo istante, Masaki si pentì di aver seguito quell’uomo, si pentì di tutto quel viaggio, di essersi allenato così tanto, di essersi fidato.
“Le cose belle prima o poi finiscono sempre.” Midorikawa lo ripeteva spesso.

Dal primo capitolo:
Lei sembrò esitare, probabilmente non sapeva se la “novità” potesse essere divulgata. Si avvicinò a Kariya, si alzò sulle punte e avvicinò il viso all’orecchio dell’altro.
«Ti stanno cercando» sussurrò, per poi allontanarsi e guardarlo preoccupato.
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Dylan/Hiromu, Jordan/Ryuuji, Kariya Masaki, Xavier/Hiroto
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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1# L’inizio della fine;

 
Pioveva. In quel piccolo villaggio si sentivano solo le gocce d’acqua che s’infrangevano sui vetri, sul terreno, sugli alberi e le urla delle madri che richiamavano i propri bambini, sperando di vederli subito rientrare in casa. Il terreno, dopo qualche minuto di pioggia, diveniva subito fangoso e scivoloso; non erano poche le persone che, cadendo rovinosamente a terra, si sbucciavano le ginocchia.
L’aria era umida, e il vento iniziava ad alzarsi, minaccioso ed incontrollabile; spesso, in inverno, i grandi alberi che proteggevano il paese venivano abbattuti dalla forza delle tempeste, creando disagi e ulteriori pericoli.
Eppure, proprio tra quelle case, c’era qualcuno che non aspettava altro che quei momenti di leggero caos, perché erano seguiti da lunghi periodi di silenzio; ognuno si chiudeva nella propria abitazione ed era difficile incrociare qualcuno per le strade ghiaiose e, ormai rovinate, del villaggio.
Un ragazzo dai capelli turchesi, lunghi fino alle spalle, se ne stava seduto sotto la rigogliosa fronda di un albero, incurante delle gocce di pioggia che gli bagnavano la lunga tunica nera che aveva indosso. Osservava attentamente gli abitanti della sua terra natia, quei giovani marmocchi che, nonostante la tempesta incombente, continuavano a giocare col un pallone logoro e consumato. Non si rendevano conto del pericolo che s’intravedeva all’orizzonte, lì dove c’era solo un denso nuvolone grigio, il cielo s’illuminava, squarciato dai fulmini e dalle saette.
Proprio uno di quei temporali, molto tempo prima, si era portato via la sua famiglia: in pochi minuti, lì dove c’era la sua amata casa, c’erano solo macerie, ceneri e ossa. Un fulmine aveva colpito il tetto poco resistente, provocando un indomabile e furioso incendio, di cui Masaki aveva visto solo il fumo.
Lui, in quel momento, era tra quei bambini restii alla richiesta dei genitori di tornare a casa. Come se poi potesse bastare una stupida costruzione in legno e pietra per proteggerti contro la natura, contro la morte portata da essa.
In quel paesino di montagna non c’erano persone ricche, nessuno che potesse permettersi una casa in cemento, quelle dalle grosse finestre lucide e dai tetti rossi che si vedevano tra le pagine dei giornali.
Quelle, erano solo per le persone che potevano permettersele, coloro che venivano dalla fastosa capitale. In più, nessuno voleva investire denaro per avviare la rinascita di quell’arretrato posto che nemmeno era indicato sulle cartine.
Si morse appena il labbro inferiore, ripensando al suo dramma: non l’avrebbe augurato a nessuno, nemmeno alla persona più antipatica del pianeta.
Qualche fogliolina marroncina iniziava a cadere dai nodosi rami dell’albero, si cominciava ad udire il fruscio delle foglie, che sbattevano le une contro le altre.
Non si sentivano più le strilla dei bimbi, era calato il silenzio, un’inquietante e spaventosa quiete.
Il ragazzino si alzò placidamente dal posto in cui sedeva, scosse i pantaloni sporchi di terra e si coprì il capo per ripararsi dalla pioggia, che intanto si era fatta più forte di prima.
«Kariya!» Una voce femminile attirò la sua attenzione, Masaki si voltò, in cerca della ragazzina che lo aveva chiamato qualche secondo prima.
«Sono qui!» Masaki si girò verso il tronco, trovandosi faccia a faccia con due grandi pozze color cielo.
«A-Aoi!» esclamò l’altro, sorpreso di vederla lì, con quel tempaccio che turbava gli animi. Aoi Sorano era la sua migliore –ed unica- amica in quel maledetto posto, l’unica persona per cui valesse la pena rimanere lì.
Lei e la sua famiglia l’avevano accolto nel momento del bisogno, lo avevano sfamato, cresciuto. Masaki voleva solo ripagarli per l’immensa pazienza che avevano avuto, e per tutti i sacrifici fatti per mantenere un’altra persona.
Aoi lo guardava sorridente, le gote arrossate e i capelli azzurri, bagnati, appiccicati al viso e alla fronte. Ansimava un pochino, probabilmente aveva corso molto prima di trovarlo lì.
«Ci stavamo preoccupando» mormorò, «meno male che ti ho trovato…”» aggiunse a bassa voce, poi lo prese per un braccio.
Masaki la guardò confuso, «è successo qualcosa?» chiese, leggermente preoccupato. Aoi aveva assunto un’espressione indecifrabile, cosa che lo metteva tremendamente in ansia; solitamente non era difficile capire le emozioni e i pensieri di quella ragazzina.
Lei sembrò esitare, probabilmente non sapeva se la “novità” potesse essere divulgata. Si avvicinò a Kariya, si alzò sulle punte e avvicinò il viso all’orecchio dell’altro.
«Ti stanno cercando» sussurrò, per poi allontanarsi e guardarlo preoccupato. Disse solo quello, non diede nessuna spiegazione (probabilmente lei non ne sapeva molto).
Masaki sgranò gli occhi. «Chi…?» chiese, mentre, nella sua mente, cercava un qualche ricordo utile. Nessuno doveva venirlo a prendere o, almeno, nessuno di cui si ricordasse.
Aoi scosse la testa, desolata di non poter dare altre informazioni utili.
Sua madre, qualche ora prima, le aveva semplicemente urlato di cercare Masaki, dato che qualcuno lo stava attendendo con ansia; non era riuscita nemmeno a capire chi fosse questa persona.
«Andiamo a casa» acconsentì il ragazzo dagli occhi color ocra, poi si tolse la tunica umida e coprì Aoi, incurante dell’acqua che lo bagnava sempre di più. Lei ne aveva molto più bisogno, era ormai zuppa, ed era stata colpa sua. Doveva sdebitarsi un qualche modo.
Lei accennò un sorriso, poi abbassò la testa. Aveva un po’ paura per Kariya, lui ormai era come un fratello per lei, l’unica persona con cui riuscisse a parlare.
Con lui condivideva tutto, pensieri, emozioni, segreti.
Era anche l’unico a sapere della sua stupidissima –a detta sua- cotta per un ragazzo che aveva visto solo di sfuggita.
Non voleva perderlo, non voleva perdere l’unica persona che la faceva sentire viva, in mezzo ad un paese che stava lentamente morendo.
 
xxxxxxx
 
Masaki bussò alla porta, mentre stringeva tra le braccia una tremante Aoi.
Una donna dai capelli e gli occhi color pino aprì ai due ragazzi. Appena li vide sospirò, sollevata nel vederli tutti interi.
«Finalmente…» sospirò, poi si scostò per farli entrare. «Guardate come siete ridotti… fatevi un bel bagno, vi aspetto per la cena».
Aki sorrise pazientemente ai due ragazzi, sapeva che non c’era bisogni di rimproveri inutili, anche se avrebbe dovuto fare un discorsetto a Masaki. Ultimamente il tempo non faceva che peggiorare e, da Tokyo (la capitale), arrivavano solo brutte notizie.
Il suo pensiero tornò ai ragazzi seduti in cucina, li avrebbe avvisati del ritorno di Masaki e gli avrebbe chiesto di aspettare ancora un altro po’.
Non sembravano persone pericolose anzi, erano stati fin troppo pazienti.
Gli avevano persino dato una mano in cucina! Non si erano offesi quando lei si era scusata per il poco cibo che c’era, le avevano offerto un sorriso gentile, entrambi.
Anche i soldi tardavano ad arrivare e, spesso, Aki si perdeva in riflessioni a dir poco lugubri, soprattutto quando il suo amato Ichinose non si faceva sentire per settimane. Era andato nella capitale per poter guadagnare qualcosa in più, per niente infastidito o annoiato dalla scelta di tenere Kariya con loro. Si era rimboccato le maniche per dare anche a lui una vita decente.
Chissà, magari un giorno avrebbero trovato una casa a Tokyo, grazie anche alla paga che avrebbero portato a casa Aoi e Masaki, una volta cresciuti.
Intanto frequentavano entrambi la piccola scuola del villaggio, ma Aki ci teneva davvero alla loro istruzione.
Tre anni e avrebbero avuto l’opportunità di trovare lavoro nella capitale. Ma, nonostante le difficoltà, Aki non si era mai pentita di aver dato alla luce la sua amata bambina, malgrado la giovanissima età. La sua famiglia l’aveva sempre aiutata e, con loro, anche Ichinose.
Scosse lentamente il capo, poi si diresse in cucina, sfoggiando uno dei suoi sorrisi migliori.
«Kariya sarà qui tra poco» esordì, «era fradicio, così l’ho mandato a fare un bagno caldo» aggiunse pacata.
«Non si preoccupi, non andiamo di fretta» disse il ragazzo con i capelli rossi, poi le sorrise gentilmente.
Aveva la pelle chiarissima e gli occhi verdi, vivaci e ipnotici, un fisico alto e asciutto. La maglietta marroncina era rovinata ai bordi e lasciava scoperte le braccia muscolose del ragazzo. Quando era entrato in casa, aveva sulle spalle una grande fodera nera (che sembrava piuttosto costosa) che era stata appoggiata al muro biancastro della cucina, ben riposta, in modo che non cadesse. Aki non si era azzardata a chiedere che tipo di arma fosse nascosta lì dentro e men che meno a cosa servisse.
L’altro ragazzo, invece, era un po’ più basso, aveva i capelli color pistacchio raccolti dietro la nuca, e gli occhi color della cenere, leggermente a mandorla.
Sembrava molto più pacato e indifeso del suo compagno.
«Mi dispiace per tutto questo tempo…» Aki sospirò appena, «non si può mai sapere con quel ragazzo…» aggiunse poi, mentre lanciava uno sguardo all’ingresso della cucina.
La presenza di quei due sconosciuti la turbava un pochino, nonostante non le avessero fatto nulla di male. Chissà cosa volevano da Kariya, aveva paura. Paura che potessero portarlo via. Aki gli aveva promesso che lo avrebbe protetto come avrebbe fatto sua madre. Eppure il suo sesto senso l’avvertiva che dopo quella sera sarebbe cambiato tutto. Sarebbero rimaste solo lei e Aoi in quella piccola e fredda casa, in attesa di buone notizie. Il suo Kariya se ne sarebbe andato, lasciandole un altro vuoto nel cuore. Se lo sentiva.
Cos’avrebbe fatto? Lo avrebbe lasciato malgrado avesse solo quindici anni? Sperava di non doversi trovare davanti ad una scelta del genere. Tutto quel pensare non faceva che renderla ancora più nervosa, mentre cercava di nascondere tutto dietro un flebile e tirato sorriso.
 

//Angolo dell'autrice;
buonasera, 
dopo tipo più di un anno ho aggiornato questa fic con il primo capitolo ;www; non ce la facevo ad aspettare lol così l'ho pubblicato allura, prima di tutto loro sono in Giappone, ma in un'epoca diversa ecco tipo un'epoca cavalleresca (???) ceh tipo tornei e ste cose fighe eheh (okay sto male) non ho specificato il nome del paesino perché la storia si svolgerà principalmente a Tokyo (e in altre città importanti) e poi per altri motivi ecco eheh Mi piaceva l'idea di Aoi e Masaki come fratelli adottivi- con Aki come mamma ;uuuu; appariranno tanti altri personaggi a presto, 
camy
   
 
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