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Autore: SakiJune    27/08/2014    0 recensioni
"Gallifrey si era risvegliata con un ruggito di dolore, non con uno sfarfallio di ciglia. La pace futura doveva fondarsi su un ultimo, necessario atto di violenza. Ma il Dottore non ne fu testimone né causa. Non sentì le voci stridule risuonare nelle strade, le voci gravi sillabare con prudenza all’interno di stanze sigillate, né le voci amiche chiamare il suo nome, i suoi tanti nomi, in un tono che non attende risposta ma ne ha bisogno, ne ha sete. Non sentì giungere chi, fuggito o intrappolato all’inizio della Guerra del Tempo, si era rifugiato in differenti linee temporali e ora aveva sentito il richiamo, sempre più forte, giungere da casa. Erano tornati - gli spauriti e i vili, i saggi e gli idealisti..."
Sequel di "A Taste of Honey".
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Doctor - 12, Jenny, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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Il Dottore trangugiò quel che rimaneva dell’infuso, ormai freddo, e schioccò la lingua.
- Corroborante.
La gigantesca poltrona si era mossa verso lo specchio, ma loro non se ne accorsero, pur standoci seduti dentro. S’erano avvinghiati in un bacio che sapeva ben poco di convalescenza, e ben più di violaspina. Quel sapore era l’unico particolare a non poter entrare nel riflesso.
Posata la tazza, lui le scostò i capelli dal viso e scoprì le radici più chiare. Ada tremò e chinò la testa, ma il Dottore insistette per guardarla negli occhi. Si stavano schiarendo anch’essi… ed erano circondati dall’ombra di chi ha trascorso notti insonni.
- È tutto normale. Stai tornando te stessa.
- Dovrei esserne felice?
- Sei tu. Tu sei rimasta con me. - Le sfiorò la punta del naso, facendola sorridere. Come poteva spiegarle?
- Ciò che va perduto non distrugge ciò che rimane. - Fu colto da un ricordo ispirato, e non si accorse dello scalpiccio di passi e della porta che si apriva sulla loro intimità: - Ascolta. Un tempo il monte Lung aveva due cime. Una franò in un terremoto, nel Tempo Antico della guerra contro i Vampiri. Al suo posto, sul fianco della montagna, sorse Lungbarrow...
- E crebbe, forgiando generazioni, e invecchiò, avvelenata sprofondò e folle si gettò dal dirupo, ma rinacque… per riaccoglierti, Cugino adorato...
- Innocet! Cara mia bellissima! - esclamò il Dottore in italiano, alzandosi di scatto senza apparenti conseguenze. Se ebbe un capogiro, lo mascherò con grande maestria.
- Perdonatemi, so che avete bisogno di restare da soli, ma non potevo aspettare. Ho aspettato tutta la vita. - Guardò Ada con un senso di lieve vergogna. - Alla fine avevo perso la speranza, e non avrei dovuto, mi sbagliavo, quanto mi sbagliavo!
- Va tutto bene, ora va tutto bene. - mormorò il Dottore, sfiorandole la fronte con le labbra. Si guardò la manica della camicia da notte e finse di inorridire: - Posso avere i miei vestiti, adesso?
- Non credo, non li avevi quando ti hanno portato qui… Oh, Dottore! Sei tornato davvero. Sei tornato a casa.
- Proprio così. - Lui indicò lo specchio. - Questo però deve sparire, conosco il trucco. Privacy, capisci. - La parete, ubbidiente, iniziò ad inglobarlo, iniziando dalla cornice.
- E anche tu, amico - Bussò alla porticina scorrevole della nicchia accanto alla finestra, e uno dei LED si illuminò. Dorium apparve e la ramanzina scherzosa che il Dottore aveva preparato, la raccomandazione di non materializzarsi in camera se non invitato, svanì dalla sua mente come solo una cattiva idea riesce a fare. - Ehi… resta un po’ con noi, okay? - disse invece, in tono affettuoso.
Si lasciò ricadere in poltrona con un sospiro di gioia e guardò le due donne, muovendo lo sguardo da una all’altra.
- Siamo una famiglia. Questa è la mia famiglia, non m’importa più di nient’altro. Con un braccio circondò le spalle di Ada e l’attirò a sé, con l’altra mano cercò quella della Governante e la trovò, salda e tenera nella sua stretta.
Sorrise a Dorium, che cercò le parole giuste per un po’ prima di parlare.
- Quello che mi hai sussurrato prima di partire… ricompensarmi per esserti stato leale… è assurdo. Ho già più di quanto potrei mai meritare. Ora che stai bene, non desidero di più.
- Nemmeno io. - Non era una bugia. In quel momento si sentiva completamente felice. Più tardi il dolore sarebbe tornato, come la marea, a ondate via via meno invadenti. E cos’altro? Il guizzo d’impazienza nelle sue gambe, quell’insoddisfazione insanabile, si sarebbero di nuovo impadroniti di lui un giorno? Non lo credeva possibile, dal momento che, proprio come Ada, aveva perduto la metà di sé. Senza di lei, poteva ormai fingere che il resto dell’universo non esistesse. C’era quel mondo più piccolo e tiepido da proteggere e amare, e gli sembrò potesse durare per sempre.



- Ho modificato lo stabilizzatore dimensionale ad un’armonica di 36.3. Sappi che quello che stiamo facendo è piuttosto rischioso: se alla Nursery la lasciassi crescere a questa velocità  crederebbero che voglia mettere su un traffico illegale di TARDIS o qualcosa del genere… potrebbero licenziarmi in tronco. Sono sempre stato antipatico alla mia famiglia per qualche ragione, perciò non me lo posso permettere, perderei la poca credibilità che mi rimane. Dobbiamo tenerla qui.
- La mia idea era sempre stata quella - ribattè Drax senza batter ciglio.
- E come ti saresti procurato la materia prima? Oh. Giusto. L’avresti rubata.
- Splendido intuito, ragazzo.
- Sarebbe stato più sicuro ricrearla dal materiale originario. Peccato che i componenti principali siano inutilizzabili.
- Parliamo di millenni, Ked. Riusciva a farla volare solo con la forza di volontà, credo, perché avrebbe dovuto dare forfait già da molto tempo. Sempre sul limite. Sempre a sfidare le leggi del tempo e dello spazio. Erano una cosa sola, vivevano l’uno per l’altra. Si erano scelti, credo...
Kedred ascoltava le parole di Drax, vedeva brillare i suoi occhi, e scoprì allora un sentimento nuovo - ciò che i suoi Cugini di Deeptree non gli avevano mai rivelato che esistesse. Chiusi nella mediocrità e nel fanatismo, si erano illusi di averlo reso simile a loro, ma ora qualcosa si stava risvegliando in lui.
Udirono bussare. Uno sguardo rapido e Drax portò il dito alle labbra. - Rimani qui…
- Non posso - protestò Ked in un sussurro concitato - Tra un quarto d’ora devo fare lezione, devo assolutamente andare.
- Va bene, usciamo insieme. Chiunque sia, per nessun motivo deve entrare qui.
- Forse è Damon. Forse ci preoccupiamo per niente…
- Sì, certo, Jelpax gli lascia la giornata libera per venirci a trovare. E Nonno Paradosso viaggiava su una Aston Martin.
- Una che?


Il Dottore stava leggendo la targa di fronte alla porta del laboratorio, che in effetti si trovava identica ad ogni piano della complessa struttura dell’Accademia. I nomi degli innumerevoli Signori del Tempo caduti durante la guerra vi scorrevano in un vorticare digitale e gelido. Faceva male agli occhi, ma per lui era soltanto una sequenza di sillabe. Ciò che è incompleto non ha valore: quel conflitto non aveva portato vittime solo su Gallifrey, ma in tutto l’Universo.
Cass, avrebbe voluto aggiungere, per cominciare.
E forse sarebbe bastato.
Perché quel nome racchiudeva tutta la rabbia e la sofferenza che…

Ada vide Drax sgattaiolare dalla porta e chiuderla velocemente dietro di sé. Il Dottore si voltò e gli sorrise.
- Sei più brutto di quanto mi ricordassi, sai.
 L’altro rimase sbigottito per un momento, poi si gettò in quella spirale giocosa con entusiasmo. - Ti vedo… in gran forma, Thete. Proprio il solito bastardo.
- Ha! Porco schifo, certo che sì, e tu sei sempre un vecchio balordo bavoso!
Seguì una lotta di finti pugni e pacche e spinte, conditi da insulti ancora più fantasiosi, che terminò in un fortissimo abbraccio fraterno. Ada rise di gusto, commuovendosi un po’. Nel mentre, un giovane era uscito a sua volta dal laboratorio e aveva assistito alla scena, sbigottito. Stava per filarsela, ma Drax se ne accorse e lo tirò per un braccio. - Ragazzo, sei al cospetto dell’eroe che ha salvato questo fottuto pianeta. Dottore, lui è il mio assistente, Kedredvattelapesca.
- Kedredaselus, della Casa di Deeptree - precisò lui, porgendo la mano. - Lavoro alla Nursery, ma da qualche giorno sto aiutando il professore per un progetto.
Il Dottore gli stritolò le ossa fino al polso e dichiarò che il piacere era tutto suo, ma poi fischiò, guardando di nuovo Drax con un brillio divertito negli occhi. - Professore, nientemeno. Chi ha avuto la brillante idea di darti un lavoro qui dentro? E soprattutto, quanto resisterai prima di fuggire di nuovo a gambe levate?
- Quanto te - rispose l’amico di rimando.
Il Dottore si finse scandalizzato. - Lo vedremo.
Kedred porse a Ada la mano un po’ dolorante, balbettando qualche parola di cortesia, poi cercò di svignarsela per la seconda volta, imbarazzato e con una strana sensazione allo stomaco.
- E… Kedredaselus. - Si fermò, una sensazione spiacevole alla nuca, come se il suo nome, pronunciato dal Dottore, avesse un potere magnetico. - Conoscevo qualcuno della tua Casa, secoli fa. Si chiamava Andred.
Il giovane non si voltò nemmeno, mordendosi un labbro prima di rispondere: - Nessuno lo nomina mai, nella mia famiglia. È una specie di tabù. Scusatemi, sono già in ritardo a lezione.
Scomparve dietro l’angolo prima che il Dottore potesse di nuovo aprir bocca.
- Non farci caso, gli scampoli di Redlooms sono un po’ matti - commentò Drax. - Fanno parte della Fazione degli Integralisti. L’unica famiglia Prydoniana ad aderire alla Fazione, in verità, e questo la dice lunga.
- Di cosa si tratta? - chiese il Dottore.
- Andiamo a fare uno spuntino, ti va? Così te lo spiego con calma…
- Speravo che mi mostrassi il tuo laboratorio. Sono curioso di-
- Neanche per sogno! Non c’è niente di interessante, qualche cianfrusaglia per gli studenti dei Corsi Avanzati, ti annoierebbe a morte. Hai bisogno di sole, usciamo a sgranocchiare! - Così dicendo, li spinse entrambi su per il corridoio fino agli ascensori.


Fu così che Ada scoprì il Cartoccio Sorpresa, la merenda preferita dagli studenti dell’Accademia. Era insieme disgustoso e squisito. Era caldo e aveva l’aspetto innocente di un burrito messicano, ma il ripieno era quantomai vario: funghi, caramelle di zucchero, polpettine di carne e frutta a pezzetti. Trovò anche qualcosa di simile ad un fiore di tarassaco impanato, e Drax le confermò che era proprio quello che sembrava.
- Sulla Terra non li mangiate?
- Oh, sì. Le mucche li mangiano. Buono, però… oddio, questo no! - Guardò schifata il minuscolo calamaro che spuntava dal cartoccio: dopo Chantilly, non aveva più voluto sentir parlare di pesce.
Drax ficcò due dita nel Cartoccio di Ada, arraffò il calamaretto e si accinse a raccontare, masticando. - Dunque, così mi ha raccontato Damon…
- Damon degli Archivi? - Il Dottore era felice che un altro dei suoi amici fosse sano e salvo.
- Già, quel figlio di un Telaio sgangherato. Dicevo. Dopo la rottura della Maledizione, quasi in tutte le famiglie si è iniziato a… beh, quello che si dice “procreare in modo naturale”. Ci hanno preso la mano e all’epoca dello scoppio della guerra la popolazione era decuplicata, sicché l’Alto Consiglio ha dovuto metterci un freno. Non servivano bambini, servivano soldati.
- Così hanno clonato altri otto pianeti su cui tessere carne da macello. Romanadvoratrelundar, Lady Presidente delle Nove Gallifrey - continuò il Dottore, stizzito.
- Dunque sai. Ammetto che non sia stata una buona idea, ma doveva fare qualcosa, doveva… e lei non è più così. È un’altra rigenerazione… è molto più umana, come diresti tu. Non giudicarla così in fretta. - Ada notò che si affrettava a giustificare le azioni di Romana con un entusiasmo un po’ troppo vivace.
- Salterei questo passaggio volentieri, davvero, mi sta passando l’appetito. - commentò il Dottore. - Non sto giudicando Romana, Drax. La adoro come una sorella e credo che abbia fatto il possibile e l’impossibile per salvare questa civiltà. Ma io non potrei… vai avanti, scusami.
L’altro fu ben felice di cambiare argomento. - Il punto è che in alcune Case non ci si è adeguati al cambiamento, sin dall’inizio. Stronzate sulla purezza genetica e sul non volersi mescolare ad altre famiglie, specialmente se di Capitoli diversi. Drammi su cui il tuo amico Shakespeare avrebbe scritto volentieri… potrebbe averlo fatto, ora che ci penso. Dovevo essere ubriaco e gli ho raccontato qualcosa su una giovane ricercatrice Arcaliana che si era innamorato di un ufficiale di Scendles. Una tragedia.
- Fammi capire: tu tornavi a Gallifrey per fare il pieno di pettegolezzi e poi li andavi a spiattellare sulla Terra nel millecinquecento?
Ada scoppiò a ridere, sputacchiandosi pezzetti di fungo sul vestito.
- Non è questo il punto, Theta. Nelle Case più piccole o colpite molto duramente dalla guerra è normale che i Telai vengano tenuti in funzione, o si estinguerebbero. Ma gli Integralisti addirittura vietano ai membri della famiglia di avere rapporti, ehm…
- Sono incinta, Drax. So perfettamente cos’è un rapporto sessuale. - gli ricordò Ada, divertita dal suo imbarazzo, mentre tentava di ripulirsi con il tovagliolo già macchiato.
- Giusto. Cioè. Così stanno le cose. Lady Romana ha cercato un dialogo, ma se venisse emanata una legge che obblighi i Kithriarchi della Fazione a fare un passo indietro, sarebbe il caos. Alcune di esse sono Case molto influenti.
- Quanti anni ha Kedred?
- Duecento, duecentotrenta, non saprei - rispose Drax, con la bocca piena. - Uscito con il massimo dei voti in Teoria Temporale, dev’essere diventato insegnante appena diplomato.
- Non sembra. - Il Dottore era pensieroso. - Ne dimostra molti, molti di più.
- Io non ficco il naso nelle sue faccende e lui non lo ficca nelle mie. Per me può essere vecchio quanto la Faccia di Boe e non potrebbe fregarmene di meno… è un ragazzo sveglio, si lascia strapazzare e non protesta.
- E su cosa state lavorando esattamente? - chiese il Dottore, sorvolando sulla falsa presunzione di quell’ultima frase.
Drax rischiò di strozzarsi con l’ultimo boccone: era diventato viola. - Niente di interessante, davvero. Guarda, devo proprio tornare al lavoro. Sono davvero molto felice e… ci si vede.
- À toute à l’heure, mon ami - rispose il Dottore, sempre più perplesso. “E due”, pensò Ada. Tutti, alla Cittadella, avevano dei segreti.


Ada evitò il proprio riflesso sulle sculture a specchio del parco. Il suo corpo era in una delicata fase di assestamento, che si stava rivelando più sopportabile di quanto avesse temuto. Aveva tinto i capelli del suo colore originario per uniformarli, altrimenti avrebbe dovuto sfoggiare ciò che sulla Terra era chiamato Orrenda Ricrescita. Ciò per cui provava disgusto erano le mani: le aveva sempre odiate, le ricordavano quelle di Liam Neeson, e ora stavano tornando come prima, brutte e tozze. Il seno, turgido per la gravidanza, non era diminuito, sebbene i capezzoli fossero tornati alla loro dimensione. Le forme erano rimaste morbide, ma era possibile che le ossa si stessero assottigliando tanto presto?
Il Dottore era attento a non mostrare una reazione a quei cambiamenti che potesse essere fraintesa come negativa, né però era giusto che fingesse di non porvi attenzione. Non era facile costruire un equilibrio.
Era stato anche troppo semplice amare Honey, fino a fargli dimenticare di proteggerla. Ada era meno appariscente e in lei non vi era nulla di nuovo o misterioso. Non era più grande all’interno, non racchiudeva libri e giardini. I ricordi che portava con sé erano di nuovo soltanto memorie, le stesse, dolorose o troppo esaltanti, che lui aveva spinto in fondo alla mente, solo viste sotto un’altra luce, quella umana e parziale del sentimento.
Con Ada non poteva più usare maschere, perché stavano giocando ad armi pari. Avevano abbandonato l’ebbrezza della vanità e stavano imparando a conoscersi davvero.
Non si potevano colmare i vuoti, ma farvi crescere fiori intorno e costruire ponti sicuri per proseguire insieme il cammino; non si doveva strizzare gli occhi per offuscare la realtà e immaginare il passato, ma aprirli a leggere una poesia di cui finora, ingannato dai colori dell’inchiostro troppo presto evaporato, aveva ignorato il significato più concreto.

- Siete assetata, Lady Lungbarrow? - Si erano fermati ad una fontana del parco prima di addentrarsi nel complesso governativo della Cittadella. Pioveva, al di là della cupola, ma le nuvole violacee lasciavano liberi ampi spazi di cielo arancio.
- Non sono una lady e tu non sarai mai un gentiluomo - lo rimbeccò lei, bevendo dalle sue mani e poi mordendogli scherzosamente le dita, per ribadire il concetto.
- Ahi. Lo sono stato. Posso tornare a esserlo. - Con le mani bagnate, si stropicciò i capelli e fece sventolare un mantello immaginario, prima di baciare il suo sorriso gocciolante. - Ma so da fonti attendibili che anche il numero quattro non ti era indifferente.
- Non importa quale fosse il tuo aspetto, non appena aprivi bocca, tutto si illuminava. Ma lui… cioè, tu, il quarto te, non si poteva non amarti! Eri come questo cielo… sole e pioggia insieme, e una risata piena di colori.
- Un giorno potrei tornare ad essere il tuo Tom, allora. Rivisitare qualche vecchia faccia.
Era così di buon umore che gli ci volle qualche istante per ricordare con un brivido di orrore come avesse avuto quell’informazione, e cioè tra le pagine di Shada, durante la breve tregua della battaglia contro il Giocattolaio in cui aveva incontrato Clara per l’ultima volta.
Ada aveva riconosciuto quelle parole, le parole serene del Curatore, e rabbrividì. Quante rigenerazioni gli erano rimaste? Gliel’avrebbe mai detto? Ma più ancora, la inquietava la tranquillità con cui il Dottore dava per scontato che lei avrebbe vissuto più a lungo della sua attuale incarnazione. Sapeva che era possibile; sapeva che Leela aveva vissuto per molto tempo su Gallifrey, sopravvivendo al suo amato Andred, e che aveva cominciato ad invecchiare velocemente soltanto quando se n’era allontanata. Ma questo significava tutto e niente.
- Quando ti ho detto il nome dell’interprete del Quarto? - chiese, infine consapevole di ciò che lui si era lasciato sfuggire.
- Tra le mille sciocchezzuole… ahi! Sono ancora in convalescenza, signorina Markham, un po’ di cautela!
- Mi sembri in forma, invece. Soprattutto il tuo senso dell’umorismo mi sembra in forma smagliante, va un po’ ridimensionato.

- Dille che la amo.
- Potrai dircelo quante volte vorrai, quando tutto questo sarà solo un ricordo.  

Con un brivido, Il Dottore sentì svanire dentro di sé l’eco delle parole di Clara, così vere, così preziose, e si apprestò a seguirle alla lettera.
- Ti amo, mammina. E se hai ancora dei dubbi te li strapperò via a morsi.

   
 
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