Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: StarFighter    28/08/2014    6 recensioni
E se la spada di Hans avesse frantumato in mille pezzi la statua di ghiaccio di Anna? Se l’inverno perenne scatenato da Elsa non si fosse fermato?
Una notte di tre mesi dopo, il fantasma di Anna fa visita, ad uno ad uno, alle persone che per lei hanno contato qualcosa, nella sua breve vita al di fuori delle mura del castello.
-Elsa: I can feel no pain.
In the ice or in the sun it’s all the same.
-Kristoff: And even though it’s different now, you’re still here somehow…
-Hans: I feel my heart is aching, though it doesn’t beat it’s breaking.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anna, Elsa, Hans, Kristoff
Note: OOC, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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THE GHOST OF YOU

Capitolo 3: I feel my heart is aching, though it doesn’t beat , it’s breaking

 

 

Se qualcuno gli avesse detto che il suo mirabolante quanto semplice piano, per impadronirsi del trono di Arendelle, sarebbe andato a finire così, gli avrebbe dato poco credito, liquidandolo con un sorriso arrogante e un gesto veloce della mano: lui era Hans, della nobile stirpe dei Westerguard, tredicesimo in linea di successione al trono delle Isole del Sud...lui poteva tutto.

Prima di partire per quel luogo dimenticato da Dio, aveva scommesso con se stesso che l’avrebbe fatta pagare ai suoi fratelli per tutti gli anni di soprusi e derisione: sarebbe tornato a casa da vincente, da re, con una bellissima regina sottobraccio e un regno in pugno. La sua famiglia si sarebbe dovuta inchinare alla sua maestria e il padre avrebbe dovuto rimangiarsi tutte le parole con cui lo aveva screditato da quando era nato.

Invece, con suo grande sconcerto, dopo nemmeno tre giorni dal suo arrivo nel regno di Arendelle, si era ritrovato incatenato al freddo e lurido pavimento delle prigioni del castello. Aveva pianificato ogni sua mossa e aveva previsto le contromosse dell’avversario, così da essere sempre un passo avanti, come in un’immaginaria partita a scacchi, e aveva condotto il gioco nel modo più veloce e pulito possibile. Ma aveva sperato troppo presto di aver fatto scacco al re…o alla regina, in questo caso.

Elsa. Il solo pensiero di quell’algida donna gli mandava una miriade di brividi di gelo giù per la schiena. Prima di presenziare alla cerimonia dell’incoronazione, aveva cercato informazioni sulla futura sovrana di quel piccolo regno, incastrato tra le pieghe dei fiordi, tra il mare e la terra, ma nessuno aveva saputo dirgli alcunché: sembrava che quel popolo stranamente ospitale, non conoscesse affatto la principessa Elsa. I suoi fratelli avevano accennato al fatto che le principesse di Arendelle non fossero uscite spesso dal castello, negli ultimi tre lustri, ma mai avrebbe immaginato un tale stato di ignoranza generale da parte del popolo: come faceva quella gente ad accettare di essere governata da qualcuno che non conosceva nemmeno? Quando aveva sollevato la questione con alcuni uomini, nel cortile del palazzo, quelli lo avevano guardato male, come se avesse appena detto un’assurdità: “Re Agdar, che Dio lo abbia in gloria, è stato un grande sovrano. Ha portato la pace e la prosperità ad Arendelle, dove suo padre aveva lasciato solo morte e carestia. Siamo sicuri che la principessa Elsa eguaglierà i risultati del padre.”- gli aveva risposto uno di quei popolani.

Quegli uomini e quelle donne, si fidavano cecamente di qualcuno che non avevano mai visto, credevano nelle capacità di qualcuno che era rimasto chiuso dietro le porte sprangate del castello, per quasi vent’anni! Com’era possibile? Aveva molto presto lasciato perdere la questione, per due motivi: il primo era che lui non aveva riposto mai la sua fiducia in qualcuno e nessuno gliene aveva mai data, per questo non avrebbe potuto capire gli schemi mentali di quella gente; il secondo era stato un ostacolo tra le zampe di Sitron, il suo cavallo.

Tra uno svolazzare di taffetà e nastrini di seta, la seconda in linea di successione, gli si era letteralmente buttata tra le braccia. La principessa Anna, gli era capitata tra le mani come un impiccio e poi si era dimostrata essere il suo lasciapassare per le grazie della regina.

Certo la principessa era accettabilmente carina e così assurdamente ingenua e bisognosa di attenzioni che gli avrebbe reso il tutto più facile, ma perché non provare anche con la regina? In un modo o nell’altro avrebbe avuto il trono. Ma, si era presto reso conto che tutto il suo charm e la sua galanteria non sarebbero serviti a molto, contro il muro di fredda indifferenza della giovane sovrana.

Quella donna, oh quella bellissima quanto gelida donna, che a stento lo aveva guardato negli occhi e aveva soppesato con un solo sguardo le sue intenzioni, lo aveva stregato in tutti i sensi possibili. Lui adorava le donne che gli sfuggivano, quelle che volevano fare le preziose e che poi si rivelavano essere le peggiori meretrici. Aveva sperato a lungo che il suo giochetto funzionasse con Elsa, ma lei non era una di quelle che fanno strisciare gli uomini ai propri piedi, anzi lei sembrava essere indifferente agli sguardi e agli apprezzamenti dei gentiluomini presenti. E ovviamente, questo aveva alterato i suoi piani. Anzi, a voler essere totalmente sincero, glieli aveva facilitati, dando un’accelerata al tutto: nel giro di un giorno era passata dall’essere la nuova ed acclamata regina, al mostro che tutti temevano e che erano pronti a destituire dal trono.

Nella sua mente geniale, era fatta: avrebbe sposato quella sciocca di Anna, così assetata d’amore da bersi tutte le sue moine e fidarsi ciecamente di lui, dopo aver tolto di mezzo Elsa, anche se gli dispiaceva molto sprecare un corpo e un viso del genere, e sarebbe salito al trono, acclamato dal popolo per la sua generosità. Re Hans, il Magnanimo. Già gli sembrava di vederla la folla lodante, che inneggiava il suo nome. Avrebbe poi rilegato Anna al semplice compito di moglie obbediente, per tenere tutto il potere tra le sue mani: lei non avrebbe più avuto voce in capitolo, qualunque fosse stata la questione. Al massimo le avrebbe concesso di donargli un erede, ma niente di più.

E quando Elsa era fuggita via ed Anna le era corsa dietro, lasciando lui in carica come reggente di Arendelle durante la loro assenza, gli era sembrato tutto quasi troppo semplice…come rubare le caramelle ad un bambino!

Ma nel progettare la sua macchinosa congiura, non aveva tenuto conto di un fattore molto importante, quel qualcosa che aveva fatto capitolare interi imperi e che avrebbe fatto fallire anche il suo piano. E come avrebbe potuto prevederlo? Era una cosa che gli era stata a lungo negata, anzi forse non l’aveva mai avuta. L’amore, quello con la A maiuscola, quello sincero ed incondizionato, che scavalcava qualsiasi avversità e che fronteggiava impavido anche il giorno estremo del giudizio.

Proprio quando pensava di essersi sbarazzato per sempre di Anna e di star per porre fine al suo complotto con l’uccisone di Elsa, quel sentimento a lui così estraneo ma a lungo cercato, si era frapposto tra lui e il conseguimento del suo piano.

L’amore di Anna nei confronti di Elsa, aveva salvato quest’ultima da morte certa. La minore si era parata tra la sua spada e le spalle tremanti della regina, sacrificando la sua vita per salvare la sorella. Un gesto, che nella sua mente suonava strano, quasi come una follia.

Una forza misteriosa l’aveva spinto via, dopo che la lama della sua spada aveva mandato in frantumi la figura cristallizzata della principessa, abbattendolo sul duro ghiaccio del fiordo.

Una rabbia a lungo sopita, si era impadronito di lui quando aveva presto intuito che il suo gesto era stato visto da tutti e che quindi tutti avevano scoperto le sue vere intenzioni, mandando in fumo i suoi piani di conquista.

-“Stupida ragazzina!”- aveva gridato mentre si rialzava per recuperare la spada, che era volata via dopo l’impatto-“Maledetta impicciona! Non potevi restartene buona a morire nella tua tomba di ghiaccio? Dovevi per forza intrometterti negli affari dei grandi, eh, sciocca ed ingenua principessina?!”-aveva brandito la spada e si era riavvicinato ad Elsa, che sembrava non essersi accorta della sua vicinanza, persa com’era nel suo stato di trance, pronto a colpire di nuovo-“ Anna sei stata solo una enorme…”- ma non aveva concluso la sua protesta, che qualcosa, anzi qualcuno, l’aveva di nuovo atterrato, mandandolo di nuovo a sbattere contro il ghiaccio. Era come se una montagna gli fosse franata addosso.

Aveva guardato sorpreso in alto, verso il suo assalitore e…chi diavolo era quello?

Non sapeva chi fosse quel bestione che lo tratteneva al suolo e lo colpiva, senza la possibilità di potersi difendere, ma l’unica cosa di cui era certo,era che non l’avrebbe scampata tanto facilmente se non avesse fatto qualcosa. Aveva cercato di contraccambiare i colpi del suo sconosciuto avversario, mandandone solo alcuni a segno e poi aveva avuto la peggio e aveva visto il suo sangue sporcare il limpido ghiaccio ai suoi piedi, quando un pugno lo aveva centrato in pieno volto e aveva sputato via qualche parola offensiva insieme al liquido denso e rosso che gli colava dalla bocca.

Alla fine, anche se non avrebbe voluto, si era arreso alla superiore forza fisica della bestia che gli si era avventata addosso. In lontananza aveva sentito le voci di qualcuno, venirgli in soccorso, ma si erano perse nella nebbia buia che gli aveva offuscato i sensi, in seguito ad un altro colpo ben assestato.

Così, al suo risveglio si era ritrovato, sporco e sanguinante, in una cella buia ed umida, che puzzava di cose a cui non aveva voluto pensare per non rischiare di dare di stomaco. Si era alzato ed aveva notato che le mani erano legate con pesanti catene al pavimento, proprio come lui aveva fatto incatenare la regina. Con passo pesante e le ossa indolenzite, si era avvicinato alla piccolissima finestra che lasciava intravedere il fiordo: tutto era immobile ed immutato là fuori, anzi sembrava che il ghiaccio fosse aumentato da quando aveva perso i sensi. Una voce, anzi più un lamento, si alzava sopra l’ululato del vento: la regina piangeva ancora la sorella, lì da qualche parte, sul mare ghiacciato.

Con non poca fatica, si era lasciato cadere a terra e aveva aspettato la sua punizione.

E ormai erano tre mesi che l’aspettava. Tre mesi in cui ogni mattino aveva aperto gli occhi, temendo che il giorno dopo non avrebbe potuto farlo. Tre mesi di silenzio e gelo ininterrotto, intramezzato solo dalle urla di una donna nel bel mezzo della notte, che lo facevano svegliare terrorizzato. Immense tormente di neve avevano accompagnato la sua prigionia dal giorno dell’uccisone della principessa, oscurando la sua finestrella sul mondo, che gli precludevano la vista del regno, ormai imprigionato sotto metri e metri di bianco.

Quella notte aveva dormito come un ghiro, sognando di cavalcare Sitron nei campi ricchi di papaveri della sua terra, finché uno spiffero gelido non si era insinuato tra le pieghe degli abiti sozzi e logori che portava dal giorno dell’incoronazione, svegliandolo. Strano: era rimasto ad ascoltare il silenzio, ma le urla della donna, che ora aveva capito trattarsi della regina, non avevano riecheggiato tra le mura di pietra del castello, come ogni notte. Forse era morta per il dolore. Peccato, gli sarebbe piaciuto rivedere almeno un’ultima volta, il suo viso niveo ed incantevole.

Si tirò su a sedere, sullo spartano giaciglio di legno e paglia, che aveva imparato a chiamare letto, strofinandosi le mani sulle gambe quasi paralizzate dal freddo, espirando profondamente, lasciando sfuggire uno sbuffo di condensa dalla bocca. Si guardò attorno, alla fioca luce delle lampade ad olio appese nel corridoio delle prigioni: sulle pareti di pietra della cella, si ramificavano ghirigori di ghiaccio, belli alla vista ma letali per la sua salute, che ne era certo, se non l’avessero giustiziato, presto l’avrebbero ucciso nel sonno.

Sospirò, pensando alla miseria in cui era andato a finire, per colpa della sua bramosia di potere e vendetta: “Dannata vita!”- ringhiò a denti stretti, tra sé.

-“Hans.”- un sussurro portato dal vento, gli carezzò l’orecchio, facendolo rabbrividire. Si guardò attorno, pronto a scorgere la Morte in persona, negli angoli bui della cella, ma non vide nessuno, invece: “Haaans.”- la voce di prima lo canzonò dal nulla.

-“Chi sei? Vieni fuori!”- gridò, facendo sobbalzare le guardie che piantonavano la sua porta.

Il rumore del metallo contro il metallo, lo riscosse dal freddo terrore che gli aveva fatto perdere la lucidità per alcuni secondi; una guardia, aveva sbattuto la base della sua lampada contro le sbarre della sua cella: “Che succede qui dentro? Incubi, Vostra Altezza? “- gli chiese, calcando la voce su quell’appellativo, con tono irrisorio.

-“L’avete sentita quella voce? Quella voce, che chiamava il mio nome?”- chiese alzandosi dal pagliericcio su cui riposava e avvicinandosi alla porta della cella.

-“Voce? Quale voce? Io non ho sentito niente.”- proclamò con voce calma una delle due guardie, mentre l’altra si ondeggiava un dito alla tempia destra, per dire che il principe era infine impazzito.

Hans li fissò torvo e poi gli diede le spalle: non avrebbe di certo permesso a delle squallide guardie reali di prendersi gioco di lui così impunemente: “Tornate pure al vostro meritato riposo, zotici.”- sibilò sottovoce.

Si riaccomodò sul suo giaciglio e si prese la testa tra le mani tremanti: forse stava davvero impazzendo come aveva insinuato quella guardia. Forse la solitudine e il freddo avevano vinto, dove anni e anni di invisibilità e ingiustizie avevano fallito.

Il principe Hans sarebbe morto infine,da povero pazzo. Che destino crudele era stato il suo: ignorato, prevaricato, sbeffeggiato dalla sua stessa famiglia, abbagliato da una donna troppo bella e potente e caduto in miseria per colpa di un’insulsa principessa.

Quanto ridicolo doveva sembrare agli occhi delle guardie, che ogni giorno gli portavano i pasti o che lo controllavano da mattina a sera?

Quanto patetico era risultato ai suoi dodici fratelli, quando la certa lettera della regina era giunta nelle Isole del Sud, portando la notizia del suo arresto? Si meravigliava, del fatto che dopo tre mesi di snervante attesa i suoi fratelli non avessero ancora decretato il suo destino. Quanto ci voleva, per decidere della sorte di qualcuno di cui non ti interessa? Lui lo sapeva: nulla. Lui non si era fermato a riflettere nemmeno un attimo prima di calare la sua spada verso Elsa, e quando aveva lasciato Anna, fredda e quasi senza vita chiusa nello studio della regina, non aveva avuto nemmeno un ripensamento. Niente. Solo la vorace fame di vendetta e riscatto che gli premeva dentro.

Sbuffò, scontento di quella situazione: bloccato tra la vita e la morte, in un limbo di gelo e ghiaccio.

Si avvicinò alla finestrella della cella per controllare le condizioni in cui versava Arendelle. Con suo grande stupore, la tempesta si era placata, lasciando dietro di sé solo il fantasma di quello che era stato un regno florido e ospitale. Dopo tre mesi, riuscì a scorgere le stelle, che stavano cominciando a far capolino tra le nubi nere, che andavano dissipandosi pian piano. Un senso di pace aleggiava tra le costruzioni imbiancate di Arendelle, lasciando presagire qualcosa di buono.

Ma se fuori l’aria profumava di cambiamenti positivi, di una terra che risorge a nuova vita dopo il rigido inverno, dentro quella cella continuava ad esserci il tanfo della morte incombente, dell’incognita di un futuro forse inesistente, di rimpianti e sogni infranti. Aprì la finestrella e si sporse, per quel poco che gli permettevano le catene ai polsi, per inspirare profondamente l’aria pulita di quella notte calma, illuminata dalla luce di quella luna nuova e dagli spettacolari bagliori dell’aurora boreale.

Si perse ad osservare quella magica vista.

E poi di nuovo, quella voce fastidiosa, che l’aveva chiamato pocanzi, ruppe il silenzio: “Hans, lo senti il profumo della libertà? È così inebriante, vero?”- fu solo un mormorio soffuso, dolce come una carezza al suo orecchio.

Il principe si voltò di scatto verso l’interno della cella, facendo saltare lo sguardo da un capo all’altro del piccolo quadrato di mura grigie, con gli occhi sbarrati e il respiro mozzato.  

Lo sferragliare di catene che seguì dopo, gli gelò il sangue nelle vene, lasciandolo per un attimo paralizzato, con le spalle rivolte verso la finestra.

-“Respira profondamente, perché dubito che ne avrai più occasione.”- una lieve risatina seguì quelle parole profetiche.

Al limite del suo campo visivo, qualcosa richiamò il suo sguardo e dal freddo muro inanimato, tra uno svolazzare di vesti bianche, emerse una figura opalescente, che lo lasciò senza fiato e apparentemente senza vita, per alcuni secondi.

Il suo viso era bianco, più bianco della neve, più bianco della morte stessa, e il suo vestito rispecchiava in pieno il pallore cadaverico della sua pelle: il puro e virginale candore di un abito da sposa. Hans stava per sentirsi male.

-“A-anna?”- quel nome sfuggì alle sue labbra in un tono di voce che non riuscì a riconoscere. Era stato lui a parlare?

-“Già.”- fece atona, quella figura evanescente e spettrale, che aveva le sembianze della defunta principessa. Gli si avvicinò, lasciando la minima distanza tra loro, passando un dito incorporeo sotto il suo mento.

-“Perché tremi?”- gli chiese ad un soffio dalle sue labbra, facendolo rabbrividire-“Forse, mi temi?”- continuò inchiodandolo con lo sguardo, mentre un accenno di sorriso, appariva sulle sue labbra ceree.

Perché tremava come una foglia? Aveva davvero paura come diceva? Anna, sempre ammesso che fosse lei e non una proiezione del suo cervello pazzo, non poteva fargli del male. Lei era morta.

-“Temerti? E perché mai? Non ho avuto paura di te da viva, figuriamoci da morta.”- disse in tono sprezzante, cercando di placare il tremore che si era impossessato delle sue membra.

-“Allora se non tremi per la paura, per cos’altro potresti farlo, vediamo: rabbia, per la tua misera sorte? Rimorso, per avermi uccisa, forse?”- lo incalzò Anna, alitandogli in viso.

-“Per il freddo, forse.”-ironizzò, cercando di trovare un qualcosa di logico in quello che stava accadendo.

Il volto etereo di Anna si contorse in una smorfia disgustata: “Come fai?”- gli chiese allontanandosi di un passo.

-“Come faccio a fare cosa?”- rigirò la domanda.

-“Ad essere così.”-rispose semplicemente.

-“Così, come?”- chiese scocciato.

-“Così disgustosamente te.”- sputò fuori, senza la minima traccia di amichevolezza nella voce.

Hans rimase a fissarla, inerme dinanzi allo spettacolo soprannaturale della sua venuta, sferzato da quelle parole dure come il ghiaccio che imprigionava il fiordo.

-“Hans,”- il suo nome suonava come una maledizione sulle sue labbra-“perché?”- cacciò fuori in un soffio, con lo sguardo triste.

-“Perché cosa, Anna?!”- la sua vista cominciava a disturbarlo più di quanto volesse ammetterlo.

Lo spettro gli fu di nuovo addosso,in un battito di ciglia: Anna alzò la mano verso il suo volto, lasciando che le sue impalpabili dita, scivolassero lente sulla guancia ispida del principe, come in un’amorevole carezza. Poi scesero verso la gola, cercando di afferrarla: sapeva che non avrebbe potuto nuocergli nelle sue condizioni. Ma Hans no: infatti lo vide ingoiare a vuoto e abbassare lo sguardo verso di lei. Il principe avvertiva distintamente qualcosa premere contro la pelle delicata del collo.

-“Perché lo hai fatto?”- Anna gli si avvicinò così tanto, che ormai le loro labbra distavano solo pochi millimetri- “Perché mi hai uccisa? Credevo mi amassi.”-

-“Credevi male, allora.”- le rispose brutalmente, cercando di respingerla, ma la frase venne fuori senza fiato, troppo per suonare crudele-“ Eri così stolta, così disperata d’amore, che è stato un gioco da bambini, illuderti.”

Saltò spaventato, quando la presa sul suo collo, sembrò farsi più fredda e violenta. Si morse le labbra, per evitare di urlare.

-“Invece io ti amavo davvero.”-  la sua voce un fioco bisbiglio nel suo orecchio.

Poi ad un tratto la sua presa scomparve e la sua figura incorporea, si staccò da lui. Anna rimase dinanzi a lui, in tutta la sua gloria ultraterrena. Nemmeno da viva aveva avuto tutto quella grazia divina. Si concesse di studiare per un attimo la sua figura, coperta da quell’abito candido, ferma in una posa quasi teatrale.

Lacrime nere cominciarono a sgorgarle dagli occhi, rigandole il viso di porcellana, sporcandole il vestito di disturbanti macchie scure.

-“ Perché?”- gli chiese di nuovo, semplicemente.

-“Perché non mi è mai importato nulla di te, né delle tue stupide chiacchiere, né del fatto che avessi bisogno di qualcuno che ti stesse accanto dopo anni di reclusione. Eri solo una pedina del mio gioco…una pedina altamente sacrificabile, aggiungerei. Se qui c’è qualcuno da rimproverare per la tua morte, quella sei tu, non certo io.”- le disse scrollando le spalle.

Anna lo fissava a bocca aperta, incredula di fronte a tanto cinismo: “C-cosa?”

-“Oh Anna.”- la chiamò con tono benevolo-“Se tu non fossi stata tanto ingenua da gettarti tra le mie braccia e credere ad ogni parola che usciva dalle mie labbra, ora non saremmo qui.”- ci pensò su un attimo-“O forse si, ma non è questo il punto.” Si allontanò dalla finestrella e, per quanto gli permettesse il peso delle catene ai polsi, cominciò a gesticolare verso di lei, per sottolineare il suo punto di vista.

-“Il punto è, che se sei morta è colpa della tua stupidità. Anna, so che fa male sentirselo dire ma, non offenderti, sei davvero un’idiota. Come hai potuto pensare, che io avrei potuto scegliere te, scricciolo insignificante, come mia consorte? Andiamo, è una follia, il solo pensiero. Io ho bisogno di una donna di classe, raffinata, con modi impeccabili e con un cervello che sia un po’ più grande di una noce; tu sei l’esatto opposto di tutto questo; l’unica cosa che ti qualificava era il tuo titolo, nulla di più.”- concluse girandole attorno.

-“Sei un mostro!”- sputò fuori Anna, voltandosi a guardarlo.

-“Disse lo spettro inquietante…”- la canzonò lui, sedendosi sulla sua sudicia branda.

-“Come puoi continuare a vivere, con il peso di quello che mi hai fatto? Tu-mi-hai-uccisa!”- gli urlò contro. La sua voce rimbalzò violenta sulle pareti,lasciandolo assordato per alcuni secondi, facendolo tremare come qualche minuto prima. Hans si chiese come mai le guardie non accorressero, con tutto quel fracasso che stava facendo quella pazza-“Per colpa tua e della tua sete di potere, non avrò mai un futuro, non riceverò mai il mio primo bacio, né potrò sposare il mio vero amore. Non potrò stare accanto a mia sorella, come ho sognato di fare in tutti questi anni e tutto questo solo a causa tua!”- le lacrime nere avevano smesso di sporcarle il viso candido, ma il suo sguardo continuava ad essere colmo di rabbia e tristezza. Non pensava che Anna fosse capace di provare tali emozioni.

-“Non hai nessun rimorso per questo?Mmh?”- gli chiese infine.

Hans alzò lo sguardo su di lei, puntando i suoi occhi giada, cerchiati da ombre scure, nelle iridi incolore della principessa.

-“No.”- fu la sua risposta laconica.

Anna rimase spiazzata di fronte alla sua crudele schiettezza. Se avesse ancora potuto respirare, era sicura che il fiato le si sarebbe smorzato in gola, dopo quella semplice parola rivelatrice.

-“Ora, se hai finito, posso porti io una domanda? Certo che si.”- rispose per lei-“In nome della sanità mentale, perché diavolo indossi un abito da sposa?”- le chiese prendendola in giro.

Anna sembrò riflettere sulla domanda, poi un piccolo sorrisino si fece strada sulle sue labbra: “Oh, l’hai notato. Ne sono felice.”- disse, girando su se stessa-“Sai, era di mia madre, bello vero? L’avrei indossato alle nostre nozze, nel caso ce ne fossero state…ma a quanto pare avevi altro in mente, per noi.”

-“Noi?! Ancora non capisci, non c’è mai stato un noi…”- la interruppe bruscamente lui, ridacchiando della sua ostinata buona fede.

Anna lo ignorò: “In teoria avrebbero dovuto seppellirmi con questo, ma di me non rimane nulla, giusto?”- chiese più a se stessa che a lui-“ Mi dispiaceva non averlo potuto indossare in nessuno dei due casi, così ho voluto metterlo comunque, per venire a farti visita.”

-“Perché proprio per venire da me?”- chiese scettico.

-“Per smuovere il tuo animo velenoso: pensavo che se avessi visto quello che mi avevi precluso, forse avresti potuto redimerti, provando rimorso per le tue azioni. Ma mi sbagliavo, sei e resterai sempre il viscido principe dei vermi.”

-“Sbagli. Di una cosa mi sono pentito.”- le disse alzandosi piano a fronteggiarla, sovrastandola con la sua altezza-“Di non averti uccisa quando ho avuto la prima occasione: avrei dovuto toglierti la vita quando sei tornata dalle montagne, debole ed indifesa nelle mie mani. Sarebbe stato uno scherzo spezzarti il collo o soffocarti con un cuscino, così avrei avuto la libertà di uccidere anche tua sorella. Ma sono stato troppo magnanimo e ho voluto lasciarti ancora qualche minuto di vita…è stato un grave errore da parte mia. E me ne rammarico ogni giorno.”- le confessò con voce atona.

La mano di Anna scattò veloce verso il suo viso, nel vano tentativo di colpirlo. Ma con suo grande sconcerto, la mano passò attraverso la pelle del principe, senza arrecargli nessun danno. Perché con Elsa e Kristoff le era riuscito e con lui no?

Hans si riprese dall’iniziale turbamento e scoppiò a ridere di gusto, di fronte all’espressione smarrita della principessa-“ Avrei dovuto presumerlo sin dall’inizio, che non potevi fami del male. I morti non possono nuocere ai viventi. La mia balia mi raccontava spesso storie di fantasmi e mi diceva sempre di non temerli, perché non possono nulla nel nostro mondo.”-

Il principe continuava a ridere,sollevato da quella scoperta, mentre Anna fumava di rabbia davanti alla sua inutilità: avrebbe voluto colpirlo così forte da fargli sputare via l’anima. Avrebbe tanto voluto fargliela pagare per tutto quello che aveva fatto a lei, alla sorella e ad Arendelle.

Ma non poteva. Non c’era nessun oggetto che avrebbe potuto lanciargli contro, per ferirlo anche solo di striscio, su quel visino a cui tanto teneva.

Però forse…un’idea le balenò in mente, mentre Hans continuava a schernirla per la sua inettitudine.

-“Oh Anna, mi farai morir dal ridere.”- si asciugò una lacrima che era sfuggita al suo controllo.

-“Forse ti farò morire e basta, invece.”- sentenziò melliflua-“Ho ancora un trucco nella manica.”

Hans la guardò voltarsi e allungare un braccio verso la porta della cella, poi girarsi di nuovo verso di lui con studiata lentezza: il mefistofelico sorrisino sghembo che gli scoccò, non gli fece presagire nulla di buono.

-“Sta a vedere.”- gli sussurrò, portandosi una mano alla bocca e schiarendosi la voce con un colpo di tosse, che fece tremolare tutta la sua figura.

La mano protesa verso la porta, si artigliò, mentre l’uscio di legno cominciava a tremare violentemente, come se qualcuno vi si fosse aggrappato e lo stesse scuotendo con forza.

-“Zotici, aprite immediatamente questa porta. È il principe Hans che ve lo ordina, feccia immonda. Come osate trattenermi ancora qui? Dovreste lodarmi e baciare il suolo dove si poggiano i miei piedi, per quello che ho tentato di fare! Liberarvi da quella cagna frigida non era abbastanza per voi, per fare di me il vostro amato re? Come fate a inneggiare il suo nome, dopo quello che ha fatto a questa terra? Siete solo dei poveri bifolchi ignoranti, pronti a fare qualsiasi cosa pur di ricevere un tozzo di pane rancido per riempirvi lo stomaco. Chissà con quali promesse vi ha stregati la regina Elsa…chissà cosa vi ha promesso quella meretrice. Credete pure alle sue bugie, stupidi caproni in calore.”- Anna urlava con tutta la voce che aveva, mentre la porta continuava a gemere sotto i suoi colpi invisibili. Non aveva mai usato tali termini in tutta la sua vita, anzi ci si aspettava che una principessa non dovesse nemmeno conoscerle certe parole, ma a volte aveva sentito Kai urlarle ai garzoni o dette dal cuoco mentre sbraitava alle galline che scorrazzavano nell’aia. Dirle le dava un sorprendente senso di liberazione.

Hans la guardava incredulo, con gli occhi verdi spalancati e la bocca aperta, come se fosse pronto a dire qualcosa, ma la voce l’avesse abbandonato di punto in bianco.

La porta della cella si aprì di botto, andando a sbattere contro il muro. Le due guardie, che presidiavano la sua prigione, entrarono di corsa, passando ignare attraverso la figura cristallina di Anna, che scomparve per una frazione di secondo. Hans se li ritrovò addosso, prima che potesse dire una qualsiasi cosa. Cominciarono a colpirlo violentemente, mentre lui cercava di farsi scudo con le mani incatenate.

-“Sono stufo delle lamentele di Vostra Altezza.”- sbottò uno dei due uomini, colpendolo in volto, lacerandogli la pelle dello zigomo sinistro.

-“Questo è per Arendelle.”- gli sussurrò Anna, a quanto pareva  invisibile agli occhi delle due guardi.

-“Non osare mai più insultare la nostra regina. Tu non hai il diritto di parlare così di lei!”- gli urlò contro l’altro, piantandogli un pugno nello stomaco.

-“Questo è per Elsa.”- continuò Anna, contando sulle mani.

Hans cadde in terra, tossendo sangue, mantenendosi una mano sul ventre. Le due guardie smisero di colpirlo.

-“Quando ti giustizieranno, sarà un piacere per noi infilare la tua testa marcia su una picca. Lasceremo il tuo corpo ai cani, che banchetteranno con le tue carni.”- infine, insieme gli assestarono due violenti calci, facendolo ruzzolare sul pavimento, mandandolo a sbattere contro il muro.

-“Questo era per me!”- sbottò Anna, mentre le due guardie uscivano, lasciando Hans inerme, riverso in terra.

La principessa gli si avvicinò, sorridendo tra sé per la sua piccola vendetta personale:“Questa è solo una parte del tormento che ti sarà inflitto d’ora in poi: nel caso dovessero liberarti, cosa di cui dubito fortemente, concedendoti di continuare a vivere, ti tormenterò ogni notte e ogni giorno fino all’ora della tua morte. Nel caso contrario, ti aspetto dall’altra parte… e sappi che non avrai pace, perché prenderò a calci il tuo reale fondoschiena da qui all’eternità!”- gli sussurrò, cercando di toccargli il viso tumefatto.

Hans cacciò un lamento, cercando di rannicchiarsi su se stesso.

-“Sai, ti compatisco Hans: rinchiuso qui ad attendere un giudizio che non arriverà. A casa non c’è nessuno a cui importi di te; infatti i tuoi fratelli hanno deciso che sarà Elsa a decidere della tua sorte.”- lo vide sobbalzare impercettibilmente davanti a quella novità.

-“Povero Hans…se solo qualcuno là fuori ti amasse davvero.”- gli sussurrò all’orecchio. Il fiato del principe si smorzò, lasciandolo immobile per alcuni secondi.

Anna si alzò voltandosi verso la finestra, a guardare l’alba che stava nascendo su quel nuovo giorno. Un timido raggio di Sole penetrò il vetro opaco, trafiggendo la figura della principessa, che s’incantò ad osservare il punto in cui quella luce calda l’accarezzava, lasciandole una sensazione di felicità e pace, che non sperava di poter più provare. Abbassò lo sguardo su Hans, che tentava di mettersi a sedere: “Che tu sia maledetta.”- sibilò a denti stretti.

Anna lo ignorò completamente, provando pena per la sua funesta sorte:“Addio. Spero tu possa trovare quello che hai sempre desiderato.”- lo salutò.

E, mentre i bagliori del mattino facevano capolino nella buia cella delle prigioni, Anna svanì nella luce.

Per sempre.

 

 

THE END

 

Nda: heilà gente! Come sono andate le vacanze? Eh già, sono tornata con l’ultimo capitolo di questa mezza cosuccia pazza, che mi è venuta in mente un po’ di mesi fa. Spero vi sia piaciuta quest’ultima shot, un po’ più lunga delle altre devo ammetterlo: non so perché, ma Anna che fa del male ad Hans mi ispira, forse è per questo che è venuto così lunga XD Prima che mi diciate qualsiasi cosa sul carattere dei personaggi, vi anticipo dicendo che si, sono mooolto OOC,soprattutto Anna, ma ehi...Hans l'ha uccisa e lei doveva pur avere la sua vendetta per quello che le ha fatto! Spero vada bene così, altrimenti fatemelo sapere ;)

Comunque ringrazio come sempre chi ha letto, chi ha recensito, chi ha inserito la ff tra le seguite/preferite e chi si fermerà a lasciarmi un commentino anche su quest’ultima farneticazione ;) Mi raccomando fatevi sentire: i vostri pareri sono letteralmente linfa vitale per me!

Ci si legge in giro, baci ^.^

   
 
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