THE GHOST OF YOU
Capitolo 3: I feel
my heart is aching, though it doesn’t
beat , it’s breaking
Se
qualcuno gli avesse detto che il suo mirabolante quanto semplice
piano, per impadronirsi del trono di Arendelle, sarebbe andato a finire
così, gli
avrebbe dato poco credito, liquidandolo con un sorriso arrogante e un
gesto
veloce della mano: lui era Hans, della nobile stirpe dei Westerguard,
tredicesimo in linea di successione al trono delle Isole del Sud...lui
poteva
tutto.
Prima
di partire per quel luogo dimenticato da Dio, aveva scommesso con
se stesso che l’avrebbe fatta pagare ai suoi fratelli per
tutti gli anni di
soprusi e derisione: sarebbe tornato a casa da vincente, da re, con una
bellissima regina sottobraccio e un regno in pugno. La sua famiglia si
sarebbe
dovuta inchinare alla sua maestria e il padre avrebbe dovuto
rimangiarsi tutte
le parole con cui lo aveva screditato da quando era nato.
Invece,
con suo grande sconcerto, dopo nemmeno tre giorni dal suo
arrivo nel regno di Arendelle, si era ritrovato incatenato al freddo e
lurido
pavimento delle prigioni del castello. Aveva pianificato ogni sua mossa
e aveva
previsto le contromosse dell’avversario, così da
essere sempre un passo avanti,
come in un’immaginaria partita a scacchi, e aveva condotto il
gioco nel modo
più veloce e pulito possibile. Ma aveva sperato troppo
presto di aver fatto
scacco al re…o alla regina, in questo caso.
Elsa.
Il solo pensiero di quell’algida donna gli mandava una
miriade di
brividi di gelo giù per la schiena. Prima di presenziare
alla cerimonia
dell’incoronazione, aveva cercato informazioni sulla futura
sovrana di quel
piccolo regno, incastrato tra le pieghe dei fiordi, tra il mare e la
terra, ma
nessuno aveva saputo dirgli alcunché: sembrava che quel
popolo stranamente
ospitale, non conoscesse affatto la principessa Elsa. I suoi fratelli
avevano
accennato al fatto che le principesse di Arendelle non fossero uscite
spesso
dal castello, negli ultimi tre lustri, ma mai avrebbe immaginato un
tale stato
di ignoranza generale da parte del popolo: come faceva quella gente ad
accettare di essere governata da qualcuno che non conosceva nemmeno?
Quando
aveva sollevato la questione con alcuni uomini, nel cortile del
palazzo, quelli
lo avevano guardato male, come se avesse appena detto
un’assurdità: “Re Agdar,
che Dio lo abbia in gloria, è stato un grande sovrano. Ha
portato la pace e la
prosperità ad Arendelle, dove suo padre aveva lasciato solo
morte e carestia.
Siamo sicuri che la principessa Elsa eguaglierà i risultati
del padre.”- gli
aveva risposto uno di quei popolani.
Quegli
uomini e quelle donne, si fidavano cecamente di qualcuno che non
avevano mai visto, credevano nelle capacità di qualcuno che
era rimasto chiuso
dietro le porte sprangate del castello, per quasi vent’anni!
Com’era possibile?
Aveva molto presto lasciato perdere la questione, per due motivi: il
primo era
che lui non aveva riposto mai la sua fiducia in qualcuno e nessuno
gliene aveva
mai data, per questo non avrebbe potuto capire gli schemi mentali di
quella
gente; il secondo era stato un ostacolo tra le zampe di Sitron, il suo
cavallo.
Tra
uno svolazzare di taffetà e nastrini di seta, la seconda in
linea
di successione, gli si era letteralmente buttata tra le braccia. La
principessa
Anna, gli era capitata tra le mani come un impiccio e poi si era
dimostrata
essere il suo lasciapassare per le grazie della regina.
Certo
la principessa era accettabilmente carina e così
assurdamente
ingenua e bisognosa di attenzioni che gli avrebbe reso il tutto
più facile, ma
perché non provare anche con la regina? In un modo o
nell’altro avrebbe avuto
il trono. Ma, si era presto reso conto che tutto il suo charm e la sua
galanteria non sarebbero serviti a molto, contro il muro di fredda
indifferenza
della giovane sovrana.
Quella
donna, oh quella bellissima quanto gelida donna, che a stento lo
aveva guardato negli occhi e aveva soppesato con un solo sguardo le sue
intenzioni, lo aveva stregato in tutti i sensi possibili. Lui adorava
le donne
che gli sfuggivano, quelle che volevano fare le preziose e che poi si
rivelavano essere le peggiori meretrici. Aveva sperato a lungo che il
suo
giochetto funzionasse con Elsa, ma lei non era una di quelle che fanno
strisciare gli uomini ai propri piedi, anzi lei sembrava essere
indifferente
agli sguardi e agli apprezzamenti dei gentiluomini presenti. E
ovviamente,
questo aveva alterato i suoi piani. Anzi, a voler essere totalmente
sincero,
glieli aveva facilitati, dando un’accelerata al tutto: nel
giro di un giorno
era passata dall’essere la nuova ed acclamata regina, al
mostro che tutti
temevano e che erano pronti a destituire dal trono.
Nella
sua mente geniale, era fatta: avrebbe sposato quella sciocca di
Anna, così assetata d’amore da bersi tutte le sue
moine e fidarsi ciecamente di
lui, dopo aver tolto di mezzo Elsa, anche se gli dispiaceva molto
sprecare un
corpo e un viso del genere, e sarebbe salito al trono, acclamato dal
popolo per
la sua generosità. Re Hans, il Magnanimo. Già gli
sembrava di vederla la folla
lodante, che inneggiava il suo nome. Avrebbe poi rilegato Anna al
semplice
compito di moglie obbediente, per tenere tutto il potere tra le sue
mani: lei
non avrebbe più avuto voce in capitolo, qualunque fosse
stata la questione. Al
massimo le avrebbe concesso di donargli un erede, ma niente di
più.
E
quando Elsa era fuggita via ed Anna le era corsa dietro, lasciando
lui in carica come reggente di Arendelle durante la loro assenza, gli
era
sembrato tutto quasi troppo semplice…come rubare le
caramelle ad un bambino!
Ma
nel progettare la sua macchinosa congiura, non aveva tenuto conto di
un fattore molto importante, quel qualcosa che aveva fatto capitolare
interi
imperi e che avrebbe fatto fallire anche il suo piano. E come avrebbe
potuto
prevederlo? Era una cosa che gli era stata a lungo negata, anzi forse
non
l’aveva mai avuta. L’amore, quello con la A
maiuscola, quello sincero ed
incondizionato, che scavalcava qualsiasi avversità e che
fronteggiava impavido
anche il giorno estremo del giudizio.
Proprio
quando pensava di essersi sbarazzato per sempre di Anna e di
star per porre fine al suo complotto con l’uccisone di Elsa,
quel sentimento a
lui così estraneo ma a lungo cercato, si era frapposto tra
lui e il
conseguimento del suo piano.
L’amore
di Anna nei confronti di Elsa, aveva salvato quest’ultima da
morte certa. La minore si era parata tra la sua spada e le spalle
tremanti
della regina, sacrificando la sua vita per salvare la sorella. Un
gesto, che
nella sua mente suonava strano, quasi come una follia.
Una
forza misteriosa l’aveva spinto via, dopo che la lama della
sua
spada aveva mandato in frantumi la figura cristallizzata della
principessa,
abbattendolo sul duro ghiaccio del fiordo.
Una
rabbia a lungo sopita, si era impadronito di lui quando aveva
presto intuito che il suo gesto era stato visto da tutti e che quindi
tutti
avevano scoperto le sue vere intenzioni, mandando in fumo i suoi piani
di
conquista.
-“Stupida
ragazzina!”- aveva gridato mentre si rialzava per recuperare
la spada, che era volata via dopo
l’impatto-“Maledetta impicciona! Non potevi
restartene buona a morire nella tua tomba di ghiaccio? Dovevi per forza
intrometterti negli affari dei grandi, eh, sciocca ed ingenua
principessina?!”-aveva
brandito la spada e si era riavvicinato ad Elsa, che sembrava non
essersi
accorta della sua vicinanza, persa com’era nel suo stato di
trance, pronto a
colpire di nuovo-“ Anna sei stata solo una
enorme…”- ma non aveva concluso la
sua protesta, che qualcosa, anzi qualcuno, l’aveva di nuovo
atterrato,
mandandolo di nuovo a sbattere contro il ghiaccio. Era come se una
montagna gli
fosse franata addosso.
Aveva
guardato sorpreso in alto, verso il suo assalitore e…chi
diavolo
era quello?
Non
sapeva chi fosse quel bestione che lo tratteneva al suolo e lo
colpiva, senza la possibilità di potersi difendere, ma
l’unica cosa di cui era
certo,era che non l’avrebbe scampata tanto facilmente se non
avesse fatto
qualcosa. Aveva cercato di contraccambiare i colpi del suo sconosciuto
avversario,
mandandone solo alcuni a segno e poi aveva avuto la peggio e aveva
visto il suo
sangue sporcare il limpido ghiaccio ai suoi piedi, quando un pugno lo
aveva
centrato in pieno volto e aveva sputato via qualche parola offensiva
insieme al
liquido denso e rosso che gli colava dalla bocca.
Alla
fine, anche se non avrebbe voluto, si era arreso alla superiore
forza fisica della bestia che gli si era avventata addosso. In
lontananza aveva
sentito le voci di qualcuno, venirgli in soccorso, ma si erano perse
nella
nebbia buia che gli aveva offuscato i sensi, in seguito ad un altro
colpo ben
assestato.
Così,
al suo risveglio si era ritrovato, sporco e sanguinante, in una
cella buia ed umida, che puzzava di cose a cui non aveva voluto pensare
per non
rischiare di dare di stomaco. Si era alzato ed aveva notato che le mani
erano
legate con pesanti catene al pavimento, proprio come lui aveva fatto
incatenare
la regina. Con passo pesante e le ossa indolenzite, si era avvicinato
alla
piccolissima finestra che lasciava intravedere il fiordo: tutto era
immobile ed
immutato là fuori, anzi sembrava che il ghiaccio fosse
aumentato da quando
aveva perso i sensi. Una voce, anzi più un lamento, si
alzava sopra l’ululato
del vento: la regina piangeva ancora la sorella, lì da
qualche parte, sul mare
ghiacciato.
Con
non poca fatica, si era lasciato cadere a terra e aveva aspettato
la sua punizione.
E
ormai erano tre mesi che l’aspettava. Tre mesi in cui ogni
mattino
aveva aperto gli occhi, temendo che il giorno dopo non avrebbe potuto
farlo.
Tre mesi di silenzio e gelo ininterrotto, intramezzato solo dalle urla
di una
donna nel bel mezzo della notte, che lo facevano svegliare
terrorizzato.
Immense tormente di neve avevano accompagnato la sua prigionia dal
giorno
dell’uccisone della principessa, oscurando la sua finestrella
sul mondo, che
gli precludevano la vista del regno, ormai imprigionato sotto metri e
metri di
bianco.
Quella
notte aveva dormito come un ghiro, sognando di cavalcare Sitron
nei campi ricchi di papaveri della sua terra, finché uno
spiffero gelido non si
era insinuato tra le pieghe degli abiti sozzi e logori che portava dal
giorno
dell’incoronazione, svegliandolo. Strano: era rimasto ad
ascoltare il silenzio,
ma le urla della donna, che ora aveva capito trattarsi della regina,
non
avevano riecheggiato tra le mura di pietra del castello, come ogni
notte. Forse
era morta per il dolore. Peccato, gli sarebbe piaciuto rivedere almeno
un’ultima volta, il suo viso niveo ed incantevole.
Si
tirò su a sedere, sullo spartano giaciglio di legno e
paglia, che
aveva imparato a chiamare letto, strofinandosi le mani sulle gambe
quasi
paralizzate dal freddo, espirando profondamente, lasciando sfuggire uno
sbuffo
di condensa dalla bocca. Si guardò attorno, alla fioca luce
delle lampade ad
olio appese nel corridoio delle prigioni: sulle pareti di pietra della
cella,
si ramificavano ghirigori di ghiaccio, belli alla vista ma letali per
la sua
salute, che ne era certo, se non l’avessero giustiziato,
presto l’avrebbero
ucciso nel sonno.
Sospirò,
pensando alla miseria in cui era andato a finire, per colpa
della sua bramosia di potere e vendetta: “Dannata
vita!”- ringhiò a denti
stretti, tra sé.
-“Hans.”-
un sussurro portato dal vento, gli carezzò
l’orecchio,
facendolo rabbrividire. Si guardò attorno, pronto a scorgere
la Morte in
persona, negli angoli bui della cella, ma non vide nessuno, invece:
“Haaans.”-
la voce di prima lo canzonò dal nulla.
-“Chi
sei? Vieni fuori!”- gridò, facendo sobbalzare le
guardie che
piantonavano la sua porta.
Il
rumore del metallo contro il metallo, lo riscosse dal freddo terrore
che gli aveva fatto perdere la lucidità per alcuni secondi;
una guardia, aveva
sbattuto la base della sua lampada contro le sbarre della sua cella:
“Che
succede qui dentro? Incubi, Vostra Altezza?
“- gli chiese, calcando la
voce su quell’appellativo, con tono irrisorio.
-“L’avete
sentita
quella voce? Quella voce, che chiamava il mio nome?”- chiese
alzandosi dal
pagliericcio su cui riposava e avvicinandosi alla porta della cella.
-“Voce?
Quale voce? Io
non ho sentito niente.”- proclamò con voce calma
una delle due guardie, mentre
l’altra si ondeggiava un dito alla tempia destra, per dire
che il principe era
infine impazzito.
Hans
li fissò torvo e
poi gli diede le spalle: non avrebbe di certo permesso a delle
squallide
guardie reali di prendersi gioco di lui così impunemente:
“Tornate pure al
vostro meritato riposo, zotici.”- sibilò sottovoce.
Si
riaccomodò sul suo
giaciglio e si prese la testa tra le mani tremanti: forse stava davvero
impazzendo come aveva insinuato quella guardia. Forse la solitudine e
il freddo
avevano vinto, dove anni e anni di invisibilità e
ingiustizie avevano fallito.
Il
principe Hans
sarebbe morto infine,da povero pazzo. Che destino crudele era stato il
suo: ignorato,
prevaricato, sbeffeggiato dalla sua stessa famiglia, abbagliato da una
donna
troppo bella e potente e caduto in miseria per colpa di
un’insulsa principessa.
Quanto
ridicolo doveva
sembrare agli occhi delle guardie, che ogni giorno gli portavano i
pasti o che
lo controllavano da mattina a sera?
Quanto
patetico era
risultato ai suoi dodici fratelli, quando la certa lettera della regina
era
giunta nelle Isole del Sud, portando la notizia del suo arresto? Si
meravigliava, del fatto che dopo tre mesi di snervante attesa i suoi
fratelli
non avessero ancora decretato il suo destino. Quanto ci voleva, per
decidere
della sorte di qualcuno di cui non ti interessa? Lui lo sapeva: nulla.
Lui non
si era fermato a riflettere nemmeno un attimo prima di calare la sua
spada
verso Elsa, e quando aveva lasciato Anna, fredda e quasi senza vita
chiusa
nello studio della regina, non aveva avuto nemmeno un ripensamento.
Niente.
Solo la vorace fame di vendetta e riscatto che gli premeva dentro.
Sbuffò,
scontento di
quella situazione: bloccato tra la vita e la morte, in un limbo di gelo
e
ghiaccio.
Si
avvicinò alla
finestrella della cella per controllare le condizioni in cui versava
Arendelle.
Con suo grande stupore, la tempesta si era placata, lasciando dietro di
sé solo
il fantasma di quello che era stato un regno florido e ospitale. Dopo
tre mesi,
riuscì a scorgere le stelle, che stavano cominciando a far
capolino tra le nubi
nere, che andavano dissipandosi pian piano. Un senso di pace aleggiava
tra le
costruzioni imbiancate di Arendelle, lasciando presagire qualcosa di
buono.
Ma
se fuori l’aria profumava
di cambiamenti positivi, di una terra che risorge a nuova vita dopo il
rigido
inverno, dentro quella cella continuava ad esserci il tanfo della morte
incombente, dell’incognita di un futuro forse inesistente, di
rimpianti e sogni
infranti. Aprì la finestrella e si sporse, per quel poco che
gli permettevano
le catene ai polsi, per inspirare profondamente l’aria pulita
di quella notte
calma, illuminata dalla luce di quella luna nuova e dagli spettacolari
bagliori
dell’aurora boreale.
Si
perse ad osservare
quella magica vista.
E
poi di nuovo, quella
voce fastidiosa, che l’aveva chiamato pocanzi, ruppe il
silenzio: “Hans, lo
senti il profumo della libertà? È così
inebriante, vero?”- fu solo un mormorio
soffuso, dolce come una carezza al suo orecchio.
Il
principe si voltò
di scatto verso l’interno della cella, facendo saltare lo
sguardo da un capo
all’altro del piccolo quadrato di mura grigie, con gli occhi
sbarrati e il
respiro mozzato.
Lo
sferragliare di
catene che seguì dopo, gli gelò il sangue nelle
vene, lasciandolo per un attimo
paralizzato, con le spalle rivolte verso la finestra.
-“Respira
profondamente, perché dubito che ne avrai più
occasione.”- una lieve risatina
seguì quelle parole profetiche.
Al
limite del suo
campo visivo, qualcosa richiamò il suo sguardo e dal freddo
muro inanimato, tra
uno svolazzare di vesti bianche, emerse una figura opalescente, che lo
lasciò
senza fiato e apparentemente senza vita, per alcuni secondi.
Il
suo viso era
bianco, più bianco della neve, più bianco della
morte stessa, e il suo vestito
rispecchiava in pieno il pallore cadaverico della sua pelle: il puro e
virginale candore di un abito da sposa. Hans stava per sentirsi male.
-“A-anna?”-
quel nome
sfuggì alle sue labbra in un tono di voce che non
riuscì a riconoscere. Era
stato lui a parlare?
-“Già.”-
fece atona,
quella figura evanescente e spettrale, che aveva le sembianze della
defunta
principessa. Gli si avvicinò, lasciando la minima distanza
tra loro, passando
un dito incorporeo sotto il suo mento.
-“Perché
tremi?”- gli
chiese ad un soffio dalle sue labbra, facendolo
rabbrividire-“Forse, mi temi?”-
continuò inchiodandolo con lo sguardo, mentre un accenno di
sorriso, appariva
sulle sue labbra ceree.
Perché
tremava come
una foglia? Aveva davvero paura come diceva? Anna, sempre ammesso che
fosse lei
e non una proiezione del suo cervello pazzo, non poteva fargli del
male. Lei
era morta.
-“Temerti?
E perché
mai? Non ho avuto paura di te da viva, figuriamoci da
morta.”- disse in tono
sprezzante, cercando di placare il tremore che si era impossessato
delle sue
membra.
-“Allora
se non tremi
per la paura, per cos’altro potresti farlo, vediamo: rabbia,
per la tua misera
sorte? Rimorso, per avermi uccisa, forse?”- lo
incalzò Anna, alitandogli in
viso.
-“Per
il freddo,
forse.”-ironizzò, cercando di trovare un qualcosa
di logico in quello che stava
accadendo.
Il
volto etereo di
Anna si contorse in una smorfia disgustata: “Come
fai?”- gli chiese
allontanandosi di un passo.
-“Come
faccio a fare
cosa?”- rigirò la domanda.
-“Ad
essere
così.”-rispose semplicemente.
-“Così,
come?”- chiese
scocciato.
-“Così
disgustosamente
te.”- sputò fuori, senza la minima traccia di
amichevolezza nella voce.
Hans
rimase a
fissarla, inerme dinanzi allo spettacolo soprannaturale della sua
venuta,
sferzato da quelle parole dure come il ghiaccio che imprigionava il
fiordo.
-“Hans,”-
il suo nome
suonava come una maledizione sulle sue
labbra-“perché?”- cacciò
fuori in un
soffio, con lo sguardo triste.
-“Perché
cosa,
Anna?!”- la sua vista cominciava a disturbarlo più
di quanto volesse
ammetterlo.
Lo
spettro gli fu di
nuovo addosso,in un battito di ciglia: Anna alzò la mano
verso il suo volto,
lasciando che le sue impalpabili dita, scivolassero lente sulla guancia
ispida
del principe, come in un’amorevole carezza. Poi scesero verso
la gola, cercando
di afferrarla: sapeva che non avrebbe potuto nuocergli nelle sue
condizioni. Ma
Hans no: infatti lo vide ingoiare a vuoto e abbassare lo sguardo verso
di lei.
Il principe avvertiva distintamente qualcosa premere contro la pelle
delicata
del collo.
-“Perché
lo hai
fatto?”- Anna gli si avvicinò così
tanto, che ormai le loro labbra distavano
solo pochi millimetri- “Perché mi hai uccisa?
Credevo mi amassi.”-
-“Credevi
male,
allora.”- le rispose brutalmente, cercando di respingerla, ma
la frase venne
fuori senza fiato, troppo per suonare crudele-“ Eri
così stolta, così disperata
d’amore, che è stato un gioco da bambini,
illuderti.”
Saltò
spaventato,
quando la presa sul suo collo, sembrò farsi più
fredda e violenta. Si morse le
labbra, per evitare di urlare.
-“Invece
io ti amavo
davvero.”- la
sua voce un fioco bisbiglio
nel suo orecchio.
Poi
ad un tratto la
sua presa scomparve e la sua figura incorporea, si staccò da
lui. Anna rimase
dinanzi a lui, in tutta la sua gloria ultraterrena. Nemmeno da viva
aveva avuto
tutto quella grazia divina. Si concesse di studiare per un attimo la
sua
figura, coperta da quell’abito candido, ferma in una posa
quasi teatrale.
Lacrime
nere
cominciarono a sgorgarle dagli occhi, rigandole il viso di porcellana,
sporcandole il vestito di disturbanti macchie scure.
-“
Perché?”- gli
chiese di nuovo, semplicemente.
-“Perché
non mi è mai
importato nulla di te, né delle tue stupide chiacchiere,
né del fatto che
avessi bisogno di qualcuno che ti stesse accanto dopo anni di
reclusione. Eri
solo una pedina del mio gioco…una pedina altamente
sacrificabile, aggiungerei.
Se qui c’è qualcuno da rimproverare per la tua
morte, quella sei tu, non certo
io.”- le disse scrollando le spalle.
Anna
lo fissava a
bocca aperta, incredula di fronte a tanto cinismo:
“C-cosa?”
-“Oh
Anna.”- la chiamò
con tono benevolo-“Se tu non fossi stata tanto ingenua da
gettarti tra le mie
braccia e credere ad ogni parola che usciva dalle mie labbra, ora non
saremmo
qui.”- ci pensò su un attimo-“O forse
si, ma non è questo il punto.” Si
allontanò dalla finestrella e, per quanto gli permettesse il
peso delle catene
ai polsi, cominciò a gesticolare verso di lei, per
sottolineare il suo punto di
vista.
-“Il
punto è, che se
sei morta è colpa della tua stupidità. Anna, so
che fa male sentirselo dire ma,
non offenderti, sei davvero un’idiota. Come hai potuto
pensare, che io avrei
potuto scegliere te, scricciolo insignificante, come mia consorte?
Andiamo, è
una follia, il solo pensiero. Io ho bisogno di una donna di classe,
raffinata,
con modi impeccabili e con un cervello che sia un po’
più grande di una noce;
tu sei l’esatto opposto di tutto questo; l’unica
cosa che ti qualificava era il
tuo titolo, nulla di più.”- concluse girandole
attorno.
-“Sei
un mostro!”-
sputò fuori Anna, voltandosi a guardarlo.
-“Disse
lo spettro
inquietante…”- la canzonò lui,
sedendosi sulla sua sudicia branda.
-“Come
puoi continuare
a vivere, con il peso di quello che mi hai fatto?
Tu-mi-hai-uccisa!”- gli urlò
contro. La sua voce rimbalzò violenta sulle
pareti,lasciandolo assordato per
alcuni secondi, facendolo tremare come qualche minuto prima. Hans si
chiese
come mai le guardie non accorressero, con tutto quel fracasso che stava
facendo
quella pazza-“Per colpa tua e della tua sete di potere, non
avrò mai un futuro,
non riceverò mai il mio primo bacio, né
potrò sposare il mio vero amore. Non
potrò stare accanto a mia sorella, come ho sognato di fare
in tutti questi anni
e tutto questo solo a causa tua!”- le lacrime nere avevano
smesso di sporcarle
il viso candido, ma il suo sguardo continuava ad essere colmo di rabbia
e
tristezza. Non pensava che Anna fosse capace di provare tali emozioni.
-“Non
hai nessun
rimorso per questo?Mmh?”- gli chiese infine.
Hans
alzò lo sguardo
su di lei, puntando i suoi occhi giada, cerchiati da ombre scure, nelle
iridi
incolore della principessa.
-“No.”-
fu la sua
risposta laconica.
Anna
rimase spiazzata
di fronte alla sua crudele schiettezza. Se avesse ancora potuto
respirare, era
sicura che il fiato le si sarebbe smorzato in gola, dopo quella
semplice parola
rivelatrice.
-“Ora,
se hai finito,
posso porti io una domanda? Certo che si.”- rispose per
lei-“In nome della
sanità mentale, perché diavolo indossi un abito
da sposa?”- le chiese
prendendola in giro.
Anna
sembrò riflettere
sulla domanda, poi un piccolo sorrisino si fece strada sulle sue
labbra: “Oh,
l’hai notato. Ne sono felice.”- disse, girando su
se stessa-“Sai, era di mia
madre, bello vero? L’avrei indossato alle nostre nozze, nel
caso ce ne fossero
state…ma a quanto pare avevi altro in mente, per
noi.”
-“Noi?!
Ancora non
capisci, non c’è mai stato un
noi…”- la interruppe bruscamente lui,
ridacchiando della sua ostinata buona fede.
Anna
lo ignorò: “In
teoria avrebbero dovuto seppellirmi con questo, ma di me non rimane
nulla,
giusto?”- chiese più a se stessa che a
lui-“ Mi dispiaceva non averlo potuto indossare
in nessuno dei due casi, così ho voluto metterlo comunque,
per venire a farti
visita.”
-“Perché
proprio per
venire da me?”- chiese scettico.
-“Per
smuovere il tuo
animo velenoso: pensavo che se avessi visto quello che mi avevi
precluso, forse
avresti potuto redimerti, provando rimorso per le tue azioni. Ma mi
sbagliavo,
sei e resterai sempre il viscido principe dei vermi.”
-“Sbagli.
Di una cosa
mi sono pentito.”- le disse alzandosi piano a fronteggiarla,
sovrastandola con
la sua altezza-“Di non averti uccisa quando ho avuto la prima
occasione: avrei
dovuto toglierti la vita quando sei tornata dalle montagne, debole ed
indifesa
nelle mie mani. Sarebbe stato uno scherzo spezzarti il collo o
soffocarti con
un cuscino, così avrei avuto la libertà di
uccidere anche tua sorella. Ma sono
stato troppo magnanimo e ho voluto lasciarti ancora qualche minuto di
vita…è
stato un grave errore da parte mia. E me ne rammarico ogni
giorno.”- le
confessò con voce atona.
La
mano di Anna scattò
veloce verso il suo viso, nel vano tentativo di colpirlo. Ma con suo
grande
sconcerto, la mano passò attraverso la pelle del principe,
senza arrecargli
nessun danno. Perché con Elsa e Kristoff le era riuscito e
con lui no?
Hans
si riprese
dall’iniziale turbamento e scoppiò a ridere di
gusto, di fronte all’espressione
smarrita della principessa-“ Avrei dovuto presumerlo sin
dall’inizio, che non
potevi fami del male. I morti non possono nuocere ai viventi. La mia
balia mi
raccontava spesso storie di fantasmi e mi diceva sempre di non temerli,
perché
non possono nulla nel nostro mondo.”-
Il
principe continuava
a ridere,sollevato da quella scoperta, mentre Anna fumava di rabbia
davanti
alla sua inutilità: avrebbe voluto colpirlo così
forte da fargli sputare via
l’anima. Avrebbe tanto voluto fargliela pagare per tutto
quello che aveva fatto
a lei, alla sorella e ad Arendelle.
Ma
non poteva. Non
c’era nessun oggetto che avrebbe potuto lanciargli contro,
per ferirlo anche
solo di striscio, su quel visino a cui tanto teneva.
Però
forse…un’idea le
balenò in mente, mentre Hans continuava a schernirla per la
sua inettitudine.
-“Oh
Anna, mi farai
morir dal ridere.”- si asciugò una lacrima che era
sfuggita al suo controllo.
-“Forse
ti farò morire
e basta, invece.”- sentenziò
melliflua-“Ho ancora un trucco nella manica.”
Hans
la guardò
voltarsi e allungare un braccio verso la porta della cella, poi girarsi
di
nuovo verso di lui con studiata lentezza: il mefistofelico sorrisino
sghembo
che gli scoccò, non gli fece presagire nulla di buono.
-“Sta
a vedere.”- gli
sussurrò, portandosi una mano alla bocca e schiarendosi la
voce con un colpo di
tosse, che fece tremolare tutta la sua figura.
La
mano protesa verso
la porta, si artigliò, mentre l’uscio di legno
cominciava a tremare
violentemente, come se qualcuno vi si fosse aggrappato e lo stesse
scuotendo
con forza.
-“Zotici,
aprite
immediatamente questa porta. È il principe Hans che ve lo
ordina, feccia
immonda. Come osate trattenermi ancora qui? Dovreste lodarmi e baciare
il suolo
dove si poggiano i miei piedi, per quello che ho tentato di fare!
Liberarvi da
quella cagna frigida non era abbastanza per voi, per fare di me il
vostro amato
re? Come fate a inneggiare il suo nome, dopo quello che ha fatto a
questa
terra? Siete solo dei poveri bifolchi ignoranti, pronti a fare
qualsiasi cosa
pur di ricevere un tozzo di pane rancido per riempirvi lo stomaco.
Chissà con
quali promesse vi ha stregati la regina Elsa…chissà
cosa vi ha promesso
quella meretrice. Credete pure alle sue bugie, stupidi caproni in
calore.”-
Anna urlava con tutta la voce che aveva, mentre la porta continuava a
gemere
sotto i suoi colpi invisibili. Non aveva mai usato tali termini in
tutta la sua
vita, anzi ci si aspettava che una principessa non dovesse nemmeno
conoscerle
certe parole, ma a volte aveva sentito Kai urlarle ai garzoni o dette
dal cuoco
mentre sbraitava alle galline che scorrazzavano nell’aia.
Dirle le dava un
sorprendente senso di liberazione.
Hans
la guardava
incredulo, con gli occhi verdi spalancati e la bocca aperta, come se
fosse
pronto a dire qualcosa, ma la voce l’avesse abbandonato di
punto in bianco.
La
porta della cella
si aprì di botto, andando a sbattere contro il muro. Le due
guardie, che
presidiavano la sua prigione, entrarono di corsa, passando ignare
attraverso la
figura cristallina di Anna, che scomparve per una frazione di secondo.
Hans se
li ritrovò addosso, prima che potesse dire una qualsiasi
cosa. Cominciarono a colpirlo
violentemente, mentre lui cercava di farsi scudo con le mani incatenate.
-“Sono
stufo delle
lamentele di Vostra Altezza.”- sbottò uno dei due
uomini, colpendolo in volto,
lacerandogli la pelle dello zigomo sinistro.
-“Questo
è per
Arendelle.”- gli sussurrò Anna, a quanto pareva invisibile agli occhi delle
due guardi.
-“Non
osare mai più
insultare la nostra regina. Tu non hai il diritto di parlare
così di lei!”- gli
urlò contro l’altro, piantandogli un pugno nello
stomaco.
-“Questo
è per Elsa.”-
continuò Anna, contando sulle mani.
Hans
cadde in terra,
tossendo sangue, mantenendosi una mano sul ventre. Le due guardie
smisero di
colpirlo.
-“Quando
ti
giustizieranno, sarà un piacere per noi infilare la tua
testa marcia su una
picca. Lasceremo il tuo corpo ai cani, che banchetteranno con le tue
carni.”- infine,
insieme gli assestarono due violenti calci, facendolo ruzzolare sul
pavimento,
mandandolo a sbattere contro il muro.
-“Questo
era per me!”-
sbottò Anna, mentre le due guardie uscivano, lasciando Hans
inerme, riverso in
terra.
La
principessa gli si
avvicinò, sorridendo tra sé per la sua piccola
vendetta personale:“Questa è
solo una parte del tormento che ti sarà inflitto
d’ora in poi: nel caso
dovessero liberarti, cosa di cui dubito fortemente, concedendoti di
continuare
a vivere, ti tormenterò ogni notte e ogni giorno fino
all’ora della tua morte.
Nel caso contrario, ti aspetto dall’altra parte… e
sappi che non avrai pace,
perché prenderò a calci il tuo reale fondoschiena
da qui all’eternità!”- gli
sussurrò, cercando di toccargli il viso tumefatto.
Hans
cacciò un
lamento, cercando di rannicchiarsi su se stesso.
-“Sai,
ti compatisco
Hans: rinchiuso qui ad attendere un giudizio che non
arriverà. A casa non c’è
nessuno a cui importi di te; infatti i tuoi fratelli hanno deciso che
sarà Elsa
a decidere della tua sorte.”- lo vide sobbalzare
impercettibilmente davanti a
quella novità.
-“Povero
Hans…se solo
qualcuno là fuori ti amasse davvero.”- gli
sussurrò all’orecchio. Il fiato del
principe si smorzò, lasciandolo immobile per alcuni secondi.
Anna
si alzò
voltandosi verso la finestra, a guardare l’alba che stava
nascendo su quel
nuovo giorno. Un timido raggio di Sole penetrò il vetro
opaco, trafiggendo la
figura della principessa, che s’incantò ad
osservare il punto in cui quella
luce calda l’accarezzava, lasciandole una sensazione di
felicità e pace, che
non sperava di poter più provare. Abbassò lo
sguardo su Hans, che tentava di
mettersi a sedere: “Che tu sia maledetta.”-
sibilò a denti stretti.
Anna
lo ignorò
completamente, provando pena per la sua funesta sorte:“Addio.
Spero tu possa
trovare quello che hai sempre desiderato.”- lo
salutò.
E,
mentre i bagliori
del mattino facevano capolino nella buia cella delle prigioni, Anna
svanì nella
luce.
Per
sempre.
THE END
Nda: heilà gente! Come sono andate le vacanze? Eh già, sono tornata con l’ultimo capitolo di questa mezza cosuccia pazza, che mi è venuta in mente un po’ di mesi fa. Spero vi sia piaciuta quest’ultima shot, un po’ più lunga delle altre devo ammetterlo: non so perché, ma Anna che fa del male ad Hans mi ispira, forse è per questo che è venuto così lunga XD Prima che mi diciate qualsiasi cosa sul carattere dei personaggi, vi anticipo dicendo che si, sono mooolto OOC,soprattutto Anna, ma ehi...Hans l'ha uccisa e lei doveva pur avere la sua vendetta per quello che le ha fatto! Spero vada bene così, altrimenti fatemelo sapere ;)
Comunque
ringrazio
come sempre chi ha letto, chi ha recensito, chi ha inserito la ff tra
le
seguite/preferite e chi si fermerà a lasciarmi un commentino
anche su quest’ultima
farneticazione ;) Mi raccomando fatevi sentire: i vostri pareri sono
letteralmente linfa vitale per me!
Ci si legge in giro,
baci ^.^