Anime & Manga > Saint Seiya
Segui la storia  |       
Autore: LeFleurDuMal    21/09/2008    16 recensioni
Il profumo della macchia mediterranea si fondeva con quello del mare che risaliva dalla spiaggia, mugghiante delle onde dell’Egeo.
Per Milo sarebbe stato sempre l’odore dell’infanzia, di un’infanzia antica e ancestrale che veniva prima del Santuario, prima di tutto.
Milo di Scorpio, Cavaliere dell'Ottava Casa, racconta a Camus la propria infanzia. Da quando giunse all'isola di Milo, fino al momento della sua investitura.
Un episodio dopo l'altro, come frutti dolci e velenosi.
Genere: Generale, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aquarius Camus, Nuovo Personaggio, Scorpion Milo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

1. Frutto dellinfanzia

 

“Sui loro riccioli portavano il fuoco,

e non bruciava”

Euripide, Le Baccanti

 

 

Il profumo della macchia mediterranea si fondeva con quello del mare che risaliva dalla spiaggia, mugghiante delle onde dell’Egeo.

Per Milo sarebbe stato sempre l’odore dell’infanzia, di un’infanzia antica e ancestrale che veniva prima del Santuario, prima di tutto. L’odore che portava con sé il ricordo di Dimetrios.
Dimetrios era l’inizio. Non c’era nulla prima di lui, prima dei suoi occhi profondi e scuri, dei ricci neri e forti che sfidavano il vento. Non una madre, non un padre, niente. Se non Dimetrios.

E a Milo era sempre stato bene così.

Se non ricordava niente prima di Dimetrios, ricordava tutto a partire da quel pomeriggio, quando il traghetto lo aveva lasciato sulle pietre laviche del porto di Adamas, e Dimetrios era già lì.

Scrutava il mare: la camicia di tela e i pantaloni arrotolati sui polpacci, scalzo e forte come un pirata. Era venuto dalle frastagliate coste a sud a prendere l’allievo che Atene gli affidava e lo cercava nel porto. Non si aspettava un marmocchietto così piccolo, per questo non abbassava lo sguardo oltre una certa altezza: quando si era trovato tra i piedi Milo - letteralmente tra i piedi - aveva sollevato le sopracciglia sottili in un’espressione di gentile sorpresa.

“Benvenuto qui a Milo.” Gli aveva detto con voce carezzevole, come il vento sull’Egeo. Con il suo sorriso caldo come il sole.

“Milo sono io.” Aveva miagolato il bambino, confuso.

“…questa è l’isola di Milo, creatura. Benvenuto.” Dimetrios, con calma, ci aveva riprovato, piegandosi sulle ginocchia, informale. Per quanto al piccolo quel dialogo fosse risultato incomprensibile, aveva sentito immediatamente un moto d’affetto per quell’uomo che sorrideva come sorride il sole di Grecia.

“Milo è il mio nome.” Si era però sentito in dovere di insistere. “Mi chiamo Milo.”

Anche se aveva gradito molto l’idea di avere un’isola tutta sua, naturalmente.

Gli occhi scuri di Dimetrios si erano affilati per un momento. Quando aveva compreso, era sbottato in una risata aperta. “Alla faccia della predestinazione!”

Il vento soffiava leggero e la grande e bella mano di Dimetrios – ruvida di sale e di mare – aveva ingoiato quella minuscola dell’allievo e insieme avevano risalito il molo.

 

La verità era che il suo nome con la predestinazione non aveva proprio niente a che fare.

Ma Milo non ricordava nulla, prima di Dimetrios, niente se non immagini confuse e cacofonie di dialoghi che non riusciva a mettere insieme. Quindi, a Camus che adesso lo ascoltava sdraiato con lui nell’uliveto e gli teneva una mano sul petto, in atteggiamento rilassato, non aveva saputo raccontare meglio di così l’incontro tra lui e il suo maestro, né del divertente equivoco dei nomi.

La verità era che Milo non aveva nessun nome, prima di Milo, sballottato tra gli altri bambini così piccoli, tutti orfani, tra i quali il Santuario si prometteva di cercare i predestinati all’armatura d’oro.

Milo non si ricordava di essere stato separato dal mucchio, un giorno: era troppo piccolo. Due anni erano troppo pochi e non permettevano di ricordare nulla, prima di Dimetrios.

Era stato separato dal mucchio e messo su un traghetto con qualche accompagnatore del Mondo Segreto. E tutti - durante il viaggio e prima - tutti confabulavano tra loro, a volume basso e in una cacofonia di dialoghi incomprensibili all’orecchio di un bambino piccolo.

“Milo, a Milo”.

“E’ quello il luogo d’addestramento. E’ stato prefissato a Milo”.

“A Milo, andrai a Milo”

“All’isola di Milo. Deve andare a Milo”.

E a forza di sentirli parlare così, enormi e chini su di lui a guardarlo, il piccolo si era convinto di chiamarsi così.

Milo.

E gli piaceva, perché gli ricordava le mele, fresche e dolci. Milo nella sua lingua voleva dire mela.

Dando da allora per scontato il proprio nome e non ricordando nulla prima di Dimetrios, Milo ormai adulto, ormai Cavaliere, andò avanti a raccontare di se stesso, sussurrando nel sole all’orecchio di Camus, sdraiato con lui nell’uliveto, che lo ascoltava e gli teneva una mano sul petto, in atteggiamento rilassato.

 

L’isola a sud era disabitata. Abbandonata al respiro del mare e del vento, alle rocce dalla forma aspra, all’erica e al rosmarino. Lasciarsi alle spalle il porto significava lasciarsi alle spalle i centri marinai abitati e pieni di fermento.

A sud, dove abitava Dimetrios –  in quella casa dipinta di bianco, con una stanza sola e la porta di paglia - a sud l’Isola di Milo esisteva solo per se stessa e per lui. E adesso esisteva anche per il piccolo Milo.

C’era un meleto, dietro la casa, a proiettare un’ombra afosa e piena di cicale. A Milo piacevano le mele, per l’assonanza che avevano con il suo nome.

Dimetrios gli aveva fatto togliere lo zainetto di stoffa che si portava da Atene, lasciandolo in un angolo con noncuranza. Poi l’aveva guardato con un lampo strano negli occhi e l’aveva sfidato.

Così, subito. Apertamente.

“Chi arriva per ultimo è un Saint di Bronzo!” Prima di correre verso la spiaggia petrosa, verso l’Egeo. Milo aveva spalancato gli occhi azzurri, oltraggiato, e gli era corso dietro. Dimetrios si era gettato nella schiuma salina, schizzando intorno, e aveva riso guardando il bambino che cercava di raggiungerlo. Con i piedi scalzi troppo piccoli e delicati, Milo lo fissò indispettito, alle prese con gli scogli cocenti e acuminati.

“Creatura, ma tu lo sai che cos’è un Saint?”

Milo immerse i piedini nell’acqua con soddisfazione che si tramutò in disappunto, quando la sentì gelida: “No”, brontolò.

“Molto bene.” Dimetrios allungò una mano per tirarlo dentro e un’onda li sommerse entrambi. Quando riemersero, Dimetrios glielo spiegò.

Il profumo della macchia mediterranea si fondeva con quello del mare che risaliva dalla spiaggia, mugghiante delle onde dell’Egeo. Milo non avrebbe più dimenticato quel giorno e la sua vita sarebbe semplicemente cominciata da lì, dal momento in cui Dimetrios sorrise e la sua mano ruvida di mare e di vento iniziò a guidarlo. Dimetrios era l’inizio.

E a Milo era sempre sembrato un ottimo inizio. L’inizio migliore.

 

 

   
 
Leggi le 16 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: LeFleurDuMal