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Autore: ThePirateSDaughter    28/08/2014    5 recensioni
“È solo che… non prendermi per pazzo, amico, ma ho tutta questa… è come se avessi tutta questa roba, in un angolo della testa, che urla che - che tengo un sacco a te e quando mi hai guardato in quel modo…” Fece una pausa, guardandolo spaventato “Dio, ma che cazzo ho fatto? Senti, Castiel, amico, non… lascia stare, ok?”.
|Angstiel| |Angst a palate| |Ho già detto angst?|
Genere: Angst, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Allora, ehm, io sono molto cattiva nello scrivere qualcosa di così... angst, ma tant'è.
Dunque. Potrebbe esserci dell' OOC e, se così fosse - ma dubito - vi prego di volermelo segnalare straight away, dacché odio l'OOC e vorrei muovermi quanto prima, nel caso fosse presente, per sistemare il mio errore o gettare direttamente la fic nelle ceneri D: 
E' tutto il pomeriggio, ad ogni modo, che vi lavoro e credopensospero di aver limato i caratteri dei personaggi fino a renderli quantomeno simili a quelli originali. E, perché no, fino a stilare una storia sensata.
La storia si ispira a un prompt di tumblr di pura cattiveria (questo qui, ma leggetevelo dopo, almeno non ve lo spoilerate D: ) e potrei, eh, potrei, in via del tutto ipotetica dedicarla a quell'omino adorabile chiamato Trent -quale risarcimento all'Angstiel cattivissima da lui pubblicata- e a quella Kitten bellissima chiamata Bonsai.
Ecco. Spero... spero vi piaccia! *èunpezzochenonscrivoquindipotreiaverpureprodottounaciofecachissà D: *




“Non farlo, Cas, ti prego!”
 
Castiel tremava visibilmente e aveva da tempo smesso di chiedersi se fosse il suo contenitore che reagiva al gelo invernale o qualcosa di più nascosto nell’anima che aveva creduto di non possedere.
Aveva appena smesso di piovere. Il cielo transitava lentamente dal grigio all’azzurro e l’aria sapeva di terra bagnata; un profumo secolare, tranquillizzante, quasi confortante. Eppure il mondo sembrava ancora così scuro, così freddo. Castiel sbagliava a trovarsi lì. Era un errore che non avrebbe dovuto nemmeno pensare di compiere, sia per se stesso che per Dean.
Sollevò il braccio, chiuse il pugno e si bloccò pochi secondi prima di bussare. La porta era tirata a lucido, di un bianco lievemente ingrigito dai dieci anni passati dalla costruzione e occupazione della casa - ma tutto sommato ancora in buono stato. Nessun pannello di vetro gli permetteva di intravedere cosa potesse star succedendo dall’altra parte - e poteva star succedendo di tutto. Sarebbe potuto essere un momento sbagliato per passare. Se ne sarebbe dovuto andare. Avvertiva il petto serrato in una morsa. Non avrebbe dovuto trovarsi lì.
Bussò alla porta e se ne pentì all’istante.
 
Castiel si muoveva veloce per il seminterrato, afferrando manciate di polveri e gettandole nel piccolo bacile sacrificale. Dean lo osservava scioccato.
“Non avrai intenzione di… vero? Cas, rispondimi. Cas!”
 
Qualsiasi entità vegliasse sul suo cammino parve riproporgli quanto avesse sbagliato a tornare in quel luogo quando la porta si aprì. O meglio, mostrandogli chi avesse aperto la porta. Ciononostante, non fu solo la mera visione di Dean -indossava una t-shirt nera e un paio di jeans e i capelli erano un po’ più lunghi dell’ultima volta che l’aveva visto- a sferrargli un pugno caldo nello stomaco, quanto più vedere quanto il suo volto fosse diverso. Era principalmente quello a riscaldare Castiel, rendendolo assurdamente, quasi stupidamente felice di vederlo, come un bambino davanti a un miracolo. Non erano i segni dell’età, anche perché non era passato così tanto tempo, ma i segni del cambiamento. Il volto di Dean era disteso. In pace. I suoi tratti erano meno tirati, la bocca rilassata. E bastava guardargli gli occhi, così limpidi e pacificati, per far venire le lacrime a quelli di Castiel, lacrime che, ogni volta, ricacciava indietro.
Non era passato così tanto tempo; eppure, nella mente di Castiel, mente che comparava un secolo ad un istante, sembrava che fosse trascorsa una cruda, dolorosa eternità.
 
“Fermati, Cas, cazzo!”
 
Malgrado tutto, Castiel era semplicemente, totalmente e assurdamente felice. Malgrado avesse sbagliato ancora a presentarsi, a bussare, ad averlo incontrato, era felice. E si malediceva per quella felicità, perché sapeva perfettamente quanto fosse effimera, quanto si sarebbe infranta fra pochi secondi, esattamente come l’ultima volta.
E quella prima ancora.
E quella prima ancora.
Dean rimase in silenzio sulla soglia, una mano ancora appoggiata alla maniglia. La sua espressione era indecifrabile; Castiel non aveva il coraggio di parlare. A dirla tutta, non era sicuro che ci sarebbe riuscito.
Poi Dean inarcò un sopracciglio, esattamente come le altre volte, e Castiel sentì il cuore sprofondargli nel buio. Come tutte le altre volte.
 
“Cas, non voglio! Cas… Cas, ti prego, non deve finire in questo modo!”
 
“Scusa… Io…”
Dean lo fissò per qualche altro secondo, per poi chiudere la bocca, serrare appena gli occhi e sorridere, imbarazzato.
 
“Troveremo una soluzione, Cas, sai che non può finire così!”
 
Castiel lo vide sorridere e seppe che era finita un’altra volta.
Accennò il più amaro dei sorrisi, avvertendo come, anche stavolta, il suo viso sembrasse non voler collaborare. Gli occhi e la gola gli bruciavano. Voleva andarsene.
“Castiel”.
 
“È l’unico modo, Dean”
“Me ne fotto se è l’unico modo, Castiel. Il mio schedario è pieno di situazioni di merda da unicomodo. Se questo è l’unico modo, allora non lo voglio. Cas, ragiona, per favore…”
“Ho già ragionato, Dean! Ed è questo il punto!”
La fiamma esplose inesorabile.
 
Dean continuò a fissarlo, come se il suo volto fosse un unico, gigantesco enigma. E Castiel rimase in silenzio, sperando, desiderando che, anche stavolta, la facciata reggesse.
“Castiel” Dean ripeté il nome che l’altro aveva appena pronunciato e abbassò lo sguardo a terra, pensieroso. Poi sollevò la testa di scatto, un sorriso soddisfatto che gli andava da orecchio a orecchio “Castiel! Certo! Mi ricordo! Scusa, amico, non ho collegato subito”.
L’altro dovette fare quanto era in suo potere per mantenere il sorriso “Figurati. Non è un problema. D’altronde è la…” la voce gli morì in gola e dovette schiarirsela quasi a forza “Intendo dire, è passato… un po’di tempo”.
Se Dean non capì – cosa che sarebbe dovuta essere normale – non lo diede a vedere e, anzi, il suo sorriso si allargò. Aprì di più la porta e tese un braccio dietro di sé, a indicare l’interno della casa “Vuoi entrare?”.
No.
Non posso.
Un breve sospiro precipitò dalle labbra di Castiel e si infranse “Io… Sì. Se non disturbo. Mi piacerebbe moltissimo”.
 
Dean gli afferrò un braccio e Castiel evitò accuratamente di guardarlo, anche quando sentì la sua voce spezzarsi.
“Cas, no, per favore, fermati, fermati solo un secondo. E tutto quello che abbiamo fatto insieme? Tutte le cose che abbiamo… Cas, Castiel, per favore, fermati un cazzo di secondo e ascoltami!”.
 
La casa era pulita e chiara. La ancora debole luce entrava dalla grande vetrata nel soggiorno e tutto parlava di sicurezza e accoglienza. Castiel si sentiva un estraneo solo nell’attraversare le stanze. Non sarebbe dovuto mai entrare, per Dean in primis, ma anche per se stesso. Perché se la situazione era già dolorosa, vedere le foto del matrimonio o i disegni che tappezzavano quasi tutte le mura con i loro tre omini stilizzati, colorati e sorridenti era quasi peggio.
“Vieni, siediti” Dean sorrise e batté un punto del divano vicino al quale si era appena accomodato. Castiel rimase fermo per qualche secondo. Perché non se ne era ancora andato? Perché era entrato? Tutto sarebbe potuto cedere da un momento all’altro. Dean che sorrideva pacificato davanti a lui spiegava perfettamente perché gli umani pregassero suo Padre di non indurli in tentazione. E purtroppo, detta tentazione non era più da interpretarsi soltanto sotto la sfumatura di perdizione in cui l’avrebbe potuta intendere Dean. Era in quella più pericolosa e rischiosa, quella che avrebbe potuto metterlo in pericolo ancora una volta, quella che avrebbe cancellato quel viso tranquillo e riportato quello vecchio, tirato, perennemente all’erta di chi viveva la vita del cacciatore. Ed era per quello che sarebbe dovuto uscire.
 
“Credi che li lascerò farti del male, Dean? Lo credi davvero?”
“Li sconfiggeremo, Cas, figurati se-”
“No, Dean! Non capisci che non voglio che tu sia in pericolo per causa mia?”
 
Dean riemerse dalla cucina tenendo i colli di due bottiglie di birra in una mano e il telefono nell’altra.
“Era Sam” spiegò, appoggiando l’oggetto su uno scaffale vicino “Ha vinto una causa importante e voleva farmelo sapere. Sai, mio fratello è un avvocato”.
Castiel annuì pianissimo, non sapendo come reagire. Ogni secondo che passava, il desiderio di uscire da lì si acuiva, ma non riusciva a lasciarsi alle spalle Dean, non di nuovo.
Portò lo sguardo su di lui; stava fissando il tappeto. E Castiel sapeva perfettamente che stava pensando alla sua vecchia vita da cacciatore, quella che non gli avrebbe mai confessato, quella che non si era dimenticato, anche se erano passati anni da quando Castiel aveva trovato il modo di far finire tutto.
“Sapessi quante ne abbiamo passate io e lui… Non ci crederesti se te lo raccontassi” Ridacchiò appena. Se solo avesse saputo. “Vorrei fartelo conoscere, il mio fratellino è un ragazzo in gamba”.
 
Dean stava in silenzio davanti a lui, l’espressione così confusa, ferita e consapevole e Castiel quasi maledisse ogni cosa, ogni situazione, ogni volere divino che l’avevano portato in quel luogo. Quasi maledisse il momento in cui lo salvò dalle voragini infernali, maledisse il loro primo incontro, maledisse il loro legame da alleati prima e da amici dopo e quello dopo ancora da…
“Non voglio” ripeté Dean di nuovo; premette le labbra e lo afferrò per le spalle.
 
“Non ti piace la birra, Castiel?”
Castiel si riscosse, notando di star stringendo una bottiglia ancora completamente piena. Dean lo osservava interrogativo da sopra il collo della sua, vuota per metà.
Non ce la faceva.
“Io… No, perdonami…” Accennò l’ennesimo sorriso, poggiandola sul tavolino di fronte al divano “Voglio dire, sì, la bevo, è solo che… a-aspetto che… ora è troppo fredda”.
Non ce la faceva, non ce la faceva. Dean sorrise.
“Bah, personalmente penso non ci sia nulla di meglio di una bella bionda rigorosamente ghiacciata, ma ognuno ha i suoi gusti. Hai torto, non fraintendermi Castiel, ma hai i tuoi gusti. De gustibus eccetera. Qualcosa di incomprensibile in quel latino incomprensibile”. Ridacchiò all’indirizzo di Castiel, che si sentì morire ancora una volta.
“Infatti”.
Non appena aprì bocca ed iniziò a recitare le prime parole in latino, gli occhi di Dean si allargarono, nella realizzazione che l’amico stava facendo sul serio.
“Cas, ti prego, basta, BASTA, fermati!”
 
“Quindi, che si dice dalle tue parti? Non ti ho più visto al pub, dopo quell’unica volta in cui ci siamo conosciuti. Non sei abituale del posto?”
Gli angoli della bocca di Castiel si piegarono appena, al ricordo. Ogni volta ci ricascava, ogni volta si ripresentava. Non ce la faceva, semplicemente non ce la faceva. Ma forse era proprio questo il punto, forse stava tutto nella tortura di rivivere ogni cosa. Forse era perché ogni volta si illudeva che fosse tutto finito, che non ci fosse più pericolo per se stesso e per loro, che quella volta avrebbe potuto far crollare tutto volontariamente, godendosi il momento, non vedendo l’ora che il muro cadesse e che Dean lo vedesse per quello che era stato. Ma illudersi non serviva a nulla. Scosse appena la testa.
“Ho avuto da fare”
Dean annuì piano “Eppure… Castiel, io giurerei… Ma sei sicuro che non ci siamo visti prima di allora?”
“No” esclamò Castiel, quasi troppo in fretta “Ne sono assolutamente certo”.
 
La formula in latino era stata pronunciata completamente e quella in enochiano gli vibrava ai lati della mente, pronta per essere espressa, ma tutta l’attenzione di Castiel era rivolta a Dean. Il braccio dell’angelo era teso nella direzione del cacciatore, accasciato contro il muro, immobilizzato da una mano invisibile che gli impediva di spostarsi.
“Cas… ti prego” Stavolta Dean parlava piano, supplichevole ed ogni parola era una coltellata “Non farlo. Non voglio dimenticarti, Cas. Non posso dimenticarti”.
 
Vide Dean inarcare nuovamente un sopracciglio e serrare gli occhi, in un’espressione a metà tra il confuso e il pensieroso e seppe di aver raggiunto il limite.
“Io…” Si mosse a disagio sul posto, volgendo la testa a destra e sinistra, l’agitazione a prendere il completo controllo del suo corpo “Io… Grazie per la birra, ma forse è meglio che va-“
Poi una mano di Dean lo afferrò per la spalla sinistra, mentre l’altra gli raggiungeva la guancia destra, facendogli voltare la testa verso di lui.
 
“Cas! Cas, maledizione!”
Serrò i pugni fino a conficcarsi le unghie nella carne, lo sguardo basso, perché la sua resistenza, già messa alla prova dalla voce ormai piangente di Dean, sarebbe crollata completamente nel guardarlo in faccia. E allora avrebbe mandato tutto all’aria, sarebbe rimasto con lui; mettendolo in pericolo, ma sarebbe rimasto.
L’ultima parte della formula, quella in enochiano, quella definitiva, la recitò a bassa voce, senza guardarlo, alzando poi la voce per coprire le urla di Dean.
“Cas, fermati adesso! Cas, non puoi, n-non puoi farmi questo! Cas, non puoi farci questo!”
 
Le lacrime scapparono infine dagli occhi chiusi di Castiel.
 
L’ultima parola parve precipitare al suolo e spaccarsi in mille pezzi. Dean lo fissava come se non riuscisse a credere a quello che aveva appena fatto. Aveva stretto i denti, ma emise comunque un rumore strano, a metà tra un sibilo e un singhiozzo.
“Non ti dimenticherò, Cas. No” Non staccò lo sguardo da lui, come a volersi imprimere ogni suo tratto nella testa.
“Solo così sarai salvo. Non lascerò che ti facciano del male, Dean. Lo sai”
“Cas” Una lacrima scivolò sulla guancia destra del cacciatore “Cas, li avremmo sconfitti. Vaffanculo, Castiel, perché diamine l’hai fatto?!”
 
 
Il viso di Dean si allontanò lentamente dal suo e Castiel riaprì gli occhi, grato che le due lacrime traditrici fossero già scivolate via. Gli occhi troppo vicini di Dean lo fissavano attentamente, quasi incantati, come se nemmeno lui riuscisse a capacitarsi di quello che aveva appena fatto. Inarcò di nuovo un sopracciglio. E serrò gli occhi. Castiel trattenne il fiato; poi Dean sospirò e le sue labbra si stirarono nell’ombra di un sorriso, poco prima che tornasse a guardarlo, allarmato e sulla difensiva.
“Io… Non so che mi è preso, Castiel, scusami. È… è solo che…” Rise brevemente, come se non riuscisse a spiegarsi.
 
 “È questione di poco tempo” rispose Castiel, ignorando la sua accusa. Abbassò il braccio, ora che Dean non poteva fare più niente per impedirgli di salvarlo; ma si disse che se lo sarebbe dovuto aspettare, quando lo vide scattare in piedi e marciare verso di lui.
“Brutto stronzo” sibilò “Maledetto figlio di puttana, Cas, perché… perché diamine…”
Barcollò appena, portandosi una mano alla testa, i denti serrati e Cas strinse amaramente le labbra, osservandolo mentre stava là, impotente, ogni ricordo degli ultimi anni che si modificava per far sì che Dean ricordasse quanto era successo, ma non ricordasse lui. Attese, mentre ogni momento di loro due si carbonizzava nella mente dell'altro.
“Dean”
Ed era anche lui, Castiel, a star bruciando di rimorso. Perché avevano avuto anni insieme, anni di amicizia, anni in cui si era accontentato anche solo di quello, anni in cui aveva avuto il coraggio di rivoltare ogni cosa e diventare un fuorilegge completo agli occhi del Paradiso, una minaccia da cancellare; ma non aveva mai avuto il coraggio di dire quello che provava a Dean. Sperava semplicemente che, negli ultimi attimi in cui ancora il suo nome e la sua figura valevano qualcosa per lui, avesse capito.
Ma bruciava anche il non sapere cosa provasse Dean. Bruciava il volersi illudere che forse ci fosse qualcosa e bruciava ancora di più l’infinitesimale possibilità che, forse, qualcosa ci sarebbe potuto essere. E ora era troppo tardi. Là fuori i nuovi, invincibili guerrieri del Paradiso lo cercavano per toglierlo di mezzo e non si sarebbero fermati di fronte a niente. Terribili, ma giusti, avrebbero punito solo e soltanto chi avesse conosciuto o protetto Castiel, non torcendo un capello a chi non lo conoscesse. Ragion per cui…
 “Dean!” esclamò di nuovo. Il cacciatore si teneva la testa fra le mani, gli occhi serrati in una smorfia di dolore puro, come se stesse cercando di proteggersi da un urlo assordante. Eppure continuava ad avanzare verso di lui.
“C… Cas” Ignorò la vaga sfumatura interrogativa verso la quale il pronunciare del suo nome era scivolato, come se Dean si fosse accorto di star dicendo una parola che non esiste.
 
“È solo che… non prendermi per pazzo, amico, ma ho tutta questa… è come se avessi tutta questa roba, in un angolo della testa, che urla che - che tengo un sacco a te e quando mi hai guardato in quel modo…” Fece una pausa, guardandolo spaventato “Dio, ma che cazzo ho fatto? Senti, Castiel, amico, non… lascia stare, ok?”.
 
Era a un passo di distanza.
“Dean”
“Smettila di dire «Dean», brutto figlio di puttana” Spostò la mano dalla tempia e lo afferrò per la cravatta, premendo disperatamente le labbra contro le sue. E ogni centimetro di Castiel – non del contenitore, ma di Castiel stesso- bruciò di dolore e amore e orrore, nel sentire quanto aveva perso, nell’avvertire il viso bagnato di Dean contro il suo, nel sentire che stavano arrivando.
Portò le mani a coprire quelle di Dean,di nuovo ai lati della testa, per fargli sentire,almeno in quegli ultimi secondi, che cosa provasse. E in quel secondo, quel semplice, solo secondo, si sentì splendere, invece che bruciare.
Poi sparì.
 
Castiel annuì piano. Non era ben sicuro di come si sentisse “Non preoccuparti”.
 
Dean inarcò le sopracciglia e la consapevolezza colpì improvvisamente Castiel con la massima forza. Per tutto quel tempo, Dean aveva inarcato le sopracciglia e ostentato, per la maggior parte del loro incontro, un’espressione confusa. Non stava cercando di capire, realizzò Castiel, paralizzato dall’orrore. La facciata stava crollando. Il sigillo si stava spezzando.
Doveva fermarlo. L’incantesimo era stato posto quella prima volta e sarebbe bastato solo portare due dita alla fronte di Dean per riparare le crepe attraverso le quali i ricordi si stavano riversando nella sua mente.
Sollevò il braccio e una mano gli afferrò il polso. E si odiò per non riuscire a scappare di nuovo.
Lo sguardo di Dean era coperto da un velo scuro. Il vecchio velo.
Cas
Non "Castiel". "Cas".
 
“Dean” La voce di Castiel tremò, mentre tentava di liberare il polso e Dean si alzava in piedi.
“Io…” Si guardò confuso intorno, come se il mondo fosse andato avanti e lui non se ne fosse accorto “Cosa diamine è successo… Cas, fermati, non andare”.
Ovvio che non doveva andare; il sigillo era crollato. Era già successo una volta, una volta sola e, anche in quella, Castiel si era ripromesso di non ricomparire più. Salvo poi infrangere la sua stessa promessa. Perché bastava incontrare Dean, anche solo una volta, al bar, o al supermercato, o fuori dalla scuola, o in mezzo al traffico, brevi attimi talmente impalpabili da non avere effetto sull’incantesimo. Per buona misura, ogni volta, dopo aver interagito, Castiel gli cancellava nuovamente la memoria, detestandosi ogni volta che accadeva, sentendosi morire quando, nell’incontrarlo di nuovo, Dean lo fissava e non lo riconosceva. Ma bastava, ogni volta che lo conosceva di nuovo, bastava. Se non poteva avere ogni attimo della sua esistenza, bastava avere pochi eterni attimi, i primi istanti, il tempo di imparare a conoscerlo di nuovo, di ridere per poco tempo con lui, di sentirlo pronunciare il suo nome e vedere che tornava ad avere un significato per Dean… Finché decideva di proteggerlo di nuovo, ripetendosi che, se Castiel tornava a non significare niente, Dean avrebbe sempre significato tutto.
“Cas…”
“Devo andare, Dean”
“Ma non ce n’è bisogno, Cas! Sono… io mi ricordo cos’è successo! Tu sei sparito e… e quei figli di puttana dei nuovi soldati del Paradiso sono entrati nel seminterrato, hanno chiesto di te, se ti conoscessi e io… ho detto di no. Hanno perfino cercato nella mia memoria,  ma non hanno trovato traccia di te nella mia testa. Cas, sanno che non ti conosco, quindi si saranno già messi in pace, no?” Gli strinse il polso con più forza “Resta. Per favore, resta”.
“Non si fermeranno mai, Dean” E negli occhi di Dean, occhi che finalmente lo riconoscevano, vide che lo sapeva anche lui.
Si concesse solo pochi secondi; portò una mano a sfiorargli il volto e Dean chiuse gli occhi al contatto. “Non voglio perderti di nuovo, Cas”.
L’angelo strinse i denti e portò due dita alla sua fronte.
 
La stessa fronte che sfiorò con un bacio quando Dean gli si accasciò tra le braccia.
La stessa fronte dietro la quale, mentre l’angelo spariva di nuovo, un ultimo bacio si riduceva in cenere.
 

 
   
 
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