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Autore: Aurore    29/08/2014    2 recensioni
Sequel di Midnight star.
Dopo gli eventi e le rivelazioni che hanno scosso il suo piccolo mondo, la vita di Renesmee è tornata alla normalità: è sempre più felice con Alex e insieme a Jacob ha ritrovato l'affetto e la complicità del loro legame. Ma all'orizzonte si addensano nuove nubi: quando spaventosi incubi iniziano a tormentare le sue notti, Renesmee si trova costretta a scegliere tra perdere ciò che ama di più e tentare di salvarlo, e ad affrontare eventi imprevedibili che potrebbero cambiare ogni cosa.
Tutto finisce, nulla resta uguale, e a volte il destino impone scelte e cambiamenti dai quali non si torna indietro.
Tratto dal capitolo 7:
Il suo sguardo era stata la prima cosa che mi aveva colpita, di lui, nel giorno lontano in cui ci eravamo conosciuti. [...] Lo stesso sguardo che mi aveva osservata con tanta attenzione per catturare quello che c'era in me di più profondo mentre mi disegnava. Nessuno mi aveva mai guardata così. In quel disegno c'era qualcosa di bellissimo, potente e tremendo al tempo stesso. Qualcosa di ineluttabile, che ormai non poteva essere fermato.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jacob Black, Nuovo personaggio, Renesmee Cullen, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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- Questa storia fa parte della serie 'Midnight star'
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C 15
Capitolo 15
Hurricane



Welcome to the inner workings of my mind

So dark and foul I can't disguise
Can't disguise
Nights like this
I become afraid
Of the darkness in my heart
Hurricane.
Hurricane, Ms. Mr.¹



Il destino mescola le carte e noi giochiamo.
Arthur Schopenhauer, Parerga e paralipomena



Una mattina, qualche giorno dopo la notte trascorsa a casa di Jacob, ero a scuola e stavo andando verso la mensa in compagnia di Holly e Scott. La campanella dell'intervallo era suonata da poco, ma noi tre avevamo lasciato di corsa il laboratorio di chimica per evitare che il professore ci assoldasse per pulire le provette e mettere tutto in ordine. Camminavamo lentamente lungo il corridoio affollato e nel frattempo Holly raccontava le ultime follie della Campbell, la professoressa fuori di testa che insegnava teatro e tormentava i poveri studenti della Forks High con le sue stupide iniziative, per le quali nessuno a parte lei provava il benchè minimo interesse, e i suoi orrendi caftani dai mille colori.
«Sapete cosa ho appena sentito? Che sta mettendo su un laboratorio di ceramica e che stamattina è andata in giro per tutta la scuola in cerca di partecipanti», raccontava Holly con un'espressione eloquentissima sul viso. «Mentre andavo a matematica l'ho vista venire verso di me e ho avuto il terrore che mi incastrasse! Per fortuna mi sono nascosta all'ultimo secondo nel bagno delle ragazze e credo che non mi abbia vista». Proruppe in un gran sospiro teatrale e scosse la testa con aria esasperata. «Un laboratorio di ceramica, ma vi rendete conto? Ceramica! È la cosa più barbosa che abbia mai sentito. Una simile attività può interessare soltanto a un dinosauro».
«Be', questo spiega perchè interessa a lei», osservò Scott ed io e Holly ridacchiamo.
«L'hai scampata bella», concordai, prendendo Holly sotto braccio e lanciandole uno sguardo di intesa. «La Campbell ci dà il tormento, due volte su tre siamo noi quelle che finiscono intrappolate in uno dei suoi stupidi progetti...».
«Già! E sai una cosa? Penso che sia tutta colpa tua».
«Mia?».
Lei annuì, seria e compunta. «Sì, perchè è la tua aura di secchiona senza speranza che attira i professori e dal momento che io e le altre siamo tue amiche circonda anche noi, capisci? Ecco perchè la Campbell ci perseguita».
Annuii  a mia volta, ostentando la massima serietà. «Ah, sì, certo. Questo spiega tutto».
«Non siete le uniche, ragazze», intervenne Scott. Guardava davanti a sè con aria pensierosa, seguendo il filo dei propri pensieri. «Ho sentito dire che la Campbell ha provato ad incastrare anche altra gente. Pare che sia andata a cercare adesioni in un paio di classi dell'ultimo anno, dicendo che il laboratorio avrebbe dato punti per il college», si interruppe un istante per lanciarci un'occhiata significativa, e noi ricambiammo con espressione sprezzante, «ma le è andata male perchè... be', ho sentito che qualcuno... non so cosa le abbia risposto esattamente, ma la Campbell è quasi svenuta». Non aggiunse altro, all'improvviso sembrava in imbarazzo e fissava il pavimento con aria seria, sebbene si sforzasse di trattenere una risata.
Holly era deliziata. «Davvero? Cosa le hanno risposto? Voglio saperlo!».
«Niente di piacevole, penso», disse Scott con gli occhi che gli brillavano. «Ma non lo so esattamente».
«Uffa! Almeno sai chi è stato?».
«Già, chi è stato?», domandai a mia volta, incuriosita. Perchè di colpo sembrava che Scott non volesse più parlare dell'argomento?
«Non lo so, ragazze».
«Non è vero, lo sai», ribattè Holly. Lo guardava dritto in faccia con aria determinata. Scott non sarebbe riuscito a fargliela. «Perchè non vuoi dirlo? Ok, d'accordo», sbottò, irritata, voltando la testa di scatto. «Lo chiederò a Jas. Lei sa sempre tutto».
Annuii. «Sì, Jas lo saprà senz'altro. Ma come fa? 
È impossibile starle dietro», mormorai, meditabonda.
Scott sbuffò e scosse la testa come se disapprovasse la nostra curiosità. «E va bene, se volete saperlo ve lo dico». Tacque per un attimo, mi lanciò uno sguardo rapido e alla fine parlò. «
È stato Alex».
L'espressione curiosa si congelò sul mio viso nel giro di un secondo. Lo guardai in silenzio, a lungo incapace di spiccicare una parola.
«Sul serio? Sul serio Alex ha fatto questo?», mormorai. Istintivamente guardai Holly: aveva un'espressione per metà stupita e per metà di sincero rammarico. Se avesse anche solo sospettato di chi stava parlando Scott, non lo avrebbe costretto a tirare fuori quel nome per niente al mondo, ne ero certa.
«Sì», rispose Scott. Era visibilmente a disagio e adesso cercava di evitare il mio sguardo. «Cioè, l'ho sentito dire, ma... non so se è vero. Potrebbe essere una balla».
«Certo», confermò Holly, annuendo con aria decisa. Scrollò i lunghi capelli color mogano che portava sempre sciolti sulle spalle e li gettò all'indietro. La sua mano strinse affettuosamente il mio braccio. «Ha ragione, Renesmee, magari non è vero. Sai quante sciocchezze circolano negli spogliatoi dei ragazzi».
Sentivo che nessuno dei due credeva davvero che fosse una balla, ma apprezzai silenziosamente il loro tentativo di tirarmi su e mi sforzai di avere un'aria tranquilla. Qualunque cosa Alex avesse combinato sarebbe stata in linea con il suo comportamento degli ultimi tempi. Dal giorno in cui avevamo chiuso in modo definitivo, alla riserva, quando lui e Jacob erano stati a un passo dall'uccidersi a vicenda, non aveva più tentato di avvicinarsi a me o di parlarmi. Se per caso ci incrociavamo nei corridoi o in mensa, non mi rivolgeva la parola, non mi guardava e tirava dritto con fare spavaldo come se fossi parte del muro. Sembrava che volesse cancellarmi dalla sua esistenza. E anche se all'inizio la ferita causata da questo comportamento era stata profonda, con il tempo avevo capito che era la cosa migliore. In fondo, avevo desiderato proprio questo, che mi dimenticasse. Eppure non mi sentivo sollevata
, perchè Alex non stava bene, per niente.
Da alcune settimane aveva seri problemi a scuola: mi giungevano continuamente voci di lezioni saltate, infrazioni alle regole e relative punizioni; una volta aveva preso parte a una rissa nel cortile della scuola e un'altra volta si era fatto beccare dal preside mentre usciva da scuola prima dell'orario con una birra in una mano e una sigaretta nell'altra. Non potevo sapere esattamente come andassero le cose in famiglia, ma non era tanto difficile immaginare le reazioni di Julie davanti a un evidente recupero delle sue pessime abitudini del passato.
Alex stava dando un esempio concreto di quel comportamento instabile e pericoloso per se stesso e per gli altri che due anni prima gli aveva creato tanti problemi. Sembrava che non fosse in grado di affrontare una perdita senza reagire in quel modo:
ostentare la più totale noncuranza verso il proprio stesso dolore, voltare le spalle al mondo e mandare al diavolo tutto e tutti. E non potevo fare a meno di pensare a quanta fragilità si celasse dietro il solito atteggiamento spavaldo e sicuro di cui adesso vedevo le estreme conseguenze. Fingeva che niente potesse toccarlo e non si rendeva conto di quanto profondamente mostrasse le proprie ferite, in quel modo, invece di nasconderle.
All'inizio Holly e Jas mi avevano tenuta aggiornata su Alex e tutto quello che combinava con il loro telegiornale quotidiano di pettegolezzi, poi avevano capito quanto mi faceva male ascoltarle e avevano smesso. Ma la nostra scuola era troppo piccola e troppo tranquilla perchè storie così gustose potessero passare inosservate e prima o poi, in un modo o in un altro, venivo a sapere sempre tutto, che lo volessi o meno. E ogni volta provavo una fitta al cuore.
Ero continuamente assillata dal dubbio di aver commesso un errore, l'ennesimo, troncando la nostra relazione. Quando lo vedevo nei corridoi, di tanto in tanto, e cercavo di incrociare il suo sguardo per stabilire un contatto, mentre lui guardava con ostinazione ovunque tranne che verso di me, provavo l'impulso fortissimo di tornare da lui, chiedergli scusa, baciarlo e ricominciare da capo. Sarebbe stato così semplice porre fine a tutto questo. Semplice, eppure dannatamente inutile. La nostra felicità avrebbe sempre avuto i giorni contati: gli stessi problemi che mi avevano indotta a lasciarlo adesso si sarebbero ripresentati, identici, tra un anno, o due, o cinque, sempre che la sua vicinanza al mondo sovrannaturale non lo uccidesse prima, e avrei dovuto lasciarlo comunque. Per di più, i miei incubi su di lui non erano affatto cessati e ripensare a quelle immagini orribili costituiva un ottimo incentivo a non cedere ai desideri e a tenermi lontana da lui. Mi aggrappavo alla speranza che quelle settimane turbolente fossero soltanto una fase, che Alex smaltisse il dolore come preferiva e andasse avanti.
«Sì», mormorai, pensierosa, in risposta alle parole di Holly. Mi riscossi, sforzandomi di non apparire troppo turbata. «Sì, probabilmente non è vero».
«Certo, e probabilmente Babbo Natale si sta preparando a consegnare i regali con la slitta e le renne! Andiamo, Renesmee, credi proprio a qualunque cosa?», esclamò una voce divertita alle nostre spalle.
Caroline Johnson ci superò camminando a passo svelto, un sorriso odioso sul volto ben truccato e la solita banda di cheerleader ridacchianti e starnazzanti alle calcagna. Chissà da quanto camminavano dietro di noi per ascoltare.
Holly le rivolse un'occhiata così gelida che avrebbe tramortito anche un sasso. «Come, prego? Hai detto qualcosa? Mi sembra di averti sentito parlare, ma non capisco la lingua delle oche, scusami».
«Cerchi di fare la spiritosa per compensare la tua mancanza di attrazioni fisiche, Holly Matthews?», rispose Susan, una delle migliori amiche di Caroline, una ragazza minuta e diafana con una gran massa di capelli rossi e ricci, il viso lentigginoso e un nasino all'insù che le dava sempre un'aria da aristocratica offesa.
La mia amica stava per ribattere a tono, infuriata, ma a quel punto intervenni. Sapevo che l'autocontrollo non era uno dei suoi pregi maggiori, ma più se la prendeva, più quelle lì avrebbero avuto soddisfazione.
«Lascia perdere, Holly», dissi con tono tranquillo, continuando a tenerla saldamente sottobraccio, «non vale la pena di rispondere».
«Quello che non capisco io, invece», riprese Caroline, guardandomi con occhi scintillanti, «è come hai potuto lasciarti sfuggire Alex Hayden! Cosa è successo esattamente è un mistero, vero, ragazze?», chiese, rivolta alle sue amiche. «Ma io mi sono fatta la mia idea e sai che ti dico? Che non devi prendertela troppo». Scrollò le spalle minute fasciate da una golf verde chiaro, il suo colore preferito. «Dopotutto, chissà quante esperienze avrà avuto prima di te... Non è colpa tua se non eri abbastanza per lui».
Avevamo smesso di camminare, ormai, ed io la fissavo con astio profondo mentre intorno a noi divampavano le risatine del suo gruppetto.
«Credo che tu abbia perso il cervello da qualche parte», risposi, la voce fredda e a stento controllata. «O forse non ne hai mai avuto uno? Chissà». Alzai le spalle con fare casuale, come se mi stessi davvero ponendo quella domanda. Accanto a me sentii Scott scoppiare a ridere di gusto e Holly strinse appena la mia mano nella sua per farmi capire che approvava. «Andiamo», aggiunsi a bassa voce, senza smettere di fissare Caroline con aria di sfida.
Mi allontanai di qualche passo, tirandomi dietro Holly e con Scott alle nostre spalle, quando sentii ancora la sua voce.
«Non preoccuparti per Alex, Renesmee... Ti assicuro che sarà consolato al più presto. Quando me lo porterò a letto prometto di chiamarti e raccontarti tutto, d'accordo?».
E rise allegramente, entusiasta della propria sagacia, circondata dai risolini e dai commenti soddisfatti delle amiche. Poi non riuscii a capire esattamente cosa stava succedendo per qualche secondo. Sentii il braccio di Holly sfilarsi da sotto il mio e la sua voce che gridava: «Brutta stronza!». Un attimo dopo non era più al mio fianco, ma si era lanciata contro Caroline, sbraitando insulti e agitando le braccia per colpirla, i lunghi capelli scuri che le saettavano intorno come una frusta.
Esplose una gran confusione. Caroline strillava e si dibatteva per sfuggire alla furia di Holly, che le aveva afferrato una ciocca di capelli biondi, mentre le sue amiche indietreggiavano tra urla ed esclamazioni di orrore. La folla che occupava il corridoio sembrò ritrarsi con un boato di sorpresa creando uno spazio vuoto intorno alle due ragazze, come per godersi meglio lo spettacolo. Caroline inciampò e cadde sul pavimento con uno strillo acuto, trascinandosi dietro Susan, ed Holly le franò addosso senza smettere di tirarle i capelli, poi Scott fece un balzo in avanti comparendo dal nulla, la prese per la vita e dopo una breve lotta riuscì a strapparla via, urlando qualcosa impossibile da sentire al di sopra del frastuono della folla e delle grida isteriche di Caroline.
Mi precipitai ad aiutare Scott e insieme trascinammo Holly il più lontano possibile da Caroline, mentre lei si agitava per cercare di liberarsi e raggiungerla di nuovo, completamente fuori di sè, e Caroline strillava a pieni polmoni.
«Pazza! Pazza! Sei una pazza da legare!».
Mi resi conto con orrore che Holly stringeva in mano una manciata di capelli biondi strappati, e per quanto la situazione fosse drammatica, mi venne improvvisamente da ridere e faticai a trattenermi.
«Lasciatemi! Lasciatemi! Scott, mollami!», sbraitava la mia amica, dibattendosi con determinazione. «Le faccio vedere io a quella grandissima... sgualdrina... Ti pentirai di aver aperto bocca! Lasciatemi!».
«Ma insomma, che sta succedendo qui?».
Per completare il quadro, il preside Green era appena piombato su di noi come un falco pronto a beccare a sangue qualcuno. Aveva gli occhi strabuzzati e le narici così dilatate per la rabbia e lo sconcerto che non mi sarei stupita affatto se avesse cominciato a sbuffare fumo; sembrava un toro scalpitante nell'arena. Spostò gli occhi da Caroline, ancora sul pavimento, piangente e con le mani tra i capelli come per verificare i danni, a Susan che cercava di rialzarsi, barcollando, con seria difficoltà, perchè tutti i capelli le erano finiti sul viso, ad Holly, agitata e scarmigliata, a me e a Scott, che avevamo praticamente ingaggiato un corpo a corpo con lei per trattenerla. Lentamente capì. Si gonfiò come un palloncino e di colpo esplose.
«Una rissa! Nel corridoio! Signorina Matthews! Signorina Johnson! Vergognoso! Inammissibile! Inaudito!».
Era talmente furioso, con il viso rosso e congestionato, che gli mancava il fiato e gridava a scatti come un robot mal funzionante.
«E anche lei, signorina Cullen! E lei, signor Green! Ma come osate? Come osate? Inammissibile!».
«Lei mi ha aggredito senza nessun motivo! Io non ho fatto nulla!», strillò Caroline, sfoggiando la sua migliore espressione da vittima innocente e puntando un dito accusatore contro Holly.
Lei, che alla comparsa del preside aveva smesso di agitarsi, trattenne rumorosamente il fiato, indignata, e si sarebbe scagliata di nuovo contro la sua avversaria se Scott, che la teneva saldamente per la vita, non l'avesse trattenuta.
«Sta' zitta! Sta' zitta, lurida bugiarda! Ti strappo tutti i capelli!».
«Basta! Basta!», ruggì il preside, ormai paonazzo. «Non intendo tollerare simili comportamenti nella mia scuola! Punizione! Tutti e quattro!».
Scott imprecò a bassa voce.
«No, signore, la prego... Loro non c'entrano», ansimò Holly, angosciata. «È colpa mia...».
«Non mi interessa! Non voglio sentire altro! Non ho mai visto nulla del genere! Filate a pranzo! Tutti quanti!».
Il preside continuò a sbraitare a scatti agitando il pugno chiuso finchè io e Scott non riuscimmo ad entrare nella mensa, che era proprio davanti a noi, attraversando la folla che iniziava a diradarsi rapidamente e tirandoci dietro Holly. Mi sembrava di essere circondata da mormorii eccitati e risatine e di avere gli sguardi di tutti puntati addosso; perciò tenni gli occhi ben fissi a terra, una mano stretta saldamente intorno al braccio di Holly, fino al nostro solito tavolo, dove sedemmo tutti e tre vicini. Dovevamo avere un'aria strana, perchè gli altri ci fissavano a bocca aperta come se avessero visto un fantasma.
«Che vi succede?», esclamò Maggie, scandagliandoci uno dopo l'altro con un cipiglio da poliziotto. «Abbiamo sentito un gran casino».
«Be'...». Cercai di spiegarle l'accaduto, ma non riuscii a tirare fuori una parola. Ero ancora sotto shock, probabilmente.
«Holly, che hai fatto ai capelli?», indagò Jas, lanciandole un'occhiata strana.
Holly sussultò e si toccò i capelli arruffati e in disordine; era la prima volta, da quando la conoscevo, che la vedevo in quelle condizioni. «Perchè? Cos'hanno che non va?». Si sporse per afferrare un coltello dal vassoio di Jas, seduta di fronte a lei, e si specchiò nella lama. «Oddio!», sbottò con voce soffocata. «Sono un disastro! Paul, non mi guardare!». Subito prese a sistemarli con gesti frenetici.
«Si può sapere che è successo?», intervenne Paul, ignorando la richiesta della sua ragazza.
Finalmente ci pensò Scott a rispondere. «Holly ha fatto a botte con Caroline», disse in tono piatto e incolore.
Tutti trattennero il fiato contemporaneamente, come se si fossero messi d'accordo.
«Che cosa?», esalò Jas, stupefatta.
«E le ha strappato un bel po' di capelli», aggiunse Scott, sempre con lo stesso tono.
«Che cosa?».
«Oh, insomma! Non sono capelli suoi, ha le extensions!», esclamò Holly, ancora impegnata a rimettersi in sesto.
Maggie rise, con grande sorpresa di tutti. «Davvero? Be', hai fatto bene. Era ora che qualcuno le desse una lezione».
Holly lanciò un'occhiata esitante tutt'intorno, a disagio, forse per saggiare le reazioni di ciascuno di noi. Arrossì un poco. «Io... non volevo, ma lei... mi ha provocata...».
«Quando mai Caroline non provoca qualcuno», commentò Tom, sotto voce. Era seduto accanto a Jas e stranamente aveva un'aria molto seria, come se quella faccenda lo preoccupasse davvero.
Sbuffai pesantemente. «No, non ha provocato te, ha provocato me e tu hai fatto questo per difendermi», intervenni, rivolta a Holly. «Non avresti dovuto. Ti ringrazio di avermi difesa, ma non avresti dovuto».
Lei scrollò la testa, ancora imbarazzata. «Non è stato solo per questo. Sai che non la sopporto, lei e le sue amiche cerebrolese».
«Non dovevi farlo comunque. Renesmee ha ragione», osservò Danielle, con calma. Lei e Tom erano gli unici, al tavolo, che non sembravano minimamente divertiti da quella storia. Erano soltanto preoccupati. «Potevi finire nei guai». Inaspettatamente, guardò Jas con aria colpevole e non aggiunse altro.
«Siamo già finiti nei guai. Tutti e tre», la informò Scott. «Il preside ci ha visto e ci ha messo tutti in punizione, compresa Caroline».
«Maledizione», commentò Paul, alzando le sopracciglia.
Holly sospirò. «Mi dispiace che siate stati coinvolti anche voi due. Dovevate lasciarmi stare come vi avevo detto».
«Certo, così l'avresti uccisa e poi ti sarebbe toccato ben altro che il doposcuola», ribattei. «Non dire sciocchezze... Tanto, prima o poi avrei dovuto sperimentare una punizione», aggiunsi con un piccolo sorriso di intesa verso di lei.
«Ah, giusto! 
È la tua prima volta», esclamò Paul. Mi guardò con aria furba e un sorriso sghembo che gli tagliava il viso. «Allora, com'è passare da studentessa modello a pericolosa delinquente?», domandò con tono inquisitorio adatto ad un reporter che conduceva un'intervista.
«Chiudi il becco, Scott», borbottai, scrollando il capo.
Per un po' restammo in silenzio. I vassoi erano quasi intatti e nessuno mangiava, eravamo tutti troppo presi a rimuginare sull'accaduto. Poi, all'improvviso, Jas incrociò le braccia con un sospiro e parlò.
«Be', oggi è davvero una pessima giornata. Credo che io e Tom vi faremo compagnia in punizione».
Sollevai la testa e la fissai, sorpresa. «Cosa? E perchè?».
Lei lanciò un'occhiata di traverso a Tom prima di rispondere, esitando leggermente. «Una sciocchezza. Abbiamo... avuto una piccola discussione mentre facevamo la fila, la Campbell passava di qui, ci ha sentiti e se l'è presa», raccontò con fare disinvolto, come se non desse tanto peso alla faccenda. «Vecchia rompiscatole. Se avesse una vita sua non penserebbe così tanto a quello che fanno gli altri», aggiunse, mugugnando, dopo un attimo di pausa.
L'atmosfera sembrò raffreddarsi lentamente e mi accorsi che gli altri si erano irrigiditi, come se qualcosa, nelle parole di Jas, non tornasse. Ero confusa, ma poi scorsi Tom lanciarle uno sguardo talmente gelido che ne rimasi stupita. E all'improvviso capii che la loro non era stata una piccola discussione.



****



L'ultima ora, io, Tom, Jas, Danielle e Paul avevamo letteratura francese insieme. Quando la lezione terminò, mi avviai con Tom e Jas verso l'aula delle punizioni nel silenzio più assoluto. Per la verità non ci aspettava niente di terribile, soltanto tre ora di noia mortale seduti in un'aula senza nulla da fare mentre tutti gli altri tornavamo allegramente a casa, ma a giudicare dalle facce depresse di Tom e Jas sembrava che fossimo diretti nel braccio della morte. Ancora non sapevo cosa li aveva fatti litigare, a pranzo, Jas non ne aveva fatto parola e io non avevo chiesto nulla, ma negli ultimi tempi le loro discussioni si incentravano sempre su vere e proprie sciocchezze: se Jas chiamava Tom al telefono con dieci minuti di ritardo o se Tom perdeva una penna che Jas gli aveva prestato, erano capaci di strillarsi contro fino a spaccare i propri timpani e quelli di chiunque capitasse nelle vicinanze, come se fosse accaduto qualcosa di irreparabile ogni volta. A me sembrava che l'unica cosa irreparabile fosse la loro relazione.
Tom spalancò la porta dell'aula dove si tenevano i doposcuola punitivi e fece entrare me e Jas. Caroline, Scott e un ragazzo dell'ultimo anno che mi pareva si chiamasse John, il classico bulletto muscoloso dall'aria molto poco intelligente, erano seduti nei banchi, sparpagliati qua e là e ben lontani l'uno dall'altro. Solo Scott ci rivolse un mesto cenno di saluto. Il bulletto ci lanciò uno sguardo annoiato e nient'altro, tutto preso dalla musica che ascoltava con le cuffiette, mentre Caroline guardò ostinatamente davanti a sè con il naso all'aria e un'espressione di profondo disprezzo.
Jas fece un sospiro pesante, sedette accanto a Scott ed io e Tom la seguimmo con aria svogliata. Tom aspettò che io occupassi il banco vicino a quello della mia amica prima di sedersi, in modo da trovarsi accanto a me e non a lei. Sospirai a mia volta e risposi con un'alzata di spalle all'occhiata interrogativa di Jas. Ormai ero così stanca di quella situazione da non avere più l'energia di mettermi in mezzo e darmi da fare per aiutarli. Che facessero come volevano, pensai, fissando torva la superficie del banco, ricoperta di scritte e disegni volgari.
Un paio di minuti più tardi la porta si aprì ed entrò Holly. Subito intercettò Caroline e la guardò con aria così minacciosa, mentre l'altra ricambiava con uno sguardo truce, che quando sedette a un banco vuoto e decisamente troppo vicino a Caroline, Scott si alzò, allarmato, e si spostò ad un altro banco che si trovava esattamente tra loro due, come per fare da isolante. Jas scosse appena la testa, abbattuta, mentre Tom inarcò un sopracciglio ed ero certa che pensasse che Scott aveva del fegato a piazzarsi tra quelle due, rischiando che ci andassero di mezzo i suoi, di capelli.
Trascorsero altri cinque minuti di silenzio di tomba. Il bulletto ascoltava la sua musica con la testa che andava su e giù, Caroline aveva tirato fuori il rimmel e uno specchietto, Tom scarabocchiava sul banco, Jas guardava fuori dalla finestra con aria assente, Holly continuava a sprecare energie lanciando occhiate astiose in direzione di Caroline e nel frattempo si passava una mano tra i capelli con movimenti lenti e regolari, come per controllare che fossero a posto, e Scott giocherellava con le fibbie della sua cartella e di tanto in tanto guardava Holly con espressione preoccupata. Io avevo tirato fuori il libro di francese e cercavo di leggere, ma non riuscivo assolutamente a concentrarmi, nonostante tutto quel silenzio. Stavo giusto pensando di fare un sonnellino, quando la porta fu spalancata di nuovo e con una certa veemenza. Voltai la testa e il cuore mi balzò in gola per la sopresa. Era Alex, la cartella a tracolla su una spalla e il giubbotto sull'altra, i capelli un po' scompigliati, come se si fosse appena alzato dal letto, e l'aria annoiata. Il suo sguardo percorse l'aula lentamente, esaminando i presenti con blando interesse, e infine si soffermò su di me. 
«Wow», commentò a bassa voce, senza la minima traccia di una qualunque emozione nel tono o sul viso, «questo sì che è interessante».







Note.
1. Link.







Spazio autrice.
Ciao a tutti, sono tornata! Allora, per prima cosa mi dispiace di non aver aggiornato mercoledì, ma purtroppo non ho avuto Internet per qualche giorno e il problema si è risolto solo stamattina. Ultimamente sono proprio perseguitata da una specie di maledizione degli aggiornamenti xd, ma per il prossimo prometto massima puntualità, se Internet non mi fa scherzi.
Veniamo al capitolo! Come avrete notato, gli eventi non fanno grandi passi avanti, è un capitolo di passaggio, ma in realtà qualcosina succede. Innanzitutto veniamo a sapere qualcosa di interessante su quello che sta combinando Alex ultimamente, come ha preso la rottura con Renesmee e qual è la sua situazione emotiva. Scopriamo anche quali sono i sentimenti di Renesmee al riguardo: non è affatto sicura che averlo lasciato sia stata la scelta giusta e l'unico motivo per cui non torna sui suoi passi è che l'alternativa, cioè tornare con Alex, rischia di essere soltanto più problematica della situazione in cui si trovano adesso. Tra le due opzioni continua a scegliere quella che le sembra più giusta per il futuro di Alex, ma naturalmente ci sta male. E non è detto che riesca a resistere! xd
In effetti questo capitolo è una sorta di premessa del capitolo seguente, che invece sarà ricco di avvenimenti. In particolare, succederà qualcosa che imprimerà una vera svolta alla storia. Dopo, nulla sarà più come prima. Spero che siate pronti... aspetto le vostre recensioni per sapere cosa ne pensate ;-). A proposito, come al solito ringrazio per tutti i commenti che ricevo, appena avrò tempo risponderò. Alla prossima!
   
 
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