Serie TV > Once Upon a Time
Ricorda la storia  |      
Autore: _Trixie_    30/08/2014    9 recensioni
[Pre SwanQueen, post terza stagione. Lo giuro, in questa non muore nessuno].
Era solo Regina e a Regina non era rimasto nulla, non l’amore, non una famiglia, nulla. Solo un bicchiere vuoto, una casa vuota, un letto vuoto.
Si morse il labbro, sperando che il suo cuore non finisse con l’essere vuoto a sua volta.
La donna stava per congedarsi da Ruby e uscire dal locale, perché ora che iniziavano ad arrivare clienti sentiva il bisogno di rimanere da sola e in posto in cui si sentisse sicura, come la propria casa. E poi, c’era sempre il rischio di incontrarlo, magari persino in compagnia di Marian o del piccolo Roland. Il suo proposito di rifugiarsi al numero 108 di Mifflin Street venne però ostacolato da un tornado di capelli biondi, che si sedette accanto a lei con un sorriso luminoso.
«Ehi, Regina, cosa fai da queste parti?» domandò Emma Swan, facendo un cenno di saluto a Ruby con la mano.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
 
 
A K.,
 che si è fatta corteggiare per tanto tempo.
 
 
 
 
 
 
 
 
Betata da Dops, anche se non si ricorda di averlo fatto.
(Perché la sua memoria è peggiore della mia).
 
 
 
 
 
 
 
A red rose in a white box
 
 
 
 
 
La giornata di Regina era trascorsa come ogni altra singola giornata.
Identica e anonima a ieri, identica e anonima a domani.
Con una smorfia, Regina ingoiò in un solo sorso il contenuto del suo bicchierino, appoggiandolo poi di nuovo sul bancone del Granny’s.
Ruby, che dava le spalle alla donna mentre puliva la macchina del caffè, sobbalzò, colta alla sprovvista dal rumore secco.
Era quasi l’ora di cena e i primi avventori iniziavano a entrare nel locale, ma Regina si trovava lì già da qualche tempo, ormai. Da quando ha finito di lavorare in ufficio, suppose Ruby, che fino a quel momento le aveva servito un paio di caffè e il bicchierino di scotch che la donna aveva appena finito.
«Giornataccia, immagino» commentò la cameriera, con un mezzo sorriso.
Regina la fissò per qualche istante, poi scosse la testa, lasciandosi sfuggire una breve risata colma di amarezza e di scherno, di scherno verso sé stessa.
«No, signorina Lucas, è stata una normalissima giornata, identica a ogni altra» rispose infine, posando delle banconote accanto al bicchiere vuoto.
Vuoto come le sue giornate, vuoto come la sua vita.
Perché non le era rimasto nessuno, se non suo figlio.
Ma Henry aveva altre persone che gli volevano bene, ormai, e che si prendevano cura di lui. Lei, Regina, la donna che lo aveva cresciuto per tanti anni, all’improvviso non era più indispensabile, né necessaria.
Era solo Regina e a Regina non era rimasto nulla, non l’amore, non una famiglia, nulla. Solo un bicchiere vuoto, una casa vuota, un letto vuoto.
Si morse il labbro, sperando che il suo cuore non finisse con l’essere vuoto a sua volta.
La donna stava per congedarsi da Ruby e uscire dal locale, perché ora che iniziavano ad arrivare clienti sentiva il bisogno di rimanere da sola e in posto in cui si sentisse sicura, come la propria casa. E poi, c’era sempre il rischio di incontrarlo, magari persino in compagnia di Marian o del piccolo Roland. Il suo proposito di rifugiarsi al numero 108 di Mifflin Street venne però ostacolato da un tornado di capelli biondi, che si sedette accanto a lei con un sorriso luminoso.
«Ehi, Regina, cosa fai da queste parti?» domandò Emma Swan, facendo un cenno di saluto a Ruby con la mano.
Regina aprì la bocca, poi la richiuse, osservando l’abbigliamento della ragazza. Un semplice vestito blu scuro, che terminava appena sopra al ginocchio e con una sola spallina. Emma aveva persino un paio di scarpe con un tacco decisamente vertiginoso e aveva acconciato i capelli in un’elaborata treccia, da cui sfuggivano delle ciocche qua e là.
«Quasi non ti riconoscevo, Emma» commentò Regina, dopo qualche secondo.
«Oh, beh, Mary Margaret continua a comprarmi questo genere di vestiti. Ho pensato di doverli sfruttare in qualche modo» rispose la ragazza. «Ruby, ti dispiace portarmi un caffè, per favore?».
«Arriva subito!» esclamò la cameriera.
«Per venire al Granny’s?» domandò Regina, scettica.
«No» rispose Emma, sorridendo appena. «Esco con Uncino… Killian… Uncino. Non so come dovrei chiamarlo».
Regina si strinse nelle spalle, guardando l’espressione assorta di Emma. C’era una ciocca di capelli che scendeva ad accarezzare la guancia sinistra della ragazza e Regina dovette imporsi di non allungare la mano per sistemarla dietro l’orecchio della giovane.
Emma studiò di sottecchi Regina, poi lanciò uno sguardo allarmato al bicchierino di fronte alla donna e alle banconote per saldare il conto ancora sul bancone.
Non è da Regina, pensò Emma, bere a quest’ora del pomeriggio. 
«Regina?»
«Sì, scusami, hai detto qualcosa?» rispose la donna, ricorrendo a un sorriso di circostanza mentre sembrava riscuotersi dai propri pensieri.
«No, ma… va tutto bene?»
Le labbra di Regina si strinsero in una linea sottile, mentre piegava la testa di lato osservando Emma.
«Emma».
«Scusa, hai ragione, colpa mia, domanda idiota. È solo che… mi dispiace davvero tanto. Di averti ferita, intendo. Non volevo…»
«Lo so. Ma non importa, non importa più niente ormai, a parte Henry. Sarò la mamma di Henry. L’altra mamma di Henry e nient’altro. Basta Regina, basta tutto quanto, tanto a nessuno importerebbe in ogni caso e perciò tanto vale che non importi nemmeno a me» disse Regina, senza mai distogliere lo sguardo da Emma, nemmeno mentre allungava le banconote già sul bancone verso Ruby.
«Tenga pure il resto, signorina Lucas. Il caffè della signorina Swan lo offro io».
Regina prese la propria borsa mentre Emma apriva la bocca per protestare.
Si diresse a passi veloci verso l’uscita del Granny’s e immaginò che se anche Emma avesse tentato di seguirla, non sarebbe mai riuscita a raggiungerla, con i tacchi e il vestito che indossava.
Infatti, Emma sapeva benissimo di trovarsi in svantaggio, e per questo motivo quando raggiunse Regina e le afferrò un braccio, a un solo passo dall’uscita del locale, stringeva nell’altra mano le proprie scarpe.
Regina le rivolse uno sguardo stupito.
«Non sono molto comode» disse Emma, con una smorfia, accennando alle scarpe.
«Cosa c’è, Emma?»
«A me importa, d’accordo? Non sei solo la mamma di Henry».
«Ah, davvero? E chi sono, Emma?»
«Sei… Regina».
La donna scosse la testa e con la coda dell’occhio intravide Uncino attraverso i vetri del locale, con un completo incredibilmente elegante, che si avvicinava.
«Chiamalo Killian. Credo che preferisca sentirti usare il suo nome di battesimo» disse Regina, prima di liberare il proprio braccio dalla presa di Emma e uscire dal locale.
«Regina».
Le parole di Emma si persero nel vuoto, appena accennate, sarebbe stato impossibile per Regina udirle. Eppure un brivido le percorse la schiena, mentre faceva un cenno di saluto distratto verso il pirata.
 
Uncino stava parlando, ma Emma non aveva la minima idea di che cosa stesse dicendo.
Giocava distrattamente con la forchetta, picchiettandone i denti sul bordo del piatto o infilzando il cibo che vi era contenuto, solo per lasciarlo precipitare e osservare con curiosità gli schizzi prodotti sulla tovaglia.
Killian l’aveva portata al solito ristorante sulla spiaggia, quello dove ogni coppia di Storybrooke aveva cenato almeno una volta. Loro, invece, era degli habitué.
Non che a Emma non piacesse solo… non voleva trovarsi lì, in quel posto, in quel momento. O, meglio, non volava trovarsi con Uncino.
Continuava a pensare a Regina, al bicchiere vuoto sul bancone, al tono piatto delle sue parole.
Non c’era astio, non c’era odio o rancore, non c’era nulla, nelle parole di Regina, e questo spaventava Emma più di ogni altra cosa.
Perché conosceva Regina e sapeva che, per quanto fredda e senza cuore potesse apparire, ciò che in lei non era mai mancata era la passione. Che fosse diretta a questo o quello scopo, non aveva importanza, perché Regina era passione, era emozione, era un uragano nel bene e nel male.
E Emma non riusciva a non pensare a Regina, in quel momento, ai suoi occhi, alle parole.
«Senti, Unci-, Killian, sì, Killian. Ecco, ascolta, il fatto è che devo scappare, io…» disse infine Emma, alzandosi e abbandonando il tovagliolo accanto al piatto da cui non aveva mangiato nulla.
«Cosa? Dove vai?» domandò immediatamente Uncino, alzandosi a sua volta e facendo cenno al cameriere perché portasse il conto. «Ti accompagnerò io».
«No, davvero, non c’è bisogno di-»
«Emma, per me non è affatto un problema. Dove devi andare?» insistette Uncino, esaminando il conto.
«Killian, lascia perdere. Ti richiamo io domani, scusami, davvero» disse Emma, facendo un passo indietro.
Uncino aprì la bocca, ma non protestò, cogliendo un’ultima immagine del sorriso dispiaciuto di Emma e domandandosi perché, proprio in quel momento, gli tornasse in mente Regina.
 
Regina sbadigliò, accoccolata sul divano a leggere un romanzo, e controllò l’ora.
Pensò fosse arrivato il momento di andare a dormire, quando qualcuno suonò alla sua porta.
Controllò di nuovo l’ora e no, chiunque fosse, non era opportuno che la disturbasse a un’ora tanto tarda.
La donna indossò un vecchio cardigan sopra la sottoveste e camminò a piedi scalzi fino alla porta d’ingresso, con un dito tra le pagine del romanzo per non perdere il segno e gli occhiali in bilico sulla punta del naso. Si ricordò di toglierli solo quando passò di fronte allo specchio dell’ingresso.
Dopo aver aperto la porta, Regina si disse che avrebbe dovuto immaginare che esisteva una sola persona al mondo che potesse farle visita a un’ora tanto inopportuna, perché la persona in questione era l’inopportunità fatta persona.
«Emma, cosa ci fai qui?»
La ragazza, con ancora indosso il vestito blu scelto per Uncino, la salutò timidamente con un cenno della mano, tenendo l’altra dietro la schiena.
Poi, da dietro Emma, spuntò una figura ben familiare a Regina nonostante avesse guadagnato una discreta manciata di centimetri negli ultimi mesi.
«Ciao, mamma» rispose il ragazzino, che ragazzino, poi, non lo era più. «Buon compleanno».
Regina spalancò la bocca e non ebbe il tempo di parlare, perché si ritrovò stretta tra le braccia di Henry, che quasi la sovrastava, con le lacrime agli occhi.
Gli accarezzò i capelli morbidi e respirò il profumo del suo bambino, del suo Henry, a fondo, cercando di controllare i battiti del cuore e la frequenza del respiro.
Quando infine lo lasciò andare, Henry le sorrise e prese un piccolo sacchetto da terra, che Regina non aveva notato fino a quel momento.
«La porto in cucina» disse il ragazzino, facendo l’occhiolino a Emma senza che l’altra mamma, ancora frastornata, lo notasse.
«È una torta» spiegò Emma, pesandosi prima su un piede e poi sull’altro.  
«Oh» rispose Regina. «Grazie».
«Avrei voluto cucinarla con Henry, ma sono un disastro in cucina. L’ho presa al Granny’s. È ai frutti rossi».
«La mia preferita».
«Lo so» disse Emma, mordendosi il labbro. «Cosa hai ricevuto l’anno scorso? Per il tuo compleanno, intendo».
Regina strinse gli occhi a due fessure, scrutando l’altra.
«Niente, io non ho ricevuto nie-» Regina si interruppe bruscamente. «A dire il vero, una rosa rossa, in una scatola bianca».
«E l’anno prima ancora?»
«La stessa cosa, Emma, solo una rosa rossa in una scatola bianca. Perché vuoi saperlo?»
«Perché mi importa di te» disse la ragazza, svelando finalmente quello che aveva nascosto dietro la schiena per tutto quel tempo. Una scatola rettangolare, bianca, che diede a Regina.
Emma attese che la donna, con mani tremanti e lo sguardo incredulo, sciogliesse il nastro che chiudeva la scatola. I regali precedenti non erano mai stati accompagnati da alcun biglietto e nonostante Regina si fosse chiesta svariate volte chi fosse il mittente, non aveva mai avuto il tempo necessario per scoprirlo.
Il nastro cadde a terra e dentro la scatola, delicatamente adagiata, Regina trovò una singola rosa rossa.
«Mi è sempre importato. Buon compleanno, Regina».
 
 
 



 
NdA
Questa One shot l’ho letteralmente sognata di notte, prima di scriverla, e il solo fatto di essermela ricordata da sveglia è incredibile! Non credevo che mi sarebbe mai successo, ma ultimamente di cose incredibili ne accadono molte e non mi lamento di nessuna!
A presto,
Trixie :D 
   
 
Leggi le 9 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: _Trixie_