Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Road_sama    30/08/2014    8 recensioni
DAL 9' CAPITOLO:
-Domani faremo il culo agli sbirri.- disse Eren con una strana luce negli occhi.
-Già.- Stettero in silenzio per lunghi secondi a guardare la città pronta alla vita notturna.
-Eren non provare a morire domani.-
-Non lo farò. Mi riempiresti di botte.- disse sorridendo appena il castano.
-Già.-
-Non provarci nemmeno tu.- aggiunse rivolto all’altro.
-Non lo farò. Devo pestarti prima.- Quello era lo scambio di battute che facevano prima di ogni furto. Nessuno dei due l’avrebbe mai ammesso, ma l’uno era quello che rimaneva di più caro all’altro e dopo aver perso tante persone importanti avevano bisogno di un appiglio. Avevano bisogno di sapere che non sarebbero rimasti soli.
//Riren-Ereri/Criminal!Levi e Eren//
Genere: Azione, Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Rivaille, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 15- Fine




Quella stessa sera pernottarono un albergo, un vero albergo non uno schifo di motel. Levi non aveva dato una spiegazione precisa  ad Eren e il ragazzo, in fondo, aveva imparato a non chiedere. Eren era già abbastanza in crisi di suo, visto la lettera che aveva letto poche ore fa.
Perché la sua vita era così complicata? Perché non poteva stare tranquillo e spensierato ad inseguire il suo sogno di vedere il mondo con Levi? Lui stava odiando tutto questo perché gli era stata messa sulle spalle una responsabilità che non gli apparteneva. In una mano aveva la vita di centinaia di migliaia di persone e nell’altra la salvezza della Nazione. A lui non erano mai interessate nessuna delle due. Poteva pure andarsene a fanculo la Nazione e i suoi abitanti. Lui era un fuorilegge, un ladro senza alcun legame con la società. Che cosa si aspettava suo padre? Che diventasse un assassino a causa della sua debolezza? Infatti, in fin dei conti, quello che gli stava chiedendo suo padre era di rimediare ad un suo errore. Stava mandando il figlio che aveva abbandonato a saldare un debito che non gli apparteneva.
La rabbia era affiancata dal dolore perché purtroppo, Eren si rendeva conto di aver odiato un uomo per 23 anni che di colpe non ne aveva. Avrebbe potuto anche ammirarlo come persona se solo non gli avesse lasciato tutto il lavoro sporco da fare. Eren sul serio non sapeva più a cosa credere. Alla fine dei conti lui voleva solo stare con Levi…
Il suo compagno pagò la stanza in contanti. Osservò tutti quei verdoni venire incassati da quella gente con una smorfia. Le ragazze dietro al bancone gli sorrisero e gli porsero la chiave, ma Levi si limitò borbottare un’imprecazione prendendo la piccola schedina. Forse un po’ si era pentito di aver preso un albergo. Eren non poté fare a meno di ridacchiare vedendo quell’espressione sofferente e allo stesso tempo incazzata sul viso dell’altro.
-Moccioso vedi di non farmi incazzare pure tu che sta sera finisce male.- il castano questa volta aveva riso e Levi gli aveva tirato un pugnetto sulla spalla accompagnato da qualche insulto. Presero l’ascensore e aspettarono di arrivare al loro piano in un silenzio quasi surreale. L’ultima volta che Eren era rimasto per così tanto in silenzio era successo tre anni fa, quando ancora era attaccato al suo passato.
Seguirono un lungo corridoio illuminato da piccole luci al neon e  cercarono con lo sguardo il numero della loro camera. Appena ci arrivarono il moro passò la chiave elettronica sulla parte grigia posta subito sopra la maniglia ed entrò sbuffando.
-Che altre diavolerie elettroniche si inventeranno?-  sussurrò appoggiando la chiave sul tavolo. Eren aveva riso ma subito si era bloccato perché quello che gli si era presentato davanti era una camera completamente fuori dagli schemi. La stanza era enorme e aveva un letto matrimoniale in cui ci sarebbero potute benissimo stare quattro persone. Le lenzuola era bianchissime e ai piedi del letto c’era un piccolo cigno fatto con gli asciugamani. Sopra al tavolo c’era qualche mela in omaggio. Accanto a quest’ultimo c’erano delle poltroncine in pelle rossa che anticipavano il bagno. Le finestre occupavano un’intera parete ed erano esattamente davanti al letto. Eren si avvicinò a quest’ultime e dopo aver spostato una tenda semi trasparente osservò il panorama. Non era maestoso ed emozionante come quello che avevano visto all’Empire State Building, ma gli faceva quasi concorrenza. Washington aveva qualcosa di affascinante, forse erano gli spazi così tanto ampi, forse era il senso di importanza che questa città trasmetteva. In ogni caso seppur per qualche istante, quel panorama fece dimenticare al ragazzo quello che sarebbe successo il pomeriggio del giorno dopo.
-E’ bellissima…- sussurrò Eren. Levi si avvicinò al ragazzo e si mise anche lui ad osservare quel panorama che mai aveva visto prima.
-Già…- stettero per qualche secondo in silenzio a contemplare quella città, poi il castano distolse lo sguardo e andò a sedersi sopra il letto.
-Che dovrei fare Levi?- il moro si era girato e gli aveva rivolto un’occhiata tagliente, ma non arrabbiata.
-La scelta di cui ti pentirai di meno.- gli aveva risposto semplicemente e questo scambio di battute gli aveva provocato una stretta allo stomaco, perché era tutto terribilmente simile a quella discussione che avevano fatto la sera in cui aveva visto Levi per la prima volta. Sembrava fosse passata una vita da quel giorno e invece erano solo tre anni.
Eren abbassò il capo e cominciò a guardarsi i piedi. Levi aveva ragione.
-Io non voglio far saltare in aria proprio un bel niente. Sono un ladro non un assassino.- Già, quella non era la sua vita, non erano i suoi errori! Erano quelli di suo padre. Lui avrebbe continuato a fare ciò che l’aveva aiutato a vivere in tutti quegli anni, con la persona che gli aveva aperto gli occhi. Avrebbe continuato la sua vita. Poteva essere definito anche un sogno egoistico, ma dopo aver perso così tante persone nessuno poteva pretendere altro da lui. Basta.
Levi annuì con la sua solita espressione indecifrabile sul viso.
-Allora domani si parte.- sentenziò il moro. Eren sorrise prima di buttarsi di schiena sul letto.
-Di’ un po’ Levi…- esordì il più giovane dopo un po’.
-Ah?-
-Non mi vuoi proprio dire quand’è stata l’altra volta in cui sei stato qui?- il più basso ghignò avvicinandosi al letto.
-Più o meno dieci anni fa- Eren parve stupito dal fatto che Levi gli avesse rivelato qualcosa di lui.
-Perché? Perché ci sei stato?- Il moro si mise a cavalcioni sopra l’altro e cominciò a guardarlo con sguardo famelico.
-Mi hanno messo dentro.- il moro sgranò gli occhi stupito e allo stesso tempo eccitato. Si alzò sui gomiti per poter vederlo meglio in viso.
-Mi stai dicendo che sei un ex galeotto?- disse, ma la voce gli uscì in un sussurro.
-Già…e ho imparato cose che tu nemmeno immagini.- ribadì Levi chinandosi su di lui per mordergli un labbro. Eren gemette piano.
-Potresti aiutarmi a farlo.- soffiò sulle labbra del moro e quello era decisamente più che un esplicito invito. Levi non se lo fece ripetere due volte e si fiondò sulle labbra per saziare la sua fame.
 
La mattina dopo si svegliarono veramente tardi. Anche Levi, che solitamente era un tipo mattiniero, aveva cominciato a muoversi verso le due del pomeriggio. In fondo avevano avuto un bel daffare da mezzanotte in poi. Si erano svegliati l’uno avvinghiato all’altro come succedeva spesso quando ci davano dentro.
Si erano alzati e preparati con una lentezza unica, quasi come se fossero due persone diverse rispetto ai soliti ladri che dormivano nei motel e appena potevano prendevano la macchina e se ne andavano. Era una cosa molto strana, ma tutto quella situazione era strana e del tutto nuova. Forse era un po’ colpa di quel luogo così di lusso.
Uscirono dall’hotel verso le quattro del pomeriggio fregandosene altamente dei saluti amichevoli che gli rivolgevano quelli dello staff dell’albergo. Appena fuori si guardarono intorno con l’intenzione di andare a mangiare qualcosa e capitarono in un ristorante italiano. Non era la prima volta che andavano a mangiare italiano però era sempre molto buono quindi nessuno dei due ebbe nulla da ridire.
-Levi, mi fa malissimo la schiena.- disse ad un tratto Eren mentre si mangiava una fetta di pizza con poca grazia.
-Te la sei cercata, moccioso.- rispose l’altro senza nemmeno degnarlo di uno sguardo.
-Non pensavo che esistessero pratiche così…estreme.- borbottò il più giovane mettendo un leggero broncio. Levi alzò l’angolo della bocca fino a formare un mezzo sorriso.
-Non sai un sacco di cose, ragazzino.- il castano tremò appena. Sapeva che quando il moro diceva così non prometteva bene e anche quella sera si sarebbe prospettata una lunga nottata.
-Più che altro ho paura che il mio professore non regga il ritmo…- disse Eren portandosi l’indice sul labbro e facendo una finta aria pensierosa. Levi lo fulminò con lo sguardo manco volesse ucciderlo.
-Ricordami chi è che si è lamentato che gli faceva male al sedere?- Levi prese una forchettata di spaghetti con aria molto noncurante. Eren borbottò qualcosa di incomprensibile prima di riprendere con la sua pizza.
-Non dici più niente?- lo rimbeccò il più grande.
-Prova tu a stare sotto e poi ne riparliamo.-
-E’ una sfida, moccioso?-
-Potrebbe…- disse Eren con un guizzo di malizia negli occhi. Erano state poche le volte in cui Levi gli aveva permesso così tante. Rimaneva l’altro il più grande e, ammettiamolo, ad Eren piaceva parecchio farsi prendere più e più volte dall’altro.
Tutto quello sembrava praticamente normale. Era come se fossero una vera coppia ad un appuntamento e questo durante quei tre anni era successo davvero poche volte. In fondo, a loro non era mai piaciuta quella vita statica e quindi certi piaceri non se li erano mai presi. Sembrava comunque che quella giornata a Washington fosse diversa da tutti gli altri giorni e molto più intensa. Era come se il tempo si stesse dilatando e qualcun altro decidesse come farli agire senza che loro potessero controllare i loro corpi. Eren voleva andarsene al più presto e riusciva a vederlo anche nel viso imperturbabile di Levi eppure qualcosa lo frenava.
Finirono di pranzare in un silenzio colmo di sguardi complici, poi il più piccolo prese a guardare fuori dalla vetrata del ristorante.
-Che ne dici se andassimo a dare un’occhiata nel posto in cui ci ha detto mio padre?- chiese il più piccolo con titubanza.
-Ne sei sicuro?-
-Ho detto che non farò saltare in aria niente…però non sarebbe male andare a vedere.-
-Tse, ma solo per un po’ intesi?- Eren annuì, poi si alzò dal tavolino seguito a ruota da Levi e uscirono dal ristorante.
 
Il posto dell’incontro che il padre di Eren aveva segnato in una cartina della città, era in un posto appartato della periferia di Washington. Per le strade non c’era molta gente e questo, gliel’aveva spiegato un passante, era perché il 2 Aprile era una specie di festa Nazionale quindi molti residenti lì si facevano il week end di vacanza. La stessa polizia era stata decimata ed effettivamente era il giorno ideale per un incontro di tale spessore. Il meeting si teneva in un vecchio parcheggio circondato da un’intricata rete di vicoli. Non era molto agibile però si poteva fare qualsiasi cosa senza essere notati. I due giovani ladri salirono le scale d’emergenza velocemente e li si acquattarono in un angolo non appena videro il raduno di persone. Da una parte c’erano tutte persone vestite di giacche e cravatte nere dalle quali si fecero avanti tre ragazzi poco più grandi di Eren. C’era un omaccione parecchio robusto dai capelli biondi e occhi azzurri affiancato da una ragazza di molto più bassa di lui anche questa bionda e dagli occhi azzurri. Infine c’era il più alto dei tre, un ragazzo moro con gli occhi scuri che sembrava il più innocente tra tutti. Cominciarono a parlare con dei vecchi signori, anche questi in giacca e cravatta. Molto probabilmente quelli erano i politici corrotti di cui parlava suo padre nella lettera. Eren non se ne intendeva molto di politica, ma gli pareva di averli visti un paio di volte in tv.
-Dev’essere una cosa molto pallosa…- sussurrò il più giovane non distogliendo gli occhi dagli uomini. Levi sbuffò in risposta e con un cenno del capo lo invitò ad andare via. Non era affare loro e quindi non avrebbero ficcato il naso oltre. Anche Eren si alzò e percorsero le scale a ritroso.
Non appena furono scesi si bloccarono di colpo. Si ritrovarono nel piazzale che avevano attraversato pochi minuti prima eppure sentivano che c’era qualcosa di strano.
-Levi…?-
-Togliamoci da qui in mezzo.- disse il più grande prendendolo per un polso e invitandolo a prendere uno dei qualsiasi vicoli che circondavano quel posto. Si diressero verso la stradina più vicina, ma gli si pararono davanti degli uomini vestiti di nero che gli puntavano contro dei fucili.
-Fermi!- Levi riconosceva quella voce. Si voltò nella direzione in cui gli avevano urlato contro e immediatamente riconobbe il poliziotto che lo aveva chiamato.
-Smith. Che cazzo vuoi ancora?- gli sibilò contro mentre strane ombre si disegnavano intorno ai suoi occhi di ghiaccio. Eren non l’aveva mai visto così incazzato.
-Chi è Levi?- mormorò il castano puntando gli occhi contro il poliziotto biondo davanti a loro.
-Rivaille ti prego, non rendere le cose ancora più difficili. Siete circondati- da ogni vicolo spuntarono degli uomini vestiti di nero e dotati di fucile. Persino da alcune finestre degli enormi palazzi si potevano scorgere degli uomini in divisa. Eren non riusciva a capire più niente. Perché lo aveva chiamato Rivaille anche lui? Perché c’erano tutti questi poliziotti qui?
-E’ da quando sei uscito di prigione che sto monitorando i tuoi movimenti, ma questa volta sei stato più bravo. Questa volta mi hai fregato per tre anni…- lo sguardo di Levi si fece sprezzante.
-Se non fosse per quel ragazzino che ti porti dietro.- concluse Erwin mantenendo il suo sguardo serio. Da dietro le schiere di poliziotti si fece avanti un’agente e non appena si tolse l’elmetto nero Eren perse un battito.
-Mikasa che…?- la ragazza continuava a puntargli il fucile contro mentre lo guardava imperturbabile.
-Tua sorella ha trovato quella lettera nel vostro scantinato, tua sorella mi ha aiutato a cercarvi e alla fine vi abbiamo trovati dopo così tante ricerche.- concluse Erwin Smith rivolgendosi questa volta ad entrambi. Eren non sapeva che dire, si sentiva tradito e allo stesso tempo aveva il cuore a pezzi. Sua sorella aveva condannato lui e la persona che più ama alla prigione. Li aveva condannati a perdere la loro libertà e ad una separazione certa.
Solo in quel momento entrambi si resero conto che non si possono tagliare i ponti con il passato. Il passato tornerà ancora e ancora a tormentare il loro presente perché è inevitabile. Il passato è una parte di loro e non si può cancellare. Loro non l’avevano affrontato ma erano scappati, erano scappati per tre lunghi anni e in quel pomeriggio era tornato a riscuotere anni ed anni di fuga.
-No, Erwin, non mi porterai via tutto ancora una volta.- proruppe a gran voce Levi. Il suo sguardo si era assottigliato ed era diventato così tanto freddo e distaccato da mettere i brividi. Prese Eren per mano con una brutalità che mai aveva usato con lui mentre ad una velocità quasi impossibile scattava verso la fila di uomini meno numerosa. Questi minacciarono di sparare ma come aveva previsto il moro, non lo fecero. Riuscirono a disarmarne un paio quando si sentirono due spari.
Successe tutto nel giro di pochi secondi.
La mano di Levi che scivolava via da quella di Eren.
Levi che posava un ginocchio a terra e poi l’altro.
Il moro si portò una mano al petto mentre l’altra cercava di sollevarlo. Dalla sua mano goccioline cremisi riuscivano a scappare toccando terra mentre dal ventre il sangue colava inesorabile. Il ragazzo guardò dritto davanti a sé mentre la vista si faceva via via più sfocata. Vide degli uomini che lo guardavano inorriditi, no, non erano stati loro. Girò di poco la testa di lato e quello che vide fu la ragazza con la pistola alta e per niente tremante. Solo lei avrebbe potuto colpirlo in punti vitali sebbene fosse in movimento. L’aveva percepito fin da subito che erano simili. Tossì sangue e fu costretto a guardare in basso per limitare il dolore. Si accasciò a terra ma non sentì il freddo del cemento bensì due braccia calde e familiari. Incrociò i suoi occhi verdi e lucidi e una fitta al cuore lo scosse.
-Levi!- urlò con la voce rotta dal pianto il suo ragazzo.
-N-Non…piangere…moccioso…- soffiò fuori dalle labbra il moro. La sua espressione si addolcì di poco mentre i suoi occhi si facevano meno luminosi e magnetici di quello che erano sempre stati.
-Non morire, Levi. Ora ti porto da qualche parte, ti curo, tieni duro…!- Eren cominciò a guardarsi intorno con rabbia. Nessuno di quei cani che si facevano considerare sostenitori della legge e della giustizia muovevano un muscolo. Nessuna emozione attraversava i loro visi, nemmeno quell’Erwin si era avvicinato. Sembrava pietrificato.
Levi con una lentezza straziante appoggiò una mano sulla guancia del più piccolo. Non lo aveva mai accarezzato così. Non lo aveva mai guardato in quel modo.
-Eren…- Levi richiamò l’attenzione su di lui. –Non fare cazzate intesi?- il castano intrappolò la mano dell’altro tra la sua e la guancia.
-Perché mi dici così? Mi avevi detto che non saresti morto…- mormorò piano con voce che tremava.
-Lo so, ma…non sono mai stato bravo…con le promesse…- rispose Levi osservando quel viso che tanto aveva amato, che gli era piaciuto fin dall’inizio e che da quel preciso istante non aveva mai abbandonato.
Le lacrime cominciarono a rigare il volto del più piccolo.
-Non andartene…stai qui con me…io non posso-
-Ti amo, Eren.- sussurrò il moro mentre un rantolo scuoteva il suo corpo e la sua bocca veniva dipinta di rosso cremisi.
I suoi occhi si fecero assenti e cominciarono a velarsi diventando via via più cupi.
La mano di Levi si fece molle tra le sue dita e il suo respiro diventò impercettibile.
Le palpebre si piegarono fino a nascondere i suoi occhi.
-Ti amo anche io, Levi.- ma questo non era sicuro che lo avesse sentito.
Il corpo di Eren era percorso da singhiozzi e le lacrime scendevano veloce a bagnare anche la pelle ormai troppo fredda del suo ragazzo. Non credeva al corpo inerme che aveva davanti. Quello era un fottuto brutto sogno, ora si sarebbe svegliato tra le braccia di Levi in uno schifo di motel, ma quello non lo accettava. Quel presente del cazzo non lo accettava. Provava tristezza perché il suo passato aveva fatto quello che più temeva, gli aveva portato via il suo presente e il suo futuro. Era arrabbiato e quasi non ci vedeva più dalla rabbia. Si sentiva in colpa perché se non avesse deciso di tornare indietro a guardare quello stupido incontro mafioso loro ora sarebbero stati lontani miglia e miglia. Voleva vendetta ma non sapeva come ottenerla…
-Eren Jaeger, vieni con noi e non opporre resistenza.- disse muovendo qualche parte il comandante Erwin Smith. Il castano alzò il suo sguardo su di lui e gli scoccò l’occhiata più infuriata che potesse fargli. Il biondo si fermò vedendo in quegli occhi la stessa fiamma che animavano quelli di Levi.
-L’avete ucciso!- urlò facendosi male alla gola –Me l’avete portato via!- disse stringendo il corpo vuoto tra le sue braccia.
-Eren, lo conoscevo anche io, so quello che provi, ma è stato inevitabile. Gli sarà data una giusta-
-Vaffanculo! L’hai lasciato morire!- ribadì il ragazzo fuori di sé.
-Sapeva a cosa andava incontro. Ora vieni con noi. Sei in arresto.- Erwin riprese ad avanzare, ma a quel punto Eren scattò in piedi come una molla. C’era una cosa che poteva fare. C’era un modo per eliminare il passato.
Passato elimina passato.
Prese dalla tasca dei jeans il telecomando che gli aveva donato il padre e lo osservò sfiorando con il pollice il bottone.
-Eren appoggia a terra qualsiasi cosa tu abbia in mano.- disse con voce ferma il comandante mentre i suoi passi si facevano più lenti come se fosse intimorito.
Eren alzò lo sguardo su Erwin.
-Non posso vivere senza di lui…- mormorò.
Guardò Mikasa che lo osservava con gli occhi un po’ lucidi.
Riprese a guardare il telecomando mentre le sue lacrime si asciugavano sulla faccia. Non c’era un mondo senza Levi. Non c’era modo per placare quel dolore nel petto. Non c’era modo per ridargli la libertà.
Premette il bottone e tutto fu buio.
 
 


What can i do? I’m addicted to you.









*Angolo Autrice*
.......Okay, io so già che mi prenderò tante tante tante botte. Tipo pestaggio in massa.
No va bene, se vi può consolare anche io mi sento così e posso capirvi, anzi vi capisco proprio e infatti penso che ora andrò a mangiare nutella per tirarmi su il morale però...non pensavo facesse così male (?) scrivere questo capitolo. Non sapevo se fare succedere tutto sto casino....ho tipo deciso a tre quarti della storia e non è stata una buonissima idea, effettivamente. Ma è così che va la storia ed è così che finiscono i fuorilegge.
Alla fine, tra "Stay With Me" di Sam Smith, "Save you" dei Simple Plain e un bel po' di Coldplay è venuto fuori, spero vi sia piaciuto nonostante tutto.
Ringrazio tutte quelle che hanno seguito la fic fino ad ora e che l'hanno recensita. Ringrazio tutte quelle che l'hanno messa tra i preferiti e tra i ricordati perché, devo ammetterlo, non ho mai avuto così tanto successo (?) con una fanfic e mi sento alquanto realizzata. Un ringraziamento speciale va alla mia comewhatmay che ha sopportato i miei momenti no^^ e alla Jules Lawliet che nonostante tutto c'è sempre stata per recensire.
Vi voglio benee!
E voglio bene ai miei due patatoni Criminal!Levi ed Eren.
Spero di tornare, forse si forse no si vedrà xD 
In ogni caso buona serata (anche se non so quanto buona sarà) a tutti! :3
Ps. Per chi non l'avesse capito i tre mafiosi sono Reiner, Annie e Berthold^^
  
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