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Autore: Valerie Clark    31/08/2014    1 recensioni
''Vorrei che tu, da dovunque ti trovi, mi lanciassi una fune, con una grossa ancora all’estremità, per trovare finalmente il mio posto. Vorrei che tu mi aiutassi, perché eri l’unica persona da cui mi lasciavo aiutare. Vorrei che tu fossi qui, qui a prendermi a calci finchè non mi rialzo, stanca, con la pelle in fiamme, pronta a sorriderti ed andare avanti.
Ma tu non ci sei, e, senza quella fune, mi aggrappo al niente che ho lasciato crescere intorno a me.''
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Finn Hudson, Rachel Berry | Coppie: Finn/Rachel
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La punta dell’iceberg
 
sedici agosto duemilaquattordici
 
La luna è alta sul mare calmo, ma io mi sento una tempesta dentro. Come un iceberg, galleggio tra le correnti, ma non c’è più niente che mi tiene ancorata al terreno; come un iceberg dal cuore di ghiaccio, muovendomi, distruggo tutto ciò che è intorno a me, non trovo pace se non tra le macerie. Quando sono diventata questo?
Vorrei che tu, da dovunque ti trovi, mi lanciassi una fune, con una grossa ancora all’estremità, per trovare finalmente il mio posto. Vorrei che tu mi aiutassi, perché eri l’unica persona da cui mi lasciavo aiutare. Vorrei che tu fossi qui, qui a prendermi a calci finchè non mi rialzo, stanca, con la pelle in fiamme, pronta a sorriderti ed andare avanti.
Ma tu non ci sei, e, senza quella fune, mi aggrappo al niente che ho lasciato crescere intorno a me.
Perdonami per questa lettera, così, all’improvviso, e perdonami perché non ne ho scritte altre finora. Probabilmente neanche sai come sono fatta adesso, se ho i capelli neri come piume di corvo, o la carnagione rosea come una pesca, ma io ricordo com’eri fatto tu, come sei fatto tu. Ti scrivo non perché ne sento il bisogno, ma perché ne sento il dovere; vedi, da qualche mese a questa parte, proprio quando pensavo di aver superato la cosa, osservo, guardo, ammiro segni che nella memoria si confondono con la tua immagine, che, contro il mio volere, va sfumando nella mente. Ora per esempio è notte, ed io sono assonnata, così assonnata che vedo il tuo volto in una nuvola, che sento il tuo profumo nell’aria che respiro. È tutto il giorno che non faccio che pensarti, e sono ore che l’unica cosa che voglio è che tu mi stringa forte, tanto da farmi dimenticare il resto. Sono da sola davanti a questo pezzo di carta, ma mi copro il viso per piangere. ‘Piangere? – diresti tu – ma, tesoro, non c’è bisogno di piangere’, ma questa è la prima volta che ti scrivo da quando te ne sei andato, ed io proprio non riesco a perdonarmi di non averlo fatto prima. Avrei dovuto farlo mesi fa, quando sono tornata in quella città, in quella casa in cui eravamo cresciuti insieme, in quella stanza in cui tutto parlava di te, e che mi è stata strappata via, proprio come, anni prima, mi sei stata strappato via tu; avrei dovuto farlo in quel momento, quando, entrando, ho rivissuto scene già viste, che ora hanno lasciato il posto al deserto. Mi fermo, prendo fiato, serro gli occhi e scendono altre lacrime; non so da dove cominciare.
Forse dovrei cominciare da oggi, da più di un anno dopo. Oggi? Perdio, oggi mi manchi così tanto. Dopo tutti questi mesi, mi manchi ancora come il primo giorno. Mi manchi così tanto che darei via qualsiasi cosa per riaverti qui. Mi manchi come all’erba  manca la pioggia durante la siccità: mi sembra di non riuscire a vivere. Mi manchi come mi mancherebbe un pezzo di me, se mi venisse amputato, strappato via, ed ogni fibra del mio corpo urla alla tua immagine ‘Non staccarti, ti prego, non staccarti’. Mi manchi e sento che mi manca un pezzo di cuore.
Oggi sono andata al mare, tra le onde che si confondevano con la sabbia, e quel posto urlava il tuo nome. Ero intenzionata a restare lì, a mollo tra i miei pensieri, ma faceva troppo male; così ho rovistato tra le vecchie cose, vecchi ricordi che credevo non mi appartenessero, e poi l’ho trovato. Un video di anni fa, quando neanche ci eravamo mai incontrati, un video in cui eri uguale a come ti ricordavo. Ho inserito il DVD nel lettore, ho premuto ‘play’, incosciente di dove questo mi avrebbe portato, del male che mi avrebbe fatto. Non l’ho visto tutto, non ce l’ho fatta; mi sono fermata ad una scena precisa, verso la fine credo. Tu sorridevi alla videocamera come hai sempre sorriso a me, con quegli occhi pieni di amore, e quella voglia di vivere che traspirava dalla tua pelle. Ti portavi con delicatezza una sigaretta alle labbra. È stato questo, penso, a bloccarmi. Ho sentito le lacrime inondarmi gli occhi, e le guance diventare calde; prima che potessi sbattere le ciglia, mi ero ritrovata a singhiozzare come un bambino. Ho visto la mia mano accompagnare la sigaretta alla bocca, proprio come facevi tu nel video, e ho capito di non voler più vedere oltre. Non volevo vederti mentre ridevi di gusto, o mentre il vento ti spettinava i capelli, o, peggio ancora, mentre osservavi con occhi grandi l’obbiettivo, mentre lo trapassavi, fino ad arrivare a me, alla mia anima. Non volevo vederti su quello schermo, sapendo che non saresti mai più stato insieme a me.
Il pomeriggio, mentre tornavo a casa, ho intravisto il tuo riflesso nel fiume che costeggia la strada. Mi sono sporta dal finestrino dell’auto, ho allungato la mano per venirti incontro, e mi è sembrato che tu stessi facendo lo stesso. Una diga ha posto fine all’acqua, e la tua immagine è rimasta indietro. È questo che mi sembra di fare, ogni volta: vado avanti mentre ti lascio indietro. Ogni notte, in sogno, il tuo viso si fa meno chiaro, ed ogni giorno, nel tuo armadio, gli abiti profumano meno del giorno prima. Io mi allontano, sia pure lentamente, controvoglia, ma mi allontano, ed ho una paura folle di svegliarmi una mattina e scoprire di aver dimenticato un lineamento del tuo volto, di respirare a fondo tra i tuoi vestiti senza sentire nulla. Dopo tutto questo tempo, dopo neanche un ricordo concreto del tempo passato insieme, a volte mi sembra di dimenticare, e allora muoio anch’io. A volte mi sembra di essere lontana da te, da tutto il mio passato, ed altre volte mi sembra che questo mi soffochi, strattonandomi fino a farmi chiudere gli occhi sul futuro. Il presente mi spaventa, ed il passato mi manca tanto da uccidermi;  ti sei mai sentito così? Penso di avere solo paura che questi due elementi, presente e passato, non si mischino mai. Non so come spiegartelo, è come se volessi rivivere il passato nel presente, non il presente per come viene.
Ed il futuro? Sicuramente ti starai chiedendo cosa mi trasmette pensare al futuro. Mi infastidisce. È come un vestito arancione che non si può abbinare con niente, e allora lo compri, ma poi lo lasci lì, nell’armadio, e, quando non sai cosa mettere, pensi sempre che potresti indossarlo, il vestito arancione, perché non l’hai mai indossato, ed è un bel vestito alla fine. Ma poi no, non lo metti. Perché un vestito arancione con che giacca si porta? E con che scarpe? E la borsa? E come ti trucchi, se indossi un vestito arancione? Questo è l’effetto che mi fa il misterioso futuro; era meglio se non lo compravo, quel vestito arancione.
Vorrei potermela tirare da sola, una fune da ancorare al fondale marino, e vorrei potermi comprare un vestito arancione. Vorrei essere migliore, ma non lo sono, e non ho la forza di cambiare. Vorrei essere come te. Tu non hai mai avuto di questi problemi, lo so; tu non volevi cambiare nulla in te, ti vedevi per quello che eri, e non t’importava.
Io invece, quando sono tornata in quell’aula distrutta, mesi fa, mi sono nascosta per piangere, come se non ne avessi il diritto, di versare lacrime su quelle macerie che una volta mi appartenevano. Te l’ho detto, è stato lì, in quel momento che avrei dovuto scriverti, sarebbe stato il momento perfetto, e l’avrei anche fatto, se solo non fossi rimasta paralizzata dal susseguirsi di ricordi che mi si paravano davanti. È questo che intendo con ‘il passato mi manca tanto da uccidermi’; sono sopraffatta, sopraffatta dalla paura, dal dolore.
Guarda, sta sorgendo il sole, un nuovo giorno sta spazzando via tutte le preoccupazioni della notte, ma io me le tengo strette, le mie preoccupazioni. Voglio nasconderle nei polmoni, vicino all’aria che respiro, insieme a te. Perché io lo so che ci sarà un momento, in mezzo a tutto questo dolore, in cui anch’io, anche il mio cuore di ghiaccio, comincerò a sciogliermi; allora sarò solo la punta dell’iceberg, e non potrò più ferire, né deludere nessuno. Ci sarà un momento in cui riuscirò a tirarmela da sola, la fune da ancorare in terra, e riuscirò ad essere la punta di un iceberg da cui crescerà una montagna, e piano piano, come per magia, non sarò più di ghiaccio freddo, e riuscirò ad accettare il fatto che tu te ne sia andato, che tu te ne sia andato come se ne vanno tutti, senza un perché, senza giustizia, ma che posso ancora sentire il tuo profumo nelle onde del mio mare in tempesta.
 
 
 
   
 
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