Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Gio_Snower    02/09/2014    2 recensioni
Il Giorno in cui dei Fiori Caddero non parla esattamente del giorno in cui essi morirono, bensì del giorno dopo la loro caduta e dell'unico fiore rimasto: Levi, il più forte fra tutti; e del giorno prima della loro morte, una piccola One-shot in cui Levi deve affrontare la morte della sua squadra ed essa, il giorno prima della loro caduta, spiega a turno il perché hanno seguito Levi.
{Betata da sara20!}
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Auruo, Bossard, Erd, Gin, Gunter, Shulz, Petra, Ral
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il Giorno in cui dei Fiori Caddero

«Il motivo per cui pensiamo che i fiori sul precipizio siano belli,
è perché anche noi stiamo sul precipizio.
Non aver paura, perché siamo come i fiori.
Non siamo ancora caduti.»
Bleach, Volume 12

Levi Ackerman, Caporale, Legione Esplorativa

Un giorno particolare, indefinito e calmo, una pace che Levi conosceva a stento da quando era entrato nella Legione Esplorativa. Si volse, cercando gli sguardi a lui conosciuti e li trovò, ma non erano quelli che stava cercando. Dentro di lui, il suo cuore sobbalzò, ma non mostrò alcun segno di quel tormento, il suo volto rimaneva una maschera sprezzante, annoiata, indifferente e cinica riguardo al mondo, riguardo all'umanità, a quei – fottuti – giganti. Era passato un giorno, era l’ora di dimenticare. I fiori erano caduti, appassiti, tingendosi di rosso nell'istante prima di venir schiacciati, pronti a ritornare alla terra – o almeno così era prima dei Giganti – e lui doveva semplicemente smetterla di pensare a quei fiori. Rimuginare sul passato non gli sarebbe servito a nulla, c’era già passato, doveva solo nascondere quel dolore, razionalizzarlo, così da poter sopravvivere. 
Si odiò, odiò quella debolezza ed allo stesso tempo lo accettò, era umano per quanto tentasse di non darlo a vedere, di non ricordarlo; era un errore la sua umanità. Se volevano vincere la guerra contro i Titani, se volevano poter salvare l’umanità, se volevano sopravvivere, dovevano ignorare la loro umanità, dovevano diventare feroci, scaltri e soprattutto senza pietà né esitazione. Uno sbaglio, un ripensamento e cadevi, il cielo s’offuscava con il sangue. Un errore e tu non eri più in questo mondo, bensì nella pancia di un Titano. 
Doveva continuare, continuare ad avanzare, spedito e cauto verso il suo obiettivo e solo allora li avrebbe potuti rivedere. 
Solo allora avrebbe potuto guardare negli occhi Isabel e Farlan, solo allora avrebbe potuto mostrarsi arrogante davanti alla sua ex-squadra: alla dolce, quasi troppo per i suoi gusti, ma che apprezzava, Petra, ad Aruo, che tentava senza successo di imitarlo, illuso com’era e perso dietro a Petra – pensava pure che non ce ne accorgessimo, mentre tutti lo sapevano  –  a  Erd, dall’impressionante compostezza nei momenti di pericolo ed a Gunter che sembrava sempre pieno di energia, come un cucciolo troppo esagitato. 
Il dolore gli schiacciò il cuore. “Salvatore dell’Umanità”, lo chiamavano, ma quante vite non era riuscito a salvare? Quante volte aveva visto uomini, donne e perfino bambini mangiati o solo uccisi dai Titani? 
Le sue spalle, né troppo larghe né troppo strette, dovevano portare il peso del suo titolo, delle speranze della gente.
Quand’era che aveva accettato quel ruolo? Non l’aveva mai voluto, ma era successo e non aveva potuto rifiutare. Non aveva potuto né voluto rispondere a quegli sguardi pieni di ammirazione, a quel “guarda, guarda, è l’Eroe!” che i bambini mormoravano fra loro quando passava, né alla sorpresa di quegli adolescenti quando vedevano chi era veramente l’Eroe. Doveva lottare, tralasciando quei sentimenti – tralasciando il passato, il dolore, la felicità, l’amore –  qualunque cosa  tranne quel suo desiderio: il desiderio di combattere.
Quella smania che lo prendeva, trasformandosi in rabbia silenziosa e razionale, una rabbia che sterminava il nemico, uno dopo l’altro, ma sempre troppi per poterli uccidere tutti. Ma un giorno, un giorno l’umanità avrebbe potuto ammirare il cielo, un giorno ragazze come Isabel avrebbero potuto giocare sotto quel cielo azzurro che lei tanto amava, un giorno i bambini e le loro madri, possibili madri come Petra, avrebbero potuto passeggiare osservando le piante, gli animali nella foresta, la brezza fra le alte spighe di grano al di fuori delle mura. 
Un giorno.
Ma fino ad allora avrebbe lottato, anche a costo di rimetterci un braccio, una gamba – non che fosse sua intenzione – o la vita stessa, ma il suo obiettivo sarebbe stato raggiunto e quella situazione di merda sarebbe stata risolta. 
Si rigirò, completamente sicuro di sé e degli sguardi dei suoi nuovi compagni, specialmente dello sguardo azzurro della speranza di Eren, il moccioso che non si rendeva nemmeno conto di cosa lui stesso rappresentasse e di quelli decisi degli altri. Ci sarebbero riusciti.
“Avanti!” ordinò, spronando il suo cavallo a correre più velocemente mentre gli altri lo seguivano. 

 
***

 
Un giorno prima di cadere, Legione Esplorativa, Squadra del Caporale Maggiore Levi Ackerman
Petra Ral, Auruo Bossard, Erd Gin, Gunter Shulz

 
Lo sguardo di Petra cadde sul loro Caporale, Levi Ackerman, chiamato “L’Eroe dell’Umanità”, ma lei sapeva com’era veramente il loro Caporale – tutti loro lo sapevano – e lo ammiravano per quel suo schifoso, onesto e fin troppo brusco carattere; Levi era un uomo piuttosto basso, dai capelli neri come le ali dei corvi divisi a metà e con una strana frangetta che gli copriva leggermente la fronte alta, occhi affilati – dallo sguardo simile a quello di un animale feroce e solitario – di un impressionante color azzurro, simile al ghiaccio ed irremovibili quanto il loro possessore… Per non parlare della sua ossessione per la pulizia.
Chiunque si sorprendeva nell’incontrare – nell’incontrare davvero – l’uomo che chiamavano Eroe. Nessuno si sarebbe mai aspettato un personaggio simile, ma quello che gli altri non sapevano, che non riuscivano a vedere, era il suo animo. All’inizio anche lei aveva avuto difficoltà nel notare la gentilezza del loro Caporale, il suo animo nobile e temprato, le mille ferite sul suo corpo e quel suo combattere simile al volare, simile ad un grido che richiamava a sé il cielo e la libertà che riportava in esso. 
Ammirava davvero tanto il loro Caporale e l’avrebbe seguito fino alla morte, ne era certa, trascinata da quella piccola schiena che sembrava poter sostenere il peso del mondo. 

 
***

Auruo si ritrovò a guardare la schiena del suo Caporale mentre cavalcavano e fece una piccola smorfia. 
Stimava il loro Caporale, ma allo stesso ne invidiava quell’amore che credeva Petra provasse per lui… Alla sua età ed in un contesto simile era stato stupido ad innamorarsi di lei, ma non aveva potuto impedirlo, così non poteva fermare – né voleva, nonostante tutto – la sua ammirazione nei confronti di quell’uomo davanti a lui, l’uomo che tutti chiamavano l’Eroe.
Sebbene fosse particolarmente sadico e brutale, basso e pieno di difetti, era colui che sembrava reincarnare l’Eroe nel suo essere, colui che avrebbe portato in alto, nel cielo in cui lui stesso sembrava volare mentre combatteva, le speranze e la possibilità di sopravvivere della razza umana. Aveva fede in quell’uomo e sapeva che l’avrebbe seguito fino alla morte, senza rimpianti se non uno, quello di non essersi – se non l’avesse mai fatto – dichiarato a Petra. 

 
***

Erd era stanco, prima ancora di arrivare nella squadra del Caporale Ackerman, era già stanco; stanco di lottare ogni giorno contro quei stramaledetti mostri, schifosi esseri venuti chissà dove e che lo terrorizzavano ancor prima di entrare nella Legione Esplorativa… E sebbene fosse stanco, Erd non aveva intenzione di mollare, non aveva nessuno proposito che includesse il non combattere più, l’andarsene, lo starsene tranquillo, fra mura che sapeva – ora – non essere sicure. Così non gli rimaneva che lottare, lottare per quelle persone che… Quelle persone che mentre lottava doveva sia dimenticare che tenere a mente. Perché lottava? Per loro.
Perché le doveva dimenticare? Per lottare. 
Era un circolo, il suo e sapeva che non sarebbe finito prima della sua ora ed allora non avrebbe avuto tempo per rimpianti o pensieri di alcuna sorta.
E solo il suo Caporale avrebbe capito, perché Erd leggeva nei suoi occhi quei sentimenti che scorgeva nei suoi quando si guardava allo specchio. Erano simili, non uguali – non avrebbe mai osato paragonarsi ad un uomo di così alto valore – e per questo si era subito fidato di lui, lo ammirava, fin dal primo momento e così sarebbe continuato ad essere fino a quell’ora in cui avrebbe finalmente potuto abbandonare le sue lame.

 
***

Gunter credeva nel duro lavoro – anche se spesso cercava di evitare i più faticosi – e credeva nell’impegno nel realizzare qualcosa. Ognuno faceva cose in cui non credeva, perché costretto, dalla situazione, magari, oppure dalle persone, dai sentimenti, da alcuni fattori inspiegabili; ognuno cercava, almeno una volta, di realizzare qualcosa e, per farlo, lottava. 
Tutti combattevano per quello in cui credevano, rischiando sempre qualcosa perché era questa la legge del mondo. 
Quando aveva conosciuto il Caporale Maggiore Levi l’aveva capito: Lui lottava per qualcosa e lo voleva fare – anche se cercava di dimostrare il contrario con quella sua espressione arcigna – ed era una cosa nobile. All’inizio non c’aveva creduto, non aveva voluto credere in quel suo corpicino, in quella sua personalità scontrosa e dai tratti gentili, in quell’animo nobile e nell’appellativo di “Eroe”.
Poi erano arrivati i Titani e l’aveva visto, aveva visto quel che cercava: le ali sulla schiena di Levi.
Ed allora aveva iniziato a credergli e ad ammirarlo, aveva iniziato a capire quell’uomo brusco e combattivo, feroce quanto un animale e determinato a sopravvivere ed a far sopravvivere l’umanità (anche se ovviamente lui asseriva il contrario). 
Ed arrivò il momento in cui seppe di non aver sbagliato e che avrebbe seguito quella schiena, su cui aveva visto un paio d’ali – anche se solo per poco  – e l’avrebbe seguito fino alla caduta o alla vittoria. E se mai fossero caduti, Gunter lo sapeva, avrebbero sostenuto Levi da dentro di lui, perché lui non li avrebbe dimenticati (anche se ci avrebbe sicuramente provato, considerandola una debolezza) per nulla al mondo. 



 
   
 
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