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Autore: wiston87    02/09/2014    0 recensioni
E' morto il mio vicino di casa. E' un vero peccato, era un grand'uomo. In gioventù, era stato il campione europeo di pesca per ben tre anni di fila. E dire che pescare non gli piaceva per niente quand'era bambino; a dire il vero erano stati i suoi genitori ad obbligarlo a pescare sempre. In questo breve racconto, spigherò i motivi che li hanno spinti ad un gesto tanto inconsueto.
Genere: Avventura, Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E' morto il mio vicino di casa.
E' un vero peccato, era un grand'uomo. In gioventù, era stato il campione europeo di pesca per ben tre anni di fila.
E dire che pescare non gli piaceva per niente quand'era bambino; a dire il vero erano stati i suoi genitori ad obbligarlo a pescare sempre. Ecco il motivo: a 4 anni gli era stata rilevata una curiosa macchia nera nel cervello, delle dimensioni di una capocchia di spillo. Dopo centinaia di visite infruttuose, spese ad individuare di che si trattava, i genitori furono costretti a farlo visitare da un super specialista tedesco piuttosto costoso. Dopo un intera settimana di analisi con sonde microscopiche, raggi X a lunga gittata e piccole martellate sul cranio e relative rilevazioni sonore da analizzarsi coi macchinari adatte sul retro dello studio, era finalmente giunto all'ardua sentenza.
"Si tratta evidentemente di una sedimentazione al carbonchio che non genererà nessun problema al bambino, se non un piccolo e quasi irrilevante deficit cognitivo".
I genitori trattennero il fiato.
"In buona sostanza, a causa di questa rarissima patologia, il ragazzo soffre di un inversione nel significato di due frasi ben distinte. La prima è: "cosa fai?"; la seconda è: "dimmi il nome di un albero da frutto". Che problema volete che sia? E' una sciocchezza in fondo!".
I genitori ringraziarono e tornarono a casetta col bambino in spalla, felici come non mai che il pargolo non fosse l'involucro di tristi tumori mangiatori di cervella a sbafo.
Ma presto,.e in maniera del tutto inaspettata, la felicità lasciò lo spazio alla disperazione più cupa.
"Cosa succederà", cantilenava la madre, "se qualcuno gli chiederà cosa sta facendo e lui risponde MELO o PERO?!? Dapprima penseranno che ha capito male la domanda, ma poi, dopo la conferma dell'assurda risposta, saranno inevitabilmente portati a pensare che si tratta.... di un ritardato! Nostro figlio un cazzo di ritardato! Ah, che vergogna!".
"E ci pensi", le rispondeva il padre, incapace di consolar la moglie ma anzi, ancor più teso di lei, "quando gli chiederanno DIMMI IL NOME DEL FOTTUTO ALBERO e lui risponderà in piena innocenza PULISCO LA MACCHINA, VIVO, RESPIRO, PARLO; TROMBO COME UN RICCIO DI MARE IN FRICASSEA?!? Altro che ritardato, lo interneranno direttamente in neurologia! O da un esorcista!".
"Basta! Non dirlo neanche per scherzo! La nostra è sempre stata una famiglia sana e rispettata, non voglio neanche pensare a quest'eventualità.... urge trovare una soluzione, e in fretta!".
A quel punto, incapaci di raccapezzarsi, si mettevano a piangere abbracciati e disperati come due poveretti il cui destino avesse riservato una morte fulminea.
La goccia che fece traboccare il vaso si ebbe al primo bagliore concreto di quel problema di cui tante volte avevano discusso. Erano stati convocati dal preside della scuola elementare, che aveva rivelato loro come, durante un interrogazione di scienze, il ragazzo di ostinasse a rispondere SONO INTERROGATO, SONO A SCUOLA, STO SULLA SEDIA, a tutte le domande relative all'enumerazione dei vari alberi da frutto disegnati sulle pareti della classe.
I due poveri genitori non ci videro più: si misero a piangere disperati anche davanti al preside il quale, nonostante il suo proverbiale contegno, non poté esimersi dal pensare come non fosse poi tanto strano che due genitori mezzi matti avessero generato un figlio matto non meno della metà di loro messi assieme.
Eppure... fu proprio in quell'occasione ricolma di tristezza, che germogliò la semente per la grande soluzione del problema.
I genitori avevano infatti avuto modo di visionare i disegni dei vari alberi da frutto nella classe del figlio; e la notte il padre fece uno strano sogno usandoli come spunto.
Si trovava nella classe, ancora bambino e compagno di classe del figlio. Però il tutto era dislocato nella stanza di una nave da pesca, con gli enormi finestrini oltre i quali s'intravedevano i mari in burrasca, schiumosi come non mai. Il professore chiedeva al figlioletto presunto ritardato che albero fosse quello che stava indicando con la bacchetta da direttore d'orchestra, e lui, seduto a gambe incrociate sul ponte di comando con un enorme pesca rinforzata tra le braccia possenti rispondeva convintamente "PESCO!".
Era vero, era proprio un pesco! Non un melo né un pero, proprio un pesco in piena regola! Ma soprattutto: era esattamente quel che stava facendo; non c'era dubbio, stava proprio pescando!
Forse era stata la parte posteriore della mente del padre a fornirgli una visione mistica tanto semplice ed efficacie; quella stessa zona psichica da cui non è raro far sorgere le più grandi opere d'arte, nonché la soluzione a problemi complicatissimi senza dover fare il minimo sforzo a soffermarsi sul problema.
"La mente pensa per noi, anche quando non lo sappiamo", bisbigliò a se stesso mentre riapriva gli occhi in uno stato di sbigottimento catatonico, sudato come fosse appena uscito da una piscina di acqua bollente.
"Cosa hai detto?", rispose la moglie mezza addormentata.
"E' deciso, mia cara, nostro figlio deve fare il pescatore! Non c'è altra soluzione! Pensaci bene: qualunque chiacchierone dovesse mai domandargli il nome di un beneamato albero o che diamine sta facendo, la risposta sarebbe esattamente la stessa!".
Da quel giorno cominciò a passare ventiquattr'ore al giorno con la pesca in mano, in un primo momento al laghetto del paesino accanto, poi al centro provinciale di pesca acrobatica.
I genitori, erano talmente preoccupati al pensiero che qualcuno potesse rivolger le fatidiche domande diaboliche mentre il figlio non stava pescando, che cercavano di evitargli quanto più possibile ogni spostamento in automobile (in pratica lo fecero vivere nei centri di pesca) e quand'anche ciò doveva avvenire per necessità, provvedevano a dotarlo di una piccola pesca con l'amo ben immerso in un acquario sul tetto dell'auto, ricolmo d'una dozzina di pesciolini domestici.
Il resto è storia scritta a lettere cubitali sugli almanacchi sportivi: a forza di pescare ininterrottamente dal 7 anni ai 15, a 17 divenne campione regionale (sbaragliando persino la concorrenza dei più anziani), a 21 campione nazionale, e a 23 salì sul trono d'Europa.
  
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