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Autore: FreddiePie    02/09/2014    6 recensioni
(FF IN REVISIONE)
Dal primo capitolo:
"Quando raggiunsero la scogliera, una cortina d'edera nascondeva una grande apertura nella roccia. L'attraversarono e si ritrovarono in un lungo tunnel che terminava in una sorta di porto sotterraneo.
I ragazzi continuarono a seguire la luce della lanterna di Garrett fino a che non si ritrovarono all'aperto, proprio dietro al castello.
Salirono la grande scalinata di pietra e, dopo che il guardiacaccia bussò tre volte sul portone di quercia, i ragazzini si ritrovarono all'interno del castello.
«Da qui venite con me» disse un mago molto basso con un papillon azzurro.
«Benvenuti ad Hogwarts» Arricciò due folti baffi da tricheco e poi continuò «Sono il professor Porter e insegno storia della magia. Seguitemi» "
Quattro ragazzini di 12 anni stanno per incominciare la loro prima, vera, avventura.
Jack dona sorrisi, Hiccup è bloccato spesso dalla timidezza, Rapunzel è una sognatrice che si rifugia nella fantasia e Merida vive per ribellarsi verso chiunque la opprima. Cosa accomuna questi quattro ragazzi così diversi? Riusciranno a diventare amici nonostante i numerosi muri che si troveranno davanti? E insieme riusciranno a sconfiggere il più grande e pazzo mago oscuro di tutti i tempi?
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hiccup Horrendous Haddock III, Jack Frost, Merida, Rapunzel, Sorpresa
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Rise of the brave tangled dragons:
"I quattro guardiani di Hogwarts"

 

Prologo, notte silenziosa
 
Era una notte fredda; una di quelle notti assassine, in cui gli animali randagi si rintanavano in qualche cassonetto sudicio e gli uomini restavano al calduccio delle proprie dimore.
Non vi era l'ombra di nessuno in quella via di Londra, se non una figura incappucciata che procedeva guardinga e a passo svelto.
Il marciapiede, lucido di una precedente pioggia autunnale, era
affinacato per ogni lato da una lunga fila di lampioni che sprigionavano una luce brillante che cadeva e delineava i contorni dell’uomo il cui passo era cauto e timoroso. Pareva proprio che si guardasse continuamente intorno per eccertarsi che nessuno lo stesse seguendo. Questo perché a volte si fermava, si scostava il cappuccio e sbirciava prima a destra e poi a sinistra, alla ricerca di qualcosa di troppo sospetto. Una volta guardatosi attorno, e accartato di essere solo, riprendeva il cammino. L'osservatore più attento, poi, avrebbe potuto giurare che fra le braccia, sotto il mantello, stesse tentando di nascondere un fagottino dal freddo tagliente della notte.
Ad un tratto, spuntò un'autovettura da una strada parallela a quella; una musica assordante, probabilmente uscita da una radio dalla frequenza disturbata, riempì quasi completamente il silenzio del momento, nonché mise in allerta quella curiosa figura incappucciata, la quale si appiattì immediatamente al muro ed aspettò che la via tornasse libera prima di proseguire.  Con le spalle ben aderite ai mattoni di una vecchia casa, probabilmente di storiche origini, spinse il capo oltre l'angolo, guardando che non ci fosse nessuno; poi finalmente si diede il via libera.
Svoltò in una stradina secondaria, una di quelle stradine che di solito il cittadino comune non prende perchè fa sempre per andare dall'altra parte; una di quelle stradine dove non v'è l'ombra di un negozio né di una porta d'ingresso, e in cui spesso vi sono soltanto vecchi cassonetti dell'immondizia, scatoloni, topi malaticci e porte d'emergenza di locali che, però, non vengono mai utilizzate.
Con passo più frettoloso, ma non per questo meno cauto, procedette verso quello che una volta era stato un palazzo abitato, ma che ora pareva soltanto un vecchio casolare abbandonato e sprangato su porte e finestre. La figura si appoprincuò dunque ad una porticina piccola e scardinata, piena di buchi gentilmente offerti dall'abbandono e dalle termiti. Bussò tre volte e, con una voce profonda, scandì le parole: «Per il bene superiore». La frase si congelò nell'aria, galleggiando nel silenzio finché la porticina non cigolò e s'aprì permettendogli di entrare.
Si trovò in una stanza in penombra, senza finestre o altre fonti di luce da cui potesse scappare una striscia di luce; con solo una grossa candela consumata al centro del pavimento, la quale definiva approssimativamente i profili delle tre persone all'interno della stanza. 
L'intonaco, poi, mancava in alcuni punti, e chiazze di umidità scendevano dal soffitto rigando il muro e restituendo alla vista un ambiente piuttosto macabro. 
A terra candele consumate, fogli stracciati e avanzi di cibo lottavano contro uno spesso strato di polvere. Lo stesso strato di polvere che si poteva trovare anche sulle mensole di legno - anch’esse marcite - o sul divano rattoppato che si trovava nell'angolo.
Tre persone erano inginocchiate attorno ad un cerchio disegnato sul pavimento, e avevano gli occhi chiusi. Stavano recitando qualcosa in latino, prima che arrivasse l'uomo incappucciato, ma alla sua vista si erano interrotti bruscamente. 
«Sei arrivato» constatò una voce femminile. «Il famoso prestigiatore».  
L'uomo si portò indietro il cappuccio e scoprì il volto. Aveva il mento allungato e dalla bocca socchiusa s'intravedevano denti aguzzi come lame. La pelle opaca e scolorita era in netto contrasto con i capelli neri e piuttosto ispidi che tiravano verso l'alto.
«Tieni a freno la lingua, Gothel. Non ti piacerebbe venir tormentata dai miei purosangue» rispose questi con un ghigno.
«Quei tuoi cavallini dei sogni? Pitch, sei patetico» disse la donna, guardandosi annoiata le unghie della mano, colorate stilosamente in rosso. 
«Cavallini degl'incubi, prego» la corresse. «E tu, dimmi, come stai? Ti trovo invecchiata». 
Sentite quelle parole evidentemente sgradite, a
lla donna le s’infiammarono le guance per la rabbia. «Tu! Tu devi stare solo zitto! E' tutta - e solo - colpa tua!» Si alzò in piedi e gli andò incontro, puntandogli un dito ossuto sul petto. «L'avevamo! Avevamo il fiore! Il mio fiore! E tu, tu l'hai perso!» 
Lui, che non era certo il tipo che si faceva minacciare, estrasse la bacchetta e gliela puntò alla gola. «Prova un'altra volta ad urlarmi contro, e la vecchiaia sarà l'ultimo dei tuoi problemi» le disse - non con rabbia, ma con una voce calma ed autoritaria che fece indietreggiare la donna, Gothel, allarmata.
Un terzo uomo si alzò subito in piedi, anch’egli piuttosto allarmato dal comportamento di Pitch. «Suvvia, adesso finitela. Non sono venuto qui per assistere al litigio di due stupidi mocciosi di tre anni». 
Nell’atto di alzarsi, lunghi capelli castani gli erano scivolati sulle spalle, ma lui con un gesto della testa li era riportato indietro, al loro posto. Dello stesso colore dei capelli, egli a
veva anche una barba che partiva dall'attaccatura del naso e terminava all'altezza dell’inguine. Quella non stava mai ferma, e se non era per il vento,  si muoveva anche ogni volta che l’uomo camminava.
Pitch rilassò il volto e ripose la bacchetta. «E comunque tranquilli, signori. L'ho ritrovato» e nel dire ciò estrasse da sotto il matello il fagottino che aveva protetto dal gelo poco prima, 
porgendolo dunque alla donna.
«Cos'è?» fece schifata Gothel, rifiutandosi persino di toccarlo. «Un bambino?!»
«Bambina» la corresse. «E' la figlia di Ted Corona, il mago che ci ha rubato il fiore per salvare quella sua schifosa moglie mezzosangue. Li ho uccisi entrambi, s'intende». 
«E cosa dovrebbe c'entrare una bambina con il mio fiore?» domandò Gothel, arricciando schifata le labbra e spostandosi una ciocca di capelli neri e crespi da davanti gli occhi. Odiava i bambini.
Pitch sghignazzò. «Guarda i suoi capelli e poi risponditi da sola».
Gli occhi della donna s'illuminarono non appena videro la chioma dorata della bambina. «Presto, delle forbici!» ordinò frettolosa ed eccitata.
«Non così in fretta. Ho già provato con una ciocca. Se tagliati, perdono il loro potere» la informò atono il prestigiatore. 
«Qual è il tuo piano?» domandò Mor'du - l’uomo con la barba e i capelli bruni.  
«Beh...» incominciò Pitch, guardando divertito Gothel. «Complimenti signora, sta per diventare madre!» 
«Cosa?!» gracchiò lei. «Mai!»
«Vuoi restare giovane o no? E poi devi resistere soltanto finché non troveremo gli altri ingredienti A quel punto potrai anche mangiartela, per quanto mi riguarda». 
La quarta figura, che fino a quel momento era rimasta inginocchiata a terra con gli occhi chiusi, si alzò in piedi con aria solenne.
Un candela gli illuminò la faccia: alcuni lineamenti lo facevano sembrare un po' scimmiesco, ma il contorno del volto richiamava lo schizzo di un teschio. Sull'occhio sinistro e sul labbro superiore ricadevano due cicatrici vistose e violace. 
«Per il drago, signori,me ne occuperò io» affermò con la sua voce profonda. Non li stava informano, li stava avvertendo. 


 
   
 
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