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Autore: VaVa_95    02/09/2014    1 recensioni
Zacky soffre di incubi.
Precisamente, soffre di incubi da quando Jimmy è morto.
Zacky non dorme nel modo appropriato da tempo. Ma, forse, sono proprio quelle notti insonni che lo fanno pensare. E a volte, solo a volte, se ne ricava qualcosa di buono.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: The Rev, Un po' tutti, Zacky Vengeance
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nel bene e nel male





- Se, per un motivo o per l’altro, io venissi a mancare, tu che cosa faresti? -
Per un attimo, a Zacky sembrò andare di traverso la birra.
Era passato da poco il suo compleanno e per quel motivo quel fine settimana aveva deciso di organizzare un party, il classico “cocktail party”, con i soliti amici e con i soliti familiari. Sapeva che tutti avrebbero finito per ubriacarsi, ma era pur sempre la sua festa e, almeno lui, voleva rimanere piuttosto lucido. Per questo quella sera si era limitato a bere solo una birra, o forse due. In fondo, ad essa non si diceva mai di no.
Quello che l’aveva sorpreso era che non aveva bevuto nemmeno Jimmy. Non una goccia d’alcool. E Jimmy era un animale da festa, che ai party pensava solo a bere come una spugna e crollare sul pavimento addormentato, tanto che dovevano tirarlo su di peso e riportarlo a casa sua, dove si svegliava il mattino dopo come se niente fosse successo. Aveva una capacità di reggere l’alcool a dir poco impressionante.
- Ma che stai dicendo? – domandò il chitarrista, ridacchiando.
- Mettiamo caso che sparissi. Tu che cosa faresti? -
- Jimmy, stai dicendo cavolate, una persona non può sparire così e… -
Le parole gli morirono in gola. Stava succedendo davvero ciò che il batterista aveva predetto. Stava svanendo, lì, davanti ai suoi occhi. La sua figura stava diventando sempre più sottile, sempre meno distinguibile, sempre più trasparente. Intorno a lui, le persone presenti alla festa scomparvero, dando spazio a quella che sembrava una stanza nera, dai pavimenti all’arredamento, senza finestre. Si guardò intorno cercando di dire qualcosa, ma era come se qualcuno gli avesse strappato le corde vocali. Quella che inizialmente aveva distinto come una stanza era scomparsa, al suo posto non c’era niente.
Solo nero.
Solo buio. Il Nulla.
E Jimmy era sparito.




Zacky si svegliò di soprassalto, respirando a fondo. Si guardò intorno, come disorientato, come se non capisse dove accidenti fosse. Si trovava nella sua camera fresca di arredamento (gli dicevano tutti che era un po’troppo fissato con l’arredamento, lui), nel suo letto. 
Il suo corpo era scosso da forti tremiti, mentre delle fredde gocce di sudore cadevano sulla sua fronte.
No, non di nuovo. 
Non un altro incubo.
Sentì qualcuno poggiarli una mano sulla spalla, cosa che gli fece posare lo sguardo su sua moglie Meaghan, che lo guardava preoccupata. Il chitarrista sospirò: evidentemente si era agitato parecchio e si era svegliato di scatto, cosa che l’aveva fatta svegliare. Non che fosse quella grande novità… probabilmente ci era abituata.
- Tutto okay? – domandò, dolcemente, anche se lei lo sapeva che non c’era niente di okay. 
Sapeva che suo marito aveva quei momenti e sapeva perfettamente che non sarebbero passati tanto in fretta. Doveva solo essere paziente e sostenerlo al meglio. Prima o poi, avrebbe capito. E avrebbe imparato a gestire il dolore, esattamente come facevano tutti gli altri, come avevano dovuto imparare a fare, tutti gli altri.
- Sì, è tutto okay – rispose il giovane, anche se non l’aveva convinta per niente.
Dopo averle dato un leggero bacio e averla pregata di non preoccuparsi e di andare a dormire, Zacky si alzò dalla sua postazione, dirigendosi verso la cucina. Aveva bisogno di un bicchiere d’acqua per calmarsi, ma soprattutto aveva bisogno di fare mente locale e di rimettere insieme i pensieri.
Gli incubi erano migliorati negli ultimi anni, ma sapeva che non sarebbero destinati a finire. Ed erano sempre la stessa cosa, ancora e ancora, all’infinito. Il soggetto era sempre lo stesso e si concludevano sempre allo stesso modo.
Jimmy spariva.
Così, semplicemente. 
Il chitarrista si accostò al lavello, aprì una piccola credenza sopra di esso tirando fuori un bicchiere, per poi aprire il rubinetto e far scorrere un po’ l’acqua, in modo che si raffreddasse. Cercava di pensare solo ai suoi movimenti, in modo da scacciare il ricordo riportato alla mente dall’incubo di poco prima. Ma la sua mente sembrava solo riportarlo a cinque anni prima.



- Il fatto che tu non abbia bevuto neanche un po’ mi preoccupa – ammise Brian, facendo scoppiare a ridere tutti i componenti degli Avenged Sevenfold, compreso Zacky.
Il chitarrista conosceva Jimmy meglio di sé stesso, era la sua persona, la sua metà migliore. Lo conosceva talmente bene che aveva interpretato questo suo gesto di non bere come un problema. 
In realtà, tutti quelli che conoscevano Jimmy sapevano che, se lui non beveva, effettivamente doveva esserci qualcosa che non andava. Poteva anche essere di cattivo umore, ma non avrebbe mai rinunciato ad una birra. Per non parlare di quell’occasione, un party, un cocktail party.
- Che c’è, adesso non posso nemmeno partecipare ad una festa senza bere? – domandò il batterista, ridacchiando.
- Fammici pensare… no, non puoi – rispose Johnny, il bassista, ridacchiando e prendendo un altro sorso di quello che sembrava martini.
Era la sua festa, ma Zacky aveva completamente perso di vista il barman. Non voleva nemmeno assumerlo, inizialmente, ma la sua ragazza aveva insistito perché, a detta sua, era giusto fare una festa conforme ai canoni e no, non si poteva assolutamente fare un cocktail party senza un barista professionista. Anche perché, lo sapeva bene, loro non erano poi così bravi a improvvisarsi baristi. Avrebbero combinato un macello, per non parlare del fatto che, se fossero effettivamente stati capaci di creare un drink, lo avrebbero fatto talmente forte da stendere il poveretto di turno che l’aveva ordinato, proprio lì, seduta stante.
In effetti era stata una buona idea.
- Ragazzi, lasciatelo stare… non beve lui? Possiamo finalmente bere Jack Daniel’s in salta pace senza che si tracanni la bottiglia disponibile – esclamò Matt, facendo scoppiare di nuovo a ridere i componenti della band.
La loro amicizia era stata traslata anche sul punto di vista professionale, cosa che a loro andava più che bene. Era una delle ragioni per cui quei cinque amavano il loro lavoro… per non parlare poi di fare musica. Ne avevano fatta di strada, da quando esattamente dieci anni prima avevano deciso di rendere quella piccola band che suonava nei garage della casa dell’uno o dell’altro un progetto concreto. Si erano semplicemente svegliati una mattina e, insieme, avevano deciso di fondare quella band, avevano deciso che sarebbero arrivati in alto, avevano deciso che avrebbero fatto sognare il mondo con la loro musica. Avevano deciso così, e così era stato. Stavano diventando sempre più grandi e nulla sembrava fermarli.
Zacky ne era più che soddisfatto. Era fiero della sua band, ma soprattutto era fiero dei suoi amici. Non poteva essere più che felice di dividere quell’esperienza con loro.
- Ragazzi, andate a scassare le palle a qualcun altro – esclamò il batterista, ridacchiando e prendendo il chitarrista per le spalle – io me ne sto con il festeggiato. -




Cinque anni prima.
Dove avrebbe voluto essere in quel momento. Dove avrebbe voluto che il tempo si fermasse per sempre. Si sarebbe accontentato di rivivere sempre lo stesso giorno, all’infinito, ancora e ancora, fino al suo ultimo respiro.
Ma voleva tornare indietro. Non importava dove, non importava che giorno, non gli serviva una data precisa. Voleva solo quel numero, il numero cinque, come il numero di anni che erano passati (per lo meno, quasi passati) dalla morte di Jimmy.
Perché proprio come nei suoi incubi, quegli incubi che lo tormentavano senza mai concedergli una pausa, il suo Jimmy era sparito.
Così, andato.
E non sarebbe tornato mai più.



- Sei sicuro di non voler restare qui a dormire? Lo sai che non mi dà fastidio. Fuori piove e cavolo, sono le tre di notte. Sul serio, dovresti…
- Nah, preferisco tornare a casa. Sono sobrio, non ho bevuto, quindi non sverrò certo per strada. Anzi, penso che se fossi stato ubriaco in questo momento sarei proprio sul tuo prezioso parquet del salotto a dormire come un ghiro. Ringraziami, Baker. -
Zacky scoppiò a ridere, per poi accompagnare Jimmy verso la porta. Gli diede una bottiglia di champagne, l’ultima che era rimasta.
- Tieni, e vedi di berla, altrimenti Brian ti porterà da un dottore per astinenza da alcolici – esclamò, ridacchiando. 
Anche Jimmy rideva. Lui rideva sempre.
- Grazie, Zack. Ci vediamo domani. -
- A domani. -
Aspettò che l’amico varcasse il cancello esterno della sua proprietà e poi girasse a destra, verso il piccolo parcheggio poco distante da casa sua dove all’inizio della serata tutti i partecipanti alla festa avevano probabilmente parcheggiato. Chiuse la porta, per poi voltarsi in modo istintivo verso l’attaccapanni. 
Alzò gli occhi al cielo, per poi scoppiare a ridere. Come al solito, Jimmy aveva dimenticato la giacca.




Si sedette su uno dei divani presenti nel grande salotto di casa sua, strofinandosi il viso. Sarebbe dovuto tornare di sopra e avrebbe dovuto mettersi a letto, ma… scosse la testa: no, di dormire non se ne parlava nemmeno. Non voleva che i suoi demoni tornassero a tormentarlo, facendogli vivere lo stesso orrore un’altra volta.
I suoi occhi si spostarono, come d’istinto, verso l’attaccapanni accanto alla porta d’ingresso, completamente nudo, fatta eccezione di una giacca di pelle nera con la scritta in bianco “AVENGED SEVENFOLD”, a caratteri maiuscoli. Insieme alla scritta, vi era anche ritratto un Deathbat, uno scheletro con le ali da pipistrello, il logo della loro band.
La giacca di Jimmy era ancora lì. Erano passati quasi cinque anni e lui non l’aveva ancora toccata.
L’aveva chiamato quella sera, dicendogli che l’aveva dimenticata. E lui aveva riso, perché con Jimmy non si poteva far altro che ridere. Gli aveva detto di fare marcia indietro e di riprendersela, dato che probabilmente non aveva nemmeno lasciato il vicinato. Ma l’amico non aveva voluto sentir ragioni. Aveva detto che non importava, che l’avrebbe ripresa la prossima volta che sarebbe stato a casa sua.
Jimmy non era più tornato a casa sua. Si erano visti per tutti i giorni successivi, si erano visti a Natale, avevano festeggiato insieme le feste… anche quella sera erano insieme.
E anche quella mattina. Se la ricordava perfettamente, quella giornata, come se tutto fosse appena successo.
Con la differenza che lui era vivo. Il suo Jimmy invece no.



Gli incubi erano iniziati poco dopo il funerale. Zacky li aveva ignorati, aveva pensato che fosse normale, che il suo migliore amico era appena morto e che era impossibile dormire in modo sereno.
Ma poi avevano continuato, senza sosta. Ogni giorno andavano a crescere, ogni giorno lo terrorizzavano sempre di più. Era come se un piccolo mostriciattolo peloso, tutto nero, con dei malvagi occhi rossi come il sangue, si fosse appoggiato sulla sua spalla e pian piano stesse crescendo, cibandosi delle sue paure più profonde, cibandosi del suo dolore. Cresceva, cresceva sempre più, e per un attimo Zacky aveva pensato di essere stato divorato, da quel mostro.
Oppure di esserlo diventato.
Quegli incubi lo terrorizzavano a tal punto che per un periodo aveva dormito sì e no due ore per notte. Si svegliava, forzava il proprio corpo a tirarsi su, a dormire con un occhio aperto, a stare sempre all’erta.
Ma poi era passato.
Piano piano, grazie all’aiuto dei suoi amici (gli unici che potevano capirlo, gli unici che si trovavano nella sua stessa condizione, gli unici che avrebbero potuto tirarlo fuori da quel pozzo buio in cui aveva deciso di lasciarsi cadere), le cose erano andate meglio. 
Era migliorato.
Ora come ora, di incubi non ne aveva quasi più. O per lo meno, non erano più così terribili come i primi che faceva, dove vedeva solo sangue, solo nero, Jimmy che spariva… e poi il Nulla. Come se fluttuasse in uno stato di vuoto più totale.
Si sentiva vuoto. Da quanto era morto Jimmy, una parte di lui era scivolata via. Come del resto una parte dei ragazzi era morta con lui. Ma in qualche modo, loro si erano armati di colla e di nastro adesivo e, piano piano, con tutta la calma del mondo, stavano cercando di rimettersi insieme.
Osservò il suo cellulare sul piccolo tavolino di legno del salotto, che si era illuminato per qualche secondo, il tempo necessario per avvisare il proprietario che aveva ricevuto un messaggio. Probabilmente l’aveva lasciato lì la sera prima, ancora accesso. Chi accidenti poteva mai scrivergli, alle due di notte?
<< C’è qualcosa che non va >>.
Arin.
La bocca di Zacky si increspò in un piccolo sorriso. Quel ragazzo era una forza della natura. Ed era come se lo sapesse. Tutte le volte che stava male, lui lo sapeva. Tutte le volte che non si sentiva bene, Arin era lì, sempre e comunque.
Era entrato a far parte della loro famiglia in un momento di sconforto totale. Johnny aveva da poco accettato la perdita di Jimmy, ma non riusciva ancora a capire il perché, Matt ci stava lavorando su ma si sentiva devastato, Brian era completamente a pezzi mentre Zacky non dormiva, non dormiva per niente, e quelle enormi occhiaie di colore violaceo che gli contornavano gli occhi chiari ne erano la prova. Era solo un ragazzino, anzi, per certi versi era ancora un bambino.
Eppure, si era rimboccato le maniche. Si era guardato intorno, attentamente, esaminando la situazione. Aveva capito dove agire e soprattutto come. Era stato lui il primo a prendere la famosa colla e il famoso nastro adesivo. Era stato lui che aveva deciso che in quello stato non sarebbero potuti andare avanti.
Sarebbero annegati, tutti e quattro.
E lui si era impegnato a farli galleggiare. Ma, aveva detto, spettava a loro decidere di uscire dall’acqua.
Chissà perché amava quella metafora…
<< Non c’è niente che non va >>, rispose, anche se non ne era convinto per niente.
La risposta arrivò meno di cinque secondi dopo.
<< Il fatto che tu mi abbia risposto testimonia che c’è qualcosa che non va. >>
Insistente.
Cocciuto. 
Come Jimmy. Era quasi sicuro che fosse stato proprio lui a mandare a tutti loro una persona come Arin.
Il chitarrista scosse la testa, per poi scrivere un messaggio rassicurante, assicurando che ne avrebbero parlato meglio la mattina successiva tutti insieme e che avrebbe provato a dormire.
L’aveva convinto? No, sicuramente no. Ma per lo meno avrebbe rimandato il suo discorsetto la mattina successiva. Il chitarrista non era abbastanza lucido, poi.
Lo guardo cadde di nuovo sulla giacca di pelle.
In quegli anni aveva davvero avanzato tutte le ipotesi possibili ed immaginabili. Aveva persino pensato che l’avesse lasciata lì di proposito, come se fosse consapevole del fatto che non sarebbe tornato a riprendersela e che, di conseguenza, quella giacca sarebbe rimasta a Zacky.
Perché Zacky amava quella giacca, e Jimmy lo sapeva. Spesso lo prendeva in giro, anche perché lui aveva una giacca simile e non capiva proprio come mai la sua avrebbe dovuto essere speciale. Ma al chitarrista piaceva particolarmente, non sapeva spiegarsi il perché.
Gli piaceva e ora era lì con lui. Si alzò, andando a sfiorarla appena, come se avesse paura di rovinarla. Chiuse gli occhi, tirando un respiro profondo.


Chissà se nell’Aldilà, in quell’Afterlife di cui avevano parlato nelle loro canzoni, Jimmy si trovasse bene.
Chissà se era felice.
Chissà se vegliava su di loro.
Chissà che cosa pensava della loro carriera, di come erano andati avanti e di dove erano arrivati.
Chissà… chissà se era fiero di loro. In qualche modo, su quell’ultimo punto era sicuro. Era fiero di loro, di tutti loro. Di Brian, di Matt, di Johnny, anche di lui, perché erano riusciti ad andare avanti, nel bene e nel male. Ed era fiero di Arin, che li aveva fatti rialzare in piedi.
Nel bene e nel male. Quella era sempre stata la caratteristica della loro amicizia.
Che non sarebbe finita mai. Nel bene e nel male. 
Già, nel bene e nel male, erano andati avanti.
- Mi manchi – sussurrò, come se Jimmy fosse lì, come se potesse sentirlo.
Sicuro, che potesse sentirlo.

Si voltò, salendo le scale, dirigendosi verso la camera da letto.
Era determinato a dormire.


 
--



Jimmy era seduto sul pavimento del salotto casa Baker. Quel parquet era davvero scomodo, avrebbe dovuto mettere qualche tappeto, come quello persiano che aveva nello studio adiacente a quella stanza. Ed era anche freddo, si sentiva congelare.
Si alzò, osservando il cellulare sul tavolino, che aveva appena smesso di trillare. Scoppiò a ridere, pensando al fatto che ad Arin non importava del domani, e a giudicare dalla lunghezza del messaggio era probabile che avesse fatto un discorso con i fiocchi e controfiocchi. 
Si voltò, guardando la giacca sull’appendiabiti. La sua giacca, quella che non era voluto tornare a riprendersi. Guardò Zacky dargli le spalle, lo osservò salire le scale diretto verso camera sua. 
- Anche tu mi manchi. -



 
"You will be shocked, kids, when you discover how easy it is in life to part ways with people forever".






Note dell'autrice:
Partiamo dal presupposto che non so da dove mi è uscita, né come mai mi è saltato in mente di pubblicarla.
Stavo leggendo vecchie interviste e niente, mi sono ricordata del riferimento alla giacca che Zacky fa. Del fatto che la amava e che Jimmy in qualche modo gliel'aveva lasciata, come se sapesse. Quindi... dato che scrivo da tempo in questa sezione, chi ha già letto qualche altra mia storia sa che quando le mie rotelline cominciano a girare non portano mai a nulla di buono.
Quindi ecco qui.
Ho provato ad ambientare la fanfiction in una giornata di dicembre, piuttosto vicina al compleanno di Zacky, come del resto lo sono i flashback. Per questo il chitarrista parla già di cinque anni che sono passati. E se ci penso quasi non ci credo, che siano veramente cinque anni. Penso che ognuno affronti una perdita a modo suo, e il dolore non si supera mai. Si impara a convivere con esso.
Per l'appunto, nel bene e nel male.

Ma tornando a noi: diciamo che questa OS è un piccolo esperimento. Non so come è venuto, quindi gradirei davvero avere la vostra opinione.

Un ringraziamento particolare va a Sara (o devo chiamarla GatesIsTheWay?), la mia piccola scrittrice.
E, ovviamente, a Silvia e Roxy, perché ancora non si sono stufate di leggere le mie fanfiction.


Bene, ora mi ritiro nel mio angolino buio, altrimenti finisco per fare le note dell'autrice più lunghe della storia stessa.
Alla prossima!

Kisses,
Vava_95

P.S. la citazione finale viene da How I Met Your Mother, anche qui, mi sembrava giusto metterla.
P.P.S. non ho totalmente abbandonato la mia long, ho già molti capitoli pronti, arriverà, I swear.
  
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