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Autore: Woland Mephisto    03/09/2014    3 recensioni
Salve! Questa "storia" è un mero esperimento a cui ho pensato proprio oggi, ispirandomi alla pagina facebook "Il peggio di EFP", sulla quale vengono pubblicate le cose più stupide e assurde che io abbia mai letto. E quindi volevo scrivere qualcosa di stupido e assurdo anch'io, perciò ecco la mia storia.
Diciamo che non ha nessuna trama, sto scrivendo esattamente senza pensare, perché voglio proprio vedere cosa uscirà fuori da tutto questo delirio. Se avete voglia di farvi due risate gratis e senza motivo, passate pure.
Detto ciò, voglio solo dire che non è mia intenzione offendere nessuno con questa storia, anzi, ho scritto più che altro per ridere con voi tutte autrici/lettrici delle assurdità che vengono fuori in certe storie e dei cliché che spesso tutti usiamo. Grazie a chiunque vorrà passare e ridere insieme a me, ne sarò felicissima.
Genere: Demenziale, Parodia, Satirico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Nonsense, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Tematiche delicate
Capitoli:
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-  Attenzione: la seguente storia contiene argomenti al 200% demanziali e idioti. I deboli di vescica sono pregati di leggere direttamente sulla tazza del water, perché la lettura potrebbe causare incontinenza. Si consiglia, inoltre, di staccare lo sguardo dallo schermo di tanto in tanto, giusto per prendere aria e non morire soffocati dalle risate provocate da questo testo.
In caso di morte per soffocamento, cadute accidentali dalla sedia con conseguenti ematomi, attacchi di ridarella impossibili da trattenere e apocalisse zombie durante la lettura, la sottoscritta dichiara di non avere alcuna responsabilità.
Detto ciò: divertiamoci insieme!




 
Una storia come tutte le altre


- Di vecchietti incavolati e giornate deprimenti -

 


 
In una calda, ma fresca, giornata di dicembre, il nostro caro protagonista, Bill Trümplitz, che per l’occasione “indossa” questo magnifico cognome, dato che non ha voglia di cambiarlo a ogni capitolo tra il suo solito, Kaulitz, e quello del patrigno, Trümper, appunto; dicevo, in quel giorno di dicembre, scegliete voi quale, stava camminando, miracolosamente salvo e sano come un pesce guizzante, per le strade della città di Berlimburgo, dopo essere stato ripetutamente bastonato da un vecchietto a cui stava antipatico solo perché quel trucco e quei capelli “sparati” gli sembravano da checca isterica, tastandosi la faccia piena di lividi che gli facevano un male cane e con in testa soltanto il pensiero di passare inosservato.
Ma ora, caro il mio Bill Trümplitz, dimmi esattamente come pensi di passare inosservato se hai dieci chili di stucco sul tuo faccino angelico e serafico e i capelli che sono frutto della lite furibonda tra le mani bagnate subito dopo la doccia e la corrente elettrica che alimenta l’asciugacapelli.
Ergo, sei spacciato.
Sarebbe arrivato a scuola con quei lividi visibilissimi e tutti lo avrebbero preso in giro, come al solito, ignari del suo orribileangoscioso e tormentato passato, fatto di uccisioni, molestie, stupri, violenza, delitti, fantasmi, droga, alcool e fumo a manetta, e se avete in mente qualche altra cosa di brutto, metteteci pure quella, tanto non guasta. Perché, sì signore, il suo caro papà era un orco cattivo, certamente più cattivo e pauroso di Shrek, che gli aveva fatto prendere una sbronza a soli due anni, causandogli un’iperattività frenetica momentanea che lo aveva spinto a correre per la casa come un missile finché non era andato a sbattere contro il tavolino poggia televisore, che gli era caduto rovinosamente addosso, quasi ammazzandolo. E quando il suddetto padre lo aveva recuperato, gli aveva pure dato il resto delle mazzate perché aveva osato rompere il suo prezioso televisore che, a detta sua, costava sicuramente più di quello stesso sciagurato figlio. E ora, ogni volta che lo vedeva truccato, gli rimproverava di essere diventato scemo a causa della botta subita durante l’incidente di quel giorno, menandolo conseguentemente perché non sopportava quel trucco marcato, e nemmeno i panda dei documentari della National Geographic che glielo ricordavano, da quando gliel’aveva visto in faccia per la prima volta.
E tutto questo per il sommo gaudio di suo fratello Tom Kaulimper, anche lui con un super mega Gesù-mi-invidia nuovo cognome per non cambiarlo come il gemello lesionato, autolesionista e cerebroleso, il quale gemello maggiore era sempre il più figo di tutti, intelligente, simpatico, menefreghista, ma tanto sensibile e dolce, perfetto, gnocco, brillante, coi suoi cool-oh-so-cool dreadlocks che lo facevano sembrare il Tarzan più figo del mondo. Naturalmente, tutte gli cadevano ai piedi e lui poteva scegliersi una qualunque di quelle squinzie  con un solo schiocco di dita, poi abbandonarle e magari tornare da loro quando gli pareva e piaceva, perché tanto era talmente strafigo che sarebbero state loro a chiedere scusa a lui per essersi fatte abbandonare in quel modo meschino e infame.
Ma tornando al nostro caro Bill Trümplitz, ecco che stava per varcare la soglia della scuola cercando in tutti i modi di non farsi vedere, anche se in effetti uno che non vuol farsi vedere non si concia come un darkettone al concerto di Alice Cooper, con jeans talmente attillati da non capire come faccia a metterci dentro le gambe, magliette tanto striminzite che appena pensava anche solo di alzare un poco le braccia già si ritiravano su pure quelle e stivali al limite del gotico e dell’aggressivo, magari pure coi tacchi tra i quindici e i diciotto centimetri, così poteva passare ancora più inosservato con il “tac tac tac” che questi ultimi producevano al suo passaggio; e quindi, ecco che stava per varcare la soglia della scuola, quando un tizio qualunque, che lo tormentava non si sa bene perché da quando era arrivato in quella scuola, gli diede uno spintone facendogli cadere lo zaino vuoto che aveva su un spalla e tutti i libri che portava in mano, dato che metterli nello zainetto era troppo mainstream.
In un momento, tutti quelli che erano nel corridoio si girarono per fissarlo, perché ovviamente non avevano nulla di meglio da fare che guardare uno sfigato scemo che raccoglie i libri che gli sono stati fatti cadere, e risero di gusto per la figuraccia che aveva fatto. Allora, per l’enorme umiliazione subita, subito Bill pensò che sarebbe stato meglio se si fosse suicidato e scoppiò a piangere come un bambino a cui cade il gelato per terra subito dopo averlo leccato la prima volta, facendo, di conseguenza, ridere gli altri ancora di più e sbavare il trucco di piombo che aveva sugli occhi, così che avrebbe dovuto passare le successive sei ore con le guance completamente rigate di nero come se fosse un musicista dei Gorgoroth.
E allora suonò la campanella e tutti si defilarono per entrare in classe prima di lui, perché arrivare a lezione dopo Bill Trümplitz era come essere battuti a calcio dal secchione della scuola che non aveva mai fatto educazione fisica in vita sua, ergo: la morte sociale.
Che poi, cosa ci fosse di societario o sociale in una scuola, Bill non l’aveva mai capito, ma sapeva che era così e basta e che lui era sfigato e basta, perché suo fratello era un gran figo e quindi lui, per logica, doveva essere quello sfigato.
Si avviò in classe a seguire una lezione qualunque, perché tanto una valeva l’altra dato che i professori lo odiavano pure loro, cercando di rifilargli sempre voti bassissimi a tradimento, sgridandolo anche se lui non faceva assolutamente niente e aiutando i suoi compagni di classe e tutto il resto della scuola a farlo sentire più schifoso della cacca di cane appiccicata sotto le scarpe perché non si è fatti attenzione a dove si mettevano i piedi.
E puntualmente, appena si sedette al suo banco, lo trovò costellato di scritte infamanti e minatorie, come “Bill Trümplitz merda”, “Bill Trümplitz sodomizzato da un supereroe a pile”, “Bill Trümplitz gay, arcigay e notoriamente gay”, “Bill Trümplitz col culo più montato della panna per dolci”, “Bill Trümplitz verrà sodomizzato, preso a randellate e poi andrà a fuoco dopo la scuola” (e altre che al momento mi scoccia ripetere, tanto il refrain l’avete inteso), che gli facevano venire voglia di buttarsi giù dalla finestra anche se erano al primo piano, oppure di recidersi seduta stante le vene con un pezzetto di legno che avrebbe staccato dal proprio banco.
In tutto ciò riuscì soltanto a battere più volte la testa contro il banco, al che quella baldracca indiavolata della professoressa di turno lo riprese dicendogli che gli metteva due perché aveva disturbato il corso della lezione, anche se la lezione non era ancora cominciata; in realtà tutti sapevano che lo faceva solo perché era invidiosa che Bill si truccasse meglio di lei, che era una vecchia decrepita, grassa come un bue, bassa e tozza, ma che andava a scuola conciata come una Drag Queen di second’ordine, con minigonne striminzite da far venire un infarto solo perché gli si vedeva fin troppo bene tutta la cellulite, camicette super scollate sul seno, pieno di cellulite pure quello, i capelli rosso semaforo portati corti e a spazzola e un trucco da far invidia a Moira Orfei in persona.
La giornata era cominciata proprio bene per il povero, cuccioloso, fesso più di Lucia Mondella, moscio Bill Trümplitz. Perché, si sa, la Fortuna è bendata, ma la Sfiga ci vede benissimo.
 
°°°
 
Dopo sei ore di patemi e sofferenze atroci, per esempio l’interrogazione di matematica di suo fratello, in cui quest’ultimo si era dimenticato cosa stava dicendo e per questo si era arrabbiato, prendendo un gessetto e buttandolo in faccia a Bill per sfogarsi (tanto Bill non avrebbe detto niente comunque, se no si sarebbe alzato e gliele avrebbe suonate per bene, aiutato perfino da quel bestione enorme del professore), alla quale interrogazione, il menzionato gemello prese 10 comunque, perché lui era tanto perfetto e i professori lo sapevano benissimo; per esempio la lezione di educazione fisica, durante la quale il professore, un culturista alto due metri e venti e con i muscoli sviluppati perfino sulla faccia così da poter sollevare i pesi con gli zigomi, aveva detto che avrebbero giocato a rugby, con la massima disperazione di Trümplitz, che sapeva già che i compagni non solo l’avrebbero scelto per ultimo in una squadra, ma si sarebbero tutti gettati a mucchio su di lui (cosa che, in effetti, alla fine successe e quindi si trovò pure con un polso slogato), facendogli uscire perfino gli occhi fuori dalle orbite, per sfogare la rabbia immotivata che avevano nei suoi confronti e, diciamocelo, anche un po’ di testosterone dovuta alla loro latente omosessualità che li rendeva cotti a puntino del povero Bill, che era ignaro di tutto questo; per esempio, il grattare delle unghie sulla lavagna della professoressa di grammatica, perché non aveva nessuna intenzione di cambiare il gessetto quasi consumato con uno nuovo e più lungo, producendo uno stridio spacca timpani che faceva venire voglia al nostro angelico protagonista di farsi un paio di pilloline di LSD così poteva scambiarla per musica; per esempio, quando gli fu buttato addosso il pasticcio che aveva appena adagiato sul vassoio della mensa che stava portando al tavolo a cui doveva sedersi da solo come un appestato, facendolo puzzare tutto di non si sa bene cosa (non si sa mai cosa ci ficcano dentro i pranzi delle mense scolastiche, ma sicuramente di tutto e di più pur di rendere le pietanze assolutamente disgustose); per esempio, quando nel bagno gli avevano buttato addosso un secchio di cenere delle loro sigarette, meticolosamente preparato da settimane, apposta per far appiccicare il tutto allo spezzatino che ancora gli impastava i capelli e la maglietta; ecco, dopo sei ore di tutte ‘ste robe qua, Bill Trümplitz era finalmente libero di tornare a casa, dove lo aspettava il suo violentissimo padre orco e nessuna mamma, perché la sua era stata uccisa a colpi di mestolo da quello stesso padre (anche per questo Bill lo detestava a morte), perché lei aveva una relazione segreta con un certo Gordon Trümper (e chissà per quale motivo poi avrebbe dovuto tradire un marito così buono e pio), ma l’uomo in questione non era stato mai arrestato perché boh, evidentemente la polizia si scocciava di andare a prenderlo oppure non c’era posto in carcere e allora avevano deciso di lasciarlo crescere i due figli, tanto più male di così non poteva fare.
Tornando a casa a piedi, mentre il perfetto fratello ci tornava con la sua stupenda-oltre-ogni-immaginazione moto d’argento, oro e titanio, regalatagli da non si sa chi e non si sa perché, lo vide sfrecciare sulla strada a una velocità inaudita, perché tanto anche se andava fortissimo nessuno avrebbe osato fare un incidente con lui per paura di intaccare anche solo un minimo la sua perfezione perfettissima.
E quindi, sulla strada di casa trovò la banda di amici di suo fratello che, visto che non li portava mai a fare un giro in moto, se la presero con lui completamente a caso e lo pestarono a sangue, facendolo prima vomitare l’anima dopo svariati pugni e calci allo stomaco e poi colpendolo sul viso, senza però rompergli, miracolosamente, nessun osso, così poi potevano divertirsi a torturarlo ancora e ancora e ancora, e poi tenendolo fermo per stuprarlo a vicenda, ché tanto la cosa non guastava e di certo nessuno li avrebbe denunciati perché anche se li vedevano fare queste cose per strada, nessuno poteva sicuramente dargli torto, dato che l’intera città era contro Bill.
Un paio d’ore più tardi, quando quei bulli avevano finito di violentarlo e menarlo per bene, Bill riuscì senza nessuno sforzo ad alzarsi in piedi e camminare fino a casa, dove suo fratello e il loro padre non lo degnarono nemmeno di uno sguardo, impegnati com’erano a guardare una partita di calcio alla tv, perché tanto Tom non doveva fare i compiti, poiché i professori lo amavano e gli mettevano lo stesso voti altissimi senza controllargli i quaderni.
Bill se ne andò in camera sua maledicendo il suo destino avverso, prese la lametta dal suo comodino e cominciò a tagliuzzarsi facendosi disegnini dementi sulla pelle, così magari le cicatrici sarebbero venute carine e lui avrebbe riso almeno una volta nel guardarle, se no si sarebbe sentito troppo Lana Del Rey.
Rimase a digiuno, quella sera, perché gli altri due non si ricordarono di chiamarlo quando la cena fu pronta e lui si sentì talmente tanto male per questa cosa che pianse tutte le lacrime che aveva in corpo, pensando che perfino Gustav il cicciottello, come lo chiamavano e sfottevano tutti a scuola, aveva più amici ed era più felice di lui, che voleva soltanto essere amato dal suo fratellone bellissimo e perfetto come dio che fa surf sulle spiagge della California; in fondo non gli sembrava di chiedere tutto il firmamento.
Tom, intanto, quando fu in camera sua, pensò che suo fratello fosse proprio una bella fighetta e magari avrebbe potuto andare a rompergli un po’ le scatole prima di dormire, perché così dopo avrebbe potuto masturbarsi pensando agli occhioni da cerbiatto e alle labbrucce imbronciate di Bill, alle sue cosce belle come quelle delle ragazze e magre come quelle delle modelle anoressiche delle sfilate di New York, perché in fondo lui amava tanto suo fratello, ma nel modo sbagliato, anche se non voleva farlo sapere a nessuno perché questo, cari ragazzi, si chiama “incesto” e la legge, per la più nera e profonda disperazione di Tom Kaulimper, non lo approva per niente, no, no, no.
Ma lui se ne fregava di queste sciocchezzuole come la legge e le norme della società, così andò in camera di suo fratello, lo vide sul letto in stato catatonico dopo essersi tagliato sull’avambraccio destro (sul sinistro non poteva perché aveva un fighissimo tatuaggio tutto svolazzi e guai a rovinarlo!) e la cosa lo fece non tanto stranamente eccitare, così si avvicinò, gli diede due sberle sul viso, facendogli sanguinare le labbra, godendo appieno nell’essere guardato con lo sguardo più supplichevole e “ciccipuccioso” del mondo; la sua dolcezza era tale che gli fece venire voglia di baciarlo, e così fece, mentre l’altro rispondeva appassionatamente al suo bacio, pensando che fosse la cosa più bella che gli fosse mai successa in vita sua. Ma subito dopo il bacio finì e Tom gli diede altri due poderosi schiaffi che lo stesero sul letto, lasciandolo incapace di intendere e di volere, facendogli piangere le ultime lacrime della giornata senza sapere perché e come, mentre lui se ne andava bello tranquillo in camera sua a godersi il suo “momentino relax” della giornata.




Angolo dell'autrice:
Ciao a tutti voi! Ho deciso di scrivere questa storia dopo aver letto molte assurdità che, purtroppo, compaiono in questo sito e penso proprio che molte di voi mi capiranno se me ne lamento. Eppure, proprio oggi pensavo: ma perché continuare a lamentarsene se si può guardare la cosa dal lato positivo, ovvero prendere tutte quelle cose assurde e concentrarle in una sola storia per ridere a crepapelle tutti insieme? Ebbene, eccomi qui, pronta a sfruttare tutto questo.
Vi dico solo che ho scritto questa roba assurda senza nemmeno pensarci (dico sul serio, ho scritto le prime cavolate che mi venivano in mente) e che non ho idea di quando aggiornerò, la cosa dipende dalla voglia che avrò di ridere e da quello che il mio malatissimo cervello tirerà fuori. Ovviamente tutti i capitoli saranno assurdi e totalmente nonsense come questo. Naturalmente ho messo l'avvertimento, ma lo dico di nuovo lo stesso.
Grazie a tutti coloro che leggeranno, che apprezzeranno nonostante la marea di stupidaggini che sparo e che, magari, avranno lo stomaco di ferro per commentare, se avranno voglia.
Detto ciò, al prossimo aggiornamento e alle prossime mirabolanti avventure di Bill 
Tr
ümplitz, Tom Kaulimper, Gustav "il cicciottello" Schäfer e Georg "quanto sò bello, ma mai quanto Tom" Listing (che ancora non ha fatto la sua comparsa, purtroppo per noi). Spero di non avervi uccisi tutti, davvero.
Con tanto affetto e tanta voglia di ridere, vostra

Sid.
   
 
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