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Autore: mis_sfortune    03/09/2014    1 recensioni
In seguito all'assassinio di Seymour, Yuna e i suoi guardiani sono stati giudicati colpevoli di tradimento, condannati e hanno trovato la morte nella Via Purificatio. L'evento ha gettato Spira nel caos, ma Bevelle si è liberata di una spina nel fianco. Dall'altra parte del mondo, però, altre forze si stanno muovendo. Questa è la storia dei quattro eroi che hanno sconfitto il clero e poi Sin.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Altro Personaggio, Seymour
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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In the heat of the night
In the heat of the day
When I close my eyes
When I look your way
When I meet the fear that lies inside
When I hear you say
In the heat of the moment [...]
Some say prayers
I say mine

Non c'era stata la minima conversazione per tutta la mattina. Le parole erano rimaste sospese tra loro, come un peso greve che non intendeva sollevarsi e sparire, sublimandosi nell'etere.

Adara aveva indugiato in un angolo della nave tutto il tempo, immobile, a sgranare gli anelli della catena. Aveva i capelli neri ordinati in treccine, decorate con fili colorati e perle di vetro, legate poi in alto sulla testa, e lasciate ricadere sulle spalle come una fontana di ciocche sottili. Indossava una canotta rossa, sfrangiata sulla schiena, e dei pantaloncini neri, accompagnati da un paio di gambali e schinieri borchiati. Sulla pelle nuda della spalla destra risaltava il tatuaggio di un ramo di fiore di ciliegio, finemente dettagliato. I lobi delle orecchie erano trapassati da grossi dilatatori di legno scuro.

Leila stava affacciata sul parapetto dell'imbarcazione, gli occhi azzurri fissi sulle onde, i capelli mossi castani che fluivano al vento. Il suo collo era avvolto da numerose collane di pietre intarsiate col simbolo di Yevon. Portava un vestito azzurro con motivi floreali, legato da una cintura color cuoio fasciante: l'abito era molto somigliante a uno yukata, ma con le maniche e la gonna più corte. Il colore dei sandali alla schiava richiamava il colore dell'obi.

“Invocatrice...” Un marinaio si avvicinò a Leila a mezzogiorno, l'espressione evidentemente turbata. “Si sta avvicinando una tempesta, le converrebbe entrare in coperta”.

La ragazza non riusciva ad alzare lo sguardo, ma si convinse ad allontanarsi dal ponte della nave. Quando entrò in cabina, Adara era già seduta su una panca a gambe accavallate e braccia incrociate. Era scura in volto, stizzita, come se tutto ciò che le stava attorno fosse una spina nel fianco. Leila se ne accorse e le si avvicinò.

“La nostra vita...” iniziò a dire. La sua voce era dolce come un fiume di latte e miele. “... è bizzarra. Nella scelta del nostro percorso ci consacriamo alla morte. E prima di farlo affrontiamo mille pericoli. Rischiamo di essere rapiti, traditi... Uccisi prima del tempo”. Aveva il tono di chi si stava scusando per essersi macchiato di una colpa.

“Yuna era la prediletta di Seymour” intervenne Adara con freddezza. “C'è qualcosa che non mi torna ed è ovvio che c'entri Bevelle”. Si alzò dal suo posto e si mosse incontro a Leila, poggiandole una mano sulla spalla. “Non ti preoccupare, non permetterò che ti facciano del male”.

“Non rischierai ulteriormente per me”. La voce non perse la sua dolcezza, ma aveva acquisito un tono fermo e deciso.

Ci fu uno scambio di occhiate tra le due. Nonostante l'una fosse la guardiana dell'altra, entrambe tacevano un patto di reciproca protezione, quantomeno inconscia. Mentre il compito di Leila era di pregare Yevon, Adara poteva rivelarsi una spietata assassina: alla gamba destra portava una fondina con cinque coltelli. Non che le piacesse uccidere, ma era pronta a sacrificare la vita di altri a patto che la sua invocatrice fosse immacolata e al sicuro. I rapimenti dell'ultimo periodo l'avevano allarmata non poco e i momenti in cui sorvegliava l'amica si erano raddoppiati, triplicati a seguito della morte della figlia di Braska.

In poche ore si alzò il vento, mentre un forte acquazzone si scatenava. Leila cercò di scacciare dalla mente un orribile pensiero: l'idea che le forze della natura si stessero mettendo contro di lei per ostacolarle il viaggio, come se la malvagità degli uomini, per cui avrebbe lottato, e la spietatezza di Sin non fossero abbastanza. Tentò invece di concentrarsi sulla prova che l'aspettava a Besaid, sulla voce dell'intercessore che la chiamava, cantando incessantemente l'inno. Non era molto preoccupata a riguardo: lo spirito di Ifrit era stato un osso duro e la preghiera era durata più di due ore. Valefor, dal canto suo, si prestava molto bene agli invocatori principianti. Leila era sicura, se non certa, del suo successo.

“Ho un dubbio”. Adara interruppe il flusso dei suoi pensieri. “Credi sia il caso di andare a Besaid?”

“Cosa vorresti dire?” Doveva allenarsi per l'invocazione suprema. Era ovvio che fosse il caso.

“Besaid è l'isola in cui Yuna ha vissuto per anni. Non conosciamo ancora le ripercussioni sociali che la sua morte può aver avuto” spiegò la guardiana mentre batteva ripetutamente la punta del piede sul pavimento. “Ancora non è chiaro da che parte stiano gli abitanti”.

“Il tempio...?” Leila avrebbe preferito non immaginare, ma uno scomodo scenario le si figurò davanti agli occhi.

“Già, potrebbero non farci passare. O potrebbero addirittura considerare la nostra presenza sull'isola ostile”.

“Ribellarsi a Yevon?” Non osava pensarci.

“No. Ma qualsiasi invocatore può essere visto con sospetto. Seymour è molto amato, Mika gli ha fatto una bella pubblicità”. Adara sbuffò, quasi a soffiare via i nomi che avevano toccato le sue labbra. “Nessuno potrebbe più tollerare un simile affronto nei confronti del clero”.

“Ma chi penserebbe mai di fare del male ai Maestri?” La voce di Leila fu spezzata da qualcosa, vagamente simile a un singhiozzo nascosto.

Adara si avvicinò all'invocatrice, più di quanto non lo fosse già, gli occhi verdi pericolosamente vicini ai suoi, tanto che Leila poteva coglierne i più veloci battiti di ciglia. “Io. E non farti domande, non serve” sibilò con odio. “Prima di arrivare a Zanarkand, spezzerò loro l'osso del collo”. Nel dire ciò afferrò la catena che aveva legata attorno ai fianchi. “Non faranno danni, mai più”. E si allontanò con passo indurito verso la sala motori.

Leila rimase spiazzata, una lacrima le aveva percorso la gota. A poco, pensava, serviva cambiare vita, allontanarsi dalle proprie radici e tingere i capelli per nascondere il dolore di un'Albhed.

   
 
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