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Autore: wings_of_dreams    03/09/2014    3 recensioni
Di tutta la giornata c’era un determinato momento che Sofia amava di più, sicuramente nessuno aveva mai gustato più di lei il suono dell’ultima campanella, la salvatrice dopo tutte quelle estenuanti ore di scuola. Non l’amava solo perchè poneva fine al supplizio giornaliero, no il vero motivo era un altro.
“Andiamo da quanto tempo vieni qui? Possibile che balbetti ogni santa volta?” bisbigliò per non farsi sentire.
“Non è colpa mia, io mi sforzo anche, ma ho quell’orrenda maledizione di fare solo figuracce quando sono agitata”.
“No cara, quando sei con qualcuno che ti interessa”.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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FEARS AND FEELINGS

“Sofia, potresti portarmi la mia borsa?”
“Sì mamma, dove lai lasciata?”.
“Al piano di sotto, è appoggiata su una poltrona”.
“Baciata su una poltrona?!”.
“Appoggiata!”.
“Scusa, vado a prenderla”.

La mente umana è complessa, capace di creare le più grandi e magnifiche opere di arte, filosofia, letteratura, architettura, musica, cinema e tanto altro ancora. Eppure nella vita di tutti i giorni, può succedere che, un singolo episodio possa mandarla completamente in tilt.
“Un campo è l’insieme dei valori che una grandezza assume in una regione dello spazio. Il campo è vettoriale, se a ogni punto della regione è associato un vettore che rappresenta la direzione, il verso e l’intensità del campo in quel punto. Il campo magnetico, è un campo vettoriale. Esso risulta definito in un punto quando se ne conoscono l’intensità, la direzione e il verso. Nei materiali viene solitamente indicato con il vettore Harry, mentre nel vuoto con il vettore Bacio”.
“Intendi vettore H e vettore B?”.
“È quello che ho detto”.
“No, hai detto Harry e Bacio. Chi è Harry?”.
“Lascia perdere Imogen… Andiamo avanti, dobbiamo saperla bene prima della verifica di giovedì!”.

La mente di Sofia era stata messa incasinata, da un bacio, da un semplice bacio. Se lo ricordava ancora, ogni singolo dettaglio.
Le labbra tremanti di Harry sulle sue, quasi bisognose e fameliche, ma dal tocco straordinariamente dolce e delicato, soffici e piacevoli. Il parco era sparito, ogni rumore si era affievolito fino a tacere, i suoi pensieri erano diventati una nebbia densa, poi una foschia e poi si erano diradati nell’aria. La Terra aveva cominciato a rallentare fino a fermarsi definitivamente.
Brividi. Brividi potenti si sprigionavano lungo la sua spina dorsale al solo ricordo.
Bruciavano ancora gli sguardi attoniti, le sopracciglia inarcate e le bocche spalancate, di Liam, Ronnie, Zayn, Niall e Louis. Facevano male, rimarcavano l’assurdità di quel momento, la follia di un bacio che non sarebbe dovuto mai avvenire. Era ancora confusa, quando le sue orecchie furono travolte da tutte quelle domande, volevano sapere a ogni costo cosa fosse successo, perché si erano allontanati all’improvviso, cosa avessero fatto da soli.
Louis si azzardò addirittura a domandare il perché del bacio.
Non aveva risposto a nessun quesito, lei non sapeva le risposte, non conosceva bene Harry, non poteva leggergli il pensiero ed era chiaro come il sole, che non avrebbe mai rivelato cosa gli fosse passato nella mente.
Lo odiava.
L’aveva rifiutata, umiliata e presa in giro.
“Ti decidi ad aprire quella porta?”.
“Come?”.
“Sofia, afferra la maniglia e apri la porta, hai intenzione di rimirarla a lungo?”
sbuffò seccata Ronnie.
In quell’istante la ragazza realizzò di ritrovarsi davanti alla panetteria, a pochi passi dalla persona che le l’aveva ridotta a questo stato confusionale.
“Senti, se è per il bacio possiamo andar…”.
Sofia la zittì scoccandole una severissima occhiata, in grado di incenerirla all’istante.
Ronnie aveva elaborato una teoria su quel… fatto, ma non aveva voluto ascoltarla. Le aveva raccontato in privato cosa fosse successo quella sera, della corsa, degli insulti, del discorso di Harry, del peluche, le aveva raccontato ogni singolo dettaglio. Il primo commento che aveva ricevuto l’aveva fatta imbestialire. “Vi shippo ancora di più”.
No diamine, quello era pazzo, la sua migliore amica avrebbe dovuto coprirlo di insulti insieme a lei! Harry Styles era da detestare, non da usare per fantasticare su possibili storie amorose! Il suo nome era sinonimo di brutta persona, approfittatore e altre migliaia di parole disdicevoli e sempre meno educate, che la ragazza gli affibbiava nei suoi pensieri.
Evitare di incontrarlo, era una sconfitta, segno di aver preso troppo sul serio quel “non appuntamento, per questo varcò convinta la soglia, mai gliel’avrebbe data vinta. La sua strategia era semplice: vivere la propria vita come se nulla fosse successo.
Carica come non mai, si sedette al solito tavolo, con sguardo fiero e, studiatamente, non rivolto verso il bancone.
“Hai finito di atteggiarti come un vittorioso gladiatore?” la ammonì Ronnie alzando un sopracciglio. In un lontano e piccolo meandro della sua mente, desiderava prenderla a schiaffi.
“Che intendi dire?”.
“Sei entrata con un’espressione alla ‘Fuck the system’ o per meglio dire ‘Hey, Harry! Sono qui! Mi vedi?’”
sussurrò sghignazzando.
“Col cavolo, potresti essere dalla mia parte per una volta?”.
“Ma io sono dalla tua parte, sei tu quella che non lo è! A dirla tutta, io credo che sia fermamente interessato a te!”.

Sofia scosse la testa. Una risata la fece voltare verso il bancone.
“Oh infatti, hai ragione. Guarda sta… ridendo e scherzando con… la ragazza del banco del tiro a segno”.
Li vedeva chiacchierare amichevolmente, la postura, i gesti e molto altro, rendevano chiaro l’interesse che quella ragazza avesse per il riccio panettiere.
Forse dopo che lei se n’era andata, erano diventati amici.
Scostò lo sguardo, si sentiva strana, forse offesa, un po’ delusa.
Cominciò a raccontare alla sua amica delle varie castronerie dette da Miss Bay, durante le lezioni di letteratura. Quella donna era intelligentissima, ma spesso si lasciava sfuggire aneddoti particolari sulla vita degli autori. Rendeva certamente molto più piacevole la lezione!
“Hey ragazze!”.
“Ciao Harry”
sorrise Ronnie, al riccio che si dirigeva versa di loro.
“Com’è andata a scuola?”.
“Bene! Ho preso 8 in Storia, mi sento un genio!”.
“Grande! Dov’è Liam?”.
“Non è potuto fermarsi oggi, doveva andare a casa presto”.
“Salutamelo quando lo senti. Scusate se vi ho fatto aspettare, non vi ho viste entrare”.

Eri impegnato a deliziarti della compagnia di quella… pensò Sofia.
“Cosa vi posso portare?”.
“Io prendo un cappuccino e una fetta di torta cioccolato e pere”.
“Ok perfetto. Solito Yorkshire Tea per te Sofy?”.

“No. Un doppio espresso” disse glaciale.
“Wow… non hai mai cambiato ordine… da quando vieni qui” rispose sorpreso Styles. “Qualcosa da mangiare?”.
“No, sto bene così”.

"Come sta il panda parlante? L'hai tenuto spero" disse per spezzare quell'aura glaciale.
"Sì, è un ottimo guardiano, ma non parla molto".
Harry sorrise, i suoi occhi saettarono sulle labbra della ragazza. Arrossì leggermente, distolse lo sguardo, solo per non darlo a vedere e per non sembrare un maniaco. Doveva assolutamente chiarire quello che era successo, prima che Sofia potesse travisare ogni significato.
Tornò a guardala negli occhi scuri, tentando di trovare le parole per iniziare quel discorso scomodo. Non ci riusciva, era spaventato. Lo stesso timore lo vide negli occhi di lei, ma c'era altro che non riusciva a comprendere. Aprì la bocca, senza però emettere suono.
"Vorrei il caffè" cercò di dire dura, ma risultò come una supplica di allontanarsi, a causa del tono.
La ragazza del bancone del tiro a segno aveva assistito a tutta la scena, sogghignando.
"Allora ci sentiamo stasera Harry, io vado".
"Va bene Miranda, ciao"
la salutò.
Lei si avvicinò, gli schioccò un sonoro bacio sulla guancia e se ne andò.
Un suono che, alle orecchie di Sofia, equivaleva al crollo di un grandissimo palazzo. Tutte le sue paure si erano concretizzate, aveva indovinato tutto.
Harry tornò al suo lavoro, rimuginando sui propri pensieri, preparò il cappuccino e il caffè. Caffè.
Era tentato di fregarsene, scaldare dell'acqua e servirle il solito Yorkshire Tea, ma sarebbe stata solo una stupida mossa avventata, si sarebbe infuriata di sicuro. Non sapeva spiegarsi il perché, ma si sentiva infastidito da questo cambio.
Era pronto per tornare al solito tavolo, quando gli balenò in mente un'idea stupidissima.
"Ecco qua, cappuccino e torta a te" disse posandoli davanti a Ronnie. "Un doppio espresso per te invece". Lasciò anche un piccolo piattino davanti alla seconda ragazza. "Offre la casa".
"Cosa sono?"
domandò Ronnie.
"Baci di dama" spiegò il riccio guardando Sofia, ma questa si limitò ad osservare la sua tazzina di caffè.
"Baci di dama. Evidentemente mi prende per il culo" commentò duramente rimaste sole.
"C'è scritto qualcosa sul tovagliolo no sotto di loro" la ignorò l'altra mordicchiando un biscotto.
"Cosa?".
"Non lo so, mangiare uno e guarda".
"Non mangio dolci, sono a dieta".
"Ne abbiamo tre a testa, non ti rovinano".
"Preferirei di no".
"Un piccolo strappo".
"Sono proprio i piccoli strappi a tradirti".

Ronnie scattò in piedi appoggiando con forza le mani sul tavolo. "Mangia quei cazzo di biscotti!".
Sofia la guardò esterrefatta, non si sarebbe mai, mai aspettata una tale reazione da parte sua, lei era così timida, non amava affatto esporsi in quel modo in pubblico. In quel momento aveva paura di lei. Spaventata, allungò una mano verso uno dei dolcetti, decidendo di non proferire più una sola parola.
Ronnie soddisfatta sorrise, ma non appena riprese coscienza di sè e delle sue facoltà mentali, realizzò di essere ancora in piedi in mezzo al locale, ricordò le sue recenti azioni e sì risedette di colpo imbarazzata.
"Me la pagherai per avermi costretta a fare ciò che ho appena fatto".
Finirono i biscottini ridendo.
"Possiamo parlare?".
 
La calligrafia che aveva sancito queste parole, non aveva badato alla chiarezza, alla bella forma delle lettere. Era frettolosa, come se fosse stato un impulso improvviso a dettare il messaggio, costringendo la mano a farlo nel minor tempo possibile, prima che vi fosse un cambiamento di idea.
Sofia si alzò e si diresse verso la cassa.
Harry inghiottì rumorosamente la saliva quando furono faccia a faccia.
"Non lanciarmi addosso il piattino".
"Vorrei pagare in realtà".
"Ho bisogno di parlarti".

"Ti ascolto" rispose pacata.
"Il punto è che... Quello che successo l'altra sera... Insomma... Io... Tu... Noi... Louis ha complicato tutto... Cioè intendo dire che... Non odiarmi" balbettò grattandosi la nuca imbarazzato.
Non aveva la minima idea di come cominciare, si stava pentendo di averle chiesto di parlare. Gli sembrava di arrampicarsi su un enorme specchio lucidissimo.
"Non credo di essere particolarmente brava con i rebus” disse abbozzando un mezzo sorriso. “Se hai bisogno di chiarirti le idee, posso tornare domani”.
“No”
rispose duro. “Non voglio che tu ti faccia pensieri sbagliati”.
“Allora non perdere tempo”
rispose sbuffando.
“Faccio solo fatica a trovare le parole” ribatté irritato.
“Entrambi non abbiamo tutta la giornata, più tempo prendi più consolidi la mia idea”.
“Ma che strano, come al solito rimani fissa sulle tue idee, irremovibile e marmorea”
la sbeffeggiò.
“Quindi vuoi litigare”.
“No, sono nervoso, tu mi metti agitazione”
ammise sconfitto.
“Forse Miranda può aiutarti a schiarirti le idee” buttò fuori acida. “Senti, non mi va di discutere, anche se ormai sappiamo di non poter avere una conversazione normale. A che ora stacchi domani? Se ci tieni davvero a chiarire, ci vediamo e parliamo, così tu hai abbastanza tempo per trovare le parole, puoi perfino scrivere il tuo discorso. Io potrò allenarmi per essere meno acida e irritante nei tuoi confronti. Parleremo come due persone normali, con serenità, a prescindere da quello che diremo. Ci stai?”.
Harry sbuffò, ma poi acconsentì. Sofia pagò, salutò Ronnie velocemente e lasciò il negozio velocemente.
Il riccio si sentiva sconfitto, aveva perso tempo, lui non era così, solo con lei dava, per così dire, il peggio di sé. Quando se l’era ritrovata davanti si era agitato, non avrebbe mai pensato che accettasse, era un buon segno? Aveva nominato Miranda, cosa sapeva? La sua mente era in subbuglio, continuava a maledirsi da solo.
Spazientito corse da Ronnie, si abbandonò sulla sedia, occupata prima dalla ragazza che lo torturava in ogni pensiero.
“Ho bisogno di un enorme favore, mastodontico” ammise subito senza mezzi termini.
“Ehm… vedo se posso aiutarti” disse Ronnie un po’ intimorita da quelle parole.
“Sacrificheresti, ancora una volta, la tua amicizia con Sofia per me?” domandò con una strabiliante serietà, fissandola intensamente negli occhi.
 
Sofia era in casa, i suoi non sarebbero tornati a casa ancora per un po’ di ore, per sua immensa gioia. Ogni impegno pomeridiano scolastico era stato svolto, aveva un sacco di tempo libero, ne era felicissima.
Aveva una gran voglia di rilassarsi, accese la televisione, scelse un canale dedicato alla musica, lasciando scorrere qualsiasi video musicale mandassero in onda. Cantava e ballava, la sua mente era leggera, era riuscita a relegare in un angolino la strana conversazione con Styles. Aveva deciso di non pensarci, per non mantenere la sua promessa di non essere scortese l’indomani, il che era assai difficile per lei.
Capitava che qualche canzone fosse un diretto rimando al ragazzo con le iridi smeraldo, cambiava canale, come a scrollarsi di dosso quella consapevolezza, che le avrebbe trovate bellissime in qualsiasi situazione.
Era accomoda sul suo divano, le gambe strette al petto, il mento appoggiato sulle ginocchia. Il non pensare non era una sua dote. Per nulla.
Il suo cervellino adorava arrovellarsi attorno a qualsiasi questione, anche la più futile, le succedeva fin da piccola. Probabilmente era per questo che scriveva, per dare voce a quei pensieri ossessivi, per liberarsi e per poter cambiare ciò che la deludeva, sperare, creare, sfogare, sognare e sorridere, e molto di più.
Da bambina spesso si immaginava la vita dei personaggi dei suoi film preferiti, dopo la che lo schermo presentava la grande scritta fine. Spesso le piaceva aggiungere ulteriori fatiche, prima dell’agognato “e vissero per sempre felici e contenti”.
La sua fantasia era fin troppo potente, crescendo con gli anni le affibbiarono un soprannome nuovo, sognatrice, chi per scherno e chi per ammirazione.
Il tempo aveva eroso anche il “felici e contenti” che, se prima era il castello bianco scintillante al sole, ora non era che una misera casetta.
Tante cose erano cambiate, ormai Sofia era anche “affetta” di misantropia, il disgusto e ribrezzo per il genere umano, o la maggior parte più specificatamente nel suo caso, e il sarcasmo era il suo migliore amico.
Ma tante altre cose invece, non erano cambiate.
Sbuffò annoiata decisa a spegnere la Tv, quando però delle note ben conosciute esplosero dall’impianto audio.
I stay out too late
Got nothing in my brain
That's what people say, mmm-mmm
That's what people say, mmm-mmm
Era Shake It Off, di Taylor Swift.
Senza rendersene conto, si ritrovò a cantare e a ballare per la sala, libera e senza preoccupazioni o problemi.
Cause the players gonna play, play, play

And the haters gonna hate, hate, hate

Baby I'm just gonna shake, shake, shake

Shake it off

Heartbreakers gonna break, break, break

And the fakers gonna fake, fake, fake

Baby I'm just gonna shake, shake, shake

Shake it off, Shake it off

Il volume era alto, le note la inebriavano, quella canzone era in grado di darle molta carica.
Mentre piroettava per la stanza diede una distratta occhiata verso la finestra.
Impallidì, si bloccò sul posto, era un brutto sogno?
Un ragazzo la stava salutando agitando la mano con un sorrisetto fin troppo divertito. Quel ragazzo aveva dei capelli lunghi e boccolosi, le fossette ai lati del sorriso e iridi verdissime. Quel ragazzo era Harry Styles.
“Oh merda”.
Spense il televisore e si precipitò verso la porta.
“Cosa diavolo ci fai tu qui?”.
“Stalkero le clienti per hobby”
rispose con tutta la calma di questo mondo.
“Credevo dovessimo vederci domani”.
“Dopo quello che ho visto, non potrei essere più contento di essere passato qui oggi”
sghignazzò.
Sofia abbassò lo sguardo sul pavimento, frugando fra ogni piastrella.
“Cerchi qualcosa?” chiese l’ospite intruso.
“Sì… La mia dignità, ma non la trovo, a quanto apre tu le hai dato il colpo di grazia”.
“Posso entrare?”.
“Cosa? No! Mi spiavi dalla mia finestra”
urlò lei.
“Solo perché ho suonato alla porta fino allo sfinimento e nessuno mi rispondeva. Volevo assicurarmi che ci fosse qualcuno in casa, anche se poi ho scoperto perché non sentivi” ridacchiò il riccio rispondendo.
“Potevi picchiettare sul vetro”.
“Nah, non mi sarei divertito. Ti prego fammi rivedere quella mossa che fai con le mani, il cuore che esplode, com’era?”.
Ora rideva davvero, imitava perfino i suoi passi, facendoli risultare ancora più sgangherati.
“Senti un po’, se le prossime parole che dici non sono ‘ci si vede’, allora saranno ‘oh mio Dio le palle, mi ha dato un pugno sulle palle’ e ti accascerai sul mio porticato” ringhiò furiosa.
“Sei alquanto violenta, ma non essere così precipitosa, non ho finito il balletto, dai lasciami finire, morirò con il sorriso!” sghignazzò sempre più divertito dalla situazione.
“Che diavolo vuoi da me?” chiese quasi disperata.
“Fammi entrare” rispose dolcemente.
“Promettimi solo che… la smetterai di vedermi come un caso umano”.
“Caso umano?”.
“Sì, come per una pazza disperata per cui provi pena e compassione”.

Il volto di Harry si fece più serio, scosse lentamente la testa. “Non potrei mai pensare questo di te”. Il suono tono basso risaltava la voce roca, parlò quasi in un sussurro, pronunciando quelle parole come le grandi frasi ad effetto dei film.
Sofia si spostò dall’uscio e gli voltò le spalle. “Entra”.
Styles entrò a passi lenti, sorridendole riconoscente. Osservò l’arredamento ricercato della casa, ogni stanza aveva un colore preciso, uno stile proprio, ma il risultato era sorprendentemente armonico, studiato con cura e impegno. Avrebbe voluto vedere anche il resto.
Si sfilò la giacca in pelle nera su invito della padrona di casa, che la ripose sull’appendiabiti più vicino con particolare attenzione.
“Vuoi qualcosa da bere o da mangiare?”.
“Sei sola in casa?”.
“Sì i miei sono al lavoro. Non vuoi nulla?”.
“Un caffè se proprio insisti”.

La ragazza annuì e sparì verso la cucina.
“Posso riaccendere la tv?”.
“Sì, guarda quello che vuoi”.

Harry si accomodò sul divano, decise anche lui di optare per un po’ di musica, per cercare di sentirsi in un po’ più a suo agio in quell’ambiente completamente estraneo.
“Spero di non averti fatto attendere troppo”.
“No”.

Porse la tazzina al ragazzo, poi si accomodò sul divano lasciando una significativa distanza fra i loro corpi.
“Posso sapere perché sei qui?”.
“Potrei aver riorganizzato il rebus che ti ho proposto prima”.
“Esponilo”.

Harry fece un respiro profondo. “Speravo non venissi all’appuntamento”.
“Oh”
fu tutto quello che Sofia riuscì a dire.
“Ero infastidito da Louis, non so cosa ti avesse detto per convincerti, non sapevo perché fossi lì. Mi sono divertito agli autoscontri, ma credo è stato meglio quando abbiamo giocato ai vari banconi, quando gli altri non c’erano. Poi ho vinto il panda al tiro a segno di Miranda, tu sei sparita, ho capito che in quella serata era tutto sbagliato. Tu non eri lì per me”.
“Che cosa vuol dire?”.
“Se ti avessi invitata io, non saresti mai venuta”
ribatté stizzito.
“Non volevo nemmeno accettare, sono stati Ronnie e Liam a farlo in mia vece”.
“Oh andiamo, avresti detto di no a uno come Louis?”.
“Continuo a non capire nulla”.
“Più chiaro di così…”.
“Perché mi hai baciata?”.

Harry arrossì. “Perché volevo”.
“È la risposta che più stupida che mi potessi dare”.
“Ma è la verità”
mormorò piano.
“Bene abbiamo chiarito” disse lei atona, per chiudere definitivamente quel discorso.
“Sicura? C’è ancora altro secondo me…”.
Sofia scattò in piedi, lo interruppe con una gelida occhiata. “Miranda ti aspetta”.
“Che si fotta”
rispose mettendosi di fronte a lei. “Le ho scritto che oggi avevo altri piani”.
“Per l’ultima volta, ti prego si sincero, che vuoi da me?”
urlò esasperata.
Styles si avvicinò a lei, la guardò intensamente negli occhi scuri e brillanti. “Baciarti”.
Le loro labbra erano vicinissimo, si sfioravano. Presto si sarebbe replicato il bacio di quella sera, ma forse sarebbe stato più profondo, più vissuto e significativo, forse anche più passionale. Dentro di lei ogni sua cellula le gridava di annullare ogni distanza, di accettare di poter toccare il cielo con un dito, di lasciarsi percorrere da una scarica unica di una tempesta di sentimenti e sensazioni. Portò le sue mani sul petto del ragazzo, che si alzava e abbassava irregolarmente, pulsando al suo tatto.
Quelle grandi di lui erano salde sui suoi fianchi, la stringevano con una delicatezza inverosimile, i suoi pollici la accarezzavano con leggerezza.
Il verde e il castano si specchiarono ancora per pochi secondi, rimirando le rispettive perfezioni, poi si chiusero, pronti a vivere l’intenso momento.
Harry si chinò quanto bastò per far accadere quel contatto, toccando per la seconda volta quelle dolci labbra. Era pronto per approfondire quell’incontro, ma sentì le mani della ragazza stringersi a pugno e picchiare il suo petto. Si allontanò scosso.
“No!” fu tutto quello che Sofia riuscì a dire. “Vattene!”.
“Cosa c’è di sbagliato in te!”
urlò ferito.
“Se io sono sbagliata come dici, allora fammi il santo favore di non perdere più tempo con me”.
“Perfetto! L’hai voluto tu! Scommetto che non ti è mai neanche importato di chiarire, di parlare, di me in generale. Mi credi stupido? Ti sbagli, non ho intenzione di continuare ad accettare questi tuoi sbalzi di umore, questo tuo rapido e continuo cambiamento di pensiero. Non venire più a prendere il tuo tè, non voglio più vederti!”.
“Allora vattene! Non so nemmeno come tu abbia scoperto dove vivo”.
“Con estremo piacere!”.

A passi svelti si diresse verso la porta, ma quella si aprì di scatto prima che lui potessi anche solo afferrare la maniglia.
“E tu chi sei? Che ci fai in casa mia?”.
Una donna dal vestiario e portamento signorile, i capelli scuri raccolti in un’acconciatura un po’ vintage ed elegante, lo fissava con infastidita.
“Ehm…” biasciò il riccio.
“Mamma? Sei in anticipo” sussultò la ragazza, raggiungendoli.
“Chi è lui?” domandò stizzita.
“Ehm… lui è Harry”.
“Un tuo amico?”.
“Se così si può dire…”
borbottò la figlia.
“Ti fermi per cena?” domandò la donna al ragazzo riccio di fronte a lei.
“No, mamma se ne stava andando” rispose dura la figlia.
“Caro insito, rimani per cera, sei un mio ospite”.
“Se proprio insiste”
rispose incerto Harry grattandosi la nuca.
“Perfetto! Vado a mettermi all’opera, Sofia vieni ad aiutarmi”.
La ragazza passo accanto a Styles, che evitava di dare peso alla sua presenza, ancora ferito e arrabbiato per il bacio mancato.
“Non sopravviverai” soffiò dura dandogli apposta una spallata. 
Harry la guardò allontandosi, cosa intendeva con quelle parole? Studiò nuovamente la sala attorno a lui, osservando con maggior cura ogni dettaglio. Sì alzò, osservò le varie foto di famiglia appogiate sul caminetto e su varie mensole. Cominciò ad avvertire un certo disagio, dopo quella discussione il nuovo ambiente gli apparse duro, freddo e lontano. Senzala consapevolezza di avere Sofia dalla sua parte, si sentiva isolato, fuori luogo, un barbaro invasore solo in terra nemica. Gli cominciò a pizzicare la gola, aveva la certezza, che quella non sarebbe stata affatto una serata facile.

HEY THERE!!!
Rieccomi qui con Yorkshire  Tea!
Ho aggiornato dopo molto tempo perchè ho perso il capitolo che aveva scritto.... Ho dovuto rifarlo...
Anyway, spero vi sia piaciuto, Harry cerca di esplicitare a Sofia le ragioni delle sue azioni, ma lei è ancora scettica e confusa.
Spero di leggere qualche vostro parere!

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