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Autore: Ari Youngstairs    03/09/2014    17 recensioni
Malec | Divergent!AU
“Eppure, io ero convinto di non avere nulla di speciale.
Schietto, timido, voglio bene ai miei fratelli e ho poca voglia di stare in mezzo alla gente: un normalissimo Candido. Beh, forse non proprio normale, dato che ho fin troppi scheletri nel mio armadio.
La città in cui vivo è divisa in cinque Fazioni, ma non le amo particolarmente: ci limitano, e nel mio caso sono la cosa più scomoda che possa capitarti.
Però se tengo la bocca chiusa non potrà accadermi nulla di male. Giusto?”

Alexander Gideon Lightwood si sbaglia: la sua semplice vita viene completamente stravolta dopo il Test Attitudinale, rendendola quasi come un vero e proprio thriller.
Aggiungete dell'azione, intrighi, cospirazioni e qualche battito cardiaco di troppo.
Che ne verrebbe fuori?
Genere: Azione, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Altri, Magnus Bane
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Note: In questa fan fiction non vi sono nè i personaggi di Divergent, nè spoiler sulla trilogia originale. 
I personaggi non ci appartengono, ma sono di Cassadic-Cassandra Clare, e il contesto in cui li abbiamo inseriti è frutto dell'invenzione di Veronica Roth. 
Come abbiamo già accennato nella trama, la storia può esser letta anche da chi non è a conoscenza delle caratteristiche di Divergent, dato che spiegheremo tutto noi durante la narrazione.
Speriamo che tutti i futuri casini/scleri che causeremo loro vi piacciano.
Buona lettura,

Ari Youngstairs & MyLove Is On MyBookshelf
 





Alcuni pensieri di un Candido
 
Mi chiamo Alexander Gideon Lightwood, e la storia che voglio raccontare inizia con una domanda: come vi sentireste, in un luogo che non vi si addice affatto?
È una domanda retorica, perché io conosco bene la risposta. Vi sentireste come un pesciolino rosso in un acquario di piranha. Ecco come.
La città in cui vivo è divisa in cinque fazioni, ognuna rappresentante una virtù: altruismo per gli Abneganti, gentilezza per i Pacifici, coraggio per gli Intrepidi, sapienza per gli Eruditi e onestà per i Candidi.
Io sono nato con un segreto, anche se per diventarne veramente consapevole ci ho messo anni.
Da allora ho iniziato a chiudermi attorno alla consapevolezza di essere diverso, spingendola al fondo di me stesso. Eppure, torna sempre più spesso a galla.
Adesso ho sedici anni, e anche se fa male, ho imparato a convivere con i miei scheletri e apparire quantomeno normale.
Ovviamente,  sono nato nell'unica fazione in cui la legge vieta di avere segreti. Brutta cosa, essere un Candido.
Oggi, però, ho la possibilità di fuggire dai miei problemi. E non me la lascerò scappare troppo facilmente.
Mi chiamo Alexander Gideon Lightwood, e questa è la mia storia.

 
 
 
• Capitolo Uno •
 
 
 
La tensione è fitta come una rete, densa come la nebbia autunnale che, oggi, ha deciso di coprirci tutti con il suo manto grigio e opprimente.
Seduta alla mia destra, mia sorella Isabelle mi stringe forte la mano e riesco a percepire, dal tocco delle sue dita, la sua frenetica pulsazione cardiaca.
Alla mia sinistra, il mio fratellastro sbatte nervosamente un piede a terra, torturandosi un ciuffo di capelli biondi. I suoi sbuffi nervosi lacerano il silenzio che aleggia fra noi tre. Se dicessi ad uno sconosciuto che siamo una famiglia, non ci crederebbe: Izzy è mia sorella gemella, ma a parte per la stessa chioma corvina che ci ritroviamo, tra noi non c'è nessuna somiglianza. Forse perché lei sembra la versione terrena della dea Afrodite e io no.
La stessa storia vale con Jace, più simile a un angelo che a un normale sedicenne adottato dopo la morte di entrambi i genitori.
 «Isabelle Lightwood.» Chiama una voce dal fondo del corridoio.
Mia sorella sussulta, lascia la mia mano e da una veloce sistemata ai suoi abiti: camicia bianca e pantaloni neri. Come tutti i Candidi che, in questo momento, ci tengono compagnia in questa stanza: alcuni chiacchierano gesticolando, altri fischiettano in preda al nervosismo.
«Buona fortuna Iz.» Jace le sorride e lei si avvia, verso il test che determinerà il suo futuro.
Ecco un altro motivo per cui vorrei che questa città bruciasse palazzo per palazzo: dobbiamo affidare il nostro destino a uno stupido Test Attitudinale.
 «So che non si dovrebbe chiedere...» bisbiglia Jace al mio orecchio. «Ma tu che pensi di essere?»
Mi irrigidisco di colpo: no, non si dovrebbe chiedere, né prima né dopo il Test.
Però, la domanda di Jace mi lascia un po' perplesso. Sinceramente, negli ultimi giorni sono stato così ansioso di sapere dove sarebbero andati i miei fratelli, che non ho minimamente pensato a dove sarei andato io.
«Beh...» faccio una selezione mentale di tutte le possibili fazioni, e analizzo le mie caratteristiche una ad una. «Sinceramente non lo so. Erudito forse. O magari Abnegante. Una delle due, penso.»
Jace ammutolisce, assumendo un'aria delusa. Credo si aspettasse una risposta diversa.
In quel momento Isabelle esce dalla stanza in cui si tiene il Test, e sembra avere un'aria decisamente più sollevata di prima.
«Jace Lightwood.»
Chiama di nuovo la voce, mentre Isabelle alza i pollici in segno d'incoraggiamento.
«Com'è andata?» Le chiedo.
Lei sorride raggiante, ed io lo interpreto come un “più che bene”.
In questo momento, come noi, ogni sedicenne della città è in attesa di affrontare il Test e capire a quale fazione apparterrà, poiché domani ci sarà la Cerimonia della Scelta. E da lì, non si può tornare indietro.
Dalla stanza affianco alla nostra si sentono delle urla, mescolate a schiamazzi e risate: è la stanza riservata agli Intrepidi, anche loro in attesa di fare il Test.
Ecco qua una fazione che non capisco proprio, nonostante ci abbia provato: fanno acrobazie tutto il giorno, si buttano dai treni, si rovinano le facce con grossi piercing oppure si sporcano la pelle con orrendi tatuaggi, pensando solo al divertimento.
Eppure servono, perché sono le nostre uniche milizie. A che ci serva un esercito, però, non ne ho idea.
Spesso però penso che sarebbe bello avere una vita come la loro, dove la coscienza viene soffocata dalla voglia di vivere al meglio ogni attimo e non esistono problemi insormontabili.

Quando Jace ritorna, sento il nervosismo attanagliarmi i polmoni: respirare mi sembra quasi un'impresa.
«Alexander Lightwood.»
A quel punto mi alzo, e Jace mi da una pacca sulla spalla.
«Libera la belva, fratello.»
Nervosamente, rido.
Adesso va un po' meglio.
 
 
§
 
 
La stanza è più piccola e più fredda di quanto mi aspettassi: c'è soltanto un lettino - più simile alla barella di un ospedale- collegato ad un grosso computer con un intrico di cavi colorati, ognuno terminante con una ventosa.
Mi sento male.
Una ragazza Intrepida, con le braccia coperte da spirali d'inchiostro e che sembra avere pochi anni in più di me, sta armeggiando con il groviglio di fili.
«Oh, salve.» Mi saluta, sorridendo. I suoi occhi color metallo scintillano, nonostante nella stanza non ci sia molta luce. «Mi chiamo Tessa. Avanti, sdraiati, ci vorrà poco.»
Mi avvicino a passo un po' titubante, e mi adagio sul lettino.
«Tutte quelle cose...» Indico l'intrico di cavi e ventose. «Me le attaccherai addosso?»
Altra cosa che bisogna sapere dei Candidi: non stanno mai zitti.
«No, tranquillo. Soltanto una sulla fronte.»
Mi offre un bicchierino di plastica, contenente un liquido blu elettrico.
Lo appoggio sulle labbra e bevo, accorgendomi che è così frizzante da pizzicarmi la gola.
«Adesso rilassati, il siero farà effetto tra qualche secondo.» Mi appiccica la ventosa al centro della fronte, dove non posso vederla.
All'improvviso la vista mi si appanna, e il mio campo visivo diventa solo un miscuglio di colori: il grigio delle pareti, il nero degli abiti di Tessa, i suoi capelli castani...non riesco a distinguere più nulla.
Chiudo gli occhi, poi, il vuoto.
 
 
§
 
 
Mi risveglio di soprassalto, cadendo dal lettino e sbattendo il fianco sul pavimento duro e gelido.
«Tessa?» Chiamo, ma di lei non c'è traccia.
Guardandomi intorno, mi rendo conto che sono ancora nella stanza del Test, ma sia l'Intrepida che il computer sono spariti.
Non dev'esser passato più di un istante, ne sono sicuro.
Esco dalla stanza, ma invece di ritrovarmi nella sala d'attesa dove sedevo prima, c'è un prato verdissimo accarezzato da una brezza leggera che sa di terra umida.
Ma certo, deve far parte del Test.
M'incammino, e più vado avanti più l'erba si fa fitta e alta. Ormai mi arriva quasi alla vita.
L'inquietante silenzio che mi otturava le orecchie viene smorzato da un rumore insolito, un ronzio indistinto. Si fa sempre più forte, finché una nube nera si leva da terra, coprendo persino la luce del sole.
Guardandolo meglio, mi rendo conto che è uno sciame di vespe, a cui sono estremamente allergico.
Quando ero piccolo, uno di quegli insetti maledetti mi ha punto il braccio, e i miei genitori mi hanno dovuto portare in un ospedale, visto che la reazione mi fece gonfiare la gola procurandomi difficoltà respiratorie. Mi vengono i brividi a pensarci.
D'un tratto nelle mie mani appaiono due oggetti: un fiammifero acceso e un forte veleno spray.
«Scegli.» Mi intima una voce.
Ci sono due sole cose che posso fare: bruciare tutto, o uccidere le vespe con il veleno, spruzzandone nell'aria una quantità immane.
In entrambi i casi, danneggerei comunque me stesso.
«Troppo tardi
Un'onda anomala di vespe si abbatte su di me, ma con una velocità che non sapevo di possedere posiziono il fiammifero davanti allo spray, e premo.
Una fiamma si innalza in cielo, bruciando tutti gli insetti che tentano invano di pungermi.
In un istante tutto ciò che mi circonda si dissolve, e mi ritrovo in un salone pieno di specchi.
Ovunque mi giri, c'è un mio riflesso che mi guarda. E, uno in particolare, ha un ghigno malvagio dipinto in volto.
«Ciao, Alexander.» Ha i miei stessi occhi azzurri, la mia stessa pelle pallida, i miei stessi capelli neri, ma la sua voce...mette i brividi. «Dimmi il tuo segreto, Alexander.»
Scuoto la testa.
«Dimmelo.» Mi ordina. I suoi occhi cominciano a farsi grandi e velati di rosso. I denti si appuntiscono . «DIMMELO!»
Scuoto nuovamente la testa, più deciso, e tiro un pugno allo specchio, che si frantuma in una cascata di schegge scintillanti.
Il me-malvagio sparisce con un grido.
Lo scenario cambia nuovamente: adesso sono in una piccola piazza, illuminata da qualche pallido lampione, ed il cielo notturno è zuppo di pioggia. Esattamente come me in questo momento, con i capelli gocciolanti appiccicati alla fronte.
Ho un ombrello tra le mani, nero e pieno di buchi, ma me lo farò andar bene, perciò lo apro e tento di ripararmi dalla pioggia insistente.
«Scusa, fratellone?» Una manina mi tira per un lembo della camicia bianca. «La pioggia è forte...posso avere l'ombrello?»
È un ragazzino di nove anni, grandi occhiali rotondi a incorniciare i suoi occhi azzurri: è Max, mio fratello minore.
Senza esitare gli porgo l'ombrello, e solo in questo momento mi accorgo che la pioggia si è trasformata in grandine: i pezzi di ghiaccio si abbattono su di me come proiettili e trattengo a stento una smorfia di dolore.
«Possiamo starci in due.» Propone Max, guardando l'oggetto malconcio che lo ripara dai proiettili ghiacciati.
«No, non possiamo, è troppo piccolo.» Gli scompiglio i capelli mori che, ormai da generazioni, passano di Lightwood in Lightwood.
«Fratellone, come si crea la grandine?» Mi chiede.
Non capisco il perché della domanda, però so bene la risposta: a scuola, in scienze soprattutto, sono uno dei più bravi.
«Beh, vedi, quando le nuvole raggiungono una certa altezza...»
«Basta, basta non ci capisco più niente!» Urla Max all'improvviso, ma la sua voce è quella di qualcun'altro. Una ragazza. 
Avverto come se qualcuno avesse staccato la spina del mio corpo, e tutto diventa nero.
 
 
§
 
 
Sono di nuovo nella sala del Test: Tessa, pallida e sudata, mi ha strappato via la ventosa dalla fronte, fissandomi sconcertata.
«Allora?» Chiedo preoccupato. «Qual'è il risultato del Test?»
Lei balbetta un po', passando lo sguardo da me al computer, e viceversa.
«Oddio» Sussurra, portandosi una mano alla bocca.
«Che succede?» L'ansia mi sta assalendo, mi manca l'aria.
«C'è un problema...» Dice lei, riprendendo la calma e guardandomi più seria che mai. Nei suoi occhi grigi traspaiono tristezza e preoccupazione. «...con i risultati del tuo Test.»
Il mondo sembra crollarmi addosso pezzo dopo pezzo. Come sarebbe a dire “c'è un problema ”?
«Stai scherzando, vero?» Mi sforzo di sorridere.
Lei sbuffa, borbottando qualcosa che somiglia a “maledetta sfacciataggine dei Candidi”.
«Pensi che scherzerei su una cosa del genere?» Mi chiede, massaggiandosi le tempie.
Ogni cellula del mio corpo grida un sonoro NO.
«Alexander, ciò che sto per dirti è estremamente pericoloso. Mi segui?» Annuisco. «Il tuo Test Attitudinale è inconcludente
Stringo le mani ai bordi del lettino, fino a far sbiancare le nocche. Per diversi attimi cerco di assimilare la notizia, respirando profondamente, ripetendomi che è solo l’ennesimo test della simulazione, finche Tessa non mi scuote, guardandomi apprensiva e preoccupata. E allora capisco che non è un allucinazione, ma sono semplicemente perseguitato dalla sfortuna.
Perché a me? Non avevo abbastanza cose nascondere? Non mi piace mentire, o quanto meno sono cresciuto con gente che crede nella verità, per cui non mi è facile farlo.
«Questo significa che sei un...» riprende Tessa guardandosi intorno, bisbigliando poi a bassissima voce «Divergente. Secondo il computer, hai un'inclinazione per gli Abneganti, per gli Eruditi, per gli Intrepidi, che hai dimostrato con il coraggio con cui hai affrontato le vespe. Inoltre, la tua sincerità porta anche a pensare che tu sia portato per essere un Candido.» Si prende la testa fra le mani «anche se, evidentemente, il segreto che ti sei rifiutato di rivelare era troppo importante. Sbaglio?»
Sospiro. No, non sta sbagliando.
«È qualcosa di così grave?» Nei suoi occhi non leggo curiosità, né insistenza. Sembra alquanto preoccupata, e il suo tono di voce si è addolcito.
«Non l'ho mai detto a nessuno.» Ammetto. «Temo che, se lo facessi, le persone a cui voglio bene mi tratterebbero in modo diverso.» Arrossisco violentemente. Dio quanto odio essere un Candido a volte.
Tessa mi sorride dolcemente.
«Assomigli molto a mio marito.» Sussurra lei, guardandomi attentamente. «Anche lui era un Divergente.»
«Era?» Un nodo mi sta bloccando la bocca dello stomaco, impedendomi di deglutire. Ho la gola davvero secca.
«L'hanno scoperto. E l'hanno ucciso.» Le sue belle labbra si piegano all'ingiù. «Stai attento, Alexander. Scegli bene la tua fazione, e non farti scoprire. Inventa una scusa, dì che ti sei sentito male e che devi tornare urgentemente a casa. E non dire a nessuno, neppure alle persone più vicine a te, ciò che sei. Ora la tua vita dipende da questo.»
 
 
 

Note 2:
Ci farebbe davvero tanto piacere sapere che ne pensate, e quindi, sappiate che anche una piccolissima recensione ci renderebbe le persone più contente del mondo. Grazie di cuore per essere arrivati fin qui <3

 
 
 
 
 
 
 
   
 
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