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Autore: Ribes    03/09/2014    5 recensioni
Newt & Thomas | Triste | Introspettivo | Fluff | 2000 parole | Slash.
Contiene spoiler del terzo libro della saga, The Death Cure. Ambientata dopo il trasferimento dei Muni all'interno del Paradiso a loro donato da Ava Paige, quindi dopo la fine della saga.
"Ma, proprio un attimo prima di mollare la presa della terra tra le sue dita, notò qualcosa. La luce biancastra che filtrava dalle nuvole illuminò lievemente il foglio, evidenziando una traccia di matita che, nella disperazione seguente all’abbandono di Newt, Thomas non aveva notato. Il ragazzo afferrò il pezzo di carta e lo attirò verso sé, assottigliando gli occhi. Effettivamente c’era scritto qualcosa. Era stato cancellato con una gomma, ma non con abbastanza violenza da eliminarlo del tutto. Thomas portò le mani a coppa, si chinò sul foglio per proteggerlo dall’acqua, e si sforzò di decifrare la scritta.
Ti amo."
Genere: Fluff, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brenda, Minho, Newt, Thomas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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But all that's dead and
gone and p
assed tonight.










Perdonatemi per la tristezza, terminata the Death Cure avevo bisogno di scrivere qualcosa per colmare il vuoto lasciato dalla morte di Newt e... be', è nato questo.
 








Il giorno in cui Thomas decise di seppellire il ricordo di Newt pioveva. La pioggia bagnava la superficie della terra con delicatezza, punteggiandola a chiazze, trasformandola leggermente in fango. Il terriccio  aveva perso gran parte della sua solidità e ciò aveva reso più semplice a Thomas scavare; aveva deciso di utilizzare le mani. I sopravvissuti non avevano con sé alcuna pala al momento dell’arrivo – e sarebbe stato stupido prenderne una in prestito quando ogni oggetto era contato e indispensabile per la sopravvivenza della comunità. Le mani del ragazzo erano sporche di fango, arrossate e graffiate, ma niente di questo turbava Thomas, che continuava a scavare indifferente. Trovò nella pioggia quasi un sollievo; con le ginocchia immerse nel fango e il viso sporto all’acqua, non avrebbe dovuto preoccuparsi se quelle che scorrevano sul suo viso erano lacrime o gocce. Non gli importava granché la distinzione, in ogni caso. Probabilmente la pioggia era solo un altro pianto dal cielo.
Aveva scelto come luogo della sepoltura una scarpata, la stessa su cui lui e Brenda si erano seduti il primo giorno. Allora la mente di Thomas aveva impressa in sé la morte di tre delle cinque persone più care nella sua vita, e certo non era stato il posto che gli ricordava tutto questo a diventare meta romantica di lui e Brenda. Come se l’avessero, una meta romantica. Come se fossero semplicemente due innamorati fuggiti dalle proprie famiglie per vivere nel proprio amore.
Mentre con l’ennesima manata eliminava un altro pugno di terra lanciò una mezza occhiata agli altri due sepolcri della scarpata. Li aveva chiamati così, perché tombe non era il termine esatto: non vi erano cadaveri. Il sepolcro di Chuck era il più vicino, costeggiante un paio di pini: al suo interno Thomas aveva posizionato una biglia, chiesta gentilmente al figlio di Helen, una dei Muni con lui fuggite. Il giorno della sua sepoltura splendeva il sole e reprimere le lacrime era stato un lavoro arduo, ma ce l’aveva fatta. Ancora.
Il sepolcro di Teresa era distante, e l’aveva scavato con il volto impassibile, i ricordi che scorrevano nella sua mente. Aveva perso la fiducia in lei, aveva perso l’amore, aveva perso persino il tocco delle sue dita. Ma non i ricordi. E quando aveva posizionato quel lembo di tessuto nella terra, per un’unica volta si era concesso di piangere silenziosamente, di stringerlo e di revocare un’ultima volta il suo sorriso. Poi aveva asciugato ogni lacrima e aveva ricoperto il tessuto di terra. E le aveva detto addio.
Era la volta di Newt. Il suo sepolcro era più profondo e l’oggetto da inserirvi più triste. La stessa assenza di Newt era più triste, perché di lui Thomas avrebbe voluto un ultimo ricordo simile a un sorriso o a un cenno scherzoso dei suoi, non al suo dito che premeva un grilletto, e al rumore di uno sparo che gli eliminava per sempre ogni sonno.
Era stupido provare tutto quel rimorso. Era stupido perché Newt aveva voluto quella morte. Gli hai fatto un favore, si ripeté, ma nessuna delle rassicurazioni che si fece riuscì a eliminare l’acqua che gli scorreva sulle guance, che lui si sforzò ancora di non considerare. Ma un certo sapore salato gli sfiorò il lato del labbro, il quale tremò, prima di sentire i denti affondarglisi dentro.
La mano di Thomas si avvicinò con lentezza mortale alla propria tasca e sfiorò l’oggetto che intendeva seppellire. Un pezzo di carta. Il ragazzo sentiva il sudore sulle propria dita, che tremolavano mentre sfilavano il foglio e lo appoggiavano sul fango. In poco tempo la pioggia avrebbe cancellato ogni traccia di inchiostro su di esso, e la prova di ciò che era stato costretto a fare se ne sarebbe andata per sempre.
Uccidimi. Se sei mai stato mio amico, uccidimi.
Il senso di colpa, l’angoscia, il disgusto per se stesso lo travolsero tutto d’un colpo, facendogli venire improvvisamente la voglia di vomitare proprio in quella buca che aveva scavato. Con un’improvvisa reazione violenta gettò il pezzo di carta dentro la buca e raccolse il primo pugno di fango, pronto a seppellirlo per sempre.
Ma, proprio un attimo prima di mollare la presa della terra tra le sue dita, notò qualcosa. La luce biancastra che filtrava dalle nuvole illuminò lievemente il foglio, evidenziando una traccia di matita che, nella disperazione seguente all’abbandono di Newt, Thomas non aveva notato.
Il ragazzo afferrò il pezzo di carta e lo attirò verso sé, assottigliando gli occhi. Effettivamente c’era scritto qualcosa. Era stato cancellato con una gomma, ma non con abbastanza violenza da eliminarlo del tutto. Thomas portò le mani a coppa, si chinò sul foglio per proteggerlo dall’acqua, e si sforzò di decifrare la scritta.
Ti amo.
Thomas aggrottò le sopracciglia e rilesse, confuso, ma le parole erano esattamente quelle; non una lettera di più, non una lettera di meno. Gli occhi del ragazzo ispezionarono il resto del foglio disperatamente, alla ricerca di altri segni non del tutto scomparsi, ma non ve n’erano – e se mai ci fossero stati, o erano stati cancellati troppo bene o le gocce di pioggia li avevano eliminati del tutto.
Thomas si guardò intorno, quasi sospettando che qualcuno lo osservasse, per motivi a lui sconosciuti. Poi lasciò cadere il foglio a terra. Scrutò quella scritta, quelle due parole, quelle cinque lettere – Ti amo – fino a che non vennero ricoperte da una goccia d’acqua. Nel giro di un minuto di loro non rimase altro che carta bagnata.
Il ragazzo prese un pugno di terra e lo posò sul foglio. Poi un altro. Un altro ancora. Il fango ricoprì il pezzo di carta fino a colmare del tutto la buca. Solo allora Thomas lasciò che le mani sporche corressero tra i capelli scuri, e appoggiò i gomiti a terra, guardando il vuoto.
Sapeva che non aveva senso pensarci. Che lui stesso con tale sepoltura aveva deciso di dire addio a quelle tre persone fino a che non fosse morto. Ma qualcosa, dentro il petto, si stava contraendo in modo spiacevole, e sembrava urlare. Gli parve quasi di vedere il volto di Newt, il suo volto distrutto da Spaccato che superava l’Andata, che sillabava quelle due parole. Ti amo. Semplici e concise. Impossibile fraintendere. Non c’era nulla di fuorviante in esse.
Il dito di Thomas si mosse senza il controllo del suo padrone, tracciando dei segni sulla terra sempre più bagnata. Una t maiuscola, seguita da una i senza puntino. Una a leggermente storta, una m con tre gobbe, una o con il ricciolino.
Ti amo.
Thomas si alzò e osservò ciò che aveva scritto. Gli occhi erano colmi di una certa nostalgia, e le sue labbra si mossero, sillabando le lettere sul fango, senza un filo di voce. Il suo inconscio si contorceva più che mai, dandogli forti fitte al petto – perché era inconscio, era sempre stato inconscio, e adesso era troppo tardi. Troppo tardi per rivelare a se stesso la verità, troppo tardi per tentare di recuperare quello che aveva perso.
Osservò la scritta fino a che essa non venne distrutta dalla pioggia e dal fango vischioso. Solo allora Thomas fece un passo indietro, voltò le spalle, e abbandonò quel luogo.
Non vi tornò mai più finché visse.
 
~


La notte in cui Thomas morì Newt andò a visitarlo. I capelli erano quelli dell’inizio, biondi e spettinati, che ben ricoprivano tutto il capo; gli occhi neri non avevano più traccia della pazzia che nei suoi ultimi giorni lo aveva divorato dall’interno, ma che in realtà era stata sempre presente in lui, soppressa dal senso del dovere e dalla responsabilità che aveva nei confronti degli altri. Il ragazzo, non più pesante di una piuma, si inginocchiò di fronte al letto del ragazzo morente e gli accarezzò delicatamente il viso.
Oh, Tommy.
In uno spiraglio tra la vita e la morte, il ragazzo riuscì quasi ad avvertire la presenza dello spirito accanto a lui, della sua voce morbida e malinconica. Si agitò fra le coperte, in un bagno di sudore, e come una ventata fresca le dita di Newt gli passarono fra i capelli.
Shhh, Tommy. La sua voce era un sussurro nella notte. Va tutto bene. E’ quasi finita.
Il respiro del ragazzo si fece più accelerato e pesante; la sua pelle scottava come fuoco, le mani tremavano sotto le coperte del letto grezzo che possedeva nel suo abitacolo. Minho dormiva dall’altra parte della stanza, ignaro del calore che stava consumando l’amico; Newt gli lanciò un’occhiata e gli occhi gli si velarono di una tristezza enorme.
Thomas lanciò un gemito e Newt posò nuovamente la propria attenzione su di lui. Va tutto bene, Tommy. Ce l’hai quasi fatta. Tra un po’ tutto avrà fine e potrai finalmente respirare davvero. Continuò a passare le proprie mani sul viso del moribondo, sfiorandogli gli zigomi, le palpebre, il naso, le labbra. Ancora poco.
« Resta con me » mormorò Thomas nel sonno, agitandosi e gemendo per l’estremo calore che era costretto. Newt alzò lo sguardo, annuì e si spostò accanto a lui, continuando a toccarlo per alleviargli il dolore in attesa della fine. Si sistemò accanto a lui, così vicino da poter sentire il suo cuore battere all’impazzata mentre percepiva di avere le ore contate, forse persino i minuti.
Newt rimase a vegliare Thomas per tutta la notte, come una sorta di angelo custode, un sorriso rilassato sul volto pulito, non più solcato da tagli e cicatrici. Il ragazzo emanò il suo ultimo respiro verso le quattro e mezza di mattina, e allora Newt la vide senza ombra di dubbio: la figura trasparente del suo amico che si alzava in aria e scompariva. Ma Newt sapeva dove essa era diretta, e in poco l’avrebbe seguita.
Si concesse solo il tempo di sistemare delicatamente i capelli del corpo nel letto, di sistemare le sue labbra in un sorriso, e di baciargliele leggermente. Solo allora si dissolse nell’aria.
« Testa del cacchio, alzati. E’ una nuova giornata e non mi importa se tu e Brenda siete stati fino alle tre di mattina a fare cosacce da qualche parte, adesso è ora di svegliarsi. »
Minho scuoteva Thomas.
Minho scuoteva Thomas con la gola arida, continuando a parlare e a fare battute, solo per sopprimere il dubbio che gli intorpidiva il cuore.
Minho aveva cominciato a urlare, e tutti erano entrati in casa, anche se lui non voleva nessuno attorno a sé; perché Thomas stava semplicemente dormendo, lui ne era certo, come era certo che appena si fosse svegliato lo avrebbe coperto di insulti.
Ma Thomas non si muoveva. Thomas non respirava, le sue palpebre rimanevano serrate, il sui cuore fermo, immobile. Non una mosca si muoveva, non uno spillo cadeva.
Minho non udì Frypan che tratteneva il respiro e Brenda che scoppiava in lacrime, cadendo disperata sulle ginocchia. Minho non udì nulla, se non se stesso mentre deglutiva e lasciava cadere una mano sul capezzale dell’amico.
Minho non udì nulla, perché quella notte Thomas era morto.

~


« Ehi, Fagio. »
Il ragazzo dai capelli scuri rivolse un sorriso ironico al biondo davanti a lui. « Continuiamo con certe definizioni, a quanto pare. »
« Cosa ti aspettavi da me, Tommy? » rise il biondo, e la sua voce risuonò nell’aria per qualche secondo, come un’eco. « Perché, sai, non sono molto il tipo romantico della situazione. »
« E chi ha mai parlato di romanticismo? »
Il ragazzo dai capelli chiari inarcò un sopracciglio e scrutò l’altro per un attimo, come per capire se stesse scherzando. « Be’, cosa ti dice il fatto che io sia la prima persona che vedi? »
« Che mi hai stalkerato fino a questo punto? »
Il biondo rise ancora, facendo quasi rabbrividire il moro dall’emozione. Poi incrociò le braccia e si raddrizzò. « Ci sono delle persone che ti vogliono vedere, comunque. »
« Portami da loro, allora. »
« Con piacere. »
Il ragazzo dai capelli chiari porse la mano al moro, che la afferrò con delicatezza, e lo trascinò dentro la luce bianca che si stendeva davanti a loro.

 
   
 
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