Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
Segui la storia  |      
Autore: Harleen    03/09/2014    3 recensioni
“È pericolosa, vi dico. Sapete cosa sta facendo al principe delle Isole del Sud?”
[…]
“Lo tortura con i suoi poteri.”
[…]
“La regina gli ha congelato il cuore, ve lo dico io.”
[Helsa, Fire!Hans]
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elsa, Hans, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Titolo: As soon go kindle fire with snow
Beta: Boh, lo spirito santo?
Disclaimer: Nnnnnope, ancora non mi pagano per sparar cagate. Sigh.
Pairing(s)/Personaggi: Hans, Elsa [Helsa, duh], ~gente~ che ho inventato un po’ così a muzzo.
Sommario: “È pericolosa, vi dico. Sapete cosa sta facendo al principe delle Isole del Sud?”
[…]
“Lo tortura con i suoi poteri.”
[…]
“La regina gli ha congelato il cuore, ve lo dico io.”

Parole: 3639 (Word)
Warnings: IDIOZIA. Tanta. Seriamente, consideratelo alla stregua degli altri warning perché passato un certo punto non si torna indietro ed è una spirale senza ritorno di idiozia e maccosa.
Note: …Dude, davvero. C’è tanto maccosa.
Niente, ho deciso di dare una riletta al testo di Frozen Heart e c’è tanto di quel foreshadowing che la metà bastava – tiè, alla faccia della canzone inutile della gente che spacca cubetti di ghiaccio – e… non volevo strettamente andare a parare dove sto andando a parare. Oh well.
Fa parte anche questa della gioiosa saga di Fire!Hans e idiozia!generale, pertanto con una becera dimostrazione di culopesanza ricopierò paro paro lo specchietto introduttivo dell’altra fic pubblicata!
Non è necessariamente obbligatorio aver letto Come on, put your hands into the fire (Explain, as I turn and meet the power) – Gesoo che titoli lunghi che scelgo per le mie ff aiuto – per capire cosa stia accadendo. Ma aiuterebbe, ecco.
(Ma capisco che non tutti possano aver voglia di sorbirsi quasi 3k di gente che ciurla nel manico e si ammazza di seghe mentali, pertanto.)
Hans vive al castello perché i suoi dodici fratelli pazzi l’avrebbero decapitato e avrebbero appeso il suo cadavere per gli alluci alla torre più alta delle IsoleDelSud ed Elsa nel suo buon cuore ha deciso di accoglierlo come servo/stalliere/ultimodeglistronzi. Poi un giorno ha scoperto che aveva il potere del fuoco e sono accadute ~cose~ pertanto ora si infrattano ogni tanto e nessuno ne sa niente. Circa. Also, laggente keeps laggenting.
Also also, sarà una micro-long. Tipo che con un altro capitolo finiamo, loggiuro.
Titolo gentilmente offerto dal signor Shakespeare che, ne “I due gentiluomini di Verona” se ne esce con questa bella teoria che alimentare il fuoco con la neve sia cosetta da nulla.
…Lol jk, la citazione completa è “Avessi tu solamente provato l’intimo divampar della passione, sapresti che tentar con le parole d’estinguer quella fiamma è tanto facile quanto attizzare il fuoco con la neve.”
Niente, mi diverto con poco e ommioddio quanto sono lunghe le mie note? Aiuto.

Enjoy! :D



“Io non mi fido.”

“È la nostra regina.”

“E ci ha quasi fatti morire tutti assiderati. È pericolosa, vi dico. Sapete cosa sta facendo al principe delle Isole del Sud?”

“Ho sentito che lo tiene come servo.”

“Lo tortura con i suoi poteri.”

“Non sono poteri malvagi. L’estate scorsa ha evitato che la siccità…”

“Il ghiaccio non è un potere che si controlla! È pericoloso. Se qualcuno provasse a ribellarsi quanto pensate che impiegherebbe la regina, prima di ridurci tutti come il prigioniero?”

“Ha provato a uccidere le principesse.”

“Tu c’eri, quando è successo?”

“No, ma…”

“Nemmeno io, c’ero. In compenso ero là quando il principe ci ha accolto a castello, a riscaldarci dalla magia della regina. Che quando è tornata lo ha accusato in quattro e quattr’otto di alto tradimento e l’ha spedito nelle segrete.”

Orvo, basso e tracagnotto, lascia cadere a terra l’accetta con aria sconvolta dalle rivelazioni del fratello. Quando la scure precipita proprio sui piedi di Kasperi, questi gli tira uno scappellotto che risuona nel silenzio della notte. La luce dell’aurora boreale dà a qualsiasi cosa contorni incerti e spettrali, e il ghiaccio che stanno spaccando sembra più letale che mai.

“Io non credo che la regina sia cattiva.” Bofonchia di nuovo Orvo, apprestandosi a raccogliere la scure per ricominciare a lavorare.

Kasperi lo fulmina con un’occhiata e gli tira un’altra spinta. “Apri gli occhi, idiota!” Gli sibila, chinato di oltre venti centimetri per superare la differenza d’altezza che li separa. “È una strega. Non ci uccide tutti unicamente perché le facciamo comodo. Cosa credi farà quando si sarà stufata di noi? Eh? E se dovessimo servirle tutti per qualche suo sortilegio? Il ghiaccio non si controlla. O sei tu a spaccarlo, o sarà lui ad avere la meglio.” Ripete in un mormorio spettrale Kasperi. “E quella donna ha il ghiaccio, dentro.”

Orvo deglutisce rumorosamente e tutti, attorno a loro, annuiscono mestamente.

***


Hans se ne accorge per ultimo, e ovviamente a scoppio ritardato.

Il che non è nemmeno del tutto vero: per mesi quel sospetto gli si è annidato in un angolino remoto del cervello, e con calma ha preso il suo piccolo trapanino a mano e gli ha iniziato a scavare qualche buchetto per far arieggiare un po’ di più l’ambiente.

Ma era una cosa da niente, giusto qualche occhiata più lenta delle altre che gli scivolava addosso mentre, nel caldo soffocante e umido della lavanderia, sollevava ceste di lenzuola fradice per portarle all’esterno, perché venissero stese al sole, e l’acqua gli scorreva in gocce lente e tremolanti lungo le braccia fino alle spalle, rendendo la camicia logora ancora più appiccicosa sulla pelle.

Sono anni che ormai ha smesso di essere l’affascinante principe straniero, e per troppo tempo è stato il cane traditore. Alle risate di Verna ha sempre reagito a capo chino e mascella serrata, e lo scherno era tanto pesante nei commenti che faceva e negli ordini che gli dava da renderlo del tutto insensibile a qualsiasi altro tono abbia mai usato nei suoi confronti.

Con calma, mentre il caldo asfissiante dell’estate cedeva il passo al vento sempre più freddo, e l’odore dolciastro della frutta cotta dal sole spariva soffocato dal crepitio delle foglie secche sotto i piedi, le occhiate sono diventate altro.

(“Non è normale, ve lo dico io. Deve avergli fatto qualcosa, prima non era così… così.”

“Non dirai…”

“La regina gli ha congelato il cuore, ve lo dico io.”

“Non è possibile. Quando ha congelato il cuore di sua sorella è quasi morta.”

“E tu ovviamente stavi là mentre la principessina congelava, vero?”

“No, ma…”

“Zitta, che ancora pisciavi a letto quando è successo. Io me lo ricordo, quel periodo. E mi ricordo quando il principe mi ha dato tante coperte quante non ne avevo mai viste, e mi ha detto di portare Arsi – riposi in pace – a castello, perché quel povero bastardo si riscaldasse un’ultima volta e morisse con un po’ di dignità, che gli dei lo abbiano in gloria.”

“È un traditore.”

“Questo lo dice
la regina. Perché credi che se lo tenga tanto vicino, eh? Per tenersi in pace l’anima. Già ha rovinato la vita di quel pover’uomo costringendolo a farci da schiavo, figuriamoci se vuole un’altra testa sulla coscienza.”

“Ho sentito che nella sua terra lo avrebbero ammazzato.”

“Già, dopo quello che gli avrà raccontato non ne dubito.”

“Ma–”

“Piantala, cretina. E sta’ zitta, che sta arrivando.”
)

Hans non parla mai.

Non parla e tiene lo sguardo basso, sfuggente quanto quello di un animale feroce a un passo dall’attaccare chiunque provi a dargli più confidenza del necessario. Quando un bel giorno il suo ingresso in lavanderia viene accolto da risolini, al quadro di selvatica diffidenza che ormai gli si è cucito addosso si aggiunge un sopracciglio inarcato che per una frazione di secondo gli dà un’aria distaccata, quasi umana.

Verna gli mette in mano delle lenzuola profumate, candide e incredibilmente morbide. “Tieni.” Aggiunge con tono burbero.

I guanti scricchiolano un poco mentre stringe la stoffa tra le dita, e la pelle quasi gli prude, tanta è la voglia di sfiorarla. Solo una volta, per ricordarsi com’era. “Dove le devo portare?”

Poco distante, un orecchio allenato potrebbe distinguere degli uggiolati sottili. Verna si stringe nelle spalle ossute, solleva una mano e la porta pericolosamente vicina ad Hans; quando lo vede incassare la testa nelle spalle e socchiudere gli occhi, come a voler ammortizzare meglio la sberla che è certo gli stia per arrivare, sente una puntura al petto ed è come se davanti a lei ci fosse Arsi, in tutti i suoi ottant’anni di malattie che quel freddo improvviso aveva solo fatto aggravare. Deglutisce senso di colpa e rimorso al ricordo del proprio padre e tenta un sorriso, il movimento rallentato fino ad arrivare a lambire in punta di dita le spalle del prigioniero – Principe, corregge Verna, stizzita con se stessa – come in una carezza goffa e impacciata. “Per te, ragazzo.” Mormora a mezza bocca. “Andavano negli appartamenti reali, ma dubito che lassù nessuno si disturbi a contare tutti i cambi di lenzuola, no?” Aggiunge col sorriso più gentile e complice che le riesca.

Hans alza la testa di scatto, più sconvolto che mai e ok, quelli sono uggiolati. “Per me?” Chiede con la voce arrochita dal disuso, da giornate passate ad annuire agli ordini e parlare poco o nulla.

“Per te.” Conferma Verna, già tremendamente spazientita. Va bene che ha il cuore congelato – è così e basta, lei se ne intende – ma non pensava che già che c’era Elsa gli avesse congelato anche il cervello. “E muoviti a tornare, quella vasca non si svuoterà certo da sola!” Aggiunge – abbaia – subito dopo, dandogli di fatto il via libera a trafugare biancheria e a nascondersela nella propria celletta. Con un dito sottile gli indica un recipiente che in tempi moderni potrebbe concorrere a essere catalogato come ‘piscina olimpionica’ caricato a tovaglie che stanno finendo di sobbollire nell’acqua calda e opaca di sapone.

Hans stringe meglio le lenzuola e annuisce con aria poco convinta. “Va bene, va bene.”

Al suo ritorno, chino a un’angolazione ignominiosa per qualsiasi uomo onesto e con schizzi d’acqua bollente fino a metà schiena, come se già non bastasse il sudore di quel lavoro ingrato a rendergli la camicia abbastanza aderente, potrebbe giurare di aver sentito qualcosa sfiorargli punti del corpo dove nessuna persona sana di mente vorrebbe essere sfiorata alla cieca. Con un brivido di gelo che gli percorre la schiena, Hans recupera l’ultima tovaglia e mette quante più scale possibili tra lui e quel luogo di perdizione.

(“Il cuore, dici?”

“Altroché. Si vede dai suoi occhi. Sempre a capo chino, mai un’occhiata, mai un sorriso… Ah, ma saprei io come fare.”

“Secondo me oltre al cuore la regina gli ha congelato anche altre zone, Saini, non fantasticare troppo.”

“Che intendi?”

“Non mi stupirei se tra le gambe avesse–“

“Arriva Verna!”
)

Ci vogliono tre settimane, prima che le stranezze arrivino fino alle cucine.

Hans se ne accorge quando entra per portare via la pentola dell’olio esausto e la trova leggera, molto più vuota del solito.

Sospira e appoggia il pentolone a terra, e l’occhiata che rivolge a Kielo è quanto di più afflitto si sia mai visto su volto umano. “Che è successo all’olio?” Chiede a mezza bocca, pronto a portare sacchi di segatura per asciugare il sicuro casino combinato da chissà chi in chissà quale angolo delle cucine e oh-mio-dio questa gente è stata cresciuta per fare questo genere di lavori e lui è comunque riuscito a diventare meno goffo di loro in tempi scandalosamente brevi, per un principe cresciuto nella bambagia. E indossa dei guanti, come se non bastasse.

La cuoca lo guarda con un mestolo di legno in mano, e per un istante lo brandisce in aria come se dovesse evocare una qualche creatura ultraterrena che possa spiegare ad Hans perché una pentola che di norma pesa mezzo quintale sia invece leggera e maneggevole come non mai. “Ho detto a Joel di portarne via un po’ stamattina.” Spiega con tono gentile. “È troppo, troppo pesante per una persona sola.”

Hans inarca un sopracciglio perché grazie, lo sa anche lui. Ha zoppicato per giorni la prima volta che, ancora tutt’altro che esperto, se l’è fatta cadere su un piede. E ancora ringrazia che chi era presente in cucina fosse troppo impegnato a insultarlo, per realizzare che quello nel paiolo era olio ancora bollente.

“Ma l’ho sempre portato via io.” Mormora, tutt’altro che impressionato.

Kielo stringe le labbra in una smorfia impacciata. “Quel buono a nulla di Joel era senza niente da fare.” Risponde con tono brusco, il mestolo una sorta di scettro con cui copre l’intera area del proprio regno fino a puntare contro il forno. “Adesso vieni qua e dammi una mano.” Taglia corto alla fine.

Hans la segue, pronto a litigare con teglie incandescenti – come se fosse un problema, per lui – incrostate di cibo ormai putrescente – …questo potrebbe diventarlo – e, invece, si vede sbattere in mano un biscotto grande quanto la testa di un neonato. Guarda la cuoca e guarda il biscotto, e solo dopo qualche istante di smarrimento realizza che oh, le gocce di cioccolato stanno ancora sobbollendo, forse sarebbe il caso di comportarsi di conseguenza. Inizia a soffiare sul dolce, facendoselo saltare tra una mano e l’altra e davvero, un tempo era più bravo in queste cose. Anche vero è che un tempo la cuoca gli lanciava contro le posate, se rimaneva in cucina troppo tempo ad annusare l’aria e a tentare di ricordarsi come fosse, mangiare un pasto caldo e degno di questo nome. “Che me ne faccio?” Chiede quindi, molto più sospettoso di prima.

(Non è strettamente colpa di Kielo. Per quanto possa far male da ammettere, Hans ricorda altri momenti in cui il contenuto del proprio piatto quasi mai rimaneva inalterato lungo il tragitto tra le cucine e la tavola; una vita fa, quando la risata suina di Petri era una costante nelle sue orecchie, e bere dal proprio bicchiere senza porsi domande non era mai la scelta più saggia.)

“Come cosa te ne fai!” Tuona la cuoca, prima di scoppiare in una risata argentina. “Te lo mangi, sciocco! Sono per la principessa Anna, ma dubito si accorgerà di niente, no?” Aggiunge con un sorriso più complice degli altri, come se gli avesse svelato chissà che segreto.

Hans la guarda e ok, qualcuno lo sta prendendo clamorosamente per il culo. Non risponde, perché comunque ci tiene che tutti continuino lungo questa linea di condotta e grazie, quella donna ha una mira insospettabilmente buona e non ci tiene a farsi colpire da un cucchiaio volante di nuovo. Annuisce in silenzio, come se avesse acconsentito a tenere chissà che tremendo segreto, e la conversazione termina là. Kielo se ne va soddisfatta di sé e ad Hans viene intimato di finire il proprio biscotto.

Col freddo sempre più tagliente, con lo scricchiolio delle foglie secche ammutolito dall’assordante silenzio della neve, i lavori che gli danno sono sempre più leggeri.

Verna si schianta con tutto il proprio – scarso – peso su una finestra spalancata dal vento gelido e appena riesce a chiuderla si esibisce in un rosario di imprecazioni tutt’altro che delicate e molto, molto colorite, e malgrado l’evidente malumore lo accoglie con un sorriso breve e fugace ma comunque gentile.

(Hans ha rinunciato a volerci capire qualcosa. Prima pensava fosse compassione, per cinque minuti di puro terrore temeva che qualcuno lo avesse visto con Elsa e volesse sfruttare la cosa a proprio vantaggio, poi ha deciso che comunque non erano fatti suoi e se dall’alto piovevano pasti caldi e lenzuola profumate lui non era proprio nessuno per alzarsi in piedi e abbattere a colpi di mannaia i denti di questo bel cavallo che gli era stato donato dalla sorte. Ed è altamente probabile che siano tutti impazziti, pertanto meglio per lui.)

“Levati i vestiti.” Gli intima la donna, e Hans sente improvvisamente di voler riconsiderare le proprie posizioni.

Si appoggia meglio al muro della lavanderia e incrocia le braccia al petto. “No.”

“Cosa ‘no’, cretino. Levati quegli stracci puzzolenti e mettiti questi.” Verna gli lancia contro una palla di stoffa profumata, morbida e incredibilmente calda. Le gentilezze nei suoi confronti vanno di pari passo con gli insulti che la donna gli rivolge, a quanto pare.

Hans si perde per qualche istante, occhi socchiusi e naso sprofondato negli abiti, e per un momento si dimentica di tutto. “Perché?” Chiede dopo diversi minuti, riaprendo gli occhi a fatica.

Verna rotea gli occhi e sospira. “Perché fa un freddo porco, e se continuerai ad andare in giro sempre con i soliti stracci finirai a morire assiderato in un angolo del castello. Di’ un po’, c’è un camino nell’ala dove ti hanno sbattuto?”

“Sì. Circa.” Mormora mentre, con movimenti lenti e impacciati, scansa le mani di Verna e le impedisce di strattonare ulteriormente la sua vecchia e – c’è da riconoscerlo – logora camicia. “Va bene, va bene. Li levo.” Mugugna alla fine. Si guarda attorno con aria sospettosa e, identificata la tinozza delle tovaglie, va dietro ad armeggiare con i suoi nuovi abiti.

(È un concetto così ridicolo, quello di ‘nuovi abiti’, che per un momento si mette a ridacchiare. Indossa ancora gli stessi vestiti con cui lo hanno scaricato dalla nave quando Viktor lo ha trascinato per la collottola a inginocchiarsi davanti all’intera Arandelle, e mai nessuno prima si era disturbato a fornirgli nient’altro. Elsa ci ha pensato, una volta o due, va detto: ma avrebbe destato troppi sospetti se da così in alto fosse arrivato un cambio d’abiti per quello che a conti fatti era l’unico prigioniero in tutto il castello.)

“Oh, lo vedi che quando ti ci metti sei meno idiota del solito?” Lo elogia Verna, raccogliendo gli stracci che Hans si è levato e gettandoli senza troppi complimenti sotto al pentolone dove sta sobbollendo l’ennesimo carico di biancheria da lavare.

“Di chi sono questi vestiti?”

Verna raddrizza la schiena con una mezza bestemmia e si massaggia le reni per scaldarsele meglio. “Del Re, gli dei lo abbiano in gloria.” Risponde con voce soffocata. “Dubito che le loro maestà si renderanno conto di nulla, no?” Aggiunge, facendogli l’occhiolino in un movimento tanto fulmineo da essere solo un’impressione. Hans decide che quello è chiaramente un tic nervoso e si stringe nelle spalle.

“Non lo so.” Mugugna con tono meno convinto del solito. Un conto è sbocconcellare un po’ del loro pranzo prima ancora che esca dalle cucine o rotolarsi nelle loro lenzuola – come se già non lo facesse, in tutt’altra ala del castello – un altro è scorrazzare in giro con i vestiti del loro padre morto. Potrebbe essere di cattivo gusto. O peggio, qualcuno potrebbe sospettare collusioni sospette. “Magari li riconoscono.”

“Ma figurati, li indossava quando ancora non erano nate. Me lo ricordo, quando era ancora principe.” Aggiunge in un mormorio più dolce del solito, un sospiro appena nostalgico mentre i ricordi si sovrappongono e sfumano, e tutto assume contorni indistinti e vaghi, e l’unica certezza è che stavamo bene. Stavamo tutti bene. “Non stava mai fermo. Era sempre in giro per il castello, e anche quando era accompagnato dalla Regina se vedeva qualcuno che aveva bisogno di aiuto non ci pensava due volte, anche a costo di sporcarsi le mani.” Stringe tra le mani uno straccio, e lo usa per indicare la casacca che Hans sta finendo di allacciarsi. “Quella non è roba da cena di gala, principino.” Sottolinea con uno sventolio della stoffa e un accenno di risata. Hans annuisce in silenzio e finisce di allacciarsi i vestiti ed è assurdo, considerato il luogo dove sono con bacinelle di acqua calda e il fuoco che crepita sotto l’ennesimo paiolo, ma vede Verna rabbrividire. “Un freddo porco fa, quest’anno.” Borbotta, improvvisamente di pessimo umore. “Me lo sento nelle ossa, me lo sento. Tra l’umidità di queste dannate lenzuola,” ringhia, tirando un colpo di battipanni all’ennesimo telo fradicio steso in un angolo, “e la legna che finisce subito…” Un calcetto delicato a un ciocco di legno – l’ultimo, a ben vedere – “Mi prenderà un colpo entro fine mese.”

Per un istante teme – balle, ne è certo – che sia un suggerimento. Un invito a fare qualcosa, lui che può. Sente l’ansia mordergli la gola tanto da fargli uscire la voce sottile e strozzata. “Chiedete più legna alla regina.” Gracchia alla fine.

Verna dà in una risata che sa di rabbia e gesticola col battipanni. “Ma sentitelo!” Commenta. “Come se ce ne fosse a disposizione.” Ripone l’oggetto a terra e si fa più vicina ad Hans, e questa volta lo sguardo non è quello di una minacciosa Signora della Biancheria Sporca pronta a strangolarlo con i cordoli delle tende che ogni tanto le danno da lavare, quanto più… qualcos’altro. Qualcosa che Hans stenta a riconoscere ma che – ne è certo – non gli è affatto nuovo. “Come se le importasse qualcosa, di noi.”

Per la prima volta, mentre Verna scuote mestamente la testa e torna a dedicarsi ai propri doveri, qualcosa nella testa di Hans fa click.

***


“Credo che la servitù ti odi.”

“Mh?” Elsa rotola nel letto e lo guarda con gli occhi cisposi e velati di sonno. Hans si sente un po’ un cane per averla svegliata – balle, è una delle attività che più lo diverte a questo mondo – ma riprende a parlare senza colpo ferire.

“Hai presente Verna?”

Elsa scodinzola sotto le coperte e gli si acciambella in petto, i capelli un cespuglio color avorio tanto soffice da sembrare una nuvola. Hans perde qualche minuto più del dovuto a sporgersi e sgomitare per trovarsi ben benino con una guancia pressata su quel cuscino improvvisato, e a fatica resiste alla tentazione di sprimacciarla un po’. Si trattiene solo perché sa che sotto quella matassa morbida si nasconde una testa ossuta e poco sprimacciabile. E ovviamente perché è Elsa, duh. Non può sprimacciarla. “Se ti dico di sì mi farai dormire?” Chiede con la voce arrochita dal sonno; Hans annuisce. “Allora sì.” Risponde – per l’appunto – Elsa. Fa uno sbadiglio enorme e gli sfrega il naso sul petto più per grattarne la punta che per fargli chissà quale coccola, e alla fine si stringe nelle spalle. “…No.” Corregge – e confessa – in un mugugno, assalita dai sensi di colpa.

“È la signora della lavanderia.”

“Affascinante.”

“È una cara signora, davvero. Un po’ burbera, ma si vede che ci tiene.”

“Pittoresco.”

“Elsa, dormi?”

“Un po’.”

“Credo che Verna ti odi.”

Elsa alza la testa e di nuovo, quel cespuglio. E quelle guanciotte. Hans inizia a infilarci la punta degli indici senza nemmeno disturbarsi a chiedersi se per caso potrebbe darle fastidio. “Perché? Nemmeno ci siamo mai viste.”

Si stringe nelle spalle ed evita un morso a un dito per pura fortuna, e per buona misura si sporge a morderle il naso prima di risponderle. “Appunto. Insomma, oggi mi parlava di quanto fosse un brav’uomo tuo padre, sempre in giro per il castello… Magari le dispiace che anche tu non lo faccia.”

Elsa ha davvero, davvero troppo sonno per mettere ordine nei propri pensieri. Pertanto, nel dubbio, decide di parlare e lasciare che sia Hans a divertirsi a riordinare quanto detto da lei. Il traditore. L’ha svegliata in piena notte? Che soffra un po’ anche lui. “Perché Velma ti ha parlato di mio padre?” Chiede quindi. Grugnisce infastidita al “Verna” che le arriva come correzione, e prosegue imperterrita. “Cosa gliene frega a Vilma di vedermi girare per il castello? Perché ne ha parlato con te?” Chiede alla fine, molto più sveglia di prima. E qualcosa le dice che no no no, non è una buona cosa.

In tutta risposta, Hans le morde anche una guancia. “Era in vena di chiacchiere.” Mugugna schivando una manata infastidita sul naso. “Io me la ricordo.” Un’occhiata in tralice, “Verna.” Puntiglioso bastardo. “Quando… sai, quando ti hanno incoronata. E sei scappata libera e bella sui monti, e Anna ti ha rincorso e- sai, non ero male come reggente.”

Elsa gli pianta un gomito nella bocca dello stomaco senza nemmeno rendersene conto, tanta è l’enfasi di alzarsi a sedere e, tipo, sperare che il mondo smetta di girarle attorno. “Cosa?” Sibila, di spalle ad Hans e con i piedi nudi a pochi millimetri dal pavimento, pronta ad alzarsi.

Hans la placca. Ai suoi versi lamentosi reagisce lasciandola libera di alzarsi – l’ultima volta ci ha rimediato qualche fiocco di neve di troppo in zone decisamente delicate – ma senza lasciare del tutto la presa sulle sue mani. “Ero bravo. E me la ricordo. Suo padre stava malissimo, è morto a palazzo.”

A palazzo?

“Avevo aperto le porte per ospitare la popolazione. Il freddo era troppo improvviso, non avevano come riscaldarsi.”

Elsa sente un peso enorme allo stomaco e capisce che quello che Hans le sta dicendo non è semplicemente che una parte – deve essere una parte – di popolazione potrebbe trovarla poco amichevole o magari distante. Quello che sta sottintendendo… “Preferiscono te?


Fin
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio / Vai alla pagina dell'autore: Harleen