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Autore: Bloomsbury    04/09/2014    5 recensioni
Ricordo che c’erano ancora i cd – gli ultimi rimasugli della nostra civiltà.
Io e te stavamo seduti sui muri spogli della nostra città sempre più rovente, fumando qualche sigaretta raccattata da qualche parte – prezioso bottino dell’ultimo atto di sciacallaggio che ci aveva visti protagonisti– intanto che tutto intorno bruciava.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ricordo che c’erano ancora i cd – gli ultimi rimasugli della nostra civiltà.
Io e te stavamo seduti sui muri spogli della nostra città sempre più rovente, fumando qualche sigaretta raccattata da qualche parte – prezioso bottino dell’ultimo atto di sciacallaggio che ci aveva visti protagonisti– intanto che tutto intorno bruciava.
Chiacchieravamo felici, ancora appigliati alla speranza che il mondo avrebbe preso un’altra rotta; godevamo dei nostri istanti di autoimposta serenità ascoltando quella canzone di tanti, troppi anni fa.
Bevevamo quella specie di benzina che ci ricordava la fragranza rinvigorente del caffè – che, ormai, non avevamo più.
Pochi anni erano bastati per distruggere tutto; il sole ribolliva sopra le nostre teste ventiquattro ore al giorno, e quelle rare volte all’anno in cui scendeva la sera, ci ritrovavamo tutti nelle strade a festeggiare – mere consolazioni per gente costretta a vivere regolarmente alla luce del sole.
Volevo essere tuo mentre ballavamo fino a sfinirci sotto le ritrovate stelle – anch’esse incandescenti come non mai – ma ogni volta che le mie labbra sfioravano le tue, mi allontanavi. “Sono stanca” dicevi; in realtà eri stanca di ballare e di privarti di tutto quello che la fine ti avrebbe costretta a rimpiangere sotto coltri infinite di dolore.
Non serviva l’amore, anche quello sarebbe finito presto, e noi ci sforzavamo a sopravvivere sotto quella luce incessante e cocente che ci trasformava in tanti piccoli vermi essiccati.
Se solo io fossi stato sempre del tuo parere non sarei qui adesso, a recriminare su ciò che è stato.
Io volevo solo essere tuo, sotto la luce di quelle rare e bellissime stelle; mi sarei accontentato di amarti anche solo per quella volta all’anno di notte che il cielo ci concedeva, ma tu retraevi le tue mani quando, imprudentemente alticce, sfioravano la mia pelle nuda e madida di sudore.
“Se ti amassi, sarei costretta a piangerti e in questo mondo non possiamo permetterci debolezze. Dobbiamo lottare per la nostra sopravvivenza”.
Tu eri la mia sopravvivenza e so che anche per te lo ero.
Il mondo, pian piano, si stava schiantando su quell’ammasso di luce che ci annientava inesorabilmente e noi attendevamo inermi la fine.
In molti, i più ricchi, erano scappati nello spazio e di fatto non sapevamo se sarebbero mai tornati a salvarci, ma noi continuavamo a procedere nella speranza di ritrovarci un giorno tra quelle stelle, lontani dalla più grande che ci stava inghiottendo.
Adesso posso confessarlo: non me ne importava.
Avrei potuto accontentarmi di questa vita fino alla morte, insieme a te.
Non sarebbero mai tornati – ed io lo sapevo– ma per non farti arrendere tacevo, dicendoti che credevo nel loro rimpatrio: “Verranno a salvarci. Siamo in tanti e non so chi salveranno e chi no, ma torneranno”.
Nello stesso tempo davo sfogo alle mie perplessità, facendoti credere di aver fiducia nel futuro.
Non sapevamo perché, ad un certo punto, la terra aveva scelto di raggiungere il sole né perché quest’ultimo avesse iniziato ad agitarsi, sparandoci addosso le sue radiazioni con una ferocia tale da distruggere lentamente ogni cosa.
Nonostante tutto, dopo qualche anno, abbiamo iniziato a vivere per la nostra sopravvivenza.
La tua famiglia – come molte altre – si era uccisa per non soccombere in modo peggiore, ma tu eri rimasta – splendente, distrutta e lottatrice– e mi hai chiesto di combattere insieme a te.
Non ti ho mai detto che il giorno in cui ti ho incontrata, in realtà, stavo per mettere fine alla mia esistenza, ero debole e solo; ti ho fatto credere di essere fatto della tua stessa pasta solo perché confidavo nel fatto che avresti potuto salvarmi. I tuoi occhi erano così vivaci e intensi da farmi credere che l’impossibile sarebbe potuto diventare possibile, e dopo il nostro primo incontro le nostre vite sono diventate una.
Ci siamo salvati vicendevolmente dalle situazioni più pericolose e disperate, tu parlavi alla gente – come messaggera di speranza– mentre io mettevo a tacere i miei incubi nel petto, dimostrandoti sempre l’esatto opposto.
Quell’ultima notte di speranza ti ho detto che ti amavo, forse perché l’impercettibile senso di fresco che ci aveva sorpresi mi aveva restituito davvero la fiducia che mi era sempre mancata; credevo che presto saremmo stati felici da qualche parte… ed io volevo solo essere tuo.
Hai riso, me lo ricordo, mi hai accarezzato sul viso e mi hai baciato dolcemente sulle labbra screpolate. I contatti ruvidi delle nostre bocche facevano male e bene allo stesso tempo, i nostri respiri uniti e accaldati guarivano la mia anima peccatrice e falsa e, quasi, credevo di essere riuscito a farti capire quanto fosse disperato il mio bisogno di te.
Adesso sono qui, e il sole mi sembra così vicino che potrei toccarlo. Tu non ci sei, te ne sei andata qualche mese fa, qualcuno ti ha strappata al mio cuore: voleva chiuderti la bocca, credeva fossi solo una pazza – instillatrice di vane illusioni– e ha fatto in modo che tu ingurgitassi insieme alla sabbia le parole che usavi ripetere a chi tentava di togliersi la vita.
Cercavi di salvare le persone con quelle parole e queste stesse non hanno salvato te, anzi sono state la causa della tua disfatta.
Ti ha uccisa per farti tacere, ed io non c’ero.
Ad oggi, posso dirti che ti sbagliavi: nessuno è venuto a prenderci, le tue parole erano piene di vacue aspettative. Se fossi stata in vita non te l’avrei mai detto, ma adesso la terra sta bruciando e con essa lo sto facendo anche io. Non ho più niente da perdere.
E solo a pensare a quanto tempo abbiamo perso correndo dietro ad una salvezza inesistente…
Tu volevi solo vivere, a me sarebbe bastato essere tuo.
 


Angolo autrice.
Questa Os partecipa al contest "Musa(ca)" indetto dal gruppo facebook: La crème de la crème di efp
La canzone che ha ispirato questa Os è degli Arctic Monkeys- I wanna be yours
   
 
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